Inquinamento ambientale
di Giovanni Battista Marini-Bettolo e Cesare Rossi
Inquinamento ambientale
sommario: 1. Introduzione. 2. Inquinamento dell'aria: a) problemi di valutazione, prevenzione e normazione dell'inquinamento da impianti per riscaldamento domestico; b) problemi di valutazione, prevenzione e normazione degli inquinamenti da autoveicoli; c) problemi di valutazione, prevenzione e normazione degli inquinamenti da industrie; d) valutazione delle conseguenze dell'inquinamento atmosferico; e) risultati acquisiti e previsioni nella lotta contro l'inquinamento atmosfetico. 3. Inquinamento delle acque: a) problemi di valutazione, prevenzione e normazione degli inquinamenti urbani; b) problemi di valutazione, prevenzione e normazione degli inquinamenti di origine industriale e da trasporti; c) valutazione delle conseguenze degli inquinamenti delle acque di falde, di superficie e marine costiere; d) risultati acquisiti e previsioni. 4. Inquinamento del suolo da rifiuti solidi. 5. Altri inquinamenti: a) inquinamento termico delle acque; b) inquinamento sonoro dell'ambiente. 6. Inquinamento globale. 7. Considerazioni finali: a) danni degli inquinamenti alla natura e alle opere d'arte; b) inquinamento e ricerca tecnico-scientifica; c) prospettive attuali. □ Bibliografia.
1. Introduzione
Il problema dell'inquinamento dell'ambiente, come conseguenza delle varie attività dell'uomo, è considerato tra i più gravi che l'umanità dovrà affrontare e risolvere in questo scorcio di secolo. Esso si era già presentato in passato, ma sotto forma di problemi singoli e localizzati, mentre ora ha acquistato carattere globale sia per gli effetti sia per i possibili mezzi atti a risolverlo. Già la sua definizione si presenta complessa e controversa: infatti per inquinamento ambientale si indica generalmente qualsiasi alterazione arrecata dall'uomo all'ambiente fisico e biologico in cui vive. È sottinteso che fra tali alterazioni si debbono soprattutto considerare quelle che implicano un danno per l'uomo e, in via subordinata, anche per qualunque altro componente del mondo naturale, a meno che esse non siano assolutamente necessarie (come per esempio l'eradicazione di una specie nociva). Ovviamente l'uomo per rendere abitabili interi territori e migliorare il suo livello di vita ha dovuto in passato perturbare in modo assai profondo le condizioni e gli equilibri preesistenti.
Nei secoli passati ciò è avvenuto prevalentemente in conseguenza del graduale sviluppo della popolazione, mentre ora il processo si è molto accelerato per il rapidissimo aumento dei consumi conseguente al progresso tecnologico. Pertanto, le vastissime trasformazioni agricole avvenivano in passato assai lentamente, con possibilità di graduali adattamenti ecologici, e le trasformazioni e gli inquinamenti conseguenti ad attività edili o industriali erano assai limitati e localizzati. Inoltre le economie agricole riuscivano a creare dei cicli biologici completi, per cui i rifiuti liquidi o solidi, come anche i prodotti del metabolismo umano, venivano rapidamente rimessi in un ciclo naturale.
Agli inquinamenti prodotti in passato da zone urbane e industriali era possibile ovviare con la diluizione dei rifiuti nei corsi d'acqua e nei mari, dove poi essi subivano una naturale degradazione con trasformazione in prodotti innocui. Ciò comunque implicava opere di ingegneria sanitaria anche di notevole mole e difficoltà, in relazione alle possibilità di allora (basti pensare alla costruzione della Cloaca massima, eseguita a Roma nell'antichità).
Anche i rifiuti solidi, sparsi sul terreno o interrati, essendo prevalentemente di materiale organico (legno, pelle, fibre tessili animali e vegetali), erano rapidamente degradati.
I combustibili, impiegati assai limitatamente per il riscaldamento, non ponevano gravi problemi di inquinamento, benché in alcuni casi, come a Londra, fin dal Medioevo si fossero dovute comminare severe pene per vietare l'impiego di torbe e carboni minerali che dessero luogo a fumi nocivi.
Dalla fine del secolo scorso, invece, con il rapido accrescimento della popolazione, parallelo allo sviluppo delle attività industriali, in numerose zone si sono creati vasti agglomerati urbani, spesso senza alcuno studio di previsione urbanistica, che hanno prodotto forti concentrazioni di rifiuti domestici e industriali nell'aria e nelle acque. Pertanto, l'antico sistema della diluizione non è più efficace perché limitato dalle condizioni meteorologiche e dalle possibilità idriche delle zone e, inoltre, ostacolato dal fatto che ormai i rifiuti sono solo in piccola parte naturalmente degradabili in modo rapido per via geochimica o microbiologica; tra i rifiuti dell'attuale civiltà industriale vi sono infatti grandi quantità di sostanze plastiche, oli minerali, metalli, pesticidi, fumi, gas tossici ecc. Tutti questi rifiuti provocano alterazioni non solo macroscopiche ma anche profonde in cicli biologici ed ecosistemi ancora poco conosciuti, con conseguenze a volte non prevedibili.
Tali inquinamenti ambientali sono soprattutto di carattere locale, ma alcuni sono già divenuti valutabili su scala globale, cioè nell'intera atmosfera, come è il caso del diossido di carbonio (anidride carbonica), e in quasi tutto il mondo animale, come per il DDT, o comunque in vastissime zone, come per il diossido di zolfo (anidride solforosa).
L'attuale ‛società dei consumi' non può quindi più ricorrere al vecchio sistema della diluizione, ma deve risolvere i problemi mediante la prevenzione degli inquinamenti o la loro riduzione nello spazio e nel tempo.
Per valutare le possibilità di tali interventi occorre esaminare le difficoltà che si riscontrano nei vari problemi tecnici particolari, le soluzioni adottate o proposte e i primi limitati successi finora raggiunti. Risulta comunque evidente che, date le vaste dimensioni dei problemi, la loro complessità e la necessità di interventi normativi, la lotta contro gli inquinamenti non può essere condotta dai soli operatori economici, privati o pubblici, né dalle sole autorità locali o settoriali, e perciò l'autorità politica centrale deve regolamentare, coordinare e integrare gli interventi dei predetti.
Inoltre è essenziale che si operino scelte di priorità sulla base della assai diversa pericolosità dei vari inquinamenti, in modo da non disperdere i mezzi di intervento. Infatti la prevenzione o l'eliminazione di ogni inquinamento ha un costo che può essere compensato, in genere, dal beneficio economico prodotto dalla sua eliminazione, ma gli oneri precedono di alcuni anni i benefici; inoltre essi debbono essere ripartiti, con conseguenti notevoli complicazioni, a seconda dei sistemi economici vigenti nel territorio di cui si tratta.
Infine le soluzioni organizzative variano ovviamente in relazione ai sistemi economici, ma il problema dell'inquinamento ambientale si pone dovunque si sviluppino i consumi o anche dove esistano elevate densità di popolazione. E pertanto qualunque sistema politico-economico dovrà dare una sua risoluzione al problema, se vuole sopravvivere. Infatti, anche se la quantità dei rifiuti prodotti annualmente non aumentasse, le società industrializzate dovrebbero rapidamente provvedere ai pericoli derivanti dal loro accumulo, essendo troppo lenta l'eliminazione naturale. D'altra parte le società a economia sottosviluppata e con elevata densità di popolazione non possono conservare le attuali condizioni, legate a elevata mortalità e gravi privazioni, e debbono quindi aumentare i consumi, controllando però parallelamente i possibili nuovi inquinamenti di origine industriale; comunque, in questi paesi, gli inquinamenti (biologici) conseguenti al loro livello e tipo di sviluppo sono certo assai più gravi, per la salute, di quelli, prevalentemente chimici, delle società industrializzate.
Nell'uso attuale, la parola inquinamento indica, come è detto sopra, una contaminazione delle condizioni naturali, o comunque preesistenti, prodotta da un'attività umana; notevoli quantità di sostanze vengono però immesse nell'aria e nelle acque anche come conseguenza di fenomeni naturali. Ad esempio, la maggior parte delle particelle sospese negli alti strati dell'atmosfera sono ceneri emesse da vulcani in eruzione o da incendi di foreste e, inoltre, le polveri trasportate dall'aria provengono in gran parte da tempeste di sabbia nei deserti o da erosione eolica di rocce. Quanto agli inquinamenti naturali, va ricordato che ancora sussistono, specie nelle zone selvagge e a economia non sviluppata, numerose specie di insetti vettori di agenti patogeni (della malaria, della febbre gialla, ecc.), e infine che inquinamenti e germi patogeni sono presenti nelle acque indipendentemente dall'intervento umano.
D'altra parte, nelle zone a elevato sviluppo tecnologico, l'aver quasi debellato le malattie epidemiche di origine batterica e virale, la malaria, le numerose altre parassitosi ecc., come pure l'essere riusciti a controllare le malattie e le infestazioni delle piante e degli animali, ha fatto paradossalmente dimenticare i benefici arrecati dal progresso tecnologico e portato a sottolinearne gli aspetti negativi, tra i quali gli inquinamenti da agenti chimici.
Le fonti di inquinamento connesse alle attività dell'uomo possono essere urbane, industriali o agricole. È tuttavia più conveniente suddividere innanzitutto i tipi di inquinamento sulla base del componente ambientale inquinato, e cioè aria, acqua e suolo. Infatti, sia ai fini analitici e di controllo sia a quelli di prevenzione o di riduzione, vi è più omogeneità in un raggruppamento di tale genere.
2. Inquinamento dell'aria
Si considera inquinata un'aria che abbia una composizione chimica diversa da quella media determinata su campioni prelevati in zone lontane da ogni fonte di inquinamento (v. tab. I). I principali agenti inquinanti presenti nell'aria sono le polveri (o materiali particellati) e alcuni gas quali il diossido di zolfo, il monossido di carbonio, gli ossidi di azoto e alcuni idrocarburi. Le polveri di origine artificiale (da combustioni, da lavorazioni meccaniche nell'industria e nell'agricoltura, ecc.) si aggiungono a quelle già presenti naturalmente (ceneri prodotte da eruzioni di vulcani o da incendi di foreste, spruzzi vaporizzati di acqua marina, ecc.). Le particelle con diametro minore sono trattenute in aria per molto tempo e in parte trascinate da correnti ascensionali fino alla stratosfera. Tra queste polveri ve ne sono anche di quelle contenenti nuclidi radioattivi prodotti nelle esplosioni nucleari eseguite nell'atmosfera.
L'atmosfera è depurata dalle particelle in sospensione per sedimentazione, nel caso delle più grosse, per azione della pioggia, nel caso di quelle minori; le particelle, infatti, funzionano, ad alta quota, come centri di cristallizzazione per il vapor acqueo e sono poi trascinate giù dalla pioggia. A bassa quota le polveri sottili in sospensione nell'aria, come i fumi (smoke), funzionando da centri di condensazione, danno luogo a goccioline d'acqua in sospensione formanti nebbia (fog); ne risultano delle nebbie scure e contaminanti indicate con il termine smog (formato per fusione delle due predette parole).
Sia queste nebbie sia quelle comuni divengono più nocive quando disciolgono gas inquinanti, perché ne aumentano la concentrazione e la tossicità; il caso più frequente si ha con il diossido di zolfo, che inoltre, in tali condizioni, si ossida facilmente a triossido di zolfo (anidride solforica), formando quindi acido solforico, sostanza particolarmente corrosiva. Viceversa, anche brezze locali deboli consentono efficaci diluizioni delle sostanze inquinanti. Pertanto, per prevedere l'inquinamento che risulterà dall'immissione nell'aria di una data quantità di gas o di fumo, occorre conoscere i dati meteorologici locali. Essi si debbono però determinare a bassa quota e considerando anche l'influenza di ostacoli ai moti dell'aria; tale micrometeorologia si differenzia dalla meteorologia comune che, per la previsione del tempo, si interessa di venti in quota e del moto di grandi masse d'aria.
Alla predetta turbolenza meccanica prodotta dai venti si aggiunge di giorno la turbolenza di origine termica costituita dai moti convettivi prodotti dal calore ceduto dal suolo, il quale si riscalda, per assorbimento delle radiazioni solari, più dell'aria.
Di notte, invece, la turbolenza termica è debole e anzi, con tempo sereno e senza vento, si può manifestare il fenomeno dell'inversione termica, consistente nella formazione, a contatto del suolo, di uno strato di aria più fredda e non, come è di solito, più calda degli strati soprastanti. Infatti, con il tempo sereno, di notte il suolo si raffredda rapidamente per irraggiamento, perché non vi sono le nuvole a impedire la dispersione delle radiazioni; così lo strato di aria a contatto del suolo si raffredda, con moti convettivi assai limitati. Non si ha perciò il normale ricambio dell'aria sottostante con quella sovrastante e quindi l'aria già inquinata ristagna, continuando a inquinarsi. Tali inversioni termiche possono essere più frequenti d'inverno (come nella pianura padana), con l'aggravio quindi degli inquinamenti da riscaldamento domestico, oppure d'estate (come nella zona di Los Angeles).
Assieme al rilevamento di dati meteorologici è utile in alcuni casi l'impiego di traccianti per prevedere la diffusione di inquinamenti anche a distanze di molte decine di chilometri.
Un primo problema nell'esame dell'inquinamento dell'aria è l'individuazione delle principali fonti di inquinamento e di quelle sostanze che possono essere prese come indici per la loro valutazione.
Attualmente si considerano tre tipi di fonti: gli impianti per il riscaldamento domestico e le centrali termiche, gli autoveicoli con motore a scoppio e Diesel e le industrie.
Per gli impianti termici generalmente si considerano come indici le concentrazioni del diossido di zolfo, delle ceneri e della fuliggine (polveri); per gli autoveicoli quelle del monossido di carbonio e degli idrocarburi incombusti; per le industrie, pur essendo gli agenti inquinanti i più vari, poiché tra questi il diossido di zolfo e le polveri sono quantitativamente prevalenti, le loro concentrazioni possono essere usate come indici nel caso di grandi zone industriali (v. tabb. II e III).
Il grande apporto che gli impianti per il riscaldamento domestico recano all'inquinamento urbano è dimostrato dalle maggiori concentrazioni di fuliggini e soprattutto di diossido di zolfo che si riscontrano nell'aria urbana nei mesi in cui si effettua il riscaldamento.
L'inquinamento dovuto agli autoveicoli nelle città è notevole e particolarmente dannoso alla popolazione, perché esso è prodotto nelle vie a livello del suolo, dove il ricambio dell'aria è generalmente lento, e soprattutto perché, per i frequenti e improvvisi ingorghi del traffico, si possono raggiungere forti concentrazioni locali di monossido di carbonio e di prodotti vari derivati dall'incompleta combustione del carburante.
Quanto infine agli inquinamenti di origine industriale, essi sono costituiti da un gruppo assai eterogeneo di sostanze che devono essere trattate caso per caso ai fini del controllo e dell'abbattimento, ma che debbono essere esaminate assieme quando si affronta il problema dell'ubicazione delle nuove zone industriali o residenziali.
a) Problemi di valutazione, prevenzione e normazione dell'inquinamento da impianti per riscaldamento domestico
In una zona urbana, la valutazione dell'inquinamento dell'aria prodotto da impianti termici per uso domestico è necessaria perché sui dati da essa forniti devono basarsi le delibere delle autorità sanitarie sui combustibili da consentire e sulle modalità del loro impiego. Tale valutazione può essere anche previsionale, basata cioè sui soli dati sperimentali meteorologici e sui dati di progettazione, come nel caso in cui si debbano preparare dei programmi urbanistici. In ogni caso, il metodo più razionale consiste nel partire dai dati analitici e calcolare se le concentrazioni di diossido e triossido di zolfo restano, in ogni parte della zona allo studio, al disotto delle concentrazioni massime consentite, e ciò anche nei periodi con condizioni meteorologiche più sfavorevoli. Tali studi cominciano a essere fatti sistematicamente nei paesi industrialmente più avanzati; attualmente si cerca di utilizzare i loro risultati anche nella previsione ora per ora, mediante modelli matematici e calcolatori elettronici, degli inquinamenti al variare delle condizioni meteorologiche, di cui si segue sperimentalmente l'evoluzione per poter intervenire in casi di emergenza.
Quanto al controllo dei singoli impianti termici, esso viene effettuato valutando l'emissione del fumo mediante un confronto visivo a distanza con una scala di grigi (la più usata è la scala Ringelmann), oppure filtrando su carta la fuliggine sospesa in un volume noto di fumo, aspirato con una pompa, e valutando l'annerimento del filtro o determinandone l'aumento di peso. Dato però che ora gli impianti sono in prevalenza a gasolio (e questi, se vengono periodicamente controllati da personale specializzato, non possono dar luogo a errori di condotta della combustione), è più efficace e sicuro l'esame del tipo di impianto e l'analisi del combustibile; quest'ultima, infatti, consente anche di controllare indirettamente l'emissione di diossido di zolfo, connessa al contenuto del combustibile in prodotti solforati. Un problema sia economico sia termico è la riduzione graduale del contenuto in zolfo del gasolio, in quanto attualmente parte dei prodotti solforati sottratti al gasolio finiscono nell'olio combustibile a uso industriale. Inoltre l'eliminazione dello zolfo dal gasolio (ora ottenuta prevalentemente per riduzione catalitica) presenta costi rapidamente crescenti quando si vuole scendere a contenuti di zolfo ammissibili.
Al problema della prevenzione o riduzione degli inquinamenti da impianti di riscaldamento si è finora fatto fronte abbastanza efficacemente con una serie di norme sui combustibili consentiti, sulle caratteristiche degli impianti e sulla loro condotta. A tale normativa si affiancano sistemi di controllo e penalità adeguate.
Le norme restrittive sui combustibili consentiti nei centri urbani di zone meteorologicamente sfavorite escludono generalmente, tra i combustibili carboniosi, le ligniti, le torbe, gli agglomerati, ecc., che producono fumo in maggior quantità, e, tra i combustibili liquidi, gli oli minerali a elevata viscosità e forte contenuto in prodotti solforati, che producono considerevoli quantità di fuliggini e di diossido di zolfo. In molti Stati è obbligatorio impiegare, specie negli impianti più piccoli, il gasolio invece dell'olio combustibile, in quanto esso è un prodotto più raffinato, nel quale il contenuto in zolfo è ridotto. Gli impianti termici maggiori, potendo avere migliori attrezzature di controllo della combustione, personale più qualificato e alte ciminiere, per una maggiore dispersione degli effluenti gassosi, sono generalmente favoriti dalle norme regolamentari, che consentono loro l'uso anche di combustibili più scadenti.
I risultati positivi che si ottengono con i predetti sistemi di prevenzione sono ormai ben documentati sperimentalmente e confermati di anno in anno; essi risultano ormai evidenti anche all'osservazione diretta in quei centri dove tale prevenzione è diffusa ed efficace, per essere stata adottata già da anni.
Come esempio dei successi finora ottenuti nella riduzione degli inquinamenti dell'aria urbana, si può citare quello di Londra, dove dal 1958 al 1968 le giornate invernali di sole nel centro della città sono aumentate del cinquanta per cento e sono ora frequenti come nella lontana periferia.
L'inquinamento dell'aria dovuto al fumo degli impianti termici domestici si è però dimostrato un problema più difficile da risolvere che non quello del fumo prodotto dalle industrie; per questo motivo il contributo del primo, almeno in Inghilterra, è attualmente prevalente sul secondo e tale resterà nel prossimo futuro.
La modifica graduale nell'impiego dei combustibili e negli impianti di riscaldamento, superati i problemi termici, ha implicato (e implica) principalmente un aumento dei costi del riscaldamento, aumento che è però compensato dal beneficio di poter disporre di un riscaldamento domestico sempre più diffuso e continuo, senza i gravi inconvenienti prodotti dall'inquinamento.
b) Problemi di valutazione, prevenzione e normazione degli inquinamenti da autoveicoli
Come sorgenti di inquipamento, gli autoveicoli sono stati i più studiati, essendo il loro contributo all'inquinamento dei grandi centri urbani pericoloso localmente, in particolari condizioni meteorologiche e di traffico.
La valutazione dell'inquinamento causato dal singolo autoveicolo è necessaria solo per gli autoveicoli usati (con motori a scoppio e Diesel), in quanto, trattandosi di produzione di grandi serie, i veicoli nuovi possono essere facilmente controllati indirettamente all'atto dell'omologazione del modello e poi saltuariamente in fabbrica, dopo la messa a punto.
Più difficile, ma parimenti importante, è la valutazione dei livelli di sostanze inquinanti che si creano nei vari punti di una città in differenti condizioni meteorologiche o di traffico. Infatti non sono ancora ben noti i prodotti che si formano per interazione tra le varie sostanze emesse dagli autoveicoli, specie sotto l'azione fotochimica delle radiazioni solari. Attualmente viene studiato il problema, essenzialmente chimico, degli inquinamenti secondari, prodotti per effetto degli agenti atmosferici sugli inquinamenti primari; tra essi vanno ricordati soprattutto i perossidi, che sono particolarmente irritanti e tossici. Inoltre non sono neppure ben noti i livelli di inquinamento sotto i quali il danno alla salute è trascurabile.
Per i motori a scoppio, se il rapporto tra aria e benzina è inferiore a quello teorico di completa combustione a diossido di carbonio e vapor acqueo, si ha formazione proporzionale di monossido di carbonio; se invece il rapporto è maggiore del teorico, si ha produzione di ossidi di azoto, per combinazione dei due elementi alle alte temperature. Con opportuni accorgimenti e un'accurata taratura è però possibile mantenere un rapporto leggermente inferiore al teorico; ciò, pur limitando la produzione di monossido di carbonio, consente al motore di fornire prestazioni meccaniche migliori di quelle che si avrebbero con il rapporto teorico. Allo stato attuale della tecnica non sono invece ancora sufficientemente economici i postbruciatori a fiamma diretta e i convertitori catalitici del monossido di carbonio e degli idrocarburi incombusti.
Per l'inquinamento da idrocarburi il problema è connesso con lo stato di usura dei motori, in quanto il maggior contributo è dato dalla perdita di tenuta tra pistone e cilindro, con conseguente fuoriuscita di miscela incombusta di gas di scarico nel basamento del motore e da questo all'esterno. Per ovviare a questo grave inconveniente, si ricorre alla riciclizzazione, introducendo i predetti vapori nell'aria che va al carburatore.
Anche il piombo (addizionato come piombo tetraetile alla benzina, per permettere alti tassi di compressione e quindi maggiori rendimenti) contribuisce all'inquinamento dell'aria, in quanto si ritrova nei gas di scarico sotto forma di particelle di cloruro e bromuro di piombo (essendo stati aggiunti alla benzina anche dicloroetilene e dibromoetilene, appunto per eliminare dalle camere di scoppio il piombo sotto forma di sali volatili). Il problema di evitare l'aggiunta di piombotetraetile producendo benzine che egualmente non detonino è legato alla stessa struttura degli idrocarburi componenti (migliori proprietà antidetonanti hanno quelli a catena ramificata oppure gli aromatici) e si affianca a quelli sopra esposti di ottenere una completa combustione dei carburanti e di evitare la formazione di ossidi di azoto.
Il contributo dei motori Diesel all'inquinamento delle atmosfere urbane è costituito principalmente dai prodotti dell'incompleta combustione del gasolio, contenuti nei gas di scarico e che si manifestano come fumi neri, specialmente con motore sotto sforzo; per tale motivo non si dovrebbe richiedere al motore la massima potenza; per la prevenzione occorre una progettazione opportunamente orientata e, più ancora, una manutenzione accurata, specie nell'iniettore. Tra i prodotti di parziale combustione del carburante che si formano nei motori a scoppio e Diesel, sono da considerare, oltre a quelli risultanti da ossidazione parziale (come le aldeidi per ossidazione terminale degli idrocarburi), anche le sostanze che si producono (specie nei Diesel) per pirolisi e successivo ‛riassestamento' dei radicali formatisi. Tra queste sono da segnalare gli idrocarburi policiclici aromatici (come, per es., il benzopirene), alcuni dei quali sono risultati, in esperienze di laboratorio, cancerogeni anche sotto forma di aerosol.
Oltre a una severa regolamentazione del settore, sarà indispensabile anche un maggiore studio per affrontare i problemi urbanistici, dei trasporti pubblici e del traffico cittadino. Infatti gli inquinamenti da autoveicoli sono assai aggravati da errori o inerzie nella risoluzione di tali problemi; d'altra parte, soluzioni tecnicamente ed economicamente finora non accettabili (come gli autoveicoli a batterie elettriche), anche se nei prossimi decenni diventassero possibili, non fornirebbero all'uomo condizioni di vita cittadina molto migliori, se non si risolvessero i predetti problemi del traffico.
Comunque, quello che può essere ottenuto settorialmente con una severa regolamentazione sarà raggiunto nel prossimo decennio, poiché negli Stati a più intenso traffico automobilistico è in corso una graduale restrizione nelle norme relative. I due indici attualmente più utilizzati per controllare l'inquinamento portato da un autoveicolo sono: se a motore a scoppio, il contenuto di monossido di carbonio nei gas di scarico, che, misurato a regime minimo e a folle, non deve superare un valore prestabilito; se a motore Diesel, la misura della opacità dei gas di scarico che, misurata con apparecchio fotoelettrico, durante accelerazioni a fondo a veicolo fermo, non deve superare determinati valori, a seconda che l'autoveicolo sia nuovo o usato.
c) Problemi di valutazione, prevenzione e normazione degli inquinamenti da industrie
Gli inquinamenti atmosferici prodotti da impianti industriali pongono gravi problemi, difficili a essere risolti per le difficoltà tecniche, di controllo ed economiche che essi presentano. Quelle tecniche sono rappresentate in molti casi dalla mancanza di adeguati metodi di ‛monitoraggio' (rilevamento analitico continuo) che consentano di misurare specificamente e con continuità, da parte dei produttori e degli organi tecnici di controllo, le immissioni anche accidentali, o comunque discontinue, di sostanze inquinanti; spesso, inoltre, le difficoltà tecniche derivano dall'inefficacia degli attuali sistemi di abbattimento degli inquinanti.
Le difficoltà di controllo sono date dall'estrema eterogeneità delle fonti di inquinamento industriale e degli agenti inquinanti, unita alla complessità delle sperimentazioni tossicologiche necessarie per stabilire le massime concentrazioni consentibili per ciascuna sostanza e alla difficoltà di risalire da queste alle massime emissioni consentibili.
Infine, le difficoltà economiche sono rappresentate, oltre che dalle grandi quantità di aria da depurare con costi parimente grandi, soprattutto dal fatto che molte industrie non sono in condizioni di sopportare tali aggravi nei costi di produzione. Questi costi sono, in molti casi, apparentemente bassi, perché il danno, anche economico, della mancata prevenzione dell'inquinamento è subito non dal produttore, ma dai vicini; tali situazioni debbono gradualmente essere risolte, anche, dove è necessario, con contributi pubblici per la trasformazione tecnica degli impianti o per il loro trasferimento. I costi di abbattimento o di prevenzione degli inquinanti dovranno perciò, in futuro, essere una componente normale dei costi di produzione, e incidere quindi sul prodotto finito. Si cerca di operare in modo che le restrizioni contro gli inquinamenti avvengano parallelamente nei vari paesi industrializzati, in modo che non influiscano troppo sulla concorrenzialità dei prodotti finiti.
Tra le varie industrie, alcune presentano problemi di inquinamento e relativa prevenzione più gravi di altre, o per la quantità di sostanze inquinanti che possono essere da loro emesse, o perché l'abbattimento completo non può essere attualmente effettuato a costi sopportabili.
Nelle industrie minerarie e metallurgiche che presentano problemi di inquinamento per sospensione di polveri nell'aria, le fasi di trasporto e lavorazione meccanica dei minerali (macinatura, grigliatura, ecc.) debbono essere eseguite a umido o in locali sotto aspirazione e con successivo abbattimento delle polveri dall'aria prima che questa sia scaricata nell'atmosfera.
Attualmente si dispone, per l'abbattimento delle polveri, di filtri di tessuto (anche in fibre di vetro), di depuratori a umido e di precipitatori elettrostatici; questi ultimi sono basati sull'azione di un campo elettrico ad alta tensione che attira sulle pareti del depuratore le particelle sospese che si caricano di elettricità.
Nella siderurgia si ha formazione di polveri (in prevalenza ossidi di ferro e poi silicati e ossidi vari) che, nelle differenti lavorazioni, a seconda delle dimensioni e delle temperature, sono abbattute con sistemi adatti.
Tra le metallurgie dei minerali non ferrosi, quelle dei metalli pesanti (rame, piombo, mercurio) partono generalmente da solfuri che vengono ‛arrostiti', cioè portati ad alta temperatura in corrente d'aria, con formazione di ossido del metallo e sviluppo di diossido di zolfo. L'SO2, quando è in concentrazioni sufficientemente alte, può essere utilizzato per produrre acido solforico, sempre che le località di utilizzo di questo non siano troppo lontane; negli altri casi esso viene attualmente disperso attraverso alte ciminiere. Sono comunque allo studio sistemi di conversione dell'SO2 in fase gassosa, con recupero dello zolfo. Le polveri che si producono nell'arrostimento dei minerali, costituite in prevalenza da ossidi, possono essere separate dall'aria con filtri o con precipitatori elettrostatici.
Nella metallurgia dell'alluminio i problemi di inquinamento sono rappresentati principalmente dalla fase di elettrolisi dell'allumina e criolite fuse, perché i fumi contengono, oltre ad allumina e cloruro di alluminio in sospensione, anche fluoruri e fluoro gassoso in piccole quantità, che debbono essere separati dall'aria di scarico, perché assai tossici.
Tutte le fonderie, infine, presentano, oltre a inquinamenti specifici (come da vapori metallici), anche il pericolo di silicosi, se si impiegano forme di sabbia; perciò le operazioni di distacco delle fusioni dalle forme debbono essere eseguite sotto una cappa aspirante e l'aria deve essere depurata della sabbia prima di essere scaricata. Trattandosi però di quantità di sabbia non elevate, il pericolo si manifesta solo per i lavoratori addetti.
Ingenti quantità di polveri sono trascinate nei cementifici dalla corrente d'aria che attraversa i forni rotativi. Essa deve essere filtrata attraverso tessuti o depurata con il sistema elettrostatico, dato che contiene polveri di diametro inferiore ai dieci millesimi di millimetro, oppure vanno studiati nuovi sistemi di trattamento. Problemi di abbattimento di fumi sono presentati anche dalle industrie ceramiche e vetrarie.
Un inquinamento particolare è quello rappresentato dalle fibre di amianto che si disperdono nell'aria durante la sua lavorazione. Nelle prime fasi, di molitura del minerale e selezione delle fibre, si opera con aria a ciclo chiuso e quindi non vi è problema di inquinamento; nelle fasi successive, invece, l'aria raccolta dagli aspiratori deve essere depurata con cicloni e poi con filtri di tessuto. Anche il trasporto, la produzione e la lavorazione di materiali di amianto-cemento e di tessuti in amianto, come pure il lavoro dei coibentisti e dei demolitori di isolamenti in fibra di amianto pongono notevoli problemi di protezione dei lavoratori e anche della popolazione.
L'industria chimica è quella che alla sua origine (nel secolo scorso) provocò le prime legislazioni contro gli inquinamenti; essa ha molto progredito con le varie lavorazioni a ciclo chiuso, senza cioè contatto diretto con l'atmosfera; anche i sistemi di abbattimento degli inquinanti, sia gassosi che particellati, sono in continuo progresso. In molte industrie, però, vi è il problema, strettamente legato al processo produttivo adottato, di assorbire o condensare l'intera produzione costituita da gas, vapori o nebbie mescolati ad aria; è questo il caso del diossido di zolfo nella produzione di acido solforico col processo catalitico, dell'ossido di azoto nella produzione di acido nitrico, degli acidi cloridrico e fluoridrico nelle rispettive produzioni, del cloro nel trattamento con soda caustica per produrre ipoclorito di sodio, ecc. In tutti questi processi il recupero del prodotto è al massimo livello possibile anche per motivi economici, ma restano spesso in grandi masse d'aria piccole concentrazioni di prodotti che è difficile abbattere.
Altro grave problema di inquinamento è rappresentato dalle centrali termoelettriche; mentre, infatti, per la riduzione della fuliggine contenuta nei fumi si stanno facendo progressi, si è ancora indietro per quel che riguarda l'abbattimento del diossido di zolfo che si forma dai composti solforati negli oli combustibili; questi, infatti, non possono, per motivi economici, essere desolforati, come il gasolio, e anzi finiscono col contenere anche alcune frazioni solforate del petrolio non utilizzate per il gasolio. Molti studi sono in corso anche con grandi impianti, ma ancora non sono state trovate soluzioni economicamente soddisfacenti.
Le raffinerie di petrolio, infine, oltre al predetto problema non risolto dell'abbattimento del diossido di zolfo derivante dalla combustione nella centrale termica delle frazioni più scadenti del petrolio, hanno anche il problema del cattivo odore prodotto da alcuni idrocarburi solforati, come i mercaptani, anche se presenti nell'aria in concentrazioni minime, in conseguenza di piccole perdite degli impianti. Molti progressi però sono stati fatti nello scorso decennio nella realizzazione di raffinerie con minori perdite inquinanti, in particolare con l'adozione generalizzata dei serbatoi a tetto galleggiante, che eliminano le perdite per evaporazione durante i riempimenti, e con l'espansione diurna dell'aria contenuta nei serbatoi.
Le industrie nucleari non pongono attualmente gravi problemi di inquinamento atmosferico, in quanto i loro scarichi radioattivi sono quasi esclusivamente liquidi (soluzioni) e solidi. Attualmente si hanno solo leggeri inquinamenti gassosi da 41Ar e 85Kr, ma il primo ha un brevissimo tempo di dimezzamento (110 min) e il secondo, purché diluito sufficientemente nell'atmosfera, non rappresenta un pericolo. Un notevole problema di inquinamento radioattivo dell'atmosfera si è manifestato intorno al 1960, in seguito alla numerosa serie di esplosioni sperimentali di armi nucleari nell'aria, tanto che è stata proprio la caduta (fall out) delle polveri radioattive, costituite da prodotti di fissione dell'uranio, una delle spinte maggiori all'accordo internazionale per l'abolizione delle prove di esplosioni nucleari nell'atmosfera. Nel caso di eventuali incidenti a una centrale nucleare, questi consisterebbero solo in un surriscaldamento del combustibile nucleare con eventuale emissione di vapori e polveri di nuclidi radioattivi che si depositerebbero nelle vicinanze della centrale, non essendo possibile un'esplosione nucleare che li proietti a grande altezza; il maggior pericolo deriverebbe quindi non dall'inquinamento atmosferico, ma dalla contaminazione delle zone circostanti la centrale e cioè di pascoli o di prodotti agricoli, con conseguente inquinamento della catena alimentare. Ad esempio, ad Harwell nel 1959 si ebbe emissione di 131I con notevoli conseguenze nei dintorni della centrale, cosicché fu eliminato il latte prodotto per alcune settimane.
Anche le attività agricole pongono problemi di prevenzione da inquinamenti. Infatti le lavorazioni meccaniche dei campi, in concomitanza con siccità e venti, danno luogo a polveri nell'aria; inoltre, la bruciatura delle stoppie produce fumi. Molti allevamenti animali, poi, diffondono-odori molesti, se non vengono realizzati e condotti con criteri tecnici adeguati, e, soprattutto, creano problemi di eliminazione di rifiuti solidi. Analogamente, molte industrie alimentari, come i mattatoi, quelle che lavorano il pesce, la frutta, le verdure, i mangimi, ecc., danno luogo a cattivi odori se non si previene la decomposizione putrida dei materiali di scarto; è inoltre necessario il lavaggio dell'aria aspirata da alcuni reparti di lavorazione. Anche altre industrie che lavorano prodotti come le pelli, le setole, le piume, il tabacco, pongono analoghi problemi.
d) Valutazione delle conseguenze dell'inquinamento atmosferico
Danni alla salute. - In passato furono gli effetti tossici acuti sull'uomo che richiamarono l'attenzione delle autorità e dell'opinione pubblica sui problemi dell'inquinamento atmosferico; attualmente, invece, i lontani episodi della valle della Mosa (1-5 dicembre del 1930, con 20 morti), di Donora (Pennsylvania, 26-30 ottobre del 1948, con 20 morti), ecc. rappresentano dei casi limite che ormai potrebbero difficilmente ripetersi, essendo le zone industrializzate sotto controllo, almeno preventivo, specie quelle in località meteorologicamente sfavorite. Ripetibili, sia pure in scala ridotta, sono invece quei periodi di inquinamento con effetti subacuti, come quello di Londra del 1952, in cui i disturbi, pur essendo meno vistosi, furono considerati la causa di un eccesso di mortalità di circa 3.500 persone, prevalentemente malati cronici alle vie respiratorie o di cuore.
Attualmente sono i portatori di malattie come la bronchite cronica, l'enfisema e altre affezioni delle vie respiratorie che subiscono il danno maggiore dell'inquinamento atmosferico urbano, specie se congiunto a condizioni meteorologiche sfavorevoli. È ancora difficile dimostrare la correlazione tra inquinamenti e malattie del tipo suddetto in quelle città dove le condizioni di inquinamento sono meno gravi, soprattutto perché prevalgono in molti individui i danni similari conseguenti al fumo del tabacco; è stato dimostrato che vi è sinergismo tra le cause, cioè l'effetto complessivo è maggiore della somma delle due. Più semplici, e quindi più numerose, sono le indagini sperimentali su animali, per studiare le concentrazioni massime consentibili e anche per comprendere il meccanismo d'azione biochimico dei vari inquinanti.
Danni ai materiali. - Occorre distinguere tra danni specifici prodotti da una sostanza che inquina l'aria nelle vicinanze di un dato tipo di industria e danni generici causati in vaste zone dall'inquinamento complessivo prodotto da centri industriali e urbani. Nel primo caso il problema è di solito più facilmente risolvibile con la prevenzione dell'inquinamento, in quanto questo ha dimensioni limitate, e comunque anche i danni sono piccoli nel complesso dell'economia. Nel secondo caso, invece, che è quello generale, i danni sono assai più vasti e la loro riduzione è necessariamente lenta; infatti, si tratta in prevalenza dell'azione del diossido di zolfo, di polvere e di fuliggine, inquinanti che, come già detto, non possono ancora essere completamente abbattuti in tutte le loro fonti.
Tali danni si manifestano come corrosione di molti materiali, specialmente metallici; l'azione corrosiva del diossido di zolfo e dell'acido solforico che da esso deriva è maggiore in presenza di materiale particellato che accelera questa trasformazione. Ma anche la polvere e la fuliggine, da sole, insudiciando i materiali, portano a un loro deprezzamento e rendono necessarie ripuliture più frequenti che spesso ne accelerano l'usura, come nel caso dei tessuti.
e) Risultati acquisiti e previsioni nella lotta contro l'inquinamento atmosferico
Per valutare l'incidenza dei risultati acquisiti e fare qualche previsione per il futuro, occorre esaminare la situazione di paesi nei quali l'intervento attivo nella lotta contro l'inquinamento atmosferico è operante da oltre un decennio, come è il caso della Gran Bretagna. Qui infatti il primo Clean air act divenne legge nel 1956 e inoltre vi sono ampi dati sulle emissioni e sufficienti misure dell'inquinamento, fin da prima dell'applicazione di tale legge. Dal raffronto risulta, dopo la predetta data, una costante diminuzione dell'inquinamento da fumi e da diossido di zolfo nonostante che la popolazione sia aumentata nel frattempo del 10% e la produzione di energia abbia avuto un incremento annuo del 17%; a tali miglioramenti medi contribuiscono successi locali maggiori o minori, su cui influiscono molte cause. La conclusione fondamentale è che l'aumento dei consumi è ancora compatibile con una riduzione dell'inquinamento atmosferico, purché vengano presi efficaci provvedimenti amministrativi e tecnici. Come già vi sono state le trasformazioni profonde di alcune attività, quale il passaggio, nelle ferrovie, dalla trazione a vapore a quelle Diesel ed elettrica, anche per il futuro sono prevedibili cambiamenti profondi, come il prevalere, nella costruzione delle nuove centrali termoelettriche, del tipo a energia nucleare su quello a combustibile convenzionale. Quest'ultima sostituzione consentirà anche di contenere l'aumento annuale dell'emissione di diossido di carbonio che, essendo solo lentamente assorbito dagli oceani o fissato nel suolo come carbonato e non potendo essere assorbito dalle piante verdi, attraverso la fotosintesi clorofilliana, in misura maggiore dell'attuale, va annualmente aumentando di concentrazione nell'atmosfera (dal 1945 al 1970 di circa il 5%, raggiungendo le 320 ppm). Anche se ciò non si ritiene possa per ora provocare danni, un ulteriore aumento porterebbe a un corrispondente innalzamento della temperatura media terrestre. Tale effetto globale sembra tuttavia destinato a essere più che neutralizzato da un effetto inverso prodotto dall'aumento del contenuto in polveri dell'atmosfera, che, diminuendo la trasparenza di questa, riduce l'irradiazione solare della Terra.
3. Inquinamento delle acque
Gli scarichi indiscriminati effettuati, in quantità crescenti, nelle acque di superficie (fiumi e laghi) e in quelle marine costiere hanno creato negli scorsi decenni problemi di inquinamento che aumentano continuamente di gravità e di mole, perché, tranne qualche eccezione, solo verso gli anni settanta essi sono stati affrontati sistematicamente dagli organi politici e amministrativi dei vari Stati industrializzati.
In realtà le acque naturali raramente sono così pure da essere potabili (come sono in genere quelle sorgive), ma esse sono di solito facilmente depurabili a tale scopo; inoltre le acque dei fiumi hanno un naturale potere autodepurante basato principalmente sull'azione dei microrganismi che mineralizzano completamente (a diossido di carbonio, acqua e sali) i rifiuti organici trascinati dalle acque di scolo. Per tale ossidazione è necessario che il carico inquinante non superi certi limiti, altrimenti il contenuto di ossigeno sciolto nell'acqua scende a valori insufficienti e sopravvengono le fermentazioni anaerobiche di putrefazione; tale ossidazione microbiologica è inoltre possibile solo se non sono presenti schiume od oli galleggianti che impediscono l'aereazione dell'acqua, nè sostanze tossiche per i microrganismi.
La quantità complessiva di sostanze organiche ossidabili presenti in un'acqua è valutata in base alla quantità di ossigeno richiesto perché possa avvenire una completa ossidazione microbiologica; tale parametro, denominato BOD (biochemical oxygen demand), è usato, in prima approssimazione, come un indice pratico dell'inquinamento organico di un'acqua.
a) Problemi di valutazione, prevenzione e normazione degli inquinamenti urbani
La valutazione degli scarichi urbani può essere fatta determinando sperimentalmenie i valori medi del BOD, ma occorre tener conto che con le piogge gli scarichi urbani variano di composizione e concentrazione, aggiungendosi le acque di scolo ai normali scarichi domestici e a quelli delle industrie cittadine.
L'altro parametro molto usato per caratterizzare un'acqua di scarico, e cioè la quantità di detriti solidi in sospensione, varia ancor più con le piogge, ma è sempre un importante indice di inquinamento.
Per lo smaltimento degli scarichi idrici era sufficiente in passato che le città sorgessero lungo un fiume, in quanto i rifiuti, prevalentemente di origine biologica, erano in esso facilmente degradati. Con lo sviluppo di città assai popolate, ma ancor più con l'aumento dei consumi individuali, è aumentata la quantità dei rifiuti e, problema assai grave, è cambiata la loro qualità.
Per la quantità sono da considerare soprattutto l'aumentata carica batterica e virale di origine fecale, conseguente all'incremento della popolazione urbana, e l'aumentata massa di rifiuti organici connessa anche con l'aumento dei consumi e delle attività industriali che si svolgono nelle città. L'inquinamento che si produce nei fiumi quando si scaricano le acque urbane senza previo trattamento è perciò così elevato da superare la capacità autodepurante dei corsi d'acqua; perciò questi diventano fonte di infezione lungo tutto il loro cammino, fino a inquinare le acque marine costiere spesso destinate alla balneazione. Anche gli altri usi delle acque dei fiumi possono divenire pericolosi.
Altri problemi sorgono per la presenza nelle acque di rifiuto urbane di sostanze organiche tossiche per la flora microbica non patogena e per la fauna ittica, e anche di sostanze organiche sintetiche non facilmente biodegradabili.
Le grandi quantità di detersivi contenute nelle acque di rifiuto domestiche hanno posto gravi problemi, anche se la norma ormai generalizzata di consentire l'uso soltanto di detersivi biodegradabili ha reso tecnicamente efficace il trattamento depurativo. È necessario che le acque di rifiuto domestiche contenenti questi detersivi subiscano un trattamento di depurazione che li mineralizzi o che almeno li demolisca parzialmente fino a far loro perdere il potere tensioattivo, in modò che non diano più luogo a formazione di schiume. Infatti, con gli attuali consumi elevati di detersivi, tali scarichi, se non trattati, supererebbero il potere autodepurante dei fiumi.
Attualmente il problema del trattamento delle acque di rifiuto urbane è prevalentemente economico, in quanto tecnicamente sono stati fatti notevoli progressi. Negli impianti finora realizzati vi sono trattamenti primari (o meccanici, come grigliature, sedimentazione, ecc.) e secondari (microbiologici). Questi ultimi sono realizzati secondo vari schemi: fermentazione in vasconi in cui si insuffia aria (e anche ossigeno), impiego di fermentatori termostatati, ecc. Più rari, anche perché necessari solo se l'uso a cui le acque trattate sono destinate esclude la presenza di sali, sono i trattamenti terziari, basati su sistemi chimico-fisici di dissalazione.
L'aspetto normativo è rappresentato in genere, per i privati, dal divieto di scaricare, in notevoli quantità, nella rete delle fognature sostanze non biodegradabili e, per le autorità cittadine, dall'obbligo di realizzare impianti urbani per trattare le acque di rifiuto prima di immetterle in corsi d'acqua o di scaricarle sulla riva del mare.
b) Problemi di valutazione, prevenzione e normazione degli inquinamenti di origine industriale e da trasporti
La valutazione qualitativa e quantitativa del contributo all'inquinamento arrecato da un impianto industriale è assai importante, in quanto molti processi di lavorazione, specie chimici, danno luogo a prodotti di rifiuto che non possono essere scaricati tal quali nei corsi d'acqua. Ciò, sia perché molti di tali rifiuti sono altamente tossici per la flora o la fauna e indirettamente per l'uomo, sia perché spesso i prodotti di scarico, anche se biodegradabili e non tossici, sono in quantità tali da superare le capacità autodepuranti dei corsi d'acqua. Tale valutazione implica perciò un'attività di sorveglianza tecnica e di esame preliminare, da parte delle autorità, dei progetti di nuovi impianti, compresi i sistemi di pretrattamento delle acque di rifiuto.
Tra le industrie che danno luogo a rifiuti facilmente biodegradabili, ma in quantità spesso eccessive per poter essere direttamente scaricate nelle acque pubbliche, vi sono le industrie alimentari, come quelle lattiero-casearie, i mattatoi, le industrie conserviere di frutta e verdura, gli zuccherifici, le fabbriche di birra, ecc.
Un problema più complesso è rappresentato dalle acque di rifiuto delle industrie tessili, sia perché contengono colle, detergenti, coloranti, ecc., sia perché tali industrie mal sopportano l'aggravio di spesa per il trattamento delle acque di scarico. Analoghi problemi pongono le industrie della cellulosa, mentre quelle chimiche presentano i problemi più difficili, per l'eterogeneità e frequente tossicità di molti prodotti di rifiuto, per cui i trattamenti debbono essere studiati caso per caso; essi consistono in vari procedimenti chimico-fisici (neutralizzazione, sedimentazione, flocculazione, ecc.), chimici e biochimici. Altri gravi problemi di inquinamento delle acque, e quindi di trattamento adeguato, presentano le varie industrie minerarie e metallurgiche sia per le grandi quantità di acqua utilizzate sia per il tipo di sostanze inquinanti che in esse si disciolgono.
I trasporti fluviali e costieri contribuiscono all'inquinamento delle acque con i loro scarichi, perdite di lubrificanti, ecc., ma quelli marittimi provocano danni assai maggiori con le acque di lavaggio dei serbatoi delle petroliere, specie dopo che hanno trasportato petrolio greggio. Quest'ultimo problema è stato affrontato con grande impegno sia dalle imprese petrolifere, sia, per gli aspetti giuridici internazionali, dalle autorità dei vari Stati. Attualmente il risultato principale è l'adozione del sistema di load on top consistente nel pompare le acque di lavaggio dei vari serbatoi in uno di questi e nello scaricare l'acqua solo dopo che essa si è separata (durante il viaggio verso il porto di caricamento) dal greggio con cui si era emulsionata; lo strato di olio di rifiuto è poi scaricato nel porto di caricamento, appositamente attrezzato. Con tale sistema si evita attualmente di scaricare nei mari circa tre milioni di tonnellate di oli all'anno, ma si calcola che tuttora mezzo milione ne venga scaricato dalle petroliere che non adottano ancora questo sistema, difficile da imporre fuori dalle acque territoriali.
Altro problema grave è l'inquinamento conseguente a incidenti nelle operazioni di carico e scarico o quello più raro, ma di assai maggiore entità, prodotto dalla rottura dei serbatoi a seguito di collisioni o altri sinistri; accorgimenti tecnici, nel primo caso, e sistemi di raccolta e pompaggio lungo la costa, nel secondo caso, sono metodi già abbastanza efficaci, ma molto resta ancora da fare.
c) Valutazione delle conseguenze degli inquinamenti delle acque di falda, di superficie e marine costiere
Parallelamente alla determinazione delle sostanze contenute nelle acque di rifiuto e alla realizzazione di sistemi di trattamento, è importante ma difficile lo studio del destino delle sostanze non eliminate, cioè la loro propagazione attraverso le acque di falda, quelle di superficie e quelle marine costiere, e la loro trasformazione per interazione con il terreno, con la flora batterica, con il plancton, la fauna ittica, ecc. Tali ricerche sono assai importanti, insieme a quelle sugli effetti tossici che residui di queste sostanze, a volte concentrati lungo la catena alimentare, possono avere sull'uomo e alle ricerche tecnologiche sull'azione delle sostanze stesse sui materiali o sui processi industriali nei quali debbono essere utilizzate le acque che le contengono. In base a tali ricerche è possibile fissare le concentrazioni massime di ciascun inquinante che possono essere consentite nelle acque di scarico, in relazione agli usi ai quali sono destinate le acque che le ricevono.
Generalmente le acque di falda, costituite dalle acque piovane o da acque di rifiuto che penetrano nel terreno, sono da questo depurate almeno parzialmente per filtrazione, per assorbimento, per scambio ionico o per azione biochimica della flora microbica del terreno stesso, dai vari agenti inquinanti che contengono (detriti, batteri e virus in sospensione, sostanze organiche e inorganiche disciolte).
Restano però nelle acque di falda alcuni prodotti organici non biodegradabili (come, per es., i detersivi alchilbenzensolfonati a catena ramificata, ora vietati in molti Stati) e alcuni sali (come quelli di cromo e di piombo che sono tossici per l'uomo); perciò gli scarichi nel sottosuolo sono regolamentati e le acque emunte dal sottosuolo a scopo potabile sono controllate analiticamente; sono però necessarie anche maggiori conoscenze idrogeologiche di ogni bacino in relazione all'aumentare delle potenziali fonti inquinanti portate dallo sviluppo tecnologico.
Le conseguenze degli inquinamenti delle acque di superficie possono essere ugualmente gravi perché molte città le utilizzano, dopo trattamenti ‛secondari', per alimentare la rete idrica cittadina; inoltre gli inquinamenti limitano molto anche gli altri usi industriali, agricoli, di balneazione, ecc. a seconda delle sostanze o dei microrganismi patogeni in esse contenute. Alcuni inquinamenti sono evidenti o direttamente per la presenza di schiume o di sostanze colorate, o indirettamente per alcuni effetti, come la moria di pesci; altri inquinamenti sono più insidiosi e più pericolosi, perché non appariscenti.
I danni economici prodotti sono molteplici e tutti assai gravi, per cui, anche da un punto di vista strettamente economico, è stato calcolato che il bilancio complessivo, tra i danni che si eviterebbero con efficaci interventi preventivi o di trattamento e i costi di tali interventi, è a favore di questi ultimi. Il problema del controllo di ciascun bacino idrico e di una razionale utilizzazione delle sue acque per vari usi successivi non è però soltanto economico e tecnico, ma anche giuridico, amministrativo e organizzativo. Una conseguenza, infine, degli inquinamenti microbici nelle acque marine costiere è il pericolo di contagio per l'uomo, sia attraverso la balneazione sia indirettamente, attraverso il consumo alimentare di molluschi crudi; per gli inquinamenti chimici, il pericolo è rappresentato dall'‛arricchimento' (in concentrazione) che può avvenire per tali sostanze tramite la fauna ittica.
Altri danni consistono nella distruzione del plancton (che compie circa il 70% del rinnovo dell'ossigeno nel ciclo del carbonio) per effetto di uno strato monomolecolare di petrolio, galleggiante, che impedisce gli scambi con l'atmosfera.
d) Risultati acquisiti e previsioni
Il principale risultato ottenuto finora nella lotta contro l'inquinamento delle acque può considerarsi l'aver dimostrato che è oggi possibile praticamente invertire la tendenza e ridurre con gli anni la contaminazione. L'esempio più significativo è quello delle acque del Tamigi, le quali, dopo un graduale peggioramento che aveva portato alla scomparsa di ossigeno disciolto e a quella, conseguente, di tutte le specie ittiche presenti, sono andate rapidamente migliorando, con ricomparsa anche di alcune specie di pesci. Altro esempio vistoso è la notevole riduzione delle schiume in molti corsi d'acqua europei, in conseguenza del divieto di usare detersivi non biodegradabili.
Per il futuro si prevedono interventi crescenti da parte delle autorità responsabili per regolamentare il settore e incoraggiare, anche con contributi, l'organizzazione di consorzi per il trattamento delle acque di scarico. Molto vi sarà da lavorare nel campo tecnico e scientifico, anche perché con la diffusione di nuove sostanze da parte dell'industria si porranno sempre nuovi problemi.
4. Inquinamento del suolo da rifiuti solidi
In passato i rifiuti solidi connessi con i consumi urbani erano in prevalenza biodegradabili e il loro utilizzo come fertilizzanti era facilitato dalla vicinanza dei terreni agricoli. Attualmente invece, con l'aumento dell'uso di prodotti industriali (carta, plastica, vetro, ecc.), la composizione chimica dei rifiuti è assai variata ed essi non sono più utilizzabili come concimi senza una cernita. In generale, però, si trova ora più conveniente bruciarli in impianti inceneritori, che si autoalimentano come sorgente di calore e che anzi in alcuni modelli forniscono energia termica da utilizzare. Essi sono forniti di adeguati sistemi di depurazione dei fumi, in modo da non provocare inquinamenti atmosferici; un particolare problema è rappresentato dalla combustione del cloruro di polivinile (tipo di plastica ora molto diffuso), che bruciando dà luogo ad acido cloridrico gassoso.
Una soluzione intermedia che forma oggetto di studio è il cosiddetto compostaggio, costituito da parziale degradazione, per combustione, dei residui solidi e loro utilizzazione come fertilizzante in agricoltura.
5. Altri inquinamenti
a) Inquinamento termico delle acque
Un aspetto particolare della contaminazione ambientale è l'inquinamento termico, causato dall'impiego dell'acqua dei fiumi e dei laghi per il raffreddamento di condensatori in centrali termiche e nucleari. In queste condizioni, infatti, si provoca un innalzamento, sia pure lieve, della temperatura del fiume o del lago.
Tale variazione di temperatura può indurre, in un corso d'acqua, un'alterazione degli equilibri ecologici, di cui non è spesso possibile valutare a priori le conseguenze; queste sono ancora più gravi nei laghi, dove il prendere l'acqua più fredda negli strati più bassi, restituendola quindi alla superficie del lago a una temperatura più alta, può provocare un aumento della velocità di ricambio degli strati inferiori dell'acqua, che, insieme alla contaminazione termica, può causare un profondo rivolgimento degli equilibri limnici
Particolari sistemi di osservazione e di rilevamento a raggi infrarossi consentono di stabilire con esattezza, anche operando a bordo di un aereo, i limiti e l'intensità dell'inquinamento termico.
Attualmente la necessità di limitare la contaminazione termica delle acque sta creando ulteriori difficoltà alla pianificazione degli insediamenti di centrali elettriche, sia termiche sia nucleari, specie in zone altamente popolate e industrializzate, come per esempio nel bacino del Reno.
b) Inquinamento sonoro dell'ambiente
Recentemente è stato considerato tra le cause di turbamento ambientale ed ecologico il rumore. In precedenza questo era stato studiato limitatamente agli ambienti di lavoro, dove erano stati acquisiti numerosi dati riguardanti l'incidenza del rumore sul danno psichico e fisico subito dai lavoratori, e conseguentemente anche sul loro rendimento, ma solo negli ultimi anni si è passati alle indagini sul rumore nelle città e sul turbamento dell'ambiente naturale.
Nell'ambiente urbano sorgenti di rumore sono, oltre alle industrie in esso localizzate, in primo luogo il traffico stradale (automobili, autotreni, tranvie, motocicli, ecc.), in secondo luogo gli aerei che lo sorvolano e, in minor misura, l'abuso nell'impiego di radio, televisori e altri strumenti per la riproduzione del suono.
Queste cause, che inducono gravi turbamenti nelle popolazioni residenti, sono state oggetto di studio e di misure per contenere il danno, che si sta facendo più grave. Secondo recenti statistiche è infatti attribuibile proprio al rumore la maggiore incidenza di nevrosi per gli abitanti delle città: tipico e significativo, a questo riguardo, è il caso di Manhattan.
Le misure di prevenzione sono il controllo dei motori per quanto riguarda i silenziatori, la disciplina civica per i disturbatori e i sistemi di insonorizzazione per le nuove costruzioni; per gli aerei si tende a ridurre nel limite del possibile i sorvoli delle città.
Il fenomeno degli aerei si acuisce presso gli aeroporti, di solito distanti da abitazioni nel momento della loro costruzione, ma che fungono poi da centro di sviluppo per le nuove borgate, le quali saranno quindi disturbate dai rumori dei motori in fase di decollo e di atterraggio, particolarmente intensi e fastidiosi.
Il rumore è dannoso non solo per l'uomo, ma altresì per la fauna: quest'ultimo danno ha particolare rilievo quando si crea un aeroporto nelle vicinanze di una zona di protezione naturale; il rumore, infatti, turba gli animali, che tendono a fuggire, disturba le covate e altera così l'equilibrio ecologico della zona. L'esempio dell'arresto della costruzione di un grande aereoporto in Florida, nella zona degli Everglades, riserva naturale di grande importanza, dimostra quale sia l'incidenza del rumore sulla natura e quale importanza venga data attualmente negli Stati Uniti alle esigenze protezionistiche a favore della fauna.
Oggi il problema rumore va considerato tra i più importanti fattori nella pianificazione di nuovi insediamenti urbani e industriali e nella protezione della fauna e quindi dell'equilibrio ecologico.
6. Inquinamento globale
Accanto ai fenomeni di inquinamento ambientale che si possono considerare localizzati, quali gli inquinamenti urbani e industriali dell'atmosfera, delle acque superficiali e del suolo, va presa in considerazione la contaminazione globale, cioè l'aumento, nella troposfera e nei mari, dei prodotti del metabolismo della società tecnologica.
Si è già sottolineato come alcune forme di inquinamento globale, costituite da particelle sospese nell'aria, siano dovute in parte a cause naturali, come pure si è accennato all'aumento del tenore in diossido di carbonio dovuto all'uso di combustibili fossili e all'influenza che esso può avere sul clima terrestre.
Accanto a questa alterazione del tenore in CO2 dell'atmosfera, legata non solo alle combustioni ma anche al turbamento ecologico dei fattori equilibratori del sistema (e cioè della superficie dei mari, del plancton e infine delle foreste), c'è da considerare, stando a un recente allarme, quella del contenuto di ossigeno nell'aria, che verrebbe consumato in modo eccessivo nelle combustioni. Tali preoccupazioni sono tuttavia ingiustificate, perché in base a semplici calcoli è stato dimostrato che anche se si consumassero tutte le riserve di combustibile conosciute sulla Terra, la concentrazione dell'ossigeno nell'atmosfera passerebbe soltanto dal 20,94% al 20,90%; sarebbe invece apprezzabile l'aumento relativo corrispondente del CO2, che ora è solo lo 0,03% circa.
Nello studio dei fattori dell'inquinamento globale rimane ancora da conoscere il destino del monossido di carbonio; infatti, pur essendo le sue immissioni nell'atmosfera sempre più rilevanti, non si conoscono ancor oggi con esattezza la distribuzione e le trasformazioni che esso subisce nella troposfera.
Più noto è l'inquinamento quasi globale dovuto all'SO2, che dà origine, per ossidazione fotochimica e successiva idratazione, ad acido solforico, che ricade anche a grande distanza con le piogge. L'elevata acidità delle piogge in Svezia e in alcune zone degli Stati Uniti viene oggi attribuita, in base a studi di dinamica di masse d'aria e di modelli matematici, a fonti molto lontane (per es. la Germania per la Svezia).
Ma l'aspetto più interessante della contaminazione globale è offerto dai cosiddetti microinquinanti, sostanze generalmente estranee ai grandi cicli naturali, per lo più prodotte o mobilizzate dall'uomo, che si diffondono attraverso cicli biogeochimici in tutta la biosfera; queste sostanze possono essere inorganiche od organiche.
Le sostanze inorganiche che in questi ultimi tempi destano maggiore interesse e preoccupazione sono i metalli pesanti, come il piombo e il mercurio, ma anche il cadmio e il vanadio.
Causa dell'inquinamento da piombo, che oggi è estremamente diffuso in tutta la biosfera (perfino nei ghiacciai della Groenlandia) è il largo impiego dei prodotti di piombo, specie nelle vernici e nelle benzine (come antidetonanti). Le localizzazioni di questo metallo negli organi dell'uomo e degli animali e la diffusione nell'ambiente sono oggetto di particolari studi.
La diffusione attraverso l'atmosfera e le acque di prodotti sia inorganici che organici segue lo schema che era stato rilevato per le contaminazioni da sostanze radioattive, e in particolare da stronzio-90, prodotte in passato dalle esplosioni nucleari nell'atmosfera.
Anche il mercurio, la cui diffusione nell'ambiente è in continuo aumento sia per apporti naturali da minerali, sia per la sua presenza in prodotti e sottoprodotti industriali, sta diventando un altro metallo ubiquitario; nei mari esso è presente in concentrazione crescente e i pesci ne contengono quantità sensibili, dell'ordine di 0,5-1 ppm.
Attualmente in tutto il mondo si sta cercando di prendere misure opportune per ridurre e comunque controllare l'impiego del mercurio: riduzione dell'uso di composti mercuriali in agricoltura e applicazione di sistemi di recupero dalle acque effluenti da industrie, specie da impianti di elettrolisi e di catalisi, del mercurio o dei suoi composti.
Tracce di metalli di cui non si conosce ancora bene la nocività (come il vanadio e il cadmio) si trovano nell'atmosfera di molte città; si sta quindi approfondendo lo studio delle loro proprietà tossicologiche.
Nel caso dei composti organici si possono considerare due classi principali: i composti clorurati, usati sia in agricoltura (DDT, clorociclodienici, esaclorocicloesano, ecc.) che nell'industria (PCB o bifenili policlorurati), e i detergenti. I primi costituiscono attualmente il più valido ed economico sistema di lotta contro talune malattie trasmissibili attraverso insetti o contro l'infestazione delle piante da parte di insetti nocivi, ma, per la loro lenta degradabilità da parte degli agenti atmosferici, geologici e biologici, persistono per anni nel terreno, anche come prodotti di trasformazione (DDE, fotodieldrin, ecc.) egualmente poco degradabili. Dal terreno queste sostanze vanno a contaminare le acque (per dilavamento con le piogge), l'atmosfera (per trascinamento con i venti) e la catena biologica vegetale e animale (attraverso l'assorbimento dal terreno e dalle acque da parte delle piante terrestri, delle alghe, ecc.).
In base alla loro degradabilità assai lenta, tali sostanze possono largamente diffondersi e praticamente divenire ubiquitarie, ritrovandosi, per la loro liposolubilità, oltre che nel latte bovino e nei grassi di deposito degli animali e dell'uomo, anche nel plancton marino e nel grasso di animali polari. La presenza di tali sostanze, sia pure in piccole quantità, nei vari sistemi ecologici suscita preoccupazioni soprattutto per la loro azione sui sistemi planctonici, legati largamente al mantenimento di un equilibrio biologico nei mari. Inoltre si è trovato che il DDT agisce sfavorevolmente sulla riproduzione di alcuni uccelli, ai quali provoca danni nella formazione dei gusci delle uova.
Poiché non si conoscono bene i loro effetti sull'uomo, la diffusione di questi composti desta preoccupazioni di ordine sanitario.
Anche i bifenili policlorurati (PCB), prodotti largamente usati nell'industria come solventi poco volatili, sono stati riscontrati in piccole quantità nelle acque marine e negli animali, con una diffusione simile a quella degli altri composti clorurati e con danni alla fauna marina.
Problema particolare presentano i detersivi non biodegradabili (nei paesi dove il loro uso è ancora consentito), perché per la loro resistenza a ogni trasformazione biogeochimica si ritrovano sempre più frequenti nelle acque, anche talvolta di sorgente, alterando taluni sistemi biologici.
Alcuni anni or sono la contaminazione radioattiva costituiva uno dei problemi più preoccupanti e pressanti per l'umanità a seguito delle indiscriminate esplosioni nucleari nell'atmosfera (ora quasi cessate). Infatti la presenza nelle ricadute (fall out) di taluni radionuclidi a lunga vita biologica (cioè a lenta eliminazione) e a lunga vita media radioattiva, quali 90Sr e 137Cs, portava, dopo la penetrazione di queste sostanze nella catena alimentare, a un aumento della loro concentrazione in taluni cibi, come il latte, e quindi a un possibile pericolo a lungo termine, specie per i bambini. Quanto alla contaminazione di origine industriale, attualmente la rigorosa disciplina instaurata per l'eliminazione dei residui radioattivi degli impianti nucleari (in primo luogo il seppellimento o l'affondamento condizionato negli oceani, come anche altre misure) fanno sì che il pericolo di contaminazione ambientale da parte di radionuclidi sia limitatissimo e rientri nei limiti della radioattività naturale.
Per ridurre l'inquinamento globale, ci si orienta sulla riduzione di talune emissioni particolari, come il diossido di zolfo e le polveri. Una riduzione del diossido di carbonio si potrà invece ottenere quando la produzione di energia sarà basata prevalentemente sulle centrali nucleari.
Per la riduzione dei microinquinamenti l'orientamento è, per i metalli, la diminuzione di tutti i loro impieghi non indispensabili, ad esempio la riduzione del piombo nelle benzine; per i composti organici clorurati, usati come pesticidi, il problema è estremamente complesso perché fino a quando non si troverà una sostituzione efficace di queste sostanze, che rispetti la protezione ambientale, non sarà possibile eliminare le attuali sostanze che assicurano il controllo di numerose malattie trasmissibili attraverso insetti e la difesa dei raccolti.
Oggi la sintesi chimica e la sperimentazione agraria studiano la possibilità di impiegare nuove sostanze e nuovi mezzi di lotta biologica o integrata, per ridurre alle origini. questa pericolosa fonte di contaminazione ambientale.
7. Considerazioni finali
a) Danni degli inquinamenti alla natura e alle opere d'arte
L'inquinamento ambientale ha profondi riflessi sull'ambiente naturale e su quello creato dall'uomo, oltre che sulla salute stessa di questo.
La protezione della natura, intesa come flora e fauna, investe problemi più vasti di quello dell'inquinamento ambientale. Si tratta in molti casi di alterazioni indiscriminate di zone naturali e di biotopi dovute a insediamenti territoriali e a sfruttamenti di risorse naturali. Questo aspetto protezionistico esula dalla presente trattazione, ma non può essere completamente taciuto, in quanto la distruzione di foreste, di boschi, ecc. inciderebbe, sia pure indirettamente, come si è visto, sui bilanci CO2/O2 nella contaminazione globale e, comunque, essa ha anche una sua influenza sul destino di altri contaminanti.
Oggi in tutto il mondo, compresa l'Italia, numerose associazioni internazionali e nazionali sono impegnate in una battaglia per mantenere e preservare talune zone tipiche naturali, assicurando in questo modo la sopravvivenza a specie animali altrimenti destinate a scomparire.
Inoltre la flora e la fauna possono essere gravemente colpite dagli inquinamenti localizzati, come le emissioni e gli scarichi tossici di industrie. Non solo gli ambienti naturali ma anche le coltivazioni agricole sono danneggiate da queste emissioni.
Meno evidente ma più subdola è l'azione dei microinquinanti, particolarmente dei composti organici clorurati, che perturba gli ambienti naturali, come gli equilibri fiori-insetti, quelli nel plancton e la riproduzione di talune specie di uccelli. In questo settore si sente la necessità di ulteriori elementi di valutazione e quindi di nuove ricerche.
Tra gli effetti degli inquinanti sull'ambiente creato dal- l'uomo, notevoli sono quelli sulle costruzioni e sulle opere d'arte. I danni alle costruzioni per azione delle fuliggini e dei fumi corrosivi delle città sono stati valutati in varie nazioni in cifre assai elevate. Ma in Italia è soprattutto delicato il problema della preservazione di edifici storici e di monumenti che hanno un valore culturale molto superiore a quello venale. I danni al Palazzo Ducale di Venezia, ai cavalli di bronzo di San Marco, il disfacimento delle statue di Firenze negli ultimi dieci anni hanno costituito un campanello di allarme, che ha polarizzato l'attenzione di gruppi di esperti di varie discipline spingendoli a intraprendere studi sul deterioramento delle opere d'arte. Da ciò è risultata la necessità di ridurre il più possibile l'attuale crescente immissione di diossido di zolfo nell'atmosfera cittadina.
b) Inquinamento e ricerca tecnico-scientifica
Nel giudicare l'inquinamento ambientale spesso non si considera sufficientemente l'importanza della determinazione qualitativa e quantitativa del fenomeno. Tali determinazioni sono invece indispensabili per avere elementi sicuri di giudizio e per poter prendere adeguati provvedimenti.
Nel caso dell'inquinamento atmosferico la misura dei contaminanti può essere fatta in modo continuo o discontinuo. Il primo sistema è utile per la sorveglianza, istante per istante, di alcune zone limitate, specie industriali; il secondo rappresenta un controllo più semplice ma non meno efficace, che fornisce valori medi.
Per il monitoraggio degli inquinamenti dell'aria si preferisce ricorrere alla misura di parametri chimico-fisici (assorbimento nell'infrarosso o nell'ultravioletto, assorbimento del raggio di un laser, ionizzazione, ecc.).
Per l'analisi discontinua dell'aria, la moderna tecnologia, dalle semplici determinazioni gascromatografiche e polarografiche, fino all'analisi per attivazione delle polveri, è oggi in grado di dare la misura dei vari componenti dell'inquinamento ambientale attraverso l'esame di adatti campioni.
Per il controllo delle acque i dati più importanti da determinare sono quelli dell'ossigeno disciolto, del BOD, del pH e anche della conducibilità. Molti di questi dati possono essere forniti da strumentazioni moderne semiautomatiche e continue, talune anche in grado di trasmettere i risultati a una centrale che subito li elabori.
Accanto a queste determinazioni analitiche sono state sviluppate ricerche; con metodi molto avanzati, per seguire, specie attraverso misure chimico-fisiche, l'evoluzione di questi fenomeni e in particolare la formazione di contaminanti secondari nell'atmosfera; tali studi consentono di mettere in evidenza anche alcuni tipi di molecole instabili, come l'ossigeno molecolare ‛singoletto' che si forma in particolari condizioni.
La conoscenza dei fenomeni che avvengono nell'atmosfera è ancora agli inizi; le ricerche attualmente in sviluppo potranno portare a chiarire la dinamica di numerose reazioni e quindi anche l'azione di talune forme di contaminazione atmosferica sull'ambiente naturale dell'uomo.
I prodotti che vengono riversati nell'aria dalle combustioni domestiche, dalle industrie dalle centrali termiche e dal traffico motorizzato (diossido di zolfo, monossido di carbonio, ossidi di azoto, idrocarburi lineari e policiclici, aldeidi, fumi vari, ecc.) costituiscono i ‛contaminanti primari'; da questi derivano, e sono importanti per gli effetti che esercitano sull'uomo, i ‛contaminanti secondari', sostanze che si formano per interazione, in determinate condizioni di luce e temperatura, dei contaminanti primari tra loro e con i componenti dell'aria.
Così, per azione di ossidi d'azoto su idrocarburi, in particolari condizioni di luce, si forma, tra l'altro, il perossiacil-nitrato, sostanza estremamente irritante per l'uomo e tossica per le piante. Nelle stesse condizioni si formano ozono e ossigeno molecolare ‛singoletto', capaci di reagire con i contaminanti primari. Ad essi si attribuisce, tra l'altro, la trasformazione del diossido di zolfo in triossido.
Queste reazioni sono state approfondite grazie a moderni metodi analitici chimico-fisici che hanno permesso di conoscere più a fondo il meccanismo di formazione della contaminazione atmosferica e dei cosiddetti smogs.
È stato infatti dimostrato che quando prevalgono nell'atmosfera i processi di ossidazione dovuti a fenomeni fotochimici si ha lo smog ‛ossidante' o ‛fotochimico' evidenziato nella megalopoli di Los Angeles. È interessante osservare che la presenza degli ossidanti nell'atmosfera è appunto funzione dell'irradiazione solare e raggiunge il massimo verso mezzogiorno.
A Londra e a Milano si ha invece un altro tipo di smog, caratterizzato dalla presenza di diossido di zolfo inalterato e detto perciò ‛riducente', che si manifesta nelle prime ore del mattino.
c) Prospettive attuali
I problemi dell'inquinamento ambientale, seppure molto gravi, possono essere affrontati e risolti in modo completo, o almeno avviati a soluzione, come è avvenuto in Inghilterra, ove per la prima volta tali problemi si sono presentati e sono stati studiati. È necessario che in quest'opera si proceda sia prevenendo e riducendo le cause delle attività che inquinano, sia modificando radicalmente le tecnologie di produzione; ogni altra soluzione sarebbe infatti incompleta e a lungo andare anche inutile.
Oggi in tali direzioni si stanno orientando le normative dei paesi più altamente industrializzati. Si cerca di colpire le industrie inquinanti tassando le immissioni, affinché esse studino e adottino sistemi nuovi e non inquinanti. Un'altra impostazione più drastica è quella di rendere obbligatorio negli impianti industriali il riciclaggio dell'aria e dell'acqua usata. In molti casi, specie negli autoveicoli, può essere difficile una soluzione radicale; qui la tecnologia deve fornire motori che presentino caratteristiche diverse da quelle attuali, cioè che emettano una minore percentuale di ossido di carbonio nei gas di scarico.
Per molti inquinamenti ambientali la soluzione tecnologica è già disponibile o prossima ad aversi: essa implica in genere un considerevole aumento di spesa, che può incidere fortemente sul costo del prodotto e quindi sulla concorrenzialità di esso sul mercato nazionale e internazionale rispetto ai prodotti ottenuti senza l'aggravio di sistemi di purificazione.
La complessità del problema della lotta contro l'inquinamento ambientale è grande perché esso presenta aspetti non solamente tecnici ma anche economici e politici ed è risolvibile solo su un piano mondiale. Di questo si sono resi conto i promotori di conferenze delle Nazioni Unite sull'ambiente per giungere a un indirizzo comune tra le esigenze contrastanti dei paesi altamente industrializzati e di quelli in via di sviluppo.
Oggi sulle linee già tracciate per la tutela e il rispetto dell'ambiente è necessario un ulteriore contributo di ricerca per acquisire quei dati che saranno necessari per stabilire dei criteri di priorità.
Si può pertanto prevedere per la risoluzione di ciascun grande problema una prima fase, conoscitiva, fondata sull'approfondimento delle cause e degli effetti in questione, e una seconda, di ricerca applicata, per la soluzione dei singoli problemi tecnologici, che dovrebbe tendere a fornire le soluzioni economicamente possibili. Una terza fase deve poi portare all'attuazione di queste misure, ed è quindi una fase normativa, che si varrà delle conoscenze acquisite ed effettuerà anche i necessari interventi fiscali e finanziari.
Gli esempi che si sono avuti in questi ultimi anni di nuovi processi industriali non inquinanti per ovviare a errori di decenni, l'impostazione nuova della grande industria sul riciclaggio dei prodotti usati, l'orientamento verso nuovi sistemi di produzione di energia non inquinanti, il fiorire di iniziative dal livello artigianale a quello industriale per trovare nuovi sistemi di abbattimento e nuovi cicli di lavorazione, indicano che la sensibilizzazione delle classi dirigenti e dell'opinione pubblica a questo problema sta portando a risultati concreti, frutto di una mentalità nuova.
Non bisogna infine dimenticare che il costo del recupero può essere enormemente più alto se non si procede subito.
Il decadimento dell'ambiente, se diventa irreversibile, non può essere salvato da nessuna tecnologia. L'umanità non deve attendere la formazione di nuovi tipi di deserti, ma procedere alla difesa del suo ambiente.
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