MALVASIA, Innocenzo
Nacque a Bologna nel 1552 dal conte Cornelio, esponente del patriziato cittadino e membro del Senato bolognese (i "Quaranta Senatori"), e da Faustina, figlia del giureconsulto Agostino Berò.
Il M. compì a Bologna gli studi e si addottorò in utroque iure. Cominciò presto la carriera negli uffici dell'amministrazione pontificia. Negli anni Settanta fu tesoriere della provincia di Romagna, ricevendo con un breve di Gregorio XIII del 1578 l'incarico di prelevare il sale nelle Valli di Comacchio.
Trasferito a Roma fu nominato chierico di Camera, carica che risulta aver ricoperto almeno a partire dal 1584, e dal 1585 divenne referendario delle due Segnature. Alla vigilia dell'emanazione della bolla Immensa Aeterni Dei, con cui Sisto V riorganizzò il governo spirituale e temporale dello Stato (tra l'altro sorse la congregazione degli Sgravi, che poi confluì nella congregazione del Buon Governo), con breve del 15 sett. 1587 il M. fu incaricato di compiere una visita delle Comunità dell'Umbria, nell'ambito della politica promossa da Sisto V per approfondire la conoscenza dell'intero Stato.
Partito da Roma il 17 settembre, visitò Rieti e, dopo aver soggiornato a Perugia dal 28 ottobre al 14 novembre, concluse il suo percorso a Otricoli, il 7 dic. 1587. La relazione compilata dal M. nella circostanza, dopo una descrizione generale della provincia umbra, prende in esame le singole Comunità visitate, delle quali non solo descrive dettagliatamente il funzionamento amministrativo, con particolare attenzione agli aspetti finanziari, ma riporta anche notizie attinenti alla storia, alla cultura locale e agli aspetti paesaggistici e monumentali.
Un breve di Gregorio XIV del 7 genn. 1591 gli conferì l'ufficio di commissario e delegato della provincia del Patrimonio e del ducato di Castro; un breve successivo, del 5 settembre dello stesso anno, lo incaricò della sovrintendenza dell'Annona nel ducato di Bracciano. Nel 1592 fu governatore di Spoleto, ma restò in carica per poco tempo.
Da allora cominciò un intenso periodo caratterizzato da delicati incarichi all'estero. Con un breve di Clemente VIII, il 21 dic. 1592 subentrò a Girolamo Matteucci in qualità di commissario apostolico delle truppe pontificie che il papa aveva destinato a sostegno della Lega cattolica in Francia. Due anni più tardi fu inviato in qualità di nunzio presso l'arciduca Ernesto d'Asburgo, governatore delle Fiandre, con un breve del 17 sett. 1594 e rimase in carica fino all'aprile 1596.
In effetti, le Fiandre - soggette allora alla nunziatura di Colonia - avrebbero avuto una vera e propria nunziatura solo dopo la partenza del M., con l'invio a Bruxelles di Ottavio Mirto Frangipani; il titolo di nunzio attribuito al M. serviva soprattutto ad aumentare sul piano internazionale il riconoscimento e l'autorevolezza del principe. Malgrado questi limiti, l'azione del M. si espresse in vari campi, tra i quali quello della gestione di approvvigionamenti granari da inviare verso il Mediterraneo. Di grande impegno furono le note inviate a Roma, nelle quali formulava opinioni in merito alla linea da seguire nei confronti della regina d'Inghilterra Elisabetta e del re di Scozia Giacomo VI. In entrambi i casi la sua posizione fu informata a un cauto realismo, volto a scongiurare prese di posizione estreme, che avrebbero favorito reazioni e forme di ulteriore intolleranza nei confronti dei cattolici presenti nei due regni. Perciò non giudicava negativamente neppure l'allontanamento dall'Inghilterra dei gesuiti, mal tollerati dalla corte inglese. Nel suo parere sul Regno di Scozia ammonì a non fare troppo affidamento su eventuali aiuti spagnoli per orientare il monarca scozzese contro Elisabetta, auspicando piuttosto una politica volta a sostenere gli interessi dei cattolici nell'entourage di Giacomo, oppure a coltivare i futuri germi di una rivincita cattolica attraverso iniziative di largo respiro, come quelle atte a sostenere la formazione del clero nei collegi scozzesi all'estero.
Dopo il suo rientro dalle Fiandre, il M. venne nominato, con breve del 14 sett. 1596, prefetto dell'Annona in Umbria e nella Marca Anconitana, e confermato in seguito. Tra il 1602 e il 1608 risulta aver ricoperto la carica di prefetto dell'Annona romana sotto Paolo V ma sembra che nel luglio 1607 sia stato rimosso dall'ufficio per non aver vigilato con la dovuta attenzione su alcune frodi commesse nella panificazione.
Durante la fase che condusse alla reversione del Ducato di Ferrara alla S. Sede, tra il 1597 e il 1598, fu commissario e provveditore generale per la visita del papa a Ferrara e prefetto generale dell'esercito ecclesiastico, ricoprendo un ruolo importante nell'approvvigionamento e alloggiamento delle truppe. Fu quindi governatore di Perugia tra il marzo 1599 e il settembre 1600. Alcune fonti lo menzionano come governatore di Civitavecchia nel 1602 e nel 1608, quando era già decano dei chierici di Camera.
Il papato di Paolo V si era aperto tra i gravi problemi finanziari ereditati dai pontificati precedenti. In questo clima nel 1606 il M. compilò una approfondita nota dal titolo Per sollevare la Camera apostolica dal grosso debito in cui si trova (Roma, Biblioteca dei Lincei e Corsiniana, Mss., 39.B.13, cc. 122-127).
In essa egli affrontava la grave questione del debito pubblico e degli ingenti interessi, che ogni anno si dovevano pagare su di esso (alcune emissioni comportavano una rendita del 10%). Con una buona dose di audacia egli proponeva di estinguere i titoli di debito pubblico, cioè i vari luoghi di Monte emessi per finanziare le esigenze delle Comunità, attraverso il loro riscatto al valore nominale da finanziare ricorrendo al tesoro di Castel Sant'Angelo; a questa operazione avrebbe fatto seguito l'emissione di titoli di un Monte unico, chiamato Monte papale, al tasso di interesse del 4 o al massimo del 5%. I risparmi realizzati pagando interessi meno alti di quelli allora in vigore, che di fatto assorbivano tutte le rendite degli uffici pubblici, avrebbero in breve tempo consentito di ricostituire le scorte del tesoro papale, intaccate per dare l'avvio all'operazione.
La relazione del M. era molto dettagliata, con riferimenti ai precedenti esempi di pontefici che avevano optato per soluzioni simili, e conteneva un'appendice nella quale esponeva stime relative all'ammontare del debito e al peso annuale degli interessi. Le ardite proposte del M. non vennero tuttavia adottate, avendo optato il pontefice per misure più tradizionali: riduzione della spesa pubblica ed emissione di nuovi titoli di debito.
Durante il pontificato di Paolo V il M. fece parte delle congregazioni per la Milizia, di quella del Saldo de' conti; nel 1603 ricoprì la carica di prefetto delle prigioni di Roma e nel 1607 fu nuovamente prefetto della congregazione degli Archivi.
Del M. è assai nota la Istruzione di agricoltura, risalente al 1609.
L'opera, più che inserirsi nella tradizione dei trattati di agronomia del tempo - quali Le venti giornate dell'agricoltura e de' piaceri della villa di Agostino Gallo (Venezia 1569), cui per alcuni versi si ispirava -, si iscrive nella lunga serie di "istruzioni" rivolte all'indirizzo dei fattori da parte dei grandi proprietari della Toscana, dell'Emilia e della pianura padana. Redatta in più copie manoscritte, presumibilmente per uso interno della famiglia, fu stampata solo nel 1871, a Bologna, grazie all'interessamento di due lontani discendenti, Antonio ed Ercole Malvasia. L'edizione, la cui stesura risentiva di intenti celebrativi nel contesto di una tenace tradizione agronomica locale, risulta tuttavia portatrice di diverse incongruenze rispetto alla più affidabile versione manoscritta (Bologna, Biblioteca universitaria, Mss., 990).
Oggetto dell'Istruzione sono una serie di consigli di carattere meramente pratico, che il M. rivolge al fattore incaricato di amministrare l'estesa proprietà familiare di 1200 ettari, sita nel circondario di Panzano al confine con il Ducato di Modena. Ne risulta un insieme, allo stesso tempo erudito e tecnico, di direttive e consigli precisi sulle regole della gestione, la scelta delle colture, le pratiche agricole e più in particolare la condotta da tenere con i lavoratori e i braccianti impegnati nella conduzione dei poderi. È evidente nell'opera la distanza che separa i due mondi, quello signorile e quello dei contadini, questi ultimi dipinti come eternamente votati ad aggirare con minuziose astuzie le regole previste nei contratti di mezzadria, peraltro assai rigorose. La soluzione prospettata è quella di una accorta vigilanza, che li richiami all'osservanza dei patti concordati, pur senza cadere in eccessi che comportino il rischio di turbare la pace sociale. Altro aspetto caratterizzante l'Istruzione è quello di evitare i rischi della gestione diretta dell'azienda agricola, che, seppure avrebbe assicurato un incremento della produzione, non avrebbe comunque permesso un profitto maggiore. Tale strategia si coniugava con determinate scelte colturali, come quella auspicata dal M. di incoraggiare il più possibile la coltivazione della canapa.
Il M. morì a Roma il 7 marzo 1612.
Il testamento da lui predisposto fornisce interessanti chiarimenti sulla sua mentalità, le cui vedute avanzate e i cui vari interessi culturali erano pur sempre inseriti in un contesto votato alla conservazione. Tutto il patrimonio immobiliare fu oggetto di un fidecommesso, che ne vincolava la trasmissione all'interno della famiglia secondo la regola della primogenitura, senza prevedere neppure in parte possibilità di alienazione. Dal corpo principale dei beni del M. avrebbero dovuto essere staccati quelli posseduti a Roma e in Romagna, che collocati a parte avrebbero dovuto fornire ulteriori risorse finanziarie per la famiglia: l'acquisto di un feudo nobile per l'erede principale e l'avvio di un secondo fidecommesso a favore di un ramo cadetto, e così via ogni venticinque anni, in perpetuo. Così, tramite il possesso e l'uso oculato della terra si sarebbe realizzata l'aspirazione, un sogno conservatore, di una moltiplicazione all'infinito di nuovi ceppi e nuove primogeniture dei Malvasia, sulla base di un'eredità inalienabile.
Fonti e Bibl.: Arch. segreto Vaticano, Arm. LII, voll. 32-39 passim; Segreteria di Stato, Fiandra, voll. III e VIII passim; Segreteria dei brevi, reg. 130, c. 445; Biblioteca apostolica Vaticana, Borg. lat., 884, c. 305; Chig., I.I.25; Vat. lat., 7901, c. 73v; Stamp. Barb., U.IV.29, c. 156; L. Van der Essen, Correspondance d'Ottavio Mirto Frangipani. Premier nonce de Flandre (1596-1606), I, Lettres (1596-1598) et annexes, Bruxelles-Rome-Paris 1924, pp. LX, 13, 98, 127, 259 s., 319, 387; G.N. Pasquali Alidosi, Li dottori bolognesi di legge canonica e civile, dal principio di essi per tutto l'anno 1619, Bologna 1620, p. 181; P.S. Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, pp. 487 s.; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, V, Bologna 1786, pp. 165 s.; A. Mariotti, Saggio di memorie istoriche, civili ed ecclesiastiche della città di Perugia e suo contado, Perugia 1806, p. 386; F. Patrizi Forti, Delle memorie storiche di Norcia, Norcia 1869, pp. 542 ss., 557 ss.; A. Bellesheim, Geschichte der katholischen Kirche in Schottland, II, Mainz 1883, pp. 460-468 e ad ind.; A. Sansi, Memorie aggiunte alla storia del Comune di Spoleto, II, Foligno 1886, pp. 266-268; R. Maere, Les origines de la nonciature de Flandre, in Revue d'histoire ecclésiastique, VII (1906), pp. 565-584, 805-829; B. Katterbach, Referendarii utriusque Signaturae, Roma 1931, pp. 186, 197; A. Louant, Correspondance d'Ottavio Mirto Frangipani, premier nonce de Flandre (1596-1606), III, 1, Introduction générale, Lettres (1599-1606), Bruxelles-Rome 1942, p. IX; L. von Pastor, Storia dei papi, X, Roma 1955, p. 83; XI, ibid. 1958, pp. 98, 347 s., 364-367; XII, ibid. 1962, pp. 69, 81-83, 706; B. Barbiche, La politique de Clément VIII à l'égard de Ferrare en novembre et décembre 1597 et l'excommunication de César d'Este, in Mélanges d'archéologie et d'histoire de l'École française de Rome, LXXIV (1962), pp. 289-328; C. Poni, Gli aratri e l'economia agraria nel Bolognese dal XVII al XIX secolo, Bologna 1963, ad ind.; L. Palermo, Ricchezza privata e debito pubblico nello Stato della Chiesa durante il XVI secolo, in Studi romani, XXII (1974), pp. 298-311; R. Finzi, Monsignore al suo fattore. La "istruzione di agricoltura" di I. M., Bologna 1979; Die Hauptinstruktionen Clemens' VIII. für die Nuntien und Legaten an den europäischen Fürstenhöfen 1592-1605, a cura di K. Jaitner, I, Tübingen 1984, pp. CCXIV ss.; V. Reinhardt, Die Präfekten der römischen Annona im 17. und 18. Jahrhundert. Karrieremuster als Behördengeschichte, in Römische Quartalschrift, LXXXV (1990), pp. 98-115; R. Finzi, Le pecore di monsignore: gli ovini nella strategia aziendale di I. M., in Percorsi di pecore e di uomini: la pastorizia in Emilia Romagna dal Medioevo all'Età contemporanea, a cura di F. Cazzola, Bologna 1993, pp. 185-190; G. Giubbini - L. Londei, Ut bene regantur. La visita di monsignor M. alle Comunità dell'Umbria, Perugia 1994; Legati e governatori dello Stato pontificio (1550-1809), a cura di Ch. Weber, Roma 1994, pp. 751 s.; Genealogien zur Papstgeschichte, a cura di M. Becker - Ch. Weber, II, Stuttgart 1999, p. 580; Die Päpstlichen Referendare 1566-1809. Chronologie und Prosopographie, a cura di Ch. Weber, III, Stuttgart 2004, pp. 708 s.