INIZIALE
Elemento grafico, evidenziato attraverso una particolare definizione figurativa - sia essa il modulo, un colore contrastante rispetto alla linea di scrittura, un arricchimento esornativo -, con cui nel manoscritto medievale si dava inizio a una parola, a una linea di testo, a un capitolo o all'intera opera.Responsabile di questa fase della confezione del libro era, negli scriptoria monastici altomedievali e del Medioevo centrale, lo scriba stesso. In un secondo tempo, soprattutto nel caso di codici di mole e complessità particolari, la realizzazione delle i. venne affidata al miniatore. Nel contesto delle botteghe laiche che si affermarono a partire dal sec. 13° nelle realtà urbane europee, l'esecuzione di i., figurate e istoriate, rubricate a pennello e filigranate, divenne compito, come tramandano le testimonianze anche d'archivio, di più artefici specializzati (Conti, 1981, p. 8ss.).Nel libro occidentale del Medioevo incipiente, l'illustrazione, quale era stata ereditata dal mondo antico, stentò ad affermare il proprio statuto (Porcher, 1964), forse per la scarsità, talora la totale mancanza, soprattutto nelle regioni a N delle Alpi (la Gallia merovingia e le Isole Britanniche), di referenti in opere di pittura e scultura e in esemplari librari miniati. L'i. rappresentò quindi, per molti secoli, la protagonista unica e incontrastata del corredo figurativo del manoscritto, pur essendo, per la natura intrinseca, parte integrante della comunicazione grafica.Numerose problematiche legate al libro medievale si intersecano con la definizione e l'evoluzione dell'i.: l'affermarsi di nuove tipologie testuali, connesse al ruolo assegnato al libro nella diffusione del messaggio cristiano; il rapporto tra testo e immagine o, ancora meglio, tra scrittura/testo e scrittura/immagine (Testo e immagine, 1994); la variazione di statuto della scrittura, non più soltanto strumento di comunicazione, ma sistema iconico, addensato di valenze simboliche per l'acquisito carattere autoritativo del testo scritto e capace di esprimerne anche solo visualmente il contenuto e i valori dottrinali e ideologici (Petrucci, 1973c, p. 964; Cavallo, 1994, p. 55ss.). Dal punto di vista più strettamente artistico-figurativo: la funzione assolta dal libro, oggetto itinerante per eccellenza nell'Europa medievale e tra Occidente e Oriente, nella trasmissione di linee stilistiche e messaggi iconografici; lo scollamento dalla tradizione classica e, per altri versi, la separazione dal mondo bizantino, che, lasciando ben distinto nel libro l'aspetto scrittorio da quello iconico, continuava a tenere vivo il legame con l'Antico; la progressiva divaricazione, che informa il primo Medioevo, tra la realtà naturale e la sua rappresentazione attraverso l'opera d'arte e la riduzione della figura a signum astratto, pregno di valenze simboliche, assimilabile alla scrittura, sistema di segni grafici astratti per eccellenza (Pächt, 1984, trad. it. pp. 26-28).Lo studio dell'i. miniata nel libro medievale, proprio in riferimento a tali molteplici connessioni storico-ideologiche e storico-artistiche, è legato a due diverse impostazioni critiche, alle quali si affianca una terza proposta, riassuntiva e antologica. La prima, quella di Nordenfalk (1970, I, pp. 135-180), interessa l'i. nelle sue manifestazioni all'interno del manoscritto tardoantico e nel successivo svolgimento tra Occidente e Oriente in età altomedievale ed elabora una classificazione strutturale delle i. miniate, distinguendo l'ornato per aggiunta (Besatzornamente) da quello per inserimento degli elementi decorativi all'interno del corpo della lettera (Füllornamente) e da quello per sostituzione di tutto l'organismo dell'i. o di uno dei dati morfologici con un elemento formale, di origine vegetale, animale o umana (Ersatzornamente). Nordenfalk, consapevole dei rischi di una tale schematizzazione, rileva ed esemplifica la convivenza di due e anche di tutti i tre tipi di ornato in una stessa opera, pagina e talora lettera miniata; sottolinea, inoltre, il carattere più propriamente altomedievale dell'ornato per sostituzione.A Pächt (1984, trad. it., pp. 45-95) si deve invece, in un quadro di riferimento cronologico più ampio (dalle origini del codice medievale al libro gotico) e all'interno di un sistema concettuale più propriamente figurativo, una tipizzazione delle i.: fitomorfe e zoomorfe, in cui il corpo del capolettera dà vita a un elemento vegetale o animale; figurate, quando una o più figure vi si sovrappongono o ne sostituiscono tutta o in parte la struttura morfologica; rispettivamente istoriate e abitate, se ospitano illustrazioni (si tratta in genere di lettere aperte, come la C, o provviste di uno spazio interno, come la O, la Q, la B, ecc.) o se, viceversa, si fanno palcoscenico con i propri elementi costitutivi (aste, code, archi di A, L, M, N, P, ecc.) a rappresentazioni pittoriche spesso interagenti con un elaborato intreccio di tralci vegetali (il c.d. tralcio abitato). Così come nella proposta di Nordenfalk (1970), e fors'anche in misura maggiore, le tipologie di Pächt per un verso coabitano spesso in un medesimo contesto e per altri versi corrispondono ognuna a momenti diversi della storia del libro miniato occidentale, stante la loro estraneità al libro bizantino (Pächt, 1984, trad. it. pp. 139-140; Cavallo, 1994, pp. 38-46), che, nel rispetto dell'autonomia, ereditata dal mondo classico, dei due diversi sistemi di comunicazione (la parola e l'immagine), avrebbe adottato solo più tardi e in forma limitata l'i. figurata.Alle due metodologie di indagine sull'i. miniata è opportuno affiancare un terzo approccio, teso a individuare in alcune tipologie testuali, in primo luogo religiose e liturgiche - il libro delle Sacre Scritture, in primis l'evangeliario e poi la Bibbia, il salterio, il sacramentario e in seguito il messale, l'Exultet, il lezionario, ecc. -, e successivamente, a partire dal sec. 12°, anche nei testi 'laici', in particolare in quelli di diritto, le lettere incipitarie delle partizioni principali e secondarie dell'opera, delle quali veniva messa in risalto la valenza iconica attraverso immagini codificate dalla tradizione, e quindi immediatamente intellegibili, tali da mettere il fruitore semialfabeta o analfabeta in diretto contatto con il messaggio religioso (talora anche ideologico-politico) trasmesso dal testo stesso (Toubert, 1989; Cavallo, 1994) e da facilitare gli officianti nella 'proclamazione' e nel canto della liturgia, quasi prescindendo dalla lettura dei testi (Baroffio, Jung Kim, 1995).Si può, in tal modo, ripercorrere in senso trasversale, nel contesto delle categorie tipologiche proposte, la storia dell'i. miniata, attraverso l'evoluzione strutturale e stilistica di alcune peculiari lettere incipitarie. I capilettera furono enfatizzati, all'incipit dei quattro vangeli, attraverso l'uso di una raffinatissima tecnica pittorica derivata ai miniatori dalla suggestione dell'oreficeria celtica, nelle pagine degli straordinari evangeliari insulari (Nordenfalk, 1977; Alexander, 1978a; 1978b, p. 27; Casartelli Novelli, 1994, p. 500ss.; Cavallo, 1994, p. 56) - per es. il Libro di Durrow, dell'ultimo decennio del sec. 7° (Dublino, Trinity College, 57, già A.4.5; Henry, 1950, p. 31; Alexander, 1978b, nrr. 5-6), l'Evangeliario di Lindisfarne, anteriore al 698 (Londra, BL, Cott. Nero D.IV; Alexander, 1978a, pp. 40-41; 1978b, nr. 9), il Libro di Kells, del sec. 9° incipiente (Dublino, Trinity College, 58, già A.I.6; Henry, 1974; Alexander, 1978a, pp. 9, 42-43; 1978b, nr. 52) -, o, con ricchezza di ornato vegetale e profusione di materiali preziosi, negli evangeliari carolingi e ottoniani, come nell'Evangeliario Harley (Londra, BL, Harley 2788), scritto e miniato nello scriptorium di Aquisgrana nei primi decenni del sec. 9°, e nell'Evangeliario di Ottone III (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 4453), databile intorno al Mille. L'i. B di Beatus vir, sovramodulata e arricchita di decorazione (per es. nel Salterio di Dagulfo, della fine del sec. 8°, Vienna, Öst. Nat. Bibl., 1861), più tardi caratterizzata con la figura di Davide, re unto dal Signore, fu collocata all'inizio di Sal. 1 con cui si apre il salterio. Nella T di Te igitur dei sacramentari merovingi, in apertura del canone della messa, si realizzò l'identificazione del segno grafico (la T assunta sin dall'età paleocristiana come emblema della croce; Pächt, 1984, trad. it. p. 40) con la raffigurazione di Cristo crocifisso - come nel Sacramentario di Gellone, della fine del sec. 8° (Parigi, BN, lat. 12048, c. 143v; Leroquais, 1924, I, pp. 1-8; II, tav. II; Teyssèdre, 1959), l'esempio più antico di questa tipologia - e, alcuni secoli più tardi, con la figurazione complessa della Crocifissione tra Maria e Giovanni nei messali gotici e tardogotici (due esempi della fine del sec. 14° nel Messale di Niccolò V, Roma, BAV, Ottob. lat. 62, cc. 8r, 69r; Manzari, 1995, p. 91, figg. 6-7). Il monogramma VD di Vere Dignum all'incipit del Prefazio veniva enfatizzato nei codici carolingi e ottoniani (Sacramentario di Saint-Denis, del sec. 9°, Parigi, BN, lat. 2290, c. 19r; Leroquais, 1924, II, tav. XII), oltre che con una decorazione vegetale classicheggiante a foglie di acanto, anche attraverso "architettura della pagina, gerarchie grafiche", uso di porpora e crisografia (Cavallo, 1994, p. 56), e antropomorfizzato, in età romanica e gotica, con la Maiestas Domini all'interno della V, per es. nell'Exultet 1 di Bari (Arch. del Capitolo metropolitano), datato alla prima metà del sec. 11° (Exultet. Rotoli liturgici, 1994, pp. 129-141). Nel messale, inoltre, l'i. D di Deus qui hodierna die si segnalava per la visualizzazione immediata del segno grafico nell'immagine del Cristo benedicente (particolarmente significativa la c. 69v del Messale del Santo Sepolcro, Parigi, BN, lat. 12056; Leroquais, 1924, II, tav. XXXVIII). Una tipologia ricorrente è anche quella dell'i. Ε `a mano benedicente' dei lezionari bizantini dei secc. 10° e 12° (Atene Nat. Libr., 60, c. 79r, seconda metà del sec. 10°; Catalogue of the Illuminate Byzantine Manuscripts, 1978, pp. 31-35, nr. 3). L'integrazione tra elemento scrittorio e dato figurale risulta forte, infine, e funzionale alla comprensione immediata dei significati del testo, nell'i. E di Exultet, di modulo fortemente amplificato e istoriata, ma in uno spazio esterno, con l'effigie dell'angelica turba coelorum, in alcuni rotoli liturgici dell'Italia meridionale, nei quali evidenti appaiono peraltro gli influssi dell'arte bizantina: per es. in un rotolo prodotto nella Montecassino desideriana (Roma, BAV, Barb. lat. 592; Exultet. Rotoli liturgici, 1994, pp. 235-248) e in quello, assegnabile allo stesso ambito geografico e cronologico ma di livello artistico inferiore, conservato a Londra (BL, Add. Ms 30337; Exultet. Rotoli liturgici, 1994, pp. 249-264). Sembra opportuno citare altresì, passando a una tipologia testuale laica, i capilettera delle Distinctiones del Decretum Gratiani, in particolare l'i. H di Humanum genus, nella quale viene sintetizzato visivamente il contenuto della prima parte del Decretum stesso, inerente il contrasto tra Chiesa e impero e più in generale tra potere ecclesiastico e potere laico, attraverso immagini che variano nei secoli esemplificando le varie tipologie di i. miniate: dalla i. H abitata di un manoscritto francese del sec. 11° (Durham, Dean and Chapter Lib., C.II, c. 3r; Melnikas, 1975, I, fig. 10), in cui tra le volute della decorazione vegetale si individuano le figure di un pontefice e di un imperatore, alla stessa lettera d'incipit istoriata in un codice toscano degli inizi del sec. 13° (Cracovia, Bibl. Jagiellónska, 356, c. 12r; Melnikas, 1975, fig. 13) con la raffigurazione, sul registro superiore, di Cristo che svolge verso il basso i rotoli della legge divina e di quella umana verso i ss. Pietro e Paolo, collocati nel registro inferiore.Il rapporto, stretto e imprescindibile, tra testo e immagine e tra scrittura e figura sotteso a tutti gli esempi sopra proposti è funzionale al carattere del manoscritto medievale; appare invece del tutto estraneo al libro dell'Antichità, in cui, nella rigorosa distinzione di ruoli tra i due modi di comunicazione, il commento figurato al testo scritto era affidato esclusivamente all'illustrazione. L'i., nei codici di Virgilio risalenti a età tardoantica, è una semplice lettera cromatica, separata dal testo e sovramodulata rispetto alla linea di scrittura, talvolta, come nel Virgilio augusteo, degli inizi del sec. 6° (Roma, BAV, Vat. lat. 3256, cc. 1r-v, 2v, 3v; Petrucci, 1973b), decorata per riempimento con semplici motivi geometrici (Nordenfalk, 1970, I, p. 19; II, tavv. 17-20); nei manoscritti bizantini coevi o di poco posteriori, l'i., spostata all'esterno della giustezza (Codex Alexandrinus, prima metà sec. 6°, Londra, BL, Royal 1.D.V-VIII; Nordenfalk, 1970, II, tav. 25a), venne evidenziata con un formato maggiore e con decorazioni geometriche schematiche (Ottateuco del sec. 6°, Parigi, BN, Coislin gr. 1, cc. 93v, 125v, 38r; Nordenfalk, 1970, II, tav. 33).Il passaggio dalla semplice i. cromatica o decorata a quella zoomorfa avvenne in Italia, in ambiente ravennate, nella prima metà del sec. 6° (Campana, 1958a; Osborne, 1990, p. 77).Appendici zoomorfe avevano arricchito, anche con un certo gusto naturalistico, le terminazioni inferiori di alcune lettere nel c.d. Dioscoride di Vienna, eseguito a Costantinopoli agli esordi dello stesso sec. 6° (Öst. Nat. Bibl., Med. gr. 1, cc. 10v, 11r; Nordenfalk, 1970, II, tav. 31a-b; Brubaker, 1991, p. 23), ma si trattava, come per la puntinatura che seguiva il tracciato della lettera, di appendici grafiche che non interagivano con il tracciato della scrittura. Nel codice ravennate contenente opere di s. Ambrogio (Ravenna, Bibl. Arcivescovile) e databile agli inizi del sec. 6° fa la sua apparizione, al contrario, accanto a lettere con decorazione geometrica, una lettera d'incipit zoomorfa, la A di Ambrosio (c. 48r), in cui è la forma stessa della lettera onciale a suggerire l'identificazione con la figura del pesce (Campana, 1958a, p. 36). L'Ambrogio ravennate rappresenta il primo esempio sino a oggi noto nel libro medievale di i. ornata per sostituzione con un'immagine 'ictiomorfa', invenzione figurativa geniale di un amanuense altomedievale suggestionato forse dalle rappresentazioni, cariche di valenze simboliche, dell'arte paleocristiana; invenzione destinata ad avere ben presto una straordinaria diffusione, prima nel mondo occidentale e poi, a partire dal sec. 9°, in area bizantina.Numerose A onciali, con l'asta sinistra costituita da un pesce, mentre la destra presenta decorazioni geometriche per riempimento, sono abilmente disegnate nella Historia adversum paganos di Paolo Orosio (Firenze, Laur., Plut. 65. 1, cc. 10v, 20r, 46v, 53v, ecc.; Nordenfalk, 1970, I, pp. 100, 167; II, tavv. 61-65), scritta pure a Ravenna alla metà del sec. 6°, e si ritrovano ancora: nei Commentarii in Psalmos di s. Girolamo (Parigi, BN, lat. 2235, cc. 12v, 65v; Nordenfalk, 1970, II, tav. 66), codice stilisticamente molto prossimo, nello stile grafico e decorativo, all'Orosio laurenziano; nelle Complexiones di Cassiodoro (Verona, Bibl. Capitolare, XXXIX, c. 96r) e nei Sermones di s. Agostino (Roma, BAV, Vat. lat. 5758, c. 95r), scritti in area norditaliana nella seconda metà del sec. 6°; nella Regula pastoralis di Gregorio Magno (Troyes, Bibl. Mun., 504, cc. 55r, 81v, 83v, 87r; Nordenfalk, 1970, II, tav. 68; Osborne, 1990, p. 77), assegnabile a uno scriptorium romano degli inizi del 7° secolo. Questo tipo di ornato, inizialmente esclusivo dell'i. A, avrebbe interessato in seguito altre lettere della serie alfabetica. Nella E tracciata a c. 83v dell'Ambrosius in Lucam del sec. 6° (Milano, Bibl. Ambrosiana, H.78 sup.), per es., è il tratto centrale della lettera a essere sostituito da una figura di pesce.La tipologia grafico-decorativa zoomorfa dall'area italiana - dove è ormai certo abbia avuto origine (Strzygowski, 1904, p. 53ss.; Nordenfalk, 1970, I, p. 202ss.; Pächt, 1984, trad. it. pp. 50-51) - si diffuse Oltralpe per il tramite dei libri di culto - soprattutto l'evangeliario -, in prima istanza in area insulare, poi negli scriptoria merovingi e visigoti, ed è testimoniata in esemplari manoscritti e miniati tra la fine del 7° e l'8° secolo. Nelle splendide pagine d'incipit dei già citati evangeliari insulari (Durrow, Lindisfarne e Kells), quasi carpet pages completamente campite da una fitta decorazione a intreccio geometrico, trasposizione grafica bidimensionale delle coeve tecniche dell'oreficeria celtica (Casartelli Novelli, 1994), l'elemento animalistico e quello antropomorfo (teste umane, figure di cherubini alati, simboli evangelici), estremamente stilizzati, si confondono tra i meandri di un complesso e minuto gioco di cerchi, spirali, nastri e nodi in cornici e lettere di modulo eccezionale progressivamente decrescenti nella linea di scrittura, in una sapiente architettura della pagina miniata.La totale osmosi di segno grafico e immagine si realizzò tra i secc. 8° e 9° negli scriptoria monastici di fondazione irlandese (Laon, Luxeuil, Corbie, Bobbio) e in genere nella Francia merovingia, con la creazione di un alfabeto ornamentale in cui viene meno, con la leggibilità, la funzione primaria della scrittura e prevale la componente visiva, mentre le forme organiche raffigurate (in prevalenza pesci, ma anche uccelli, animali fantastici e figure umane o parti di esse) sono sottoposte a loro volta a un processo di schematizzazione che le assimila al dato scrittorio. Se in una serie di manoscritti confezionati in Francia tra la fine del sec. 7° e l'8° - il Lezionario di Luxeuil (Parigi, BN, lat. 9427, cc. 16r, 24r, 32v, 75v, 77v, 78v, 79v, ecc.), l'Hexaemeron di Ambrogio (Parigi, BN, lat. 12135, c. 1v), il De Trinitate (Oxford, Bodl. Lib., Laud. Misc. 126, c. 2r) e le Quaestiones in Heptateuchon di s. Agostino (Parigi, BN, lat. 12168, c. 1r), la Decretalium collectio di Isidoro di Siviglia (Roma, BAV, Vat. lat. 630, c. 1v) - si sviluppò un fantasioso vocabolario figurativo zoomorfo e antropomorfo che talvolta, come nel già citato Sacramentario di Gellone, veniva a sovrapporsi all'intero sistema grafico, ai capilettera, alle lettere delle prime linee di testo, perfino alle notulae abbreviative, a Bobbio, nella ornamentazione di codici eseguiti tra i secc. 8° e 9° (Dialoghi di Gregorio Magno, Milano, Bibl. Ambrosiana, B.159 sup.; Gengaro, Villa Guglielmetti, 1968, pp. 4-5; Gabriel, 1982, pp. 160-161, 166; De temporum ratione di Beda, Milano, Bibl. Ambrosiana, D.30 inf.; Gabriel, 1982, pp. 169-173), si raggiunse un equilibrio tra gusto geometrico di matrice insulare, stilemi animalistici merovingi e suggestioni grafico-decorative derivanti da opere di oreficeria, specie longobarda (Cogliati Arano, 1970, pp. 20-27), con la particolarità di appendici umane raffigurate in sostituzione delle lettere (i due avambracci legati da una fascia a formare l'i. H a c. 38v dei Dialoghi di s. Gregorio Magno). Altrove in Italia, in aree più debolmente interessate dalle influenze d'Oltralpe, si continuò a decorare i codici con i. a carattere zoomorfo e antropomorfo, senza tuttavia stravolgere, come accadeva nei prototipi dei secc. 6°-7°, la struttura morfologica delle lettere. È il caso sia di un inedito manoscritto contenente i Moralia in Iob di Gregorio Magno, del sec. 8°-9° (Roma, BAV, Vat. lat. 583), in cui, alla c. 1r, la lettera d'incipit di Quamvis è 'ictiomorfa', sia del Vetus Testamentum della seconda metà del sec. 8° (Roma, BAV, Pal. lat. 24; Nordenfalk, 1970, II, tav. 70b), che esibisce a c. 34r un'i. A ancora a figura di pesce, sia di un noto codice di Lucca (Bibl. Capitolare, 490; Schiaparelli, 1924), vergato nel locale scriptorium vescovile tra la fine del sec. 8° e la prima metà del 9°, il cui apparato grafico è arricchito con motivi animalistici a uccelli, con busti di santi, con croci e a c. 184v con una grande E onciale, in cui il tratto centrale è sostituito da una mano della tipologia 'a mano benedicente'.Un corredo figurativo analogo caratterizza l'Homiliarium Agimundi, in due volumi scritti e miniati a Roma agli esordi del sec. 9° (Roma, BAV, Vat. lat. 3835-3836; Osborne, 1990, p. 80ss.): ampie i. tracciate dallo scriba stesso a inchiostro, solo in qualche caso completate con il colore, e decorate con protomi animali e figure umane (P a c. 64r), con pesci (S a c. 112v) e rosette (E 'a mano benedicente' a c. 67v). Responsabile di entrambe le componenti, grafica e ornamentale, nei due quaterni aggiunti alle cc. 55-70, è un amanuense attivo in uno degli scriptoria in lingua greca della Roma di età carolingia ma avvezzo anche alla scrittura latina (Cavallo, 1979, pp. 25-27), identificato con lo scriba della traduzione in greco dei Dialoghi di s. Gregorio Magno (Roma, BAV, Vat. gr. 1666; Nordenfalk, 1970, II, tav. 69), che viene in tal modo definitivamente riferita all'ambiente romano degli inizi del sec. 9° (Grabar, 1972, pp. 30-31; Cavallo, 1979, pp. 24-25; Osborne, 1990, p. 77ss.; Brubaker, 1991, p. 22). L'opera, caratterizzata da capilettera a ornato geometrico per riempimento, di matrice insulare, e zoomorfo, per sostituzione, a pesci e bestie mostruose, sembra essere il più antico manoscritto greco con lettere decorate sino a oggi noto e diventa quindi rappresentativo della produzione di codici greci in un'area come quella romana - dove numerosi monasteri greci mantenevano vivi i contatti con Bisanzio (Brubaker, 1991, pp. 42-43) -, che può aver fatto da tramite per la diffusione nell'Oriente bizantino dell'i. zoomorfa e antropomorfa (Cavallo, 1979; Osborne, 1990).Ugualmente interessata da influssi nordici, insulari e merovingi, forse con la mediazione di Montecassino, è la produzione di codici greci negli scriptoria dell'Italia meridionale bizantina. Nella decorazione delle Omelie di Gregorio Nazianzeno (Roma, BAV, Vat. gr. 866; Devreesse, 1950, pp. 434-440; Grabar, 1972, pp. 38-39), per es., scritte e decorate forse in Calabria alla metà del sec. 10°, e in particolare nell'i. Ε di c. 116v, sembrano proporsi delle analogie con le i. zoomorfe del Salterio di Corbie (Amiens, Bibl. Mun., 18); parimenti nelle i. decorate con elementi vegetali e con protomi animali del lezionario greco di Chicago (State Univ., 947), della fine del sec. 11°, di probabile provenienza italiana, appaiono evidenti i riferimenti stilistici e iconografici al Virgilio di Oxford (Bodl. Lib., Canon class. lat. 50), prodotto a Bari nel sec. 11° (Pacht, Alexander, 1970, nr. 12).Forti influenze dei modelli occidentali le i. a motivi geometrici, animalistici e antropomorfi e le Ε con l'asta centrale a forma di mano miniate nelle Omelie di Grgorio Nazianzeno (Parigi, BN, gr. 510, cc. 316v, 360v), manoscritto riferito a uno scriptorium costantinopolitano degli anni ottanta del sec. 9° e ritenuto la prima manifestazione di una tipologia grafico-decorativa che si sarebbe pienamente affermata in area bizantina solo a partire dal sec. 11° (Brubaker, 1991, pp. 45-46). Se, infatti, la Ε `a mano benedicente' si ritrova, in manoscritti del tardo sec. 9° e del 10° incipiente, associata a elementi decorativi floreali e animali di origine sasanide - come nell'evangelario conservato a Princeton (Univ. Lib., Garrett 1, c. 76r; Illuminated Greek Manuscripts, 1973, pp. 56-57) e nella Bibbia vaticana proveniente dall'Asia Minore (Roma, BAV, Reg. gr. 1; Weitzmann, 1935, p. 40) - oppure ornata da motivi geometrici, come in un lezionario assegnato alle province bizantine orientali (Princeton, NJ, Scheide Lib., M2, c. 35v; Illuminated Greek Manuscripts, 1973, pp. 58-59), già alla metà del sec. 10° questa tipologia venne affiancata da i. zoomorfe, come nel Salterio di Parigi (BN, gr. 139; Weitzmann, 1935, pp. 8-13), dove una Ε onciale a c. 158r presenta il corpo costituito da due pesci piegati ad arco, o in un lezionario di origine costantinopolitana della seconda metà del sec. 10° (Atene, Nat. Lib., 59, cc.1r, 10r, 12v; Catalogue of the Illuminated Byzantine Manuscripts, 1978, pp. 36-42).Tra i secc. 11° e 12° novità significative caratterizzano una nutrita serie di manoscritti liturgici: oltre alla diffusione delle i. zoomorfe e figurate, per es. quelle di straordinaria ricchezza inventiva di un altro lezionario conservato ad Atene (Nat. Lib., 2363, cc. 2v, 8r, 11v, 43r), si afferma la tendenza a sostituire all'illustrazione delle pagine incipitarie, per es. dei vangeli, le i. istoriate, collocate con rilevante evidenza all'esterno dello specchio scrittorio, come d'altronde era norma nel libro bizantino. Esemplare in tal senso il caso dell'Evangeliario di Cleveland (Mus. of Art, 42.152; Illuminated Greek Manuscripts, 1973, pp. 82-83), dove, in apertura di ogni libro dei vangeli, le i. istoriate - la cui elevata qualità pittorica richiama le contemporanee Omelie di Gregorio Nazianzeno (Roma, BAV, Vat. gr. 463) e l'Evangeliario di Vienna (Öst. Nat. Bibl., theol. gr. 154) - raffigurano gli evangelisti in atto di scrivere o intenti alla lettura. Ugualmente significativo un lezionario realizzato in uno scriptorium monastico del periodo comneno (Atene, Nat. Lib., 68, sec. 12°), in cui il miniatore realizzò, nell'i. E di c. 123r raffigurante Cristo che predica agli apostoli collocati di fronte, sull'altro margine della colonna di scrittura, un perfetto equilibrio tra i. istoriata, illustrazione e testo.Se in Oriente l'adozione di i. decorate e figurate si attuò sempre nel rispetto della distinzione di ruoli tra scrittura e immagine, in Occidente la trasformazione del segno in figura raggiunse alla fine del sec. 8° la sua espressione estrema nell'i. figurata, che nacque e si sviluppò dallo stesso ceppo figurativo dell'i. zoomorfa e antropomorfa, nello stesso contesto artistico, talvolta anche nel medesimo libro. Esempi significativi di questa tipologia sono manoscritti di area continentale ancora influenzati dall'arte insulare quali i Commentarii in Iob di s. Gregorio Magno, del sec. 8° (Cambrai, Médiathèque Mun., 470, c. 2r), le Quaestiones in Heptateucon di s. Agostino, della metà sec. 8° (Parigi, BN, lat. 12168; Alexander, 1978a, p. 11; Pächt, 1984, trad. it. p. 52), e, al passaggio dall'età precarolingia a quella pienamente carolingia, il già citato Salterio di Corbie (Amiens, Bibl. Mun., 18, cc. 94r, 123v, 133r, 137r, ecc.), in cui vere e proprie illustrazioni in campo libero, connesse al testo da un sottile gioco di interrelazioni semantiche, ricalcano con le componenti figurative la morfologia delle iniziali.Questo fenomeno tornò ad affermarsi dopo un intervallo di almeno due secoli. L'i. figurata si diffuse nell'Europa continentale: per es. nello scriptorium di Cîteaux, nella fase anteriore alla riforma di s. Bernardo di Chiaravalle, che, a proposito della decorazione dei manoscritti, prescriveva che le lettere "unius coloris fiant et non depictae" (Bernardo di Chiaravalle, Apologia ad Guillelmum Abbatem, XII, 28); esemplari fra tutti appaiono il caso della Bibbia di Cîteaux (Digione, Bibl. Mun., 15, c. 56v) e quello dei Moralia in Iob di s. Gregorio Magno (Digione, Bibl. Mun., 168-170, 173; Załuska, 1989). Vide una nuova fioritura anche nell'area anglosassone, dove prese forma tra la fine del sec. 10° e il 12° l'i. abitata, il cui sviluppo si può seguire in una serie di esempi che vanno dal Salterio di Bosworth, della fine del sec. 10° (Londra, BL, Add. Ms 37517, c. 33r; Temple, 1976, nr. 22; The Golden Age, 1984, nr. 36, tav. V), ai Commentarii in Psalmos di s. Agostino (Londra, BL, Royal 5.D.II, c. 1r; Pächt, 1987, pp. 82-83, fig. 116). L'i. figurata si affermò infine anche a S delle Alpi, per es. a Lucca, dove a miniatori attivi tra la fine del sec. 11° e il 12° nell'officina libraria legata al duomo di S. Martino si deve la realizzazione del programma decorativo e iconografico di un gruppo omogeneo di manoscritti (bibbie, passionari, antifonari; Calderoni Masetti, 1979, p. 63ss.; Dalli Regoli, 1980, p. 145ss.), programma costituito da i. figurate che traducono in dato visivo i significati, immediati o traslati, della pagina scritta o ne integrano il testo: come la R d'incipit di Regnante di un passionario lucchese del sec. 12° (Lucca, Bibl. Capitolare, C, c. 215r; Dalli Regoli, 1980, fig. 167). Ma ciò avvenne sempre senza che fosse trascorso invano il fenomeno dell'arte carolingia e ottoniana, che, con la lezione di rigore e razionalità nella distinzione, anche all'interno del libro, tra scrittura e immagine, con il potenziamento delle valenze figurative a fini ideologici del segno grafico mediante l'amplificazione del modulo e la sontuosità dei materiali, con l'adozione di tipologie scrittorie di grande chiarezza, quali la carolina e la capitale all'antica, con la preferenza accordata alla decorazione vegetale a tralci di acanto di matrice classica, aveva segnato una svolta nella storia del libro medievale: significativi appaiono due esempi, da riferire rispettivamente alla scuola di corte di Carlo Magno e allo scriptorium della Reichenau: il citato Salterio di Dagulfo (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 1861; Pächt, 1984, trad. it. tavv. VIII-IX) e l'Evangeliario di Ottone III (Manchester, John Rylands Lib., lat. 98; Nordenfalk, 1972, tav. 10; Alexander, 1978b, tav. 12).Nell'i. romanica mutò anzitutto, sotto la spinta dell'arte ottoniana, il sistema ornamentale, che da geometrico passò a essere prima misto, cioè geometrico e vegetale insieme (come nell'ornamentazione carolingia), poi prevalentemente fitomorfo (come in quella ottoniana). Il portato di questa trasformazione appare palese se si considera, per es., alla luce delle conseguenze che derivarono allo svolgimento della Initialornamentik beneventana dall'arrivo a Montecassino, sotto il governo abbaziale di Teobaldo (1022-1035), dell'Evangeliario di Enrico II, miniato nello scriptorium di St. Emmeram a Ratisbona (Roma, BAV, Ottob. lat. 74), e risulta evidente in opere come il famoso Lezionario dell'abate Desiderio (Roma, BAV, Vat. lat. 1202; Bloch, 1946, pp. 202-205; Adacher, 1989, p. 41ss.; Orofino, 1989, p. 58ss.). Nelle i. di età romanica abitate da tralci e fogliami, da figure umane e ibridi, ma soprattutto in quelle zoomorfe e figurate, la lettera progressivamente recuperò la sua struttura morfologica, poiché le figurazioni, non più lasciate libere sul fondo della pergamena, venivano inquadrate in spazi delimitati da cornici e anzi, anche in mancanza di un campo geometrico di base, veniva rispettato il tracciato delle lettere; nella generale rivalutazione dell'esperienza sensibile, acquistò nuovamente importanza anche la rappresentazione naturalistica di figure umane e animali. Tornò a diffondersi peraltro la decorazione a protomi animali e umane usata per qualificare, a fianco o in alternativa alle terminazioni fitomorfe, la sommità e le propaggini delle i., lasciando in tal modo inalterato il loro disegno di base, come in un lezionario di produzione cassinese della seconda metà del sec. 11° (Montecassino, Bibl., 453, p. 199) o nella Bibbia di Calci (Pisa, Mus. Naz. e Civ. di S. Matteo, IV, cc. 25r, 154r, 203r; Dalli Regoli, 1980, p. 155), miniata in Toscana nel settimo decennio del 12° secolo. Fece una prima apparizione, infine, l'i. figurata per riempimento, precedente diretto dell'i. istoriata.Nell'i. istoriata, che ebbe origini e sviluppi diversi nella complessa geografia artistica dell'Europa dei secc. 12°-15°, l'elemento grafico ha recuperato leggibilità, ma è usato ormai solo a guisa di contenitore, ospitando al suo interno un'illustrazione, schematica o complessa, fantastica o connessa semanticamente al testo scritto, che spesso si espande all'esterno e continua il racconto figurato lungo i margini dello specchio di scrittura, in sostituzione del fregio o tra i tralci vegetali e i cordoni geometrici delle decorazioni laterali. L'i. è divenuta in tal modo parte integrante, insieme alle pagine e ai riquadri istoriati, di un sistema complesso che richiede la presenza all'interno della bottega miniatoria di più figure specializzate e che comprende anche le i. rubricate (cromatiche, realizzate a pennello), quelle filigranate (arricchite cioè da sottili arabeschi, tracciati a penna in genere nei colori blu e rosso alternativamente contrastanti con il corpo della lettera), che si erano originate in Francia nel sec. 13° (Avril, 1971) e che si diffusero ben presto nel libro italiano, e poi ancora i fregi vegetali e quelli abitati, i riempilinea e le immagini araldiche.Appare difficile proporre anche solo una esemplificazione, che sarebbe di necessità limitata, di una realtà tipologica quale è quella dell'i. miniata gotica e tardogotica, che la diffusa e ampia produzione libraria, la varietà delle tipologie testuali e il diversificarsi della committenza da un lato, la nascita di stili miniatori nazionali e regionali e il collegamento del libro con grandi personalità artistiche dall'altro, resero particolarmente varia e complessa. Resta da sottolineare lo stretto collegamento che venne a crearsi in quel periodo, soprattutto in alcuni ambiti (come quello religioso-liturgico, in cui spesso l'i. miniata assolve da sola alle funzioni illustrative del libro, e quello giuridico), tra la tipologia del testo e il repertorio iconografico delle i., destinato quest'ultimo a guidare la lettura e l'interpretazione dei contenuti dell'opera. Né si può dimenticare l'ampio spazio che, in altri contesti testuali e soprattutto nella miniatura tardogotica, venne lasciato a un'elaborazione fantastica di alto valore figurale nella realizzazione di pagine d'incipit, in cui un'i. istoriata riveste il ruolo incontrastato di protagonista (v. Alfabeto figurato).Esemplare è il caso dell'Offiziolo Visconti (Firenze, Bibl. Naz., Landau-Finaly 22, cc. 12r, 54r, 147v; Cadei, 1984), in cui, sulla suggestione della miniatura boema di metà Trecento, in particolare delle i. a figure monocrome dei manoscritti di Giovanni di Neumarkt, la forma della lettera è creata da una sapiente combinazione di elementi architettonici e scultorei gotici (pinnacoli, archetti acuti trilobati, colonnine pensili) e all'interno di questa le storie bibliche sono inserite in splendidi scorci paesaggistici, mentre intorno, a campire l'intero spazio della pagina, si svolge un lussureggiante tralcio animato.
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