CAMPIONI, Inigo
Nacque a Viareggio il 14 nov. 1878 da Oscar e da Pamela Cocciglioni.
Avviato alla carriera militare, frequentò l'accademia navale di Livorno, dalla quale uscì nel 1896. Partecipò alla guerra italo-turca e alla prima guerra mondiale, combattendo soprattutto nell'alto Adriatico e venendo più volte decorato. Nel periodo tra le due guerre mondiali percorse tutte le tappe di una brillante carriera; capitano di vascello nel 1926, contrammiraglio nel 1932, ammiraglio di divisione nel '34, ammiraglio di squadra nel 236, divenne nel 1938 sottocapo di Stato Maggiore della marina e fu nominato senatore il 25 marzo 1939.
Entrata l'Italia nel secondo conflitto mondiale, il C. partecipò, come comandante superiore in mare, alla battaglia di punta Stilo (9 luglio 1940), che seppure non ebbe particolare importanza strategica - al contrario si concluse senza una netta vittoria dell'una o dell'altra parte - costituì tuttavia un successo psicologico e servì a dimostrare che la marina italiana poteva reggere il confronto con quella inglese. Più complesso fu invece l'andamento dell'altra grande battaglia navale in cui il C. ebbe il comando della flotta italiana, quella di capo Teulada (27 nov. 1940).
Scopo dell'azione era, da parte italiana, quello di impedire il congiungimento nelle acque di capo Spartivento di due convogli inglesi provenienti l'uno da Gibilterra, l'altro da Alessandria, convogli che il C. intendeva attaccare separatamente. Tale scopo non venne raggiunto. La battaglia costò numerose perdite a entrambe le forze e suscitò molte polemiche. Sull'esito di essa pesò negativamente l'insufficiente e ritardato intervento dell'aviazione che giunse alcune ore dopo l'inizio della battaglia, quando questa stava ormai concludendosi; tanto più pesò l'assenza di ricognitori aerei, che vanificò la tattica prescelta dal Campioni.
Questi riassunse poco dopo (8 dicembre) la carica di sottocapo di Stato Maggiore della marina, che mantenne per alcuni mesi; il 22 luglio del 1941 egli venne nominato governatore e comandante superiore dell'Egeo, succedendo nella carica al generale E. Bastico.
L'8 sett. 943 l'annuncio dell'armistizio lo colse del tutto impreparato, né l'ambiguo telegramma giunto da Roma ("Non si faccia ostacolo a sbarco di anglo-americani; si reagisca a qualunque azione di guerra, da qualunque parte provenga") poteva chiarire le incertezze. Nell'Egeo la situazione militare non era numericamente sfavorevole alle truppe italiane, a circa 37.000 uomini; a vantaggio delle forze tedesche, che a Rodi consistevano nella divisione corazzata "Rhodos" forte di 5.000 uomini, giocava il fatto di essere concentrate al centro dell'isola in posizione strategicamente molto migliore. Il C., pur aderendo senza esitazioni agli ordini del governo Badoglio, ritenne tuttavia doveroso incontrarsi col comandante delle truppe tedesche per metterlo al corrente degli ordini ricevuti; questi allora occupò repentinamente i punti chiave dell'isola, riuscendo quasi senza colpo ferire a capovolgere la situazione a suo vantaggio e chiese la resa delle truppe italiane che il C., seppure amareggiato, accettò nell'intento di evitare inutili spargimenti di sangue che avrebbero coinvolto anche la popolazione civile; il C., dietro richiesta tedesca, mantenne però per dieci giorni i poteri civili, dando quindi le dimissioni.
Deportato, insieme con l'ammiraglio L. Mascherpa, nel campo di Schokken in Polonia, nel gennaio del '44 venne dai Tedeschi riportato in Italia e consegnato ai fascisti, dai quali venne rinchiuso nel carcere degli Scalzi a Verona. L'8 apr. 1944 fu trasferito, assieme all'ammiraglio L. Mascherpa, all'ammiraglio P. Matteucci, al contrammiraglio F. Zannoni e al capitano di vascello P. Negri, in una sezione appositamente attrezzata delle carceri di S. Francesco a Parma. Il C. sopportò molto serenamente il carcere e l'incertezza per la sua sorte, rifiutando anche la possibilità di fuggire, che gli si presentò più di una volta e che era però in stridente contraddizione con le sue convinzioni etiche e con quel senso dell'onore che lo aveva spinto, dopo l'8 settembre, a comunicare all'ex alleato tedesco la natura degli ordini ricevuti, mettendolo così in condizioni di rovesciare la situazione. Dopo circa un mese e mezzo di attesa, venne decisa la celebrazione del processo contro il C. e Mascherpa, accusati di aver aderito agli ordini di Badoglio e di aver ceduto il Dodecanneso.
Il processo ebbe inizio il 22 maggio nella sede delle assise di Parma, di fronte al Tribunale speciale per la sicurezza dello Stato presieduto dal generale Griffini; dopo un dibattito puramente formale esso si concluse la sera stessa con quattro condanne a morte: oltre al C. e al Mascherpa vennero condannati, ma in contumacia, gli ammiragli Leonardi (comandante della piazza marittima di Augusta) e Pavesi (comandante della piazza di Pantelleria).
Il giorno successivo, nonostante il contrario parere del C., le sue due sorelle, Hilda e Vittorina, tentarono di ottenere la grazia, ma senza alcun esito: nella serata del 23 la sentenza venne confermata.
L'esecuzione venne eseguita nel poligono di tiro di Parma all'alba del 24 maggio 1944. Nell'estate del 1945 il suo corpo veniva traslato ad Assisi. Dopo la fine della guerra, nel novembre 1947, gli veniva conferita la medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
Bibl.: R. Fanizza, DeVecchi, Bastico, Campioni, ultimi governatori dell'Egeo, Forlì s.d., pp. 117-126; Ufficio stampa del ministero della Marina, La Marina italiana nella lotta per la liberazione, Roma 1945, p. 15; G. Silvestri, Alberto agli Scalzi. Milano 1946, pp. 92-117; E. Canevari, La guerra italiana. Retroscena di una disfatta, II, Roma 1949, pp. 172 s., 176 s., 298; G. Cavalli, Il calvario di due ammiragli, Parma 1954, pp. 54-88; Ufficio storico della Marina militare, La Marina italiana nella II guerra mondiale, II, Roma 1959, pp. 98-159, 258-309; IX, ibid. 1965, p. 27; Ufficio storico della Marina militare, Le medaglie d'oro al valore, Roma 1961, p. 214; F. Dealkin, Storia della repubbl. di Salò, Torino 1963, p. 678; Chi è?, 1940, p. 172; Encicl. dell'antifascismo e della Resistenza, I, Milano 1968, p. 438; Encicl. Ital., App. II, 1, pp. 491 s.; 2, pp. 819, 910, 993.