insider-outsider
Gruppi contrapposti di lavoratori che differiscono per il potere contrattuale sui salari. Le loro interazioni sono studiate nel modello i.-o., sviluppato nel 1984 con il contributo di A. Lindebeck e D.J. Snower. Si tratta di un modello di determinazione non competitiva del salario, che descrive una possibile causa di disoccupazione involontaria. Di fatto studia che cosa accade quando il sindacato non rappresenta la totalità dei lavoratori.
L’ipotesi di fondo è che il mercato sia segmentato tra lavoratori con potere contrattuale nella determinazione del salario all’interno dell’impresa (insider) e lavoratori privi di potere contrattuale (outsider, cioè disoccupati, occupati nel settore informale ecc.). Il potere contrattuale degli i. ha origine dal fatto che le imprese devono farsi carico di costi per sostituire un lavoratore occupato con un outsider. Tali costi (detti ‘di turn over’) derivano in primo luogo dalle spese di selezione e addestramento, che bisogna sostenere per portare la produttività dei neoassunti al livello degli i., e dai costi di licenziamento, che l’impresa dovrebbe sostenere per licenziare un i. e sostituirlo con un o., tanto più rilevanti quanto più rigida è la legislazione di protezione del lavoro (➔ lavoro, legislazione di protezione del). Sono possibili inoltre fenomeni di non cooperazione e ostruzionismo, che rendono la produttività degli i. maggiore di quella degli o., i quali frequentemente ricevono un addestramento all’interno dell’impresa da parte dei lavoratori già occupati (cosiddetti costi di persecuzione). Altri costi risultano dagli effetti psicologici negativi causati da un elevato turn over sull’impegno e sulla produttività degli i., che riducono lo sforzo lavorativo all’aumentare della probabilità di essere licenziati e sostituiti con un outsider. Pertanto, quando un lavoratore acquisisce esperienza nell’impresa e diventa i., è costoso sostituirlo con un o., per quanto disposto a lavorare a un salario inferiore. A causa di questi costi i lavoratori occupati possono ottenere salari maggiori di quelli di equilibrio walrasiano (➔ Walras, legge di) senza essere rimpiazzati dagli o., disponibili a lavorare con una remunerazione minore. Il salario pagato agli i., infatti, pur essendo superiore a quello di equilibrio, è minore della somma tra il salario di riserva (➔ riserva, salario di) degli o., potenziali nuovi entranti nel mercato del lavoro, e i costi di turn over.
Nella contrattazione, quindi, gli i. cercano di ottenere il massimo salario possibile tale che siano profittevoli per l’impresa e che siano profittevoli almeno quanto gli outsider. In altri termini, gli i. tendono a sfruttare la posizione di rendita acquisita grazie ai costi di turn over. Quando la domanda cala non accettano riduzioni ma preferiscono i licenziamenti, che tipicamente colpiscono gli ultimi arrivati (i ‘meno’ i.). Appena la domanda riprende chiedono paghe più elevate e non un aumento dell’occupazione. Si noti che, in base al modello, per l’impresa è razionale non assumere nuovi lavoratori a un salario più basso. L’esito tuttavia è la presenza di disoccupazione involontaria, in quanto in equilibrio esistono o. disposti a lavorare al salario pagato correntemente dalle imprese ma che non trovano occupazione. Il modello i.-o. spiega quindi come la disoccupazione involontaria possa accompagnarsi a una dinamica salariale sostenuta e chiarisce anche altri fenomeni, quali la segmentazione del mercato del lavoro e la persistenza della disoccupazione (➔ isteresi).
Secondo una teoria alternativa non c’è contrapposizione di interessi tra lavoratori i. e o., perché per questi ultimi può essere preferibile attendere di diventare i. piuttosto che offrirsi alle imprese a un salario inferiore, purché il tempo necessario per diventare i. non sia troppo lungo.