Abstract
La voce analizza il procedimento di ingiunzione europea introdotto a livello europeo dal regolamento n. 1896 del 2006 ed applicabile, dal 12 dicembre 2008, in tutti gli Stati membri con l’eccezione della Danimarca. La voce tiene conto dei problemi interpretativi suscitati dal tenore delle disposizioni regolamentari così come di quelli derivanti dal coordinamento tra il testo del regolamento n. 1896 del 2006 e le disposizioni processuali interne.
Il regolamento CE del 12.12.2006, n. 1896, applicabile dal 12 dicembre 2008, istituisce una procedura monitoria uniforme, facoltativa, da utilizzare per il recupero di crediti pecuniari liquidi ed esigibili, derivanti da controversie transfrontaliere.
La procedura è finalizzata alla formazione di un’ingiunzione di pagamento valevole come titolo esecutivo europeo all’interno di tutti gli Stati membri, con l’eccezione della Danimarca.
Come si evince dal tenore del suo considerando n. 6, il reg. n. 1896/2006 è finalizzato ad introdurre all’interno degli Stati membri uno strumento processuale europeo idoneo a consentire il «recupero rapido ed efficace dei crediti che non siano oggetto di una controversia giuridica, in quanto i ritardi di pagamento rappresentano una delle principali cause d’insolvenza idonea a minacciare la sopravvivenza delle piccole imprese».
Il procedimento ingiuntivo europeo può essere utilizzato per la tutela di un credito che non trovi la propria fonte in uno dei rapporti esclusi dall’art. 2 reg. n. 1896/2006.
Segnatamente, dovrà trattarsi di un credito di natura contrattuale, essendo in linea di principio esclusi dall’ambito di applicazione del reg. n. 1896/2006 i crediti di natura extracontrattuale, tra i quali (considerato il tenore del reg. Roma II) sembrano dover essere annoverati quelli derivanti da negotiorum gestio e culpa in contrahendo.
Il credito, altresì, deve essere liquido ed esigibile.
Proprio il requisito della liquidità ha indotto il legislatore europeo ad escludere i crediti di natura extracontrattuale, in genere non liquidi, dall’ambito di applicazione del regolamento.
La dottrina ha altresì escluso che un’ingiunzione di pagamento europea possa essere domandata: i) per crediti sottoposti a termine non ancora decorso; ii) per la tutela di diritti di credito che necessariamente traggano origine da una preventiva pronuncia di natura costitutiva (Farina, M., Titoli esecutivi europei ed esecuzione forzata in Italia, Roma, 2012, 214).
Parimenti è stata esclusa la possibilità di richiedere una condanna in futuro (Romano, A., Il procedimento di ingiunzione di pagamento europea, Milano, 2009, 27).
L’istante, oltre al capitale, può domandare il pagamento degli interessi per il periodo di tempo intercorrente tra il giorno della loro esigibilità e la data del pagamento del capitale (C. giust., 13.12.2012, C-215/11, Iwona Szyrocka, in Foro it., 2014, IV, 272).
Inoltre, la controversia deve essere transfrontaliera (arg. ex art. 3 reg. n. 1896/2006) nel senso che una delle parti (recte: il creditore o il debitore) deve avere il proprio domicilio o la propria residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello adito.
La domanda d’ingiunzione di pagamento europea si propone mediante compilazione del modulo A allegato al regolamento, senza che sia necessaria l’assistenza di un rappresentante tecnico.
Secondo quanto risulta dalla comunicazione trasmessa dallo Stato italiano ai sensi dell’articolo 29 reg. n. 1896/2006 il modulo deve essere depositato in supporto cartaceo presso la cancelleria del giudice competente. A differenza di quanto previsto dall’art. 16 bis d.l. 18.10.2012, n. 179 convertito dalla l. 17.12.2012, n. 221, per i ricorsi monitori interni depositati dopo il 30 giugno 2014 dinanzi al tribunale, non vi è obbligo di deposito telematico della richiesta di ingiunzione europea (circolare Ministero della giustizia 23.10.2015, punto 8.1; Trib. Milano, decr. 8.4.2015, n. 10488, in www.ilcaso.it ). La circolare ministeriale apre alla possibilità del deposito telematico, oltre che cartaceo, della richiesta di ingiunzione di pagamento europea; tuttavia, alla sua concreta operatività sembra ostare la circostanza che il modulo A, necessario per la proposizione della domanda di ingiunzione, è scaricabile dal portale europeo della giustizia elettronica solamente in formato pdf compilabile, mentre il PCT esige che si tratti di un file pdf nativo non modificabile.
Il modulo A, secondo quanto previsto dalla comunicazione italiana, dovrà essere necessariamente compilato in lingua italiana.
Per verificare se sussiste la giurisdizione italiana occorrerà fare applicazione delle disposizioni del reg. n. 1215/2015 (in questo modo deve oggi essere inteso il riferimento all’art. 6 reg. n. 44/2001 contenuto all’art. 6, par. 1, reg. n. 1896/2006) con l’importante eccezione sancita dall’art. 6, par. 2, riguardante il contratto concluso dal consumatore per una finalità che può essere considerata estranea alla sua professione. Per l’emissione dell’ingiunzione nei confronti del consumatore-debitore, allorquando il creditore sia un professionista, hanno giurisdizione unicamente i giudici dello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato.
La competenza territoriale (ove la giurisdizione non si fondi su di una norma sulla cd. competenza giurisdizionale, i.e. che designa, sia l’ordinamento munito di giurisdizione che il giudice munito di competenza territoriale, ad esempio l’art. 7 reg. n. 1215/2012) e la competenza verticale sono da individuare secondo le regole del codice di procedura civile. Quest’ultima potrà spettare al giudice di pace ovvero al tribunale (v. la comunicazione italiana trasmessa ai sensi dell’art. 29 reg. n. 1896/2006).
Dalla lettura congiunta dell’art. 7 reg. n. 1896/2006 e del modulo A si evince che il procedimento monitorio europeo non appartiene alla categoria dei procedimenti monitori spuri. Infatti, l’istante non ha necessità di fornire la prova dell’esistenza del proprio credito, avendo solo l’onere di indicare di quali prove dispone. Il procedimento di ingiunzione europea si differenzia anche dal modello del procedimento monitorio puro, proprio per la sussistenza di un onere, in capo all’istante, di enunciazione (ma non anche di allegazione) dei mezzi di prova di cui dispone a sostegno della propria pretesa.
Il regolamento si astiene dal fornire l’indicazione dei mezzi di prova suscettibili di essere menzionati nella domanda giudiziale (Romano, A., Il procedimento europeo, cit., 89, 105, testo e nota, ne deduce che l’ammissibilità del tipo di prova indicato dall’istante dovrà essere valutata ai sensi della lex fori; si tratta, infatti, di mezzi di prova che saranno utilizzati nel corso della fase di opposizione disciplinata da tale legge processuale). Dalla lettura del modulo A si desume che potrà trattarsi non soltanto di prove precostituite, come quelle documentali, ma anche di prove costituende quali la testimonianza, l’ispezione e la perizia.
Si noti peraltro che, non trattandosi di procedimento monitorio spurio, i.e. non essendo necessaria l’allegazione dei documenti giustificativi del credito, ben difficilmente, nel caso di controversia tra consumatore e professionista, il giudice avrà a disposizione gli elementi di fatto e di diritto per rilevare d’ufficio l’esistenza di una clausola abusiva (C. giust., 12.6.2012, C-618/10, Banco Espanol de credito ). La rilevazione officiosa potrà avvenire in sede di opposizione (v. infra, § 5). Inoltre, in base a quanto stabilito da C. giust. 18.2.2016, C-49/14, Finanmadrid EFC SA, sembra che il rilievo della clausola abusiva sia consentito anche al giudice dell’esecuzione dell’ingiunzione (nell’ambito del procedimento italiano da intendersi come giudice dell’opposizione all’esecuzione).
La domanda di ingiunzione di pagamento europea deve essere accompagnata dal pagamento del contributo unificato. Parimenti, è dovuta l’imposta di registro (nota del Ministero della giustizia del 1.9.2010).
Il giudice adito può rifiutare la richiesta dell’istante essenzialmente per ragioni di rito concernenti la mancanza di giurisdizione o di competenza ovvero riguardanti lo specifico procedimento d’ingiunzione (i.e. perché il credito esula dall’ambito di applicazione del reg. n. 1896/2006). Meno semplice da immaginare è invece, un rigetto prima facie della domanda per ragioni di merito e cioè per infondatezza del credito, come previsto dall’art. 8 reg. n. 1896/2006. Si consideri, difatti, che l’istante non è tenuto a fornire alcuna prova dei fatti costitutivi della propria pretesa.
Al contrario, se l’autorità giurisdizionale ritiene soddisfatti gli indicati requisiti di rito, emetterà un’ingiunzione di pagamento europea. Ciò avverrà mediante compilazione del modulo E.
L’ingiunzione dovrà essere notificata all’ingiunto a cura dell’istante (nota del Ministero della giustizia del 1.9.2010).
L’ingiunzione europea acquista efficacia esecutiva nel caso in cui, decorsi trenta giorni dalla notifica, l’ingiunto non abbia proposto opposizione.
Il reg. n. 1896/2006 non specifica se, oltre ad acquisire efficacia esecutiva, l’ingiunzione divenga anche idonea al giudicato sostanziale, come accade per il decreto ingiuntivo italiano non opposto. Sulla questione ha avuto modo di pronunciarsi la Corte di cassazione (Cass., S.U., 26.05.2015, n. 10799, in Int’l Lis, 2015, 75). La S.C. ha ritenuto che l’ingiunzione di pagamento europea dichiarata esecutiva non sia idonea al giudicato sostanziale ai sensi dell’art. 2909 c.c., i.e. non faccia stato ad ogni effetto tra le parti, i loro successori, eredi o aventi causa con un accertamento incontrovertibile che, sotto il profilo dei limiti oggettivi, si estende anche agli accertamenti che costituiscono i necessari e inscindibili antecedenti o presupposti logico-giuridici della pronunzia d’ingiunzione.
La Cassazione, pertanto, ha ritenuto che l’interpretazione attualmente prevalente dell’art. 647 c.p.c. non sia estensibile all’ingiunzione di pagamento europea.
L’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale concernente l’art. 647 c.p.c. è stato reputato inapplicabile all’ingiunzione di pagamento europea in considerazione: i) della disomogeneità formale e sostanziale del procedimento monitorio europeo rispetto allo schema di procedimento monitorio documentale adottato dal legislatore nazionale agli artt. 633 ss. c.p.c.; ii) della differente valenza attribuita, nell’uno e nell’altro procedimento, al comportamento acquiescente dell’ingiunto; iii) della circostanza per cui la richiesta di ingiunzione europea, da effettuarsi mediante il modulo standard A, non richiede una compiuta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda la domanda, diversamente da quanto previsto dall’art. 633 c.p.c.
Ad avviso della S.C., l’ingiunzione di pagamento europea non tempestivamente opposta produce, piuttosto, una mera preclusione pro judicato, la quale consente all’ingiunto di agire verso il creditore e di rimettere in discussione il rapporto oggetto dell’ingiunzione per ogni effetto diverso da quello della mera condanna, che resta pertanto intangibile ed insensibile ad ogni azione di accertamento negativo o di ripetizione dell’indebito. Ad esempio: se il credito nasce da un contratto, successivamente alla pronuncia di un’ingiunzione di pagamento europea rimane aperta la possibilità di contestare, in un giudizio a cognizione piena ed esauriente, la validità ed efficacia del negozio che costituisce la fonte dell’obbligazione pecuniaria.
Per garantire che l’ingiunzione di pagamento europea giunga effettivamente a conoscenza del debitore, il regolamento detta delle regole ad hoc in tema di notifiche indicandole agli artt. 13, 14 e 15.
L’art. 17 reg. n. 1896/2006 consente all’ingiunto che abbia ricevuto tempestiva notifica dell’ingiunzione europea di proporre opposizione utilizzando l’apposito modulo F (trattasi di impiego facoltativo, come precisa il considerando n. 23 del regolamento; conf. Trib. Mantova, 25.2.2014, in Giur. it., 2015, 635), entro trenta giorni dal ricevimento della notifica. Tale termine dovrà essere computato ai sensi del reg. n. 1182/71 del Consiglio del 3.6.1971.
L’opposizione all’ingiunzione di pagamento europea è tempestivamente proposta se, entro il termine di cui all’art. 16, par. 2, reg. n. 1896/2006, è presentata, o anche solo inviata, al giudice competente non dovendo essere anche notificata ai sensi dell’art. 645 c.p.c. (Trib. Milano, 18.7. 2011, in Foro it., 2012, I, 275).
In caso di opposizione, l’ingiunzione di pagamento europea non potrà essere dichiarata esecutiva (conf. Trib. Torino, 31.8.2012, in Foro it., 2013, I, 370).
Si noti, però, che né l’opposizione, né i rimedi di cui agli artt. 16-20 reg. n. 1896/2006 sono utilizzabili in caso di mancata notifica dell’ingiunzione (C. giust., 4.9.2014, C-119/13 e C-120/13, Eco cosmetics GmbH & Co. KG, in Foro it., 2015, IV, 2017; contra Romano, A., Una deludente sentenza della Corte di giustizia in materia di ingiunzione di pagamento europea, in Riv. dir. proc., 2015, 801, favorevole a sussumere la fattispecie de qua.sub art. 20 reg. n. 1896/2006).
A seguito dell’opposizione (eccezion fatta per il caso in cui l’istante abbia domandato l’estinzione del procedimento mediante la compilazione dell’appendice 2 del modulo A), il giudizio continuerà dinanzi alle autorità giurisdizionali dello Stato membro d’origine: a) con applicazione della lex fori; ovvero b) a decorrere dal 14 luglio 2017 (per effetto del reg. n. 2421/2015), con applicazione del procedimento europeo per le controversie di modesta entità di cui al reg. n. 861/2007 se l’istante ha optato per questa procedura compilando l’apposita appendice del modulo A, a condizione che il rito sia applicabile, ossia che tratti di credito in materia civile e commerciale e che non verta in materia esclusa dal campo di operatività del reg. n. 861/2007.
In Italia, nel caso sub a), l’opposizione determinerà l’apertura di un processo a cognizione piena ed esauriente. Tale fase terminerà con l’emanazione di una decisione che – se la giurisdizione del giudice adito era fondata sulle norme di giurisdizione del reg. n. 1215/2012 e se di condanna – sarà idonea a circolare all’interno dello spazio giudiziario europeo, come titolo esecutivo europeo, in forza di quest’ultimo regolamento.
Alla fattispecie in questione non può essere applicato, neppure in via analogica, l’art. 645 c.p.c., posto che l’opposizione all’ingiunzione europea di cui al modulo F non contiene l’esposizione dei motivi d’opposizione e, perciò, non può essere equiparata alla citazione in opposizione al provvedimento monitorio interno (Trib. Milano, 28.10.2010, in Foro it., 2011, I, 1572 e in Int’l Lis, 2011, 92).
In mancanza di un intervento del legislatore italiano finalizzato a chiarire le modalità del passaggio al giudizio a cognizione piena ed esauriente disciplinato dal codice di procedura civile, di fatto, sono stati adottati i.e. procedurali differenti all’interno dei vari circondari giudiziari. In particolare, due sono gli orientamenti prevalsi.
Da un lato vi è chi reputa che il passaggio alla fase di opposizione debba avvenire su impulso del creditore, ossia di colui che instaurò il procedimento monitorio europeo, con ciò discostandosi dal tenore del considerando 24 del reg. n. 1896/2006 il quale contempla, invece, un passaggio automatico al procedimento civile ordinario. Si ritiene, cioè, che creditore abbia l’onere di presentare istanza di fissazione di un’udienza ex art. 183 c.p.c. dinanzi all’autorità giurisdizionale che aveva pronunciato il provvedimento monitorio europeo. Il giudice fissa la data dell’udienza e quindi il creditore notifica al debitore un ordinario atto di citazione, la cui peculiarità consiste nel fatto che la data dell’udienza è stata preventivamente indicata dal giudice e non liberamente fissata dall’attore (Trib. Milano, 28.10.2010, cit.). Similare – in quanto richiede al creditore/opposto di attivarsi per notificare un atto, in questo caso una memoria, al debitore/opponente – la soluzione adottata da altri giudici di merito (Trib. Forlì, 12.8.2013; Trib. Piacenza, 18.9.2010, in Foro it., 2011, I, 1572). Ambedue i giudici hanno fissato un’udienza nel rispetto dei termini di cui all’art. 163 bis c.p.c. ed hanno assegnato un termine al creditore per notificare una memoria integrativa al debitore e un termine al debitore per depositare una memoria integrativa avente i contenuti di cui agli artt. 166 e 167 c.p.c. entro 20 giorni dalla data dell’udienza.
Altri tribunali, invece, procedono diversamente. Dopo l’opposizione, la cancelleria provvede ad una nuova iscrizione al ruolo della causa e assegna il fascicolo come causa ordinaria secondo le regole tabellari. Dopodiché, il giudice adito emette un decreto con cui: a) assegna un termine al creditore istante per depositare memoria integrativa e produrre documenti; b) assegna un termine alla controparte per i medesimi incombenti. Quest’ultimo termine è, di regola, almeno corrispondente a quello fissato per la comparizione dal rito applicabile (art. 163 bis c.p.c.) aumentato di un lasso di tempo adeguato per la notifica. Infine, con il medesimo decreto l’autorità giurisdizionale fissa, ad una distanza dal secondo termine corrispondente almeno al tempo attribuito per la costituzione del convenuto dal rito applicabile, la data della prima udienza di comparizione (così Trib. Verona, 26.5.2012, in Foro it., 2012, I, 2867; Trib. Varese, ord. 12.11.2010, in Foro it., 2012, I, 2867).
Certo è, però, che il debitore opponente nella memoria integrativa avente il contenuto di cui agli artt. 166 e 167 c.p.c. ovvero, a seconda dell’i.e. prescelto, nella comparsa di costituzione e risposta potrà e dovrà sollevare l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito senza essere tenuto a compiere tale attività nel modulo F (C. giust. 13.6.2013, C-144/12, Godlbet c. Sperindeo, in Int’l Lis, 2013, 127).
La mancanza di una previsione normativa che regoli in maniera uniforme la prosecuzione del processo nelle forme del rito ordinario di cui al codice di procedura civile crea alcuni problemi interpretativi.
Quello più delicato concerne l’individuazione del dies a quo della litispendenza in caso di proposizione dell’opposizione all’ingiunzione di pagamento europea.
Invero, non sembra possibile predicare – de plano – un’applicazione analogica dell’art. 643, co. 3, c.p.c. alla fattispecie de qua.
Infatti, vi è da chiedersi se a ciò non osti la circostanza per cui il provvedimento monitorio europeo, a differenza di quello interno, non sopravvive alla proposizione dell’opposizione. Tale peculiare caratteristica potrebbe essere considerata sintomo del fatto che non si è alla presenza di un unico i.e. processuale diviso in due fasi (l’una sommaria e l’altra a cognizione piena) ma, piuttosto, di due distinti giudizi, tra di loro collegati in modo tale per cui, nel momento in cui inizia il secondo, il primo ed il suo risultato vengono caducati.
In altri termini: si potrebbe affermare che, se per effetto della proposizione dell’opposizione, il provvedimento monitorio europeo è caducato e inizia un nuovo giudizio (sempre su iniziativa dell’asserito creditore), non è possibile far retroagire la litispendenza al momento della notifica del decreto. Peraltro è di tutta evidenza come sia più probabile che una simile interpretazione possa trovare un certo seguito all’interno dei circondari in cui il cd. passaggio al giudizio a cognizione piena regolato dalla lex fori avviene mediante proposizione di un atto di citazione da parte del medesimo soggetto che, in precedenza, depositò la richiesta d’ingiunzione di pagamento europea. In conseguenza di tale lettura, il momento iniziale della pendenza del giudizio a cognizione piena dovrebbe essere determinato previa applicazione delle regole generali: si dovrebbe, cioè, fare riferimento alla data della notifica dell’atto di citazione introduttivo del procedimento nazionale ovvero al deposito del corrispondente ricorso, nell’ipotesi in cui debba trovare applicazione il rito del lavoro.
Contro una simile lettura, sembrerebbe però militare il considerando 24 del reg. n. 1896/2006, il quale pare riferirsi ad una «prosecuzione» dell’originario giudizio nelle forme della lex fori, lasciando implicitamente pensare ad un’unica litispendenza, considerato altresì che l’oggetto (almeno l’oggetto necessario) del processo nazionale a cognizione piena coincide con quello che l’asserito creditore individuò nell’istanza introduttiva del procedimento monitorio europeo. Ed è questo un dato coincidente rispetto al procedimento monitorio interno su cui si potrebbe fare leva a favore dell’applicabilità, al caso di specie, dell’art. 643, co. 3, c.p.c.
La questione interpretativa non è priva di rilevanza pratica, vuoi per il caso in cui, assieme al giudizio effetto dell’opposizione ex art. 16 reg. n. 1896/2006, ne sia instaurato uno di accertamento negativo interno – poiché la determinazione del momento iniziale della pendenza del giudizio cd. di opposizione sarà rilevante ai fini dell’applicazione delle disposizioni sulla continenza tra cause – vuoi per il caso in cui l’asserito debitore instauri, invece, l’azione di accertamento negativo in un altro Stato membro. Ove ciò accada, si verterà alla presenza di un’ipotesi di litispendenza “comunitaria” ma non è certo quale sia la «domanda giudiziale» da tenere in considerazione ai fini dell’applicazione dell’istituto de quo: se si tratti del modulo A, come potrebbe indurre a ritenere il tenore del considerando 24 del reg. n. 1896/2006, ovvero se debba aversi riguardo al momento dell’emissione o della notifica dell’ingiunzione di pagamento europea (nel secondo senso Romano, A., Il procedimento europeo, cit., spec. 56, secondo cui «Sembra dunque possibile concludere che, ai fini della litispendenza con altri procedimenti comunitari, tra il creditore e l’ingiunto un giudizio penda fin dal tempo dell’emissione dell’i.p.e., purché certo, non venga omessa la successiva notificazione all’ingiunto stesso dell’istanza e del provvedimento») o, ancora, se si tratti della domanda giudiziale con cui si instaura il giudizio di cognizione interno ed, infine, se a quest’ultima possa essere equiparata la memoria integrativa depositata dal presunto creditore, la quale, in alcuni circondari, determina il passaggio alla fase processuale disciplinata dalla lex fori.
L’art. 20 reg. n. 1896/2006 prevede che, scaduto il termine di cui all’art. 16, par. 2, il debitore conserva comunque il diritto di chiedere il riesame dell’ingiunzione di pagamento europea dinanzi al giudice competente dello Stato membro di origine se: a) l’ingiunzione di pagamento è stata notificata secondo una delle forme previste dall’art. 14 e la notifica non è stata effettuata in tempo utile per consentirgli di presentare le proprie difese in tempo utile, ovvero se b) non ha avuto la possibilità di contestare il credito a causa di situazioni di forza maggiore o di circostanze eccezionali a lui non imputabili.
Il regolamento altresì precisa che, in ambo i casi, occorre che il debitore agisca tempestivamente.
La previsione sub a) è di agevole comprensione.
Quella sub b) è da considerare riferibile: b1) alle ipotesi di errore manifesto circa la sussistenza dei requisiti formali per l’emissione del provvedimento e, quindi, ai vizi formali idonei ad inficiare la possibilità, per il debitore, di contestare l’ingiunzione di pagamento europea; b2) ai casi in cui il debitore non ha avuto notizia dell’ingiunzione per caso fortuito o forza maggiore ovvero ai casi in cui, pur avendo avuto tempestiva conoscenza della avvenuta emissione dell’ingiunzione, non ha potuto proporre tempestiva opposizione per caso fortuito o forza maggiore.
L’art. 20, par. 2, reg. n. 1896/2006 aggiunge che l’ingiunto ha il diritto di chiedere il riesame dell'ingiunzione di pagamento europea dinanzi al giudice competente dello Stato membro di origine anche quando l'ingiunzione di pagamento risulta manifestamente emessa per errore, o a causa di circostanze eccezionali.
Sono state considerate ipotesi di “manifesta erroneità” l’uso di una lingua non ammessa o l’assoluta incertezza circa l’autorità che ha emesso l’ingiunzione di pagamento europea. Più in generale si è ritenuto che la previsione sia riferibile ai vizi patologici idonei a dare luogo ad una sorta di impugnazione straordinaria; vizi simili a quelli che possono giustificare l’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., ovvero la revocazione straordinaria ex art. 656 c.p.c. (Cass., S.U., n. 10799/2015, cit.).
Come precisato dal considerando n. 25 del reg. n. 1896/2006, «il riesame in casi eccezionali non significa che il convenuto debba avere una seconda possibilità di contestare». Invero, la ragion d’essere dell’ingiunzione di pagamento europea sarebbe frustrata se i suoi effetti fossero sempre rimuovibili in un giudizio ordinario diverso da quello incardinato con una tempestiva opposizione (Cass., S.U., n. 10799/2015, cit.).
Pertanto, il procedimento di riesame non può essere utilizzato dal debitore al quale sia stata notificata un’ingiunzione di pagamento europea conformemente alle disposizioni del reg. n. 1896/2006, il quale ritenga che il giudice dello Stato di origine abbia dichiarato per errore la propria competenza sulla base di informazioni asseritamente false fornite dal ricorrente nel modulo di domanda di ingiunzione (C. giust., 22.10.2015, C-245/14, Thomas Cook Belgium NV). Tali doglianze, difatti, debbono essere fatte valere tempestivamente con l’opposizione.
La comunicazione italiana ha indicato le modalità processuali con cui il riesame può essere chiesto in Italia, affermando «che vi è la necessità di distinguere le ipotesi di cui al paragrafo 1, del richiamato art. 20, e quelle dei seguente paragrafo 2 in quanto le prime fanno riferimento a casi di rimessione in termini per causa non imputabile, mentre le seconde all'emissione dell'ingiunzione manifestamente erronea o ad altre circostanze eccezionali come ad esempio, per quanto si possa ipotizzare, per dolo della parte».
Segnatamente «nella prima serie di casi il riferimento normativo diretto è, quindi, all'opposizione tardiva all'ingiunzione prevista dall'art. 650 c.p.c., da proporre al medesimo giudice, inteso come ufficio, che ha emesso il provvedimento monitorio … fermo restando che l'opzione interpretativa sull'applicabilità del termine di cui all'ultimo comma dell'art. 650 c.p.c., in quanto riferibile all'ultimo inciso del paragrafo 1 dell'art. 20 del regolamento, dev'essere rimessa alla giurisdizione. Nella seconda serie di casi, invece, la soluzione praticabile, allo stato, è quella dell'ordinaria citazione o, a seconda, il ricorso al giudice di primo grado competente, fermo restando che l'opzione interpretativa in ordine alle regole di competenza da applicare, se quelle nazionali o quelle evincibili dal medesimo regolamento, sarà rimessa alla giurisdizione».
Regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce un procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento; Regolamento (UE) n. 2421/2015 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2015 recante modifica del regolamento (CE) n. 861/2007, che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità, e del regolamento (CE) n. 1896/2006, che istituisce un procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento.
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