inreverenza
La parola è data tre volte (Cv IV VIII 2, 11 e 15), con riferimento all'autorità di Aristotele e a quella dell'imperatore. Poiché la reverenza che concerne il rapporto da minore a maggiore dev'essere riconoscimento di doverosa soggezione attraverso una manifestazione esteriore (Cic. 0ff. I XXVIII 98-99) e coronamento dell'onestà, ne segue che il contrario inreverenza, o vero tracotanza dicere in nostro volgare si può (VIII 2), e si può definire come disconfessare la debita subiezione, per manifesto segno (VIII 11).
Ma come per l'aggettivo (v. INREVERENTE), anche per il sostantivo D. distingue tra i. e non reverenza (§ 11), dando all'una il senso aristotelico di " privazione " (v.) che include mancanza di riverenza in un soggetto che ne ha l'attitudine e il debito ma non l'attua, all'altra invece il senso di non esistenza in un soggetto che non ne ha né l'attitudine né il debito.