SABBATINI, Innocenzo
– Nacque a Osimo (Ancona) il 19 marzo 1891 da Pasquale e da Vincenza Costantini.
Venne iniziato all’arte edificatoria dallo zio materno, l’architetto Costantino Costantini, presso il quale ebbe modo di consultare la ricca biblioteca e le numerose stampe di soggetti architettonici.
Insoddisfatto dell’ambiente scolastico, a tredici anni abbandonò gli studi per immergersi nel vivo campo delle costruzioni; lavorò come assistente edile presso il Comune di Osimo ed ebbe la possibilità di realizzare i primi progetti in stile liberty.
Nel 1913, dopo aver tentato senza esito l’ammissione all’Accademia di Urbino, si trasferì a Roma, dove già risiedeva il cugino Innocenzo Costantini, ingegnere presso l’Istituto case popolari (ICP). Qui cominciò a lavorare saltuariamente come disegnatore, trovando inoltre impiego negli studi dei più affermati professionisti della capitale: collaborò negli atelier di Pio e Marcello Piacentini, in quello di Quadrio Pirani (altro progettista marchigiano che dispiegò le proprie energie per dare case economiche, confortevoli e decorose al popolo) e in quello di Arnaldo Foschini. Desideroso di apprendere i fondamenti dell’arte, seguì con atteggiamento onnivoro i corsi di Cesare Bazzani presso il Museo artistico industriale, quelli di Pirani presso l’Accademia di belle arti, e frequentò la Scuola libera del nudo presso l’Accademia inglese di via Margutta.
Lo spirito libero da autodidatta privo di veri e propri maestri lo preservò sempre da ogni forma di accademismo, e lo slancio appassionato verso la magnificenza dell’architettura antica gli precluse l’adesione incondizionata alle diverse correnti dei suoi tempi, garantendogli un’autonomia di indagine e sperimentazione disciplinare.
Nel 1914 progettò in collaborazione con lo zio Costantino il liceo-ginnasio Leopardi nella sua città natale, solida e sobria composizione con garbati accenti viennesi. Nel 1915 venne premiato al concorso Gregoriano bandito dall’Insigne artistica congregazione dei Virtuosi al Pantheon, presentando i progetti per un ciborio in stile gotico e un sacello, nei quali dimostrò il proprio interesse per gli organismi architettonici a pianta centrale.
Nel 1916, arruolato in fanteria, venne inviato dapprima a Pistoia, quindi a Milano. Qui, una volta congedato, trovò lavorò presso lo studio dell’ingegnere Angelo Omodeo, studioso di idrologia applicata e autore di numerose centrali idroelettriche lungo la penisola italiana. L’anno seguente ebbe modo di mostrare una cartella di disegni all’architetto Gaetano Moretti, che lo invitò a presentarsi all’Accademia di Brera, dove il 6 gennaio 1918 ottenne l’ambito titolo di professore di disegno architettonico.
Richiamato alle armi, venne destinato all’ufficio tecnico del Comando supremo di Salsomaggiore e Abano e, al termine del conflitto, fu trasferito a Velletri. Alla fine dell’anno venne assunto come architetto presso l’ufficio progetti dell’Istituto case popolari di Roma, avviando subito un’intensa ed estesa attività edificatoria.
Come primo incarico portò a termine il quartiere Trionfale II (1919-22), per il quale Innocenzo Costantini aveva già elaborato la struttura dell’insediamento e redatto le planimetrie dei singoli edifici. Fu lui stesso a suggerirgli di prendere a modello gli impaginati prospettici con i quali Quadrio Pirani aveva risolto la facies dei caseggiati appena innalzati attorno alla basilica di S. Saba. E Sabbatini, animato da spirito visionario, trasfigurò la loro cristallina razionalità costruttiva in forme neoromaniche.
La decorazione architettonica era «ispirata ad un notevole movimento di masse di linee, nella ricerca di una musicalità di spazi con poche note d’ombra e di colore chieste alle falde dei tetti e alle canne fumarie, alle cassette dei fiori o ad un modesto motivo di ferro, ad un pilastro di pietra e di mattoni, o ad un tenue aggetto di cornicione» (Calza Bini, 1924, p. 310).
Quest’attenzione per il dato minore costituiva il centro degli interessi promossi dall’Associazione artistica tra i cultori di architettura (AACAR), che Sabbatini aveva preso a frequentare a Roma. In questo ambito conobbe Gustavo Giovannoni, con il quale ebbe poi modo di collaborare nella realizzazione delle borgate giardino La Garbatella e Aniene (l’odierna Montesacro), impostate sul modello delle garden-cities inglesi. Negli edifici gravitanti attorno a piazza Brin (1920-22) come nell’edificio pubblico (1921-23) e in quello multiuso per abitazioni e cinema (1922-25) affacciati su piazza Sempione, Sabbatini ricorse a un immaginifico medioevalismo innervato di accenti rurali.
Il 29 ottobre 1921 sposò Gina Cardinali dalla quale ebbe un figlio, Agostino, che a partire dagli anni Cinquanta figurò spesso come suo collaboratore.
Nello stesso anno realizzò con il cugino Innocenzo Costantini la casa dei bambini del quartiere Trionfale, improntandone gli impaginati prospettici al sobrio decorativismo di ascendenza viennese; stile che nello stesso periodo adottò anche nel complesso di case popolari ICP Piazza d’Armi I (demolito).
Tra il 1922 e il 1925 realizzò un nucleo di quattro palazzine ICP per conto terzi sulle pendici del Gianicolo, tra via Dandolo e via Casini, un complesso edilizio destinato a un ceto agiato, dove, disponendo di maggiori risorse, ispessì la decorazione architettonica, ora improntata ai toni magniloquenti del tardo Cinquecento, e introdusse elementi di scultura decorativa a tutto tondo.
Nel 1923 dette seguito alla sistemazione del quartiere Trionfale, erigendo, «con opportune semplificazioni e con una forma architettonica robusta e armoniosa» (Calza Bini, 1924, p. 318), il complesso di edifici a nord della via Andrea Doria (il cosiddetto Trionfale III), dove, saturando il distacco tra due corpi di fabbrica, realizzò anche il cinema Doria, quale centro aggregativo del quartiere.
Qui Sabbatini assunse un tono magniloquente e, ricorrendo alla grandezza dell’architettura romana antica, profuse solidi fornici d’ingresso, ampissime finestre termali e inedite reminiscenze ostiensi, suggerite dalle indagini condotte da Guido Calza e Italo Gismondi attorno alle case multipiano dell’antichità.
Nel 1924 conquistò il III premio ex aequo al concorso per una casa economica in via Giannone, bandito dall’IRBS (Istituto Romano Beni Stabili) e promosso dall’AACAR, e nel 1925 partecipò al concorso per una casa economica in piazza Mazzini bandito dall’Istituto delle case per i dipendenti comunali, dove declinò il tema del palazzo romano, ricorrendo al salto di scala per governarne le accresciute dimensioni richieste dalla moderna tipologia edilizia; secondo lo stesso atteggiamento progettuale realizzò il complesso di case economiche ICP Piazza d’Armi II (1925-26) e la grande casa economica al Trionfale IV (1925-27).
Tra il 1926 e il 1929 realizzò l’edificio ICP per bagni pubblici, abitazioni e studi per artisti alla Garbatella, dove, sulla scorta delle restituzioni della casa ostiense offerte da Gismondi, trasfigurò l’immagine di un’insula romana, così come fece Mario De Renzi nell’edificio in via Andrea Doria.
Nel 1927 ottenne l’iscrizione all’Albo professionale degli ingegneri e architetti di Roma e assunse la carica di capo dell’ufficio progetti dell’Istituto case popolari.
Tra il 1927 e il 1928 innalzò all’interno della Garbatella, che lui stesso aveva contribuito a connotare come un’amena città-giardino, le mastodontiche moli degli alberghi suburbani destinati a ospitare gli sfrattati del centro città per effetto delle opere di sventramento, e vi convogliò memorie futuriste con la più autentica e genuina cultura architettonica romana. Il libero e articolato svolgimento planimetrico si discostava dallo sviluppo degli assi stradali, così da creare le migliori condizioni di aria e di luce. Era il rifiuto espresso in ambito romano della rue-corridor tanto biasimata da un campione della modernità quale Le Corbusier. Il progetto venne esposto, per iniziativa di Adalberto Libera e Gaetano Minnucci, che riconobbero appieno la dirompente novità della proposta, alla prima Esposizione italiana di architettura razionale (1928).
Tra il 1927 e il 1929 Sabbatini realizzò le case economiche ICP Trionfale V, lungo la circonvallazione Clodia, e Testaccio IV, lungo via Marmorata, dove governò la grande dimensione con maestria e disinvoltura, ingigantendo o reiterando ossessivamente gli elementi della composizione.
Tra il 1927 e il 1930 eresse il moderno edificio pluriuso ICP, sempre alla Garbatella, deputato ad accogliere il cinema-teatro e diversi livelli di abitazioni, dove convogliò gli etimi dei fasti barocchi (frutto di una veloce lettura della monografia di Eberhard Hempel sulla figura artistica di Francesco Borromini del 1924, tradotta in italiano nel 1926) con una sapiente rilettura della modanatura. Amplificò quindi il senso di riparo domestico proprio dell’edificio residenziale erigendo sulla sommità della costruzione, magicamente sospesa tra metropoli e vernacolo, un volume deputato ad accogliere gli studi per gli artisti e concluso da un vasto timpano.
Adottando la stessa strategia insediativa con la quale aveva risolto gli alberghi suburbani, nel 1929 mise a punto il progetto, non realizzato, per il complesso di abitazioni popolari ICP Trionfale nuovo, dove abbandonava l’equivalenza dei livelli in favore di una più incisiva sovrapposizione di registri alternati. Nello stesso momento configurò la casa del Sole in via della Lega lombarda, come un sofisticato congegno eliotermico, sagomandone il volume di livelli equivalenti ossessivamente sovrapposti a gradoni, secondo una strategia compositiva adottata a Parigi da Henry Sauvage negli immeubles di rue Vavin (1912) e di rue des Amiraux (1922).
Nel 1931 ottenne il premio d’incoraggiamento al concorso per la costruzione di un complesso di case popolari da realizzarsi nell’ambito del risanamento edilizio di una vasta zona urbana presso Ponte di Casanova (Napoli). Nello stesso anno, all’apice della carriera, dovette dimettersi dall’Istituto per le case popolari per l’insorgere di contrasti con Alberto Calza Bini, presidente dell’ICP. Riprese i contatti con il proprio paese natio, dove nel tempo edificò numerose cappelle funerarie all’interno del Cimitero Maggiore: per la famiglia Cardinali (1932), per il conte Giuseppe Leopardi (1933), per le famiglie Giorgetti Paternesi (1934), Belli Tombolesi (1935), Sinibaldi Magnoni (1935), Costantini (1938), Mariani (1939).
Nel 1932 prese parte al concorso per il monumento al marinaio d’Italia a Brindisi, prefigurando un fascio littorio rastremato sormontato da un’imbarcazione rostrata, e al concorso bandito dalle industrie Falk per lo «studio architettonico e statico di un fabbricato a struttura metallica per grandi magazzini di vendita nel centro di un’importante città», dove coniugò l’espressionismo di ascendenza nordeuropea con le esondazioni figurative di stampo barocco.
Nel 1939 improntò il progetto per la palestra dell’Opera nazionale balilla di Osimo al più cristallino stile razional-littorio, vicino per ispirazione alla casa dei Cavalieri di Colombo realizzata da Ernesto Bruno Lapadula sul lungotevere Flaminio. Nello stesso anno portò a termine il nuovo serbatoio idrico e progettò contestualmente la sistemazione urbanistica dell’acropoli di Osimo, dove, tralasciando ogni forma di ostentazione tecnologica, riversò le proprie energie nella sapiente opera di ambientamento dell’attrezzatura ingegneristica che doveva sorgere sulla stessa altura dove campeggiava il duomo.
Nel 1940 si aggiudicò il primo premio ex aequo al concorso per un ‘tipo di casetta minima’ e contestualmente riprese i rapporti con l’Istituto case popolari, realizzando a più riprese un consistente nucleo di edifici di abitazioni ultraeconomiche nella zona della Bufalotta. Nel 1943 portò a termine venti fabbricati di case popolari per famiglie numerose a completamento del gruppo di case minime (interamente demolite a eccezione di tre fabbricati alti).
Nel 1944, per le sue convinzioni antifasciste, venne nominato presidente della giunta comunale di Numana (Ancona) dal Comitato di liberazione nazionale.
Nel secondo dopoguerra, pur mantenendo lo studio romano, lavorò prevalentemente per committenze marchigiane, dispiegando le proprie energie in diversi settori edili.
Nel 1955 mise a punto il brevetto n. 527298 per la Disposizione di scale esterne a perimetro aperto per l’accesso agli appartamenti di più edifici diversi e di uno stesso edificio, con l’obiettivo (rivelatosi poi vano, nonostante la precedente e prolungata attività svolta presso l’ICP) che venisse adottato dall’istituto dell’INA-Casa. Solo nel 1958 riuscì a portare a termine un progetto per un complesso residenziale dove applicare il brevetto ‘con scale continue’.
Nel corso degli anni Cinquanta, alla ricerca di nuove occasioni professionali, sviluppò un’intensa indagine sull’architettura ecclesiastica, tendenzialmente concentrata attorno all’organismo architettonico a pianta centrale. Sviluppò saldi organismi architettonici, delimitati da scabri paramenti murari e innervati da una robusta accezione plastico-strutturale che trovava la propria acme nella disposizione ascensionale delle falde del tetto (chiesa del Cristo Re a Porto d’Ascoli, 1955; chiesa di S. Filippo Neri a S. Benedetto del Tronto, 1958-67; chiesa di S. Francesco a Macerata, 1960-66).
Negli anni Sessanta ridusse drasticamente l’attività professionale, limitandosi sostanzialmente ad avanzare proposte urbanistiche per lo sviluppo della propria città natale: piano di fabbricazione di Osimo (1961), piano di zona di Osimo (1962), lottizzazione della zona industriale di Osimo Scalo (1967), studi per il piano regolatore generale di Osimo (1968).
Morì a Osimo il 7 ottobre 1983.
Altre opere e progetti: progetto per la casa di Nestore, Roma 1924; palazzina in via Belluno, Roma 1926; case popolari a Porta Latina e a Portonaccio, Roma 1926-27; sistemazione del complesso edilizio villa Fiorelli e costruzione di due palazzine, Roma 1927-29; casa dei bambini Luigi Luzzatti, Roma 1928; concorso per il palazzo delle poste e telegrafi di Napoli, 1928; concorso per il palazzo pubblico di Padova, 1928; edificio per abitazioni e autorimessa pubblica in via Modena, Roma 1928; concorso per la cattedrale della Spezia, 1929; progetto per il lotto 9 della Garbatella, Roma 1929; studi urbanistici per il centro di Roma, 1929; concorso per il progetto della nuova Palazzata di Messina, 1931; progetto per un complesso in via della Giuliana, Roma 1931; progetto per una casa studio per artisti, 1932, presentato nel 1933 alla V Triennale di Milano; concorso per la facciata della chiesa di S. Petronio a Bologna, 1933; concorso per il palazzo postale di piazza Bologna, Roma 1933; concorso per un progetto di case popolari e ultrapopolari bandito dal ministero dei Lavori pubblici, 1935; progetto di sistemazione del giardino Lazzarini, Morrovalle 1938; sistemazione del giardino pubblico di Osimo, 1946-47; progetto per la nuova chiesa dei Frati minori conventuali, Fermo 1951; progetto per la casa dello studente dei Frati minori conventuali, S. Benedetto del Tronto 1953; progetto per una scalea pubblica tra largo Guasino e via Cinque Torri, Osimo 1954; istituto S. Carlo, Osimo 1958; fontana in piazza Boccolino, Osimo 1960; progetto di un edificio con ufficio postale in piazza Dante, Osimo 1961; villa Fagioli a Numana, 1962; Villa Fagioli a Gubbio, 1963; progetto per la chiesa del S. Cuore dei Frati minori, Passetto (Ancona) 1963; partecipazione al concorso internazionale per un progetto di casa unifamiliare tipo, 1964.
Fonti e Bibl.: I. Costantini, Le nuove costruzioni dell’Istituto per le case popolari in Roma. La Borgata giardino “Garbatella”, in Architettura e Arti Decorative, 1922, n. 3, pp. 119-137; A. Calza Bini, Le nuove costruzioni dell’Istituto per le case popolari in Roma al quartiere Trionfale, ibid., 1924, n. 7, pp. 305-318; Id., Il fascismo per le case del popolo, Roma 1927, pp. 46 s.; IACP, Cinquant’anni di vita dell’Istituto autonomo per le case popolari della provincia di Roma, Roma 1953, passim; B. Regni - M. Sennato, I. S. Architetture tra tradizione e rinnovamento, Roma 1982; C. Cocchioni - M. De Grassi, La casa popolare a Roma. Trent’anni di attività dell’I.C.P., Roma 1984, passim; F.R. Stabile, Regionalismo a Roma. Tipi e linguaggi: il caso Garbatella, Roma 2001, passim.