ingiuria (Ingiura, in rima)
L'idea dell'i. in D. trova riscontro, oltre che nella nozione etimologica del termine " iniuria est iniustitia " (cioè atto che offende la giustizia: Isid. Etym. V XXVI 10), nella conoscenza di elementi di diritto ricevuti attraverso una cultura giuridica di vasta circolazione. La definizione giuridica dell'i. data nelle fonti suona così: " ex eo dicta est quod non iure fiat: omne enim quod non iure fit, iniuria fieri dicitur: hoc generaliter. Specialiter autem iniuria dicitur contumelia. Interdum iniuriae appellatione damnum culpa datum significatur: interdum iniquitatem iniuriam dicimus " (Dig. 47 10 1); e ancora: " Generaliter iniuria dicitur omne quod non iure fit: specialiter alias contumelia... alias culpa... damnum iniuria... alias iniquitas et iniustitia " (Inst. IV 4 1). Il concetto di D. deriva da questi principi e indica comunque ogni atto che consegue all'infrazione della norma umana e divina. La stessa infrequenza (5 volte) indica che si tratta di un termine di carattere tecnico.
La parola ricorre nel senso di " danno ", " nocumento ", contrapposto a beneficio, in Cv II VI 4 quand'uomo riceve beneficio, o vero ingiuria... e s'ella è ingiuria, induca lo fattore a buona misericordia con le dolci parole (cfr. anche Mn II V 5). Lo stesso senso in Cv IV XII 9 a lo fine de li quali [desideri] sanza ingiuria alcuna venire non si può, dove il " danno " implica l'idea della sopraffazione del diritto altrui. Quest'idea è direttamente proposta in If XI 23 D'ogne malizia, ch'odio in cielo acquista, / ingiuria è 'l fine, dove per i. si deve intendere la " lesione di un diritto " e quindi " ogni azione intenzionalmente cattiva ", postulando un concetto che appartiene chiaramente, come ha dimostrato il Pagliaro, alla tradizione giuridica romana. Tutto il contesto richiama Cicerone (0ff. I XIII 41) laddove dice: " Cum autem duobus modis, id est aut vi aut fraude, fiat iniuria ", ma in più si lega alla nozione cristiana per cui i. è offesa a Dio e quindi peccato, che suscita la sua ira (cfr. Paolo Rom. 1, 18 " Revelatur ira Dei de caelo super omnem impietatem, et iniustitiam hominum eorum, qui veritatem Dei in iniustitia detinent "; anche Ioann. 5, 17 " Omnis iniquitas peccatum est "). In Pg XVII 121 è chi per ingiuria par ch'aonti, i. è usato per " oltraggio ", " offesa ", di cui l'iracondo ricerca non la giustizia commutativa, ma compenso di vendetta. Di grande pregnanza è il termine in Pd VII 43 nulla [pena] fu di tanta ingiura, dove la pena della croce, se paragonata alla natura divina di Cristo, si configura come " oltraggio ", " violenza illegale ", " danno " inferto contro la giustizia umana e divina. In quest'ultimo passo (vv. 40-51) i. si colloca in un contesto fitto di termini giuridici: pena, giustamente, persona che sofferse, giusta vendetta, vengiata, giusta corte.
Bibl. - Pagliaro, Ulisse 230 ss.