Abstract
Le ingiunzioni fiscali, che riguardino pretese fiscali, sono atti della riscossione, che consentono l’acquisizione coattiva delle somme pretese da altri atti (impositivi e/o sanzionatori), ma anche, in via residuale, da essi stessi determinate (in tal caso svolgono anche funzione di accertamento). Di esse si definisce l’ambito di operatività, la disciplina essenziale, le caratteristiche peculiari e si individua il giudice cui devolvere le relative controversie.
Al pari dei ruoli tributari (cfr. Ruolo d'imposta) anche le ingiunzioni fiscali, che riguardino pretese tributarie, sono atti della riscossione, che consentono l’acquisizione coattiva delle somme pretese da altri atti (impositivi e/o sanzionatori), ma anche, in via residuale, da essi stessi determinate (in tal caso svolgono anche funzione di accertamento). Più esattamente esse: si ascrivono alla riscossione cd. diretta (ormai decisamente minoritaria rispetto a quella cd. delegata, che si basa sui ruoli e sugli accertamenti esecutivi), nota anche come riscossione mediante ingiunzione fiscale, così chiamata perché l’attività di riscossione, a partire dalla formazione dell’ingiunzione fiscale, è curata direttamente dall’ente impositore, che può svolgerla ex se o avvalersi in tutto o in parte di soggetti espressamente indicati dalla legge; ed operano nel campo dei tributi locali per gli enti impositori che optino per tale tipologia di riscossione (tra i contributi più recenti: Uricchio, A., L’ingiunzione fiscale, in AA.VV., La riscossione dei tributi, Milano, 2011, 161 ss.; Trovato, S., La riscossione coattiva delle entrate locali, Torriana, 2013; Ricciardi, N.-Pellegrino, M.-Foligno, A., L’ingiunzione fiscale, Santarcangelo di Romagna, 2013. Cfr anche: Passaro, G., Ingiunzione fiscale, in Dig. comm., VII, 1992, 386 ss.; La Medica, D., Ingiunzione fiscale, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1992; D’Amati, N., Ingiunzione fiscale, in Nss. D. I., Appendice, V, 1980, 254 ss.).
A differenza del ruolo, che è un atto collettivo (costituito da un elenco di contribuenti-debitori con le somme da essi dovuti, distinte per tributi, sanzioni e interessi), l’ingiunzione fiscale è un atto individuale, destinato cioè al singolo contribuente-debitore, al quale poi è notificata. Essa ordina il pagamento delle somme dovute, distinte per tributi, sanzioni e interessi, entro un termine (di trenta giorni), con l’avvertimento che in difetto si procederà con l’esecuzione forzata («sotto pena degli atti esecutivi»). Sicché essa non è soltanto un ordine esecutivo di pagamento (equiparabile al ruolo), ma svolge anche le funzioni proprie della cartella di pagamento (o del precetto, se si guarda ai rapporti tra privati).
L’ingiunzione fiscale non soggiace più alla caratteristica vidimazione del pretore (dalla quale, poi, discendeva anche la sua esecutorietà: cfr. art. 2, co. 2, R.d. 14.9.1910, n. 639; nonché art. 229 d.lgs. 19.2.1998, n. 51 per il quale «Il potere del pretore di rendere esecutivi atti emanati da autorità amministrative è soppresso e gli atti sono esecutivi di diritto»), ma viene ormai emanata soltanto dall’ente locale oppure dai soggetti espressamente indicati dall’art. 52, co. 5, d.lgs.15.12.1997, n. 446, di cui l’ente locale può avvalersi (cfr. infra paragrafo 4).
L’ingiunzione fiscale è regolata da un testo normativo piuttosto datato, il R.d. n. 639/1910, ed ha subito nel lungo lasso di tempo intercorso alterne vicende normative, collegate a quelle della riscossione a mezzo ruolo, che ne hanno condizionato soprattutto l’ambito di operatività, ormai notevolmente ridotto rispetto al passato, ma anche – infra paragrafo successivo – la disciplina, bisognosa di adeguamenti ai mutati contesti normativi. In questa sede si vuole dare conto delle modifiche più significative, intervenute negli ultimi anni e suscettibili di riflettersi nelle applicazioni concrete.
Nel 1988 l’ambito di operatività della riscossione mediante ingiunzione fiscale è stato drasticamente ridotto rispetto al passato (la riscossione a mezzo ruolo viene estesa a tasse e imposte indirette, ma anche ai tributi locali: cfr. artt. 67 e 68 d.P.R. 28.1.1988, n. 43; cfr. anche art. 137), al punto che talvolta essa è stata ritenuta implicitamente abrogata, mentre ha continuato ad operare in via residuale per le entrate non espressamente contemplate dal d.P.R. n. 43/1988 (cfr. ad es. Passaro, G., Ingiunzione fiscale, cit., 387); corollario di ciò è la mancata riproposizione dell’ingiunzione fiscale tra gli atti impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie (così l’art. 19, co. 1, d.lgs. 31.12.1992, n. 546, a differenza di quanto previsto dal previgente art. 16, co. 1, d.P.R. 26.10.1972, n. 636).
Nel 1997 l’ingiunzione viene “recuperata” per i tributi e le altre entrate di Province e Comuni, che nell’esercizio della propria potestà regolamentare possono scegliere, in alternativa alla riscossione a mezzo ruolo (delegata al concessionario della riscossione), di curare direttamente la riscossione, o agendo ex se o avvalendosi dei soggetti espressamente indicati dalla legge, di cui si è detto sopra (cfr., in via generale, artt. 52 e 53, d.lgs. n. 446/1997).
Con la riforma della riscossione del 1999 viene generalizzata la riscossione a mezzo ruolo, la quale viene: per un verso, estesa – ad opera dell’art. 17 del d.lgs. 26.2.1999, n. 46 – a tutte le entrate tributarie dello Stato, ma anche a quelle non tributarie; per altro verso, consentita per le entrate di Regioni, Province, Comuni e altri Enti locali. Dal che si evince, a conferma della disciplina vigente, che gli enti locali possono (continuare ad) avvalersi dell’alternativa riscossione mediante ingiunzione fiscale.
Nel 2007 la riscossione mediante ingiunzione fiscale viene abrogata (l’art. 1, co. 224, lett. b), della l. 24.12.2007, n. 244 abroga il comma 6 dell’art. 52 d.lgs. n. 446/1997, ossia la disposizione che consentiva l’utilizzo dell’ingiunzione fiscale e della disciplina del R.d. n. 639/1910), ma prima che tale norma entri in vigore (1° gennaio 2008) la riscossione mediante ingiunzione fiscale viene ripristinata (cfr. art. 36, co. 2, d.l. 31.12.2007, n. 248, convertito dalla l. 28.2.2008, n. 31) e testualmente riferita alle entrate degli «enti locali».
Nel 2011 si prevede che cessi la riscossione a mezzo ruolo «delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate», con la conseguenza che questi soggetti possono avvalersi soltanto della riscossione mediante ingiunzione fiscale ex R.d. n. 639/1910 (art. 7, co. 2, lett. gg.ter, d.l. 13.5.2011, n. 70).
Ciò, verosimilmente, avverrebbe in uno con una riforma della riscossione delle entrate degli enti locali, che però al di là di ripetuti proclami (quale quelli contenuti, da ultimo, nell’art. 10, co. 2 ter, d.l. 8.4.2013, n. 35 – come convertito dalla l. 6.6.2013, n. 64 e modificato dall’art. 10, co. 1, d.l. 30.12.2015, n. 210, convertito dalla l. 25.2.2016, n. 21 – ove, appunto si dice: «Al fine di favorire il compiuto, ordinato ed efficace riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate dei Comuni, anche mediante istituzione di un Consorzio, che si avvale delle società del Gruppo Equitalia per le attività di supporto all'esercizio delle funzioni relative alla riscossione, i termini di cui all'articolo 7, comma 2, lettera gg-ter), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, … sono stabiliti inderogabilmente al 30 giugno 2016») e di discutibili tentativi (come la distinzione tra riscossione mediante ingiunzione fiscale “contaminata” dalle disposizioni del titolo II del d.P.R. 29.9.1973, n. 602, e quella per converso definibile “pura”, di cui all’art. 7, co. 2, lett. gg quater, d.l. n. 70/2011, venuta meno in forza della riscrittura di tale lettera ad opera del d.l. 6.12.2011, n. 201) non è avvenuta, nonostante una recente delega di «riordino della disciplina della riscossione delle entrate degli enti locali» (il riferimento è all’art. 10, co. 1, lett. c, della l. 11.3.2014, n. 23, ove tra i fini da perseguire si indica quello di «assicurare certezza, efficienza ed efficacia nell’esercizio dei poteri di riscossione, rivedendo la normativa vigente e coordinandola in un testo unico di riferimento che recepisca, attraverso la revisione della disciplina dell'ingiunzione di pagamento prevista dal testo unico di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, le procedure e gli istituti previsti per la gestione dei ruoli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, adattandoli alle peculiarità della riscossione locale». Anche se nella stessa sede si prospetta «che gli enti locali possano riscuotere i tributi e le altre entrate con lo strumento del ruolo in forma diretta o con società interamente partecipate ovvero avvalendosi, in via transitoria e nelle more della riorganizzazione interna degli enti stessi, delle società del gruppo Equitalia, subordinatamente alla trasmissione a queste ultime di informazioni idonee all'identificazione della natura e delle ragioni del credito, con la relativa documentazione»).
Ed anche la decorrenza della cessazione delle attività di Equitalia Spa e Riscossione Sicilia Spa per conto dei Comuni non è mai entrata in vigore: originariamente prevista al 31 dicembre 2012, è stata ripetutamente spostata, da ultimo, al 30 giugno 2016 (in forza dell’art. 10, co. 2 ter, d.l. n. 35/2013 – come modificato dal d.l. n. 210/2015 e convertito dalla l. n. 21/2016 – di cui si è detto sopra).
La disciplina della riscossione mediante ingiunzione fiscale risente della vetustà del testo di riferimento (il R.d. n. 639/1910) e delle difficoltà di adeguamento dello stesso alla disciplina attuale (testimoniate dalle controversie via via registratesi), affatto risolte dal legislatore tributario, che, pur preannunciando interventi riformatori (di cui si è detto nel paragrafo precedente), si è, per lo più, limitato a richiamare la disciplina recata dal titolo II del d.P.R. n. 602/1973, genericamente e in quanto compatibile, creando non pochi problemi ad interpreti ed operatori del diritto nella “ricostruzione” della disciplina di riferimento. In proposito si ricordano le previsioni (abrogate nel 2011 e ripristinate nel 2012, prima che l’abrogazione spiegasse effetti), di cui all’art. 4, co. 2 sexies, d.l. 24.9.2002, n. 209 (aggiunto in sede di conversione, dalla l. 22.11.2002, n. 265; ma si vedano anche i commi successivi e l’art. 1, co. 477, della l. 23.12.2005, n. 266), e all’art. 36, co. 2, d.l. 31.12.2007, n. 248 (convertito dalla l. 28.2.2008, n. 31; la quale è riferita non soltanto ai comuni, come la precedente, ma più genericamente agli enti locali). Come anche si ricorda la previsione di cui alla lett. gg quater (come riscritta ad opera dell’art. 14 bis d.l. 6.12.2011, n. 201, aggiunto in sede di conversione dalla l. 22.12.2011, n. 214) dell’art. 7, co. 2, d.l. n. 70/2011, per la quale «i comuni effettuano la riscossione coattiva delle proprie entrate, anche tributarie … sulla base dell’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, che costituisce titolo esecutivo, nonché secondo le disposizioni del titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in quanto compatibili, comunque nel rispetto dei limiti di importo e delle condizioni stabilite per gli agenti della riscossione in caso di iscrizione ipotecaria e di espropriazione forzata immobiliare».
I problemi riguardano principalmente la prosecuzione della procedura di riscossione mediante ingiunzione fiscale (per l’analisi di alcuni di essi si veda ad es. Guidara, A., Le nuove “intimazioni” di pagamento introdotte dal decreto sviluppo, in Rass. trib., 2011, 1512 ss.). E, mentre in alcuni casi possono dirsi risolti (come per l’ipoteca ex art. 77 d.P.R. n. 602/1973, che in forza dello specifico riferimento contenuto nell’art. 7, co. 2, lett. gg quater, cit., deve ormai ritenersi compatibile con la riscossione diretta, superandosi così le posizioni contrarie espresse dall’amministrazione finanziaria nella circ. 20 maggio 2008, n. 4) o facilmente risolvibili (come per l’adozione del fermo dei beni mobili registrati, che è una misura cautelare amministrativa per molti aspetti assimilabile all’ipoteca), in altri rimangono controversi (come: per l’ordine di pagamento ex art. art. 72 bis d.P.R. n. 602/1973 da rivolgere al terzo, in luogo del suo coinvolgimento nell’espropriazione secondo le regole del codice di rito; od anche per il prodromo di tale ordine dato dalla richiesta ex art. 75 bis d.P.R. n. 602/1973. E il mancato coordinamento del d.P.R. n. 602/1973 con le novelle del codice di rito di riforma dell’espropriazione presso terzi – essenzialmente del 2012 e del 2014 – sembra aumentare le difficoltà), anche perché l’interprete deve: innanzi tutto, “ricostruire” la disciplina della procedura amministrativa esattoriale, integrandola con le regole del processo esecutivo (ex art. 49, co. 2, d.P.R. n. 602/1973, «il procedimento di espropriazione forzata è regolato dalle norme ordinarie applicabili in rapporto al bene oggetto di esecuzione, in quanto non derogate dalle disposizioni del presente capo e con esso compatibili»); indi, riferire, ove possibile e in quanto compatibile, la disciplina così ricostruita a quella della riscossione in esame.
Ma già della disciplina dell’ingiunzione fiscale, facendone salve naturalmente le specificità, si impone una lettura per così dire orientata da quella di ruolo e cartella di pagamento, dovendosi ritenere che ingiunzione fiscale e riscossione diretta possano veramente considerarsi alternative a ruolo e riscossione delegata in quanto non pregiudichino gli interessi, sostanziali e processuali, coinvolti nella riscossione (anche prima che il legislatore del 2002 intervenisse in questa direzione, ad es. Guidara, A., Prime riflessioni sulla rateazione dei tributi iscritti a ruolo, in Riv. dir. trib., 2001, I, 865; e la giurisprudenza, in qualche recente occasione, sia pure per profili diversi, non ha mancato di affermare come la scelta del regime di riscossione da parte dell’ente debba essere neutra rispetto agli interessi coinvolti: cfr. ad es. Cass., S.U., 8.2.2013, n. 3043). Così non dovrebbero aversi problemi ad ammettere ingiunzioni fiscali formate a titolo provvisorio, che conseguano, cioè, ad un atto impositivo o sanzionatorio, impugnato dal contribuente, per le quali, in particolare, rileverebbero le previsioni generali di cui all’art. 19, co. 1, d.lgs. 18.12.1997, n. 472, e all’art. 68, co. 1 e 2, d.lgs. n. 546/1992 (che, appunto, prescindono dal tipo di riscossione). Come anche deve ritenersi che gli effetti dell’ingiunzione fiscale siano suscettibili di una diversa modulazione mediante provvedimenti di dilazioni di pagamento e/o di sospensione della riscossione, con gli accessori per essi previsti, alla stregua delle previsioni di cui agli artt. 19, 19 bis, 21 e 39 d.P.R. n. 602/1973 (i quali, peraltro, si applicano ogni qualvolta l’ente locale opta per la riscossione a mezzo ruolo).
Con l’eliminazione della vidimazione pretorile, avvenuta nel 1998, sono superate le letture in chiave (anche) giurisdizionale della natura dell’ingiunzione fiscale (sulle diverse posizioni emerse in passato cfr. ad es. Passaro, G., Ingiunzione fiscale, cit., 390 s.; D’Amati, N., Ingiunzione fiscale, cit., 260 ss.). L’ingiunzione fiscale ormai ha natura esclusivamente amministrativa: più esattamente, incidendo negativamente nella sfera giuridica del contribuente, è un provvedimento amministrativo sfavorevole (di tipo ablativo). E in quanto provvedimento sfavorevole essa spiega i suoi effetti nei confronti del contribuente nel momento in cui gli viene portata a conoscenza: il fatto che l’art. 229 della l. n. 51/1998 preveda che gli atti amministrativi, soggetti alla soppressa vidimazione del pretore, siano «esecutivi di diritto» è da riferire alla idoneità di essi ad essere portati ad esecuzione, ossia alla qualità di titolo esecutivo, e non alla loro efficacia nei confronti dei destinatari (così anche per il ruolo – ad es. Boletto, G., Il ruolo di riscossione nella dinamica del prelievo delle entrate pubbliche, Milano, 2010, 17 s. – per il quale però residuano letture contrarie: ad es., nel senso dell’esclusione della recettizietà del ruolo, Bruzzone, M., Notificazioni e comunicazioni degli atti tributari, Padova, 2006, 176 s., 273); anche per l’ingiunzione fiscale può richiamarsi la regola generale del nostro ordinamento, di cui all’art. 21 bis della l. 7.8.1990, n. 241 (aggiunto nel 2005), per la quale «il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata».
Per la notifica dell’ingiunzione fiscale (su cui ad es. Ricciardi, N.-Pellegrino, M.-Foligno, A., L’ingiunzione fiscale, cit., 157 ss.) l’art. 2 R.d. n. 639/1910 richiama la disciplina della notifica degli atti giudiziari («è notificata, nella forma delle citazioni, da un ufficiale giudiziario addetto alla pretura o da un usciere addetto all'Ufficio di conciliazione»): il che, evolutivamente e nella sostanza, vuol dire a mezzo ufficiale giudiziario e ai sensi degli artt. 137 ss. c.p.c., i quali, come è noto, consentono anche all’ufficiale giudiziario di avvalersi del servizio postale e della posta elettronica certificata (così ex artt. 149 e 149 bis). Il legislatore del 2006 ha espressamente previsto che la notifica possa effettuarsi anche mediante messi notificatori appositamente nominati dagli enti locali (art. 1, co. 158, delle l. 27.12.2006, n. 296). Inoltre, si ritiene che la notifica possa essere effettuata direttamente dall’ente impositore in forza dell’art. 12 della l. 20.11.1982, n. 890, il quale prevede che «le norme sulla notificazione degli atti giudiziari a mezzo della posta sono applicabili alla notificazione degli atti adottati dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 … da parte dell'ufficio che adotta l’atto stesso» (tra le pubbliche amministrazioni sono ricomprese province e comuni); e accade nei fatti che, movendo da una nozione lata di “pubbliche amministrazioni” e di “ufficio che adotta l’atto”, di tale ultima disciplina si avvalgano anche gli agenti della riscossione ex art. 53 d.lgs. n. 446/1997, di cui gli enti locali si servano. Mentre, perplessità suscita l’applicazione della disciplina della notificazione della cartella di pagamento ex art. 26 d.P.R. n. 602/1973 – richiamata per la notifica degli atti successivi della riscossione da articoli del titolo II del d.P.R. n. 602/1973 (49, co. 2, e 50, co. 2), le cui disposizioni si applicherebbero in quanto compatibili alla riscossione mediante ingiunzione fiscale (da ultimo, ex art. 7, co. 2, d.l. n. 70/2011) – vuoi perché tale disciplina riguarderebbe gli atti successivi all’ingiunzione fiscale, vuoi perché comunque sussisterebbero profili di incertezza e/o incompatibilità.
Il termine di decadenza per la notifica dell’ingiunzione fiscale si può individuare nell’art.1, co. 163, della l. n. 296/2006, ove si dispone che «nel caso di riscossione coattiva dei tributi locali il relativo titolo esecutivo deve essere notificato al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo».
L’ingiunzione fiscale è allo stesso tempo provvedimento ablativo-titolo esecutivo e intimazione di pagamento, cumulando, come si è detto, le funzioni di ruolo e cartella di pagamento. Tuttavia, essa viene ritenuta anche mera intimazione di pagamento, ogni qualvolta segua ad altra ingiunzione fiscale; infatti, qualora non si proceda con l’espropriazione entro il termine di cessazione della sua efficacia (termine che viene di regola individuato in quello di cessazione di efficacia del precetto ex art. 481, co. 1, c.p.c.; cfr. ad es. Uricchio, A., L’ingiunzione fiscale, cit., 164 ss.; Cass., 18.7.2002, n.10496; Cass., 23.4.2003, n. 6448), l’ente impositore deve notificare una nuova ingiunzione fiscale. La distinzione tra ingiunzione fiscale che è mera intimazione di pagamento e quella che è anche provvedimento amministrativo ridonda sulle caratteristiche dell’atto (si pensi ad es. alla motivazione) e in punto di tutela (ad es. la mancata impugnazione della prima ingiunzione comporta il consolidamento della pretesa amministrativa in essa espressa). Infine, sia pure in via residuale, l’ingiunzione fiscale può determinare essa stessa la pretesa impositiva, svolgendo in tal caso anche funzione di accertamento, come accade nelle ipotesi di riscossione spontanea ex art. 32 d.lgs. n. 46/1999.
Come i ruoli anche le ingiunzioni fiscali difettano di discrezionalità amministrativa (con gli opportuni adattamenti sono riferibili alla riscossione diretta le considerazioni svolte su discrezionalità e vincolatezza nell’attività di riscossione a mezzo ruolo, in generale e con riferimento anche alla fase iniziale, di formazione e comunicazione del ruolo, per le quali si rimanda amplius a Guidara, A., Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, Milano, 2010, in particolare cap. III). Infatti la formazione dell’ingiunzione fiscale, persistendo l’inadempimento del contribuente, segue necessariamente l’atto di accertamento, dal quale non può discostarsi nel contenuto. Più esattamente la dipendenza di questa fase iniziale della riscossione dagli esiti di una funzione vincolata, qual è l’accertamento, e i contenuti di essa sostanzialmente riproduttivi degli stessi esiti fanno sì che anche questa fase sia priva di discrezionalità amministrativa (tant’è che si parla di incidenza mediata della riserva di legge ex art. 23 Cost. e del principio di indisponibilità del tributo, che da essa deriva). Non può dirsi neppure che all’ufficio competa un potere di scelta dei tempi nel rispetto dei quali portare a conoscenza il titolo esecutivo. Infatti, nessuna norma autorizza conclusioni di tal fatta e piuttosto, le scelte sul quando dell’azione amministrativa rappresentano l’appendice o il completamento di altre e più importanti scelte: principalmente sull’an, ma anche sul quid e sul quomodo. Con la conseguenza che, ove non siano possibili tali scelte né tanto meno vi siano determinazioni ad hoc, non vi è spazio per scelte sul quando. E, naturalmente, non depone in senso contrario il fatto che la legge preveda un termine entro cui deve essere notificata l’ingiunzione fiscale, visto che si tratta di un termine di decadenza (il cui inutile decorso preclude l’esercizio del potere amministrativo), ossia di un termine massimo, che non attenua affatto la doverosità dell’azione amministrativa.
È del pari doverosa la notifica del titolo esecutivo nelle ipotesi in cui la legge non preveda alcun termine di decadenza: il che ormai accade essenzialmente nella riscossione provvisoria (cfr. quanto detto supra nel paragrafo precedente). A maggiore ragione è priva di discrezionalità amministrativa l’ingiunzione fiscale che svolga anche funzioni di accertamento (come nella prassi accade per i tributi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani dovuti normalmente dai contribuenti).
A differenza del ruolo, che è formato sempre dall’ente impositore, l’ingiunzione fiscale oltre che da quest’ultimo può essere formata, previo apposito regolamento dello stesso ente, dai soggetti espressamente indicati dall’art. 52, co. 5, d.lgs. n. 446/1997, tra i quali risaltano, in quanto aventi una certa diffusione, i soggetti privati iscritti in apposito albo ministeriale e in possesso di stringenti requisiti (di forma giuridica, di capitale versato, di onorabilità e di professionalità dei legali rappresentanti e dei soci, di assenza di cause di incompatibilità, ecc.) stabiliti dai dd. mm. n. 89 del 9.3.2000 e n. 289 dell’11.9.2000. A tali soggetti gli enti locali possono affidare, in tutto o in parte, ed anche disgiuntamente, le attività di accertamento e di riscossione dei propri tributi.
L’ingiunzione fiscale è atto impugnabile innanzi alle Commissioni tributarie, ancorché non sia ricompresa nell’elenco degli atti impugnabili, di cui all’art. 19, co. 1, d.lgs. n. 546/1992. Infatti, di tale elenco si impone, ormai, una lettura estensiva e funzionale al nuovo perimetro della giurisdizione tributaria, tracciato dal nuovo art. 2 d.lgs. n. 546/1992, dal momento che la giurisdizione tributaria è stata estesa – ad opera dell’art. 12, co. 2, della l. 448 del 28.12.2001, che appunto ha riscritto l’art. 2 del d.lgs. n. 546/1992 – a tutte le controversie riguardanti i tributi con esclusione soltanto di alcune espressamente individuate dal d.P.R. n. 602/1973.
Anche se l’impugnabilità dell’ingiunzione fiscale innanzi alle Commissioni tributarie poteva affermarsi già prima, in conseguenza della sostanziale equiparabilità di essa al ruolo (si aggiunge che l’ingiunzione era originariamente prevista tra gli atti impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie ex art. 16 d.P.R. n. 636/1972 e che non è stata menzionata nell’art. 19 d.lgs. n. 546/1992 in conseguenza della generalizzazione della riscossione a mezzo ruolo). La giurisprudenza di legittimità non ha mai nutrito seri dubbi sulla devoluzione di tali controversie alla giurisdizione tributaria; tra le prime pronunce si ricordano: Cass., SS.UU., 30.1.2002, n. 1238; Cass., 25.5.2005, n. 10985; Cass., SS.UU., 31.3.2008, n. 8273.
Nel 2011 è stato riscritto l’art. 3 del R.d. n. 639/1910 (ad opera del comma 40 dell’art. 34, d.lgs. 1.9.2011, n. 150), prevedendosi che avverso l’ingiunzione fiscale può proporsi opposizione innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria. Naturalmente, siffatto intervento normativo non muta affatto le conclusioni precedenti in punto di giurisdizione, dovendosi sistematicamente intendere nel senso che esso non riguarda le ingiunzioni fiscali che recano pretese tributarie, per le quali appunto rimane ferma la giurisdizione tributaria. Eppure non sono mancate questioni, prontamente risolte dalla Cassazione (nel senso della giurisdizione tributaria): cfr., di recente, Cass., SS.UU., 5.1.2016, n. 29, che ha, addirittura, rilevato d’ufficio la questione di giurisdizione, nonostante fosse stato sollevato regolamento di competenza avverso la sentenza del tribunale (dichiarativa della giurisdizione ordinaria, ma declinatoria della propria competenza).
R.d. 14.9.1910, n. 639; d.P.R. 29.9.1973, n. 1973; artt. 67 e 68, d.P.R. 28.1.1988, n. 43; art. 21 bis, l. 7.8.1990, n. 241; artt. 52 e 53, d.lgs.15.9.1997, n. 446; artt. 2 e 19, d.lgs. 31.12.1992, n. 546; art. 229, d.lgs. 19.2.1998, n. 51; art. 17, d.lgs. 26.2.1999, n. 46; art. 1, co. 163, l. 27.12.2006, n. 296; art. 7, co. 2, lett. gg.ter), d.l. 13.5.2011, n. 70.
D’Amati, N., Ingiunzione fiscale, in Nss. D. I., Appendice, V, 1980, 254 ss.; La Medica, D., Ingiunzione fiscale, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1992; Passaro, G., Ingiunzione fiscale, in Dig. comm., VII, 1992, 386 ss.; Ricciardi, N.-Pellegrino, M.-Foligno, A., L’ingiunzione fiscale, Santarcangelo di Romagna, 2013; Trovato, S., La riscossione coattiva delle entrate locali, Torriana, 2013; Uricchio, A., L’ingiunzione fiscale, in AA.VV., La riscossione dei tributi, Milano, 2011, 161 ss.