CARACCIOLO, Innico
Nacque a Martina Franca il 9 luglio 1642 da Francesco, duca di Martina, conte di Buccino e di Brienza, e da Beatrice Caracciolo dei marchesi di Airola. Della sua oscura giovinezza si sa solamente che il 19 luglio del 1665 ad Ostuni presenziò come padrino al duello tra Petraccone (V) suo fratello e il duca di Noci, Cosimo Acquaviva, che vi rimase ucciso, e pertanto anch'egli fu arrestato come complice. Compiuti tardivamente gli studi giuridici a Napoli, conseguì il dottorato utriusque iuris alla Sapienza di Roma il 9 giugno 1677. In età matura, trovandosi in Spagna, dove trascorse molti anni, decise di avviarsi alla carriera ecclesiastica ed entrò nella prelatura romana. Il 30 apr. 1683 fu inviato da Innocenzo XI a Malta col duplice incarico di inquisitore e delegato apostolico, giungendovi il 4 luglio successivo. Il carattere lineare, che gli fu connaturale nell'espletamento degli incarichi ricoperti in seguito, si rivelò durante la missione maltese: destò molto stupore la tenacia con cui, nell'agosto del 1684, pretese la liberazione di sei cristiani tenuti schiavi da cinque anni sul vascello di un corsaro livornese, coperto dall'autorevole e interessata complicità dei cavalieri gerosolimitani, provocando un vero caso diplomatico. Richiamato a Roma nel maggio del 1686 per l'aggravarsi di uno stato febbrile che lo aveva afflitto fin dall'arrivo nell'isola, tra il maggio e il giugno del 1687 fu designato arcivescovo di Capua, ma, nonostante le insistenze del card. G. B. Spinola, latore della proposta papale, se ne schermì declinando l'offerta. Dal 1689 fu primicerio, della chiesa nazionale dello Spirito Santo dei napoletani in Roma, referendario delle due Segnature e segretario della Congregazione sullo stato dei Regolari. Il 10 febbr. 1690 da Alessandro VIII fu nominato anche segretario della Congregazione della Visita Apostolica per l'Urbe e in tale carica fu confermato poi il 12 genn. 1692 da Innocenzo XII. Rimase semplice chierico finché nel 1695 si fece ordinare suddiacono dal vicegerente di Roma. Durante un'epidemia che afflisse Roma in quello stesso anno presiedette all'organizzazione assistenziale e all'ospedale appositamente eretto in S. Giacomo a Scossacavalli per mandato dello stesso pontefice, dimostrando amorevole carità verso i colpiti. Nonostante la sua riluttanza e le proteste di inettitudine fu destinato da Innocenzo XII vescovo di Aversa il 25 febbr. 1697. Ordinato diacono e sacerdote (da correggere Sagliocco, p. 79) e il 24 marzo consacrato vescovo dal card. Galeazzo Marescotti, il 16 maggio ebbe, con la nomina ad assistente al soglio la commenda dell'abbazia di S. Vincenzo al Volturno. Fece l'ingresso in diocesi il 29 giugno successivo e con premura diede inizio alla visita pastorale, che nei trentaquattro anni di episcopato non tralasciò di compiere annualmente.
L'acuta percezione che il rinnovamento della Chiesa meridionale dovesse fondersi con il recupero morale e culturale del clero lo indusse a concentrare le sue energie nel perseverante impegno di sgretolare il convincimento di casta privilegiata dello stato ecclesiastico, diffuso tra quanti erano sicuri di carpirne soltanto i benefici, conseguibili attraverso l'adesione esteriore e formale ai meccanismi giuridici previsti quale garanzia di promozione sociale, facile e redditizia. Iniziò dal seminario, per il quale, su progetto dell'architetto romano Carlo Buratti, tra il 1715 e il 1727, impegnando le risorse della mensa vescovile, i redditi di alcuni benefici ecclesiastici e di monasteri, una rendita personale di 10.000 ducati che gli derivavano da una pensione sul vescovado di Monreale, che Filippo IV gli aveva concesso per i meriti acquisiti dal padre durante la rivolta di Masaniello, realizzò un nuovo grandioso istituto dotandolo, dopo lunghe trattative con Roma, con le cospicue rendite di una parrocchia cittadina. Affidò la formazione degli alunni, che da quattordici salirono ad oltre cento, a don Andrea Corderi di Roma, disponendo anche la revisione delle norme regolatrici della disciplina. Dopo anni di studio vennero pubblicate, infatti, le Constitutiones Seminarii Aversani..., Neapoli 1727 (2 ed., Neapoli 1784), il cui testo definitivo, che sanzionava un'educazione molto severa, era stato revisionato da monsignor Carlo Maiello. Con la nuova "ratio studiorum" (Constitutiones, pp. 39-71) riordinò gli studi con cattedre stabili di grammatica, umanità e retorica, latino, greco (che affidò a G. B. Capasso, fratello del noto Niccolò), ebraico, filosofia, diritto ecclesiastico e civile, storia e liturgia, teologia e canto gregoriano e fondò una ricca biblioteca. Le cure al seminario significavano la rigenerazione del pletorico clero diocesano costituito da novecento preti, che ridusse di due terzi (Onorato, p. 101), a cui si aggiungevano settanta religiosi, sparsi nei quarantuno paesi della diocesi, abitati da settantamila anime. La selezione rigorosa dei candidati, la promozione quasi esclusiva degli alunni del seminario (cfr. Sinodo, appendice, pp. 332-337), gli ordinamenti sinodali rigorosi, le correzioni prudenti, i moniti non accusatori adoperati con grande rispetto delle persone, l'esempio della sua vita specchiata introdussero nel clero un costume nuovo, eliminando aberrazioni e dissolutezze e diradando scandali. Come sfida polemica alla ignavia e pungolo all'inerzia, a quanti scoprì incolti e rozzi impartì l'ordine di ricominciare l'iter di preparazione al sacerdozio che già esercitavano, con corsi e lezioni appositi nel seminario. Questa vigilanza, divenuta leggendaria, si concretò in iniziative molteplici raggiungendo risultati apprezzabili. Dal 4 al 6 nov. 1702, nonostante le "turbolenze" derivate da contrasti giurisdizionali con la magistratura cittadina e le conseguenti pendenze presso il delegato della regia giurisdizione e presso la Congregazione dei Riti, celebrò il sinodo e l'anno successivo ne pubblicò gli atti a Roma. Tra il 1703 ed il 1715 restaurò il duomo normanno che minacciava rovina, dopo aver sentito i pareri di esperti di Napoli e di Roma, secondo il progetto del Buratti.
L'intensa attività pastorale e organizzativa del C. era animata da un grande fervore mistico, che talvolta trascendeva in manifestazioni devozionali discutibili. Promosse il culto, rinnovò l'osservanza liturgica eliminando sfarzi e inverecondie; istituì corsi regolari di "missioni" al popolo; diffuse la catechesi imponendo ai parroci l'obbligo di servirsi dei formulari, preparati da lui medesimo, in tutte le giornate festive. Iniziò la costruzione del l'ospizio per le donne traviate, compiuta poi dal successore Spinelli. Condusse vita austera e distribuì largamente del suo ai bisognosi.
Il clima politico di tensione fra Vienna e Roma, che si rifletteva nelle decisioni del Collaterale di Napoli ratificate dall'imperatore, stimolò la sua naturale intransigenza durante una vertenza inimunitaria promossa nel 1711 dai Brancaccio, feudatari di un paese della diocesi, e soltanto la duttilità del nunzio Aldobrandini evitò ripercussioni gravi (Lett. di vescovi, vol. 117, ff. 414 ss.). Costernato per gli attacchi esterni, che a suo giudizio pregiudicavano il patrimonio dottrinale della Chiesa, fu solidale col noto esponente curialista Filippo Anastasio, arcivescovo di Sorrento, e nel 1719 gli impetrò la commenda di un'abbazia per consentirgli la stampa dell'opera alla quale, scrisse, "sta faticando utilmente per sostenere i diritti della S. Sede contro l'appestate dottrine sparse dall'ingratitudine di tanti nemici giurati della Chiesa romana" (Lett. di cardinali, vol. 82, f. 283). Per tali convincimenti e disposizioni di spirito, a Portici, dove risiedeva per cure nel 1725, rifiutò una visita di cortesia di Alessandro Riccardi, ricordando "con quanta poca religiosità e rispetto avesse scritto contro la Santa Sede" (Sagliocco, Parafrasi, p. 67), consapevole dell'orientamento anticurialistico che muoveva gli esponenti della profonda evoluzione culturale e politica del Regno.
Designato cardinale in pectore il 29 maggio 1715, fu dichiarato nel concistoro del 16 dicembre successivo. Partecipò ai conclavi per l'elezione di Innocenzo XIII, Benedetto XIII e Clemente XII. Il suo nome figurò tra quelli dei dieci cardinali graditi all'imperatore per la successione a Clemente XI. Morì nel monastero dei benedettini di Montevergine a S. Agata ai Monti in Roma, il 6 sett. 1730 e fu provvisoriamente sepolto in S. Maria della Vittoria. Nel 1732 le sue spoglie furono trasferite nella cappella del SS. Sacramento da lui eretta nel duomo di Aversa e nel 1738 collocate nel monumento progettato da Filippo Barigioni ed eseguito da Paolo Posi. La statua della Fama col suo ritratto fu scolpita da Pietro Bracci. L'epigrafe, preferita a quella del Vico, fu composta dal Mazzocchi.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Act. Cam. 24, f. 163v; Proc. Dat. 74, ff. 68 ss.; Inquisitore di Malta 34, ff. 70-206; 35, ff. 221-239, 257-291, 341-345, 348-361; 36, ff. 3-204; 37, ff. 2-79v; Lettere di vescovi…, 89, ff. 176, 228, 269, 371; 90, f 349; 92, f. 150; 104, f. 565; III, f. 650; 115, f. 504; 117, ff. 414-415v; Lettere di cardinali 78, ff. 250, 255; 79, ff. 213, 304, 365; 80, ff. 110, 302; 81, ff. 43, 48, 80, 353, 402; 82, ff. 26, 43, 283, 318, 335, 381; 83, ff. 30, 43, 126, 275; 84, ff. 209-210; 88, ff. 11, 55, 422, 448-449, 484-486; 89, ff. 653, 671; 90, ff. 402, 545, 751; Napoli 157, ff. 6, 28, 42, 107; Secr. Brevium 1812, f. 47; 2040, f. 69; 2053, f. 297; Arch. d. Congregazione della Visita Apostolica, anni 1678-1693, ff. 191-205v; anni 1693-1705, ff. 1-91; Arch. della Congregazione del Concilio,Relationes ad SS. Limina,Aversana, 1700, 1704, 1705, 1715, 1720, 1726; Litterarum Visit. SS. Liminum, liber 20, ff. 20, 157; liber 21, ff. 149-150v; liber 23, ff. 47v-48v; Arch. della Congregazione dei Riti,Regestum Decretorum, anni 1703-1704, ff. 6511v, 771v-772, 789v-791; Ibid., Positiones Decretorum et Rescriptorum, 31 marzo 1703, 23 giugno 1703, 8 marzo e 26 apr. 1704; Bibl. Apost. Vat., Chigi R. I. 19, ff. 305-319; Vat. lat. 11209, ff. 236-279v; Aversa, Archivio diocesano, Santa Visita 1722, 1725, 1726, 1727, 1728, 1729, 1730; J. R. Conlin, Roma Sancra,sive Benedicti XIII et S. R. E. cardinalium imago..., Augustae Vind. 1726, pp. 99-102; H. Serai, In obitum I. C. episcopi Aversani. Oratio, Neapoli 1730; Seminarii Aversani Epicedia in obitum I. C., Aversae Episcopi, Neapoli 1731; M. Sagliocco, Compendio delle virtù del card. I. C., Roma 1738; Id., Parafrasi istorico-morale sopra le virtù e gesta del cardinale I. C. ..., Lucca 1763; M. Guarnacci, Historiae pontificum Romanorum et S.R.E. cardinalium, II, Romae 1751, coll. 269-271; A. Onorato, Del moderato e convenevol numero de' cherici, Venezia 1768, p. 101; A. S. Mazzocchi, Opuscula, I, Neapoli 1771, pp. 242 s.; P. Parente, Origini e vicende eccles. della città di Aversa, II, Napoli 1858, pp. 651-663; F. Nicolini, Sulla vita civile,letter. e religiosa napoletana alla fine del Seicento, Napoli 1929, p. 44; Id., G. B. Vico epigrafista, Napoli 1930, pp. 46 s., 73 s. (riprodotto in G. B. Vico, Opere, VII, Bari 1940, pp. 208, 286); R. Vitale, Il card. C., in Boll. della diocesi di Aversa, nn. 19 febbr., 2 apr., 2 giugno 1930; D. Confuorto, Giornali di Napoli, a cura di N. Nicolini, II, Napoli 193 1, pp. 257, 264, 339; L. von Pastor Storia dei papi, XV, Roma 1943, p. 418; G. Capasso, Il seminario di Aversa e il secolo d'oro del cardinale I. C., Napoli 1959, passim; F. Fabris, La geneal. della fam. Caracciolo, a cura di A. Caracciolo, Napoli 1966, tav. XXV; F. Nicolini, Vico storico, a cura di F. Tessitore, Napoli 1967, p. 382; G. Capasso, Cultura e religiosità ad Aversa nei secc. XVIII, XIX, XX, Napoli 1968, pp. 39-41; R. De Maio, Società e vita religiosa a Napoli nell'età moderna, Napoli 1971, pp. 282, 345, 368; G. V. Gravina, Curia romana e Regno di Napoli. Cronache polit. e relig. nelle lettere di F. Pignatelli, a cura di A. Sarubbi, Napoli 1972, pp. 10 s. (da correggere l'ident. col card. Nicola Caracciolo); G. Moroni, Diz. di erudiz. stor.-eccles., IX, pp. 233 s.; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., V, Patavii 1952, pp. 30, 109.