INGONE
Nato agli inizi dell'XI secolo, era molto probabilmente di origini astigiane, visto che nel 1043 era suddiacono della locale Chiesa vescovile e sottoscriveva il documento con cui il vescovo Pietro (II) faceva alcune donazioni al monastero di S. Anastasio. Verosimilmente presso la locale scuola cattedrale aveva ricevuto un'istruzione elevata, che lo faceva distinguere tra i prelati suoi contemporanei.
Conferma la sua alta statura culturale la richiesta di commentare il Salterio da lui avanzata, già nella veste di vescovo di Asti, a Bruno di Segni. Tale iniziativa contribuisce a mettere in una luce diversa il giudizio di Benzone d'Alba su I., accusato di nutrire una fiducia eccessiva nella sapienza mondana. Potrebbe con questo intendersi che I. sosteneva una linea esegetica delle Scritture particolarmente innovativa, come quella di Bruno.
Dopo la morte del vescovo Girelmo (attestato per l'ultima volta il 14 maggio 1065), I. divenne vescovo di Asti grazie all'intervento della marchesa Adelaide, titolare della Marca arduinica di Torino (del cui entourage evidentemente faceva parte), ma gli Astigiani, forse influenzati dal movimento riformatore della pataria milanese, lo rifiutarono e scelsero un altro candidato. Prima ancora della definitiva soluzione della vertenza, I. si fece consacrare da Guido da Velate, arcivescovo di Milano, sebbene quest'ultimo nel 1066 fosse stato sospeso dalle sue funzioni da Alessandro II, in seguito alla sollevazione patarinica. Per questo motivo lo stesso pontefice, in una lettera del 1066-67 indirizzata alla marchesa Adelaide, lamentava l'irregolarità della consacrazione episcopale di I. e non lo riconosceva come il legittimo vescovo di Asti. Il lungo scontro armato tra gli Astigiani e I. (sempre appoggiato da Adelaide) culminò con l'incendio della città (24 apr. 1070), la rinuncia da parte dei cives al proprio candidato e il definitivo insediamento di Ingone.
Poche le indicazioni circa il suo episcopato che ci vengono dalle esigue fonti documentarie: tre permute stipulate rispettivamente con un personaggio che era già stato legato al vescovo Girelmo, tale Stefano, figlio di Milone detto Emerico (23 maggio 1072); con il suddiacono Guido della fu Roza (18 maggio 1073); infine con un presbitero Giovanni (in una data compresa tra il 1070 e il 1079). Queste transazioni testimoniano l'interesse di I. per l'area urbana, nella quale cercò di compattare e arrotondare le proprietà dell'episcopato, rinunciando ad aree periferiche e isolate dal resto del patrimonio vescovile.
In tutti questi casi I. agì in qualità di vescovo di Asti e cedette terreni dell'episcopio in cambio di altrettante terre di eguale valore. Tutte le carte relative a queste permute furono rogate da Benzone, notaio del Sacro Palazzo, che aveva già presieduto alla stesura della documentazione episcopale al tempo del vescovo Girelmo, a segno della continuità istituzionale che I. volle sottolineare nei riguardi dei suoi predecessori e della casata degli Arduinici di Torino che li aveva espressi. I buoni rapporti con la dinastia marchionale sono testimoniati anche dalla vertenza, non databile e assai poco precisabile nei suoi contenuti ("contentionem de la vicia") con l'arduinico Pietro (III). Infatti un documento del 1089, in cui Adelaide compare come autrice, ne fa menzione e pare alludere a una soluzione della lite quando era ancora vivente il marchese. Il legame privilegiato con Adelaide è testimoniato dalla presenza di I. accanto alla marchesa nel 1078 in una conferma dei beni della Novalesa e il 4 luglio 1079 in una donazione fatta dalla medesima al monastero di S. Solutore.
Nel frattempo il contrasto con la Sede apostolica si era già definitivamente sedato, quando Gregorio VII indirizzò anche a I. la lettera con la quale vietò ai vescovi della provincia ecclesiastica milanese di consacrare l'arcivescovo Tedaldo eletto dall'imperatore Enrico IV (8 dic. 1075). Lo stesso pontefice si rivolse a I., e insieme con lui al vescovo di Torino e all'eletto di Acqui, in una lettera del 3 nov. 1079.
I. morì prima del 25 luglio 1080, quando è attestato per la prima volta il vescovo Ottone (III), suo successore sulla cattedra episcopale di Asti.
Fonti e Bibl.: Das Register Gregors VII., a cura di E. Caspar, in Mon. Germ. Hist., Epistolae, Berolini 1955, pp. 261-263; Benzo Albensis, Ad Henricum IV imperatorem libri VII, a cura di H. Seyffert, ibid., Script. rerum Germ. in usum scholarum separatim editi, LXV, Hannover 1996, p. 384; Arnulfus Mediolanensis, Liber gestorum recentium, a cura di C. Zey, ibid., LXVII, ibid. 1994, pp. 173 s.; J.-P. Migne, Patr. Lat., CLXV, col. 605; Epistolae pontificum Romanorum ineditae, a cura di S. Löwenfeld, Lipsiae 1885, p. 56; Il Libro verde della Chiesa d'Asti, a cura di G. Assandria, II, Pinerolo 1906, p. 68; Le più antiche carte dell'Archivio capitolare di Asti, a cura di F. Gabotto, Pinerolo 1904, pp. 343-354; Codex diplomaticus Langobardiae, a cura di G. Porro Lambertenghi, I, in Mon. hist. patriae, XIII, Augustae Taurinorum 1873, pp. 657, 660; Il cartario dell'abbazia di S. Solutore, a cura di F. Cognasso, Pinerolo 1908, doc. 16, pp. 34 s.; G. Schwartz, Die Besetzung der Bistümer Reichsitaliens…, Berlin 1913, pp. 95 s.; N. Gabiani, Asti nei principali suoi ricordi storici, Torino 1927, pp. 494 s.; P.G. Boatteri, Serie cronologico-storica de' vescovi della Chiesa d'Asti, Asti 1807, p. 32; P. Brezzi, L'organismo politico della Chiesa d'Asti nel Medio Evo, in Riv. di storia, arte, archeologia. Boll. della sezione di Alessandria della R. Deputazione subalpina di storia patria, LXV (1936), 3-4, pp. 406-408; F. Savio, Gli antichi vescovi d'Italia dalle origini al 1300. Il Piemonte, Firenze 1898, pp. 140-142; R. Grégoire, Bruno de Segni exégète médiéval et théologien monastique, Spoleto 1965, p. 23; G.G. Fissore, Problemi della documentazione vescovile astigiana per i secoli X-XII, in Boll. storico-bibliografico subalpino, LXXI (1973), p. 498; R. Bordone, Città e territorio nell'Alto Medioevo: la società astigiana dal dominio dei Franchi all'affermazione comunale, Torino 1980, pp. 335-341; P.B. Gams, Series episcoporum Ecclesiae catholicae, Ratisbonae 1873, p. 812.