INNESTI e TRAPIANTI (XIX, p. 315)
Mentre nella ricerca biologica la tecnica degli innesti e trapianti non ha subìto, in questi ultimi anni, grandi mutamenti, né conseguito particolari progressi, nel campo della chirurgia ha realizzato un sensibile progresso soprattutto in seguito alla scoperta dei farmaci batteriostatici (sulfamidici, antibiotici), mediante i quali oggi si possono combattere validamente o prevenire le complicazioni infettive, causa prima della maggior parte degli insuccessi lamentati in passato.
Nella riparazione delle perdite cutanee, gli innesti epidermici alla Tiersch sono ancora quelli più largamente usati; attualmente si tende a praticare l'innesto in fasi precoci, sia nelle ferite, sia nelle ustioni, e in quest'ultime la prognosi è legata strettamente alla rapidità con la quale si stabilisce il rivestimento delle superfici ustionate. Nelle ustioni, anzi, per questo motivo, hanno trovato applicazione anche gli innesti omoplastici, i quali, sebbene non attecchiscano durevolmente, sono utili per ottenere una riparazione temporanea, che permetta di superare le fasi critiche, fino a quando sia possibile eseguire l'innesto autoplastico.
Gli innesti epidermici, però, non prevengono le retrazioni cicatriziali; per questa ragione, quando sia necessario ottenere un migliore risultato estetico o funzionale (come nelle ferite o nelle ustioni del volto e delle mani) è necessario ricorrere ad una plastica con un lembo peduncolato. Ma in questi ultimi anni è andato diffondendosi sempre più, per i suoi pregi di semplicità e la rapidità della guarigione, l'innesto di lembi liberi cutanei a tutto spessore che comprendono cioè il derma per tutta la sua altezza e magari anche il sottocutaneo (trapianti alla Wolfe). I lembi sono prelevati o a mano libera col bisturi, o con strumento di Blair-Brown, o di preferenza col dermatomo di Padgett, e vengono applicati nella nuova sede mediante suture; seguendo una tecnica esatta e con indicazioni precise, si ottengono alte percentuali di attecchimento.
Nei trapianti e negli innesti vasali, la tecnica ha raggiunto oggi grandissima precisione e finezza. Da segnalare in questo campo la possibilità di rendere il sangue praticamente incoagulabile mediante l'eparina e il dicumarolo (v. in questa App.), eliminando così il pericolo delle trombosi.
Dal lato tecnico merita di essere ricordato il nuovo metodo di anastomosi proposto dal Blakemore, il quale ha sostituito alla classica sutura di A. Carrel (che richiede estrema esattezza ed un tempo relativamente lungo di esecuzione e che espone al pericolo di trombosi ostruenti precoci o tardive), una semplice allacciatura vasale, che si esegue valendosi del supporto di un tubo metallico, che resta in situ; precisamente di un tubo di vitallio, una lega speciale, che suscita scarsissime reazioni nei tessuti e quindi è assai ben tollerata. Per mezzo di questi tubi, che hanno forma adeguata e che sono forniti in una larga serie di calibri, si possono eseguire anastomosi che rispondono sia al tipo dei trapianti, sia al tipo degli innesti (anastomosi artero-arteriose, artero-venose, veno-venose, termino-terminali o termino-laterali). Il metodo, collaudato da una larga esperienza bellica, è stato trasferito ormai dalla chirurgia traumatologica di urgenza (nella quale si è dimostrato particolarmente utile), alla chirurgia di elezione. Oltre che per le anastomosi vasali, i tubi di Blakemore, dei quali del tutto recentemente si è tentata la costruzione con materiale riassorbibile (fibrina), sono stati usati anche nella riparazione di altre strutture tubulari, ad esempio del coledoco. Ma è soprattutto da mettere in rilievo come si siano estese le indicazioni alle anastomosi vasali, che in passato avevano soltanto applicazioni assai limitate (ferite, aneurismi, tentativi di arterializzazione delle vene).
Attualmente si è aperto alla chirurgia un campo vastissimo nella cura di affezioni cardiovascolari (v. chirurgia; cuore, in questa App.). Inoltre le anastomosi vasali hanno trovato applicazione nella cura chirurgica delle forme ascitiche della cirrosi epatica, nelle quali il sangue del territorio portale viene convogliato nella vena cava inferiore, o attraverso un'anastomosi termino-laterale tra porta e cava, o per mezzo di un'anastomosi tra la vena splenica e la vena renale sinistra, sia termino-laterale (previa splenectomia), sia termino-terminale (previe splenectomia e nefrectomia).
Negli innesti delle ghiandole a secrezione interna, si annoverano successi nella cura degli stati di ipo-tiroidismo, per i quali viene innestato un frammento di tiroide basedoviana. Per le altre disendocrinie o comunque per altri stati morbosi che si avvantaggiano di una terapia ormonica, la pratica degli innesti di organi è stata in genere abbandonata, non ottenendosi che miglioramenti del tutto transitorî, legati al riassorbimento dell'innesto stesso.
Risultati lusinghieri sono stati ottenuti nel trapianto delle dita, trasportando un dito superstite a gravi mutilazioni, in una sede più utile dal punto di vista della funzione o, addirittura, eseguendo il trapianto da piede a mano; nello stesso campo, è ormai entrata nella pratica la ricostruzione plastica di falangi su moncherini altrimenti privi di ogni valore funzionale. Sono segnalati anche reinnesti di dita rimaste amputate in un incidente, coronati da successo sebbene eseguiti a distanza di alcune ore dal trauma; è stato possibile mantenere vitale il dito amputato mediante la perfrigerazione, che abbassa e contiene in limiti minimi il metabolismo dei tessuti. Per gli innesti corneali v. cornea, in questa App.