ingrato
L'aggettivo ricorre tre volte nella Commedia, nel significato di " dimentico dei benefici ricevuti ", sempre attribuito a una moltitudine di gente e accompagnato da altri aggettivi che ne accentuano il significato negativo: If XV 61 quell'ingrato popolo maligno, riferito ai Fiorentini (ma " acciò che di tutti i Fiorentini non s'intenda essere questa infamia d'ingratitudine, distingue, dicendo sé dire di quel popolo maligno Che discese di Fiesole ab antico ", Boccaccio); Pd XVII 64 tutta ingrata, tutta matta ed empia, detto della compagnia dei fuorusciti bianchi; e XXXII 132 gente ingrata, mobile e retrosa, con allusione agli Ebrei guidati da Mosè. Interessante è l'analogia tra i tre passi: oggetto dell'ingratitudine è D. nei primi due, Dio nell'ultimo.
Il vocabolo ricorre inoltre, sempre con lo stesso significato, in Cv IV XXVI 10 a questa etade [all'uomo]... conviensi amare li suoi maggiori… sì che esso non paia ingrato.