INNOCENZO da Caltagirone
Nacque in Sicilia, a Caltagirone, il 24 ott. 1589, da Pietro Marcinò e Laura Barone, che lo battezzarono con il nome di Giuseppe.
Come tutti i nove figli di questa famiglia di condizione agiata, I. fu avviato alla vita religiosa (dopo la morte della moglie, nel 1614, anche il padre fu ordinato sacerdote). Educato dai gesuiti, nel 1607 entrò tra i novizi del convento cappuccino di S. Filippo ad Agira. Proseguì gli studi a Vizzini, Siracusa e Malta, dove nel 1613 ricevette l'ordinazione sacerdotale. Nel 1615 andò a Roma per approfondire la teologia e studiare l'arabo e l'ebraico, in vista di una destinazione missionaria, cui dovette rinunciare a causa di una malattia. Tornato in Sicilia, dal 1617 al 1629 insegnò ebraico (una sua grammatica ebraica manoscritta si conserva tra gli atti del processo di beatificazione), teologia morale, logica e filosofia nel pubblico liceo e nei conventi cappuccini di Siracusa, Caltagirone, Piazza Armerina, Lentini, dove fu anche maestro dei novizi e guardiano. Fu eletto per nove volte definitore o consigliere provinciale; dal 1635 al 1638 fu ministro della provincia cappuccina di Siracusa, nel 1638 ebbe la nomina a visitatore della provincia cappuccina di Messina e nel 1642 fu eletto provinciale di Otranto.
Nel frattempo, I. aveva predicato la quaresima 17 volte in varie località della Sicilia, attirando l'attenzione dei fedeli con l'efficacia dei suoi sermoni e il rito dell'adorazione eucaristica delle quarantore che li concludeva, durante il quale non abbandonava mai l'altare, impressionando gli ascoltatori al punto di acquistare presto la fama di taumaturgo e santo.
Grazie a questa reputazione, nel capitolo generale del 22 maggio 1643 fu eletto generale dei cappuccini. Il suo nome era gradito all'invadente cardinale protettore dell'Ordine, Antonio Barberini senior, che nel 1638 aveva imposto d'autorità al generale uscente Giovanni da Moncalieri l'adozione di nuove costituzioni coercitive, di fatto disapplicate dall'Ordine. Proprio per questo, l'elezione d'I. avrebbe potuto scontentare i frati, divisi, inoltre, dalla pretesa delle province italiane di riservare ai propri soggetti (considerati più liberi dalle pressioni delle potenze europee) l'elezione del generale e dalle rivendicazioni dei frati laici esclusi dal diritto di voto attivo e passivo. Tuttavia, il carisma e la moderazione d'I. raffreddarono le tensioni. Senza urtarsi con il cardinale, egli fece reintrodurre dal capitolo le costituzioni precedenti a quelle contestate, sia pur aggiornate, e poi, per ascoltare le richieste di tutti i confratelli, decise di intraprendere subito la visita canonica alle province dell'Ordine, delegando al proprio procuratore il compito di occuparsi dei rapporti con il vertice della Chiesa, a Roma.
La visita consisteva in un lungo e gravoso viaggio attraverso l'Europa, a piedi o a dorso di mulo, che la maggioranza dei generali dell'Ordine svolgeva in misura parziale con l'aiuto di delegati. I., viceversa, preparò un accurato itinerario diviso in tappe, da tre a otto per ogni provincia, nelle quali si sarebbero radunati in "congregazioni generali" i frati dei conventi della zona. Tale sistema (che fu seguito dai suoi successori) gli consentì di raggiungere 45 delle 47 province cappuccine e buona parte dei loro 21.171 religiosi. Così facendo, però, trascorse a Roma solo nove mesi dei sette anni (anziché i consueti sei, grazie a una proroga concessagli da Innocenzo X per il giubileo del 1650) del suo generalato.
In compagnia di una decina di confratelli, tra cui alcuni segretari pratici delle lingue europee, I. lasciò Roma il 26 sett. 1643. Non potendo, per la guerra di Castro, iniziare la visita dalla Toscana (che non riceveva un generale cappuccino da 22 anni), si recò prima nelle province meridionali, dove trascorse tutto il 1644. Terminata la guerra in Italia, dal giugno 1645 al maggio 1646 I. attraversò la Toscana (perdendovi l'amico e confratello Giovanni da Tortorici, annegato nell'Arno), l'Umbria, le Marche, l'Emilia, la Lombardia e il Veneto. Da lì, passò in Stiria, in Austria (a Vienna fu ricevuto dall'imperatore), Boemia, Tirolo, Baviera e Svizzera, fino al novembre 1646. Quindi, risalendo il corso del Reno, giunse a Colonia e in Belgio all'inizio del 1647. Si recò poi nella Francia centro-settentrionale, dove si trattenne quindici mesi, fino all'aprile 1647, e dopo in Spagna, dal 1° luglio 1648, in Francia meridionale, nei primi mesi del 1649, in Savoia, nella città protestante di Ginevra nell'agosto 1649, in Piemonte e in Liguria. Fece finalmente ritorno a Roma il 30 dic. 1649.
Questa visita, ampiamente documentata dall'Itinerario che lo stesso I. compilò negli ultimi anni di vita (conservato in copia negli atti del processo di beatificazione, essendo stato distrutto da un incendio l'originale) e dal Registro del segretario Francesco da Polcenigo, accrebbe la sua fama di "taumaturgo della terra". In ogni città fu circondato dalle folle e accolto con grandi onori dalle autorità civili e religiose, costrette a farlo scortare da soldati per tenere lontani quanti cercavano di sottrargli parti della veste come reliquie o introdursi nei conventi dove alloggiava in cerca di benedizioni e di grazie.
I. dovette dividere il tempo fra le ammonizioni ai cappuccini circa l'osservanza della povertà e del primato della spiritualità, le prediche al popolo, le visite ai malati (radunati nelle chiese al suo passaggio), e le proprie funzioni di governo, attuate, queste, con una certa peculiare elasticità. Sul piano della predicazione, pur essendo un convinto assertore dell'oratoria evangelicamente semplice e chiara, al punto da vietare agli studenti di imitare lo stile barocco di Emanuele Orchi da Como, permise la stampa dei quaresimali di costui, nel 1650, e di quelli di Mario Bignoni da Venezia, consapevole del loro gradimento da parte dei fedeli. Ordinò poi ai predicatori di alternare le missioni popolari ai ritiri di preghiera, per ritemprare lo spirito e preparare meglio le predicazioni. Incline alla pratica della misericordia e del perdono, in un caso permise che si adoperasse la tortura contro un frate. Incoraggiò lo studio delle lingue, delle tecniche infermieristiche e di tutto ciò che fosse utile all'apostolato o al servizio dei fratelli, e concesse con larghezza permessi per la pubblicazione di libri, purché vagliati da esperti censori e non stampati a spese dell'Ordine. Compose alcune vertenze tra le province cappuccine francesi e, sul finire del mandato, vietò temporaneamente l'ammissione di novizi nei conventi italiani dell'Ordine per adempiere alle disposizioni della costituzione Inter caetera di Innocenzo X, del 17 dic. 1649, che imponeva a ogni convento di ospitare un numero di frati non superiore alle sue risorse, chiudendo quelli troppo piccoli. Tale provvedimento, teso a favorire la diffusione delle riforme tridentine tra i religiosi, provocò la soppressione di un quarto dei conventi italiani, ma toccò poche case cappuccine, perché le costituzioni reintrodotte da I. già stabilivano il numero minimo di dodici frati per convento.
L'unico aspetto non riuscito della visita d'I. fu quello diplomatico, tradottosi in un episodio marginale delle trattative per porre fine alla guerra dei Trent'anni, di cui I. aveva visto le terribili conseguenze in Germania. Fu una missione non ufficiale presso i sovrani di Francia e Spagna, le cui ostilità, oltre a prolungare la guerra, danneggiavano pesantemente la causa cattolica, essendo i Francesi alleati dei protestanti svedesi in lotta contro l'Impero. Sollecitato dal nunzio a Münster Fabio Chigi che, sin dalla fine del 1646, chiedeva a Roma l'invio di una personalità eminente capace di influire sull'intransigenza del cardinale Giulio Mazzarino (al quale si imputava la volontà di non concludere la pace con la Spagna), Innocenzo X il 20 maggio 1647, approfittando della presenza in Francia di un religioso assai noto come I. (perciò comunque destinato a incontrare il sovrano), lo accreditò come inviato straordinario presso il re Luigi XIV e la regina madre e reggente Anna d'Austria, il luogotenente generale del Regno, Gastone duca d'Orléans e il cardinale Mazzarino. Di concerto con il nunzio a Parigi Nicolò Guidi di Bagno e con l'ambasciatore di Venezia Giambattista Nani (il quale sperava che dalla pace potesse nascere una coalizione antiturca, ma avrebbe preferito che I. parlasse solo da generale cappuccino con fama di santità e non da ambasciatore), egli preparò un discorso a favore della pace universale che riassumeva i desideri della S. Sede, integrati da opportune motivazioni religiose. Il 4 luglio 1647 I. fu ricevuto ad Amiens da Anna d'Austria, il 5 da Mazzarino e il 6 dal duca d'Orléans, cui parlò con grande franchezza, ottenendo solo vaghe promesse, mai mantenute, sul fatto che presto la Francia avrebbe presentato alla Spagna la lista definitiva delle proprie richieste per la pace.
Invitato dal papa il 5 agosto a parlare della pace anche a Filippo IV di Spagna, egli lo fece il 27 sett. 1648, aggiungendovi parole in favore dei sudditi napoletani e siciliani, che il malgoverno aveva spinto alla ribellione. Ne ricavò la nomina a grande di Spagna di prima classe (privilegio concesso anche ad altri generali cappuccini), accompagnata da rinnovate accuse alla Francia circa la responsabilità della prosecuzione della guerra. Nonostante ciò, le impressioni dei due diplomatici, del papa e del segretario di Stato Giacomo Panciroli furono positive, tanto che venne richiesto a I. di tornare a Parigi, una volta terminata la visita in Spagna, per ripresentare le istanze di pace. Ma egli, che non aveva mai nutrito illusioni sull'esito della missione, rifiutò, adducendo motivi di salute, l'eccessiva distanza, il troppo concorso di popolo e il clima insalubre, contentandosi di scrivere una lettera ad Anna d'Austria da Bordeaux il 19 maggio 1648.
Al termine del generalato, il 3 giugno 1650, tornò nel convento di Caltagirone portando con sé le 150 reliquie di santi raccolte durante la visita canonica, in gran parte deposte in un artistico reliquiario dentro una cappella da lui fatta costruire. Spese i suoi ultimi anni dettando le proprie memorie (il citato Itinerario) e studiando gli Annali di C. Baronio, regalati ai frati da suo padre.
I. morì il 16 nov. 1655 a Caltagirone e fu sepolto nella chiesa dei cappuccini; le spoglie vennero traslate due volte in tombe nuove per agevolare i pellegrinaggi dei fedeli.
Nonostante un primo avvio della sua causa di beatificazione a livello diocesano già nel 1658-59, seguito nel 1664 dall'accurata visita in Sicilia del padre Zaccaria da Bologna, incaricato di raccogliere testimonianze, documenti, e di stendere un'accurata biografia su I., i cappuccini diedero corso ad altre cause già ben avviate prima della sua, che si arenò e fu ripresa solo nel 1890 e nel 1923. Attualmente è ancora in corso.
Fonti e Bibl.: Litterae circulares superiorum generalium Ordinis fratrum minorum capuccinorum (1548-1803), a cura di Melchior de Pobladura, in Monumenta historica Ordinis minorum capuccinorum, VIII, Romae 1960, pp. 79-106; Acta et decreta causarum beatificationis et canonizationis o.f.m. capuccinorum, a cura di Silvio da Nadro, Romae 1964, pp. 893-897; Zaccaria da Bologna, Vita del p.f. Innocentio da C. generale de' cappuccini, a cura di A. Nestler, Caltagirone 1989; I frati cappuccini. Documenti e testimonianze del primo secolo, a cura di C. Cargnoni, I-IV, Perugia 1989-93, ad indices; La visita generale di I. da C. (1644-1649) e di Fortunato da Cadore (1650-1651) nel "Registro" di Francesco da Polcenigo, a cura di G. Ingegneri, in Monumenta historica Ordinis minorum capuccinorum, XXV, Roma 1997, ad ind.; Samuele (Cultrera) da Chiaramonte, Per la pace di Westfalia. Missione alle corti di Francia e di Spagna del p. I. da C., generale dei minori cappuccini (1647-1648), in Collectanea Franciscana, IV (1934), pp. 59-80; V (1935), pp. 68-109 (nuova ed., Milano 1955); Melchior de Pobladura, Los generales de la Orden capuchina grandes de España…, ibid., XIII (1943), pp. 277-281; Samuele (Cultrera) da Chiaramonte, Un flagellato dalla buona fama: p. I. da C., generale cappuccino, nella luce della storia e della santità, 1589-1655, Torino 1954; Mariano d'Alatri, "Il taumaturgo della terra": I. da C., in Santi e santità nell'Ordine cappuccino, I, Roma 1980, pp. 301-324; F.F. Mastroianni, L'inchiesta di Innocenzo X sui conventi cappuccini italiani (1650).Analisi dei dati, Roma 1985, p. 15; Mariano d'Alatri, Marcinò, Giuseppe, in Bibliotheca sanctorum, Prima appendice, Roma 1987, col. 830; C. Gneo, I. "diplomatico" della Curia romana, in L'Italia francescana, LXV (1990), pp. 33-58; Isidoro da Villapadierna, Innocent de C., in Dict. d'histoire et de géographie ecclésiastiques, XXV, Paris 1995, coll. 1273-1275; La predicazione cappuccina nel Seicento. Atti del Convegno internazionale di studi dei bibliotecari cappuccini italiani, Assisi… 1996, a cura di G. Ingegneri, Roma 1997, ad indicem.