INSIEME (fr. ensemble; sp. conjunto; ted. Menge; ingl. class, set)
È vocabolo del linguaggio comune, indicante la riunione di più cose, concepita come un solo oggetto, ed è entrato nel linguaggio matematico a sostituire i suoi numerosi sinonimi (aggregato, classe, totalità, molteplicità, complesso, sistema, ...).
La teoria degl'insiemi è creazione recente e costituisce un vasto e originale corpo di dottrine sorto dall'analisi e divenuto ormai indispensabile per lo sviluppo di essa. Si distinguono una teoria generale o astratta e teorie particolari degl'insiemi di punti, di numeri, di funzioni, ecc.
1. La teoria astratta non tien conto della natura degli elementi che formano gl'insiemi; concerne quindi proprietà che non mutano sostituendo a ogni elemento un altro qualunque (in modo, ben inteso, che a elementi distinti vengano sostituiti elementi ancora distinti). In tal senso, le origini di essa si confondono con quelle dell'aritmetica (v. numero); il concetto di numero naturale è ricavato infatti storicamente dalla considerazione d'insiemi finiti di oggetti, concepiti privi d'ogni contrassegno (unità).
In linguaggio moderno ciò si precisa mediante la nozione di equivalenza; due insiemi finiti si dicono equivalenti se gli elementi dell'uno si possono far corrispondere a quelli dell'altro biunivocamente, cioè in modo che a ogni elemento di ciascuno dei due insiemi corrisponda un elemento, e uno solo, dell'altro. La relazione di equivalenza è riflessiva, simmetrica e transitiva; a essa corrisponde un concetto astratto (v. astrazione), che è appunto il numero naturale.
Ciò presuppone il concetto d'insieme finito come noto; perciò le trattazioni recenti invertono di solito il rapporto, definendo prima il numero intero mediante un opportuno sistema di postulati che lo caratterizzano in sostanza come numero ordinale; e poi l'insieme finito come quello equivalente a un insieme del tipo (1, 2, ..., n). Esistono tuttavia varî modi, alquanto elevati e artificiosi, per definire direttamente gli insiemi finiti (R. Dedekind, H. Weber, F. Enriques).
Dalla considerazione d'insiemi infiniti sembra rifuggire, sino al principio del sec. XIX, lo spirito matematico, per la pregiudiziale avversione all'infinito "attuale". Se è possibile assegnare un numero grande a piacere di oggetti che godono d'una certa proprietà (es. "il numero x è primo"), considerare tutti gli oggetti che ne godono non appare legittimo; tanto meno si pensa a confrontare totalità siffatte, estendendo a esse il concetto d'equivalenza. Tutto ciò si trova invece in B. Bolzano (1781-1848), il quale mette in luce per il primo un fatto paradossale: un insieme infinito può essere equivalente a una sua parte. Per es. l'insieme 1, 2, 3,. . ., n,. . . dei numeri naturali è equivalente a quello 2, 4, 6 . . ., 2n, . . . dei numeri pari, contenuto in esso. L'opera di Bolzano rimase però quasi sconosciuta; ed è solo verso il 1870 che questi problemi vengono ripresi, perché posti in prima linea dalla nascente teoria delle funzioni di variabili reali. Il teorema di unicità degli sviluppi trigonometrici (v. fourier) dà occasione a G. Cantor di occuparsi degl'insiemi di punti e di costruire poi, tra il 1870 e il 1900, il nocciolo della attuale teoria degl'insiemi. La parte relativa agli insiemi di punti trova subito applicazione per opera di K. Weierstrass, U. Dini, G. Mittag-Leffler, L. Scheeffer, più tardi di E. Borel, H. Lebesgue, G. Vitali, R. Baire; e con i primi anni del sec. XX tende a inserirsi nell'analisi come sua parte essenziale. Meno concorde è il consenso sulla teoria generale, di cui alcuni concetti appaiono oscuri e mal definiti; la diffidenza è accresciuta dalla scoperta di alcune sconcertanti antinomie. Donde, con E. Zermelo (cui si deve anche un importante risultato), l'inizio (1908) d'un periodo di critica e di ricostruzione, tuttora in corso di sviluppo. Comunque, sul valore e sulla coerenza di alcune parti della teoria (p. es., la costruzione dei transfiniti; v. numero) si hanno opinioni contrastanti, in relazione con le diverse vedute sull'essenza e sul metodo della matematica (intuizionismo, logistica, formalismo, ecc.).
Una prima antinomia nella teoria degl'insiemi fu fatta conoscere da C. Burali-Forti (1897; essa era però nota a G. Cantor) e riguarda i transfiniti; altre furono osservate da B. Russell. Esse si ottengono tutte, attribuendo a certi enti la qualità d'insieme, in apparente accordo con la vaga definizione (di Cantor) data in principio; per es. all'"insieme di tutti gli insiemi" (il quale dovrebbe contenere sé stesso come elemento!). Per evitare le antinomie, s'impone una limitazione del concetto d'insieme; la scuola di Zermelo, facente capo oggi ad A. Fraenkel, vuol ottenere ciò mediante un sistema di postulati, che caratterizzano le operazioni da cui soltanto può essere generato un insieme.
Il nome di Zermelo è specialmente legato a uno di questi postulati: il principio di scelta, il quale afferma che "data una classe qualsiasi di insiemi, esiste almeno un insieme che contiene un elemento e uno solo di ogni insieme della classe, e nessun altro elemento". Nel 1902 B. Levi osservava che esso era stato tacitamente applicato più volte in analisi; più tardi L. Tonelli provava che molte dimostrazioni possono rendersene indipendenti. Esso è però indispensabile per lo svolgimento completo della teoria degl'insiemi nell'indirizzo Cantor-Zermelo.
2. Il più semplice insieme infinito è quello 1, 2, 3, . . . n, . . . dei numeri naturali; seguono gl'insiemi equivalenti a esso, cioè ordinabili in successione numerata: a1, a2, a3,. . ., an. . . Sono detti perciò numerabili. È numerabile un insieme che risulti dalla riunione di due o più insiemi numerabili, e anche di un'infinità numerabile d'insiemi numerabili. Così gl'insiemi (a1, a2, . . ., an, . . .), (b1, b2, . . ., bn, . . .), (c1, c2, . . ., cn, . . .), . . . si compongono nell'unico a1, a2, b1, a3, b2, c1, a4, b3, c2, d1, . . ., che è numerabile.
Segue facilmente che l'insieme dei numeri razionali in qualsiasi intervallo (anzi ogni insieme di numeri razionali) è numerabile. Più riposto è il risultato: l'insieme dei numeri algebric) (radici di equazioni algebriche a coefficienti interi) è numerabile.
Invece l'insieme dei numeri reali in un intervallo non è numerabile, cioè non è equivalente all'insieme , 2, 3, ...n ...; vale a dire: una successione di numeri reali d'un dato intervallo non può mai contenerli tutti. Con ciò si risponde affermativamente alla domanda: esistono insiemi infiniti non equivalenti? Poiché anzi tra i numeri reali compaiono i razionali, che formano un insieme numerabile, sarà naturale affermare che i numeri reali in un intervallo sono più numerosi dei numeri naturali. Lo stesso potrebbe dirsi degl'irrazionali rispetto ai razionali. Risulta anche subito l'esistenza di numeri non algebrici o trascendenti (come e, π). I punti d'un segmento, immagini dei numeri reali d'un intervallo, formano un insieme non numerabile; a fortiori i punti d'un quadrato, d'un cubo, ecc.; ma tutti questi insiemi sono tra loro equivalenti.
Questo fatto paradossale sembra sconvolgere l'idea intuitiva di dimensione; in realtà la corrispondenza biunivoca che si può porre tra i punti d'un segmento e quelli d'un quadrato, d'un cubo, ecc., è sempre discontinua; una corrispondenza biunivoca e continua non è possibile (J. Lüroth, L. Brouwer; v. analysis situs). È invece possibile una corrispondenza continua, ma non biunivoca; mentre un punto descrive il segmento, il suo corrispondente descrive una curva (non certo nel senso intuitivo della parola) che passa per tutti i punti del quadrato, del cubo, ecc., intrecciandosi infinite volte (G. Peano; v. curve).
Esistono insiemi più numerosi di quelli ora considerati; p. es., quello delle funzioni di una variabile, definite in un dato intervallo.
3. Il concetto astratto corrispondente alla relazione di equivalenza tra insiemi qualunque fu detto da Cantor potenza (Mächtigkeit); esso estende il concetto elementare di numero e si dice infatti anche numero cardinale. Si ha così una potenza del numerabile, una potenza del continuo, ecc. La prima fu indicata da Cantor con א0 (Alef-zero; alef è la prima lettera dell'alfabeto ebraico).
Un modo indiretto per verificare l'equivalenza o eguaglianza di potenza di due insiemi A, B è offerto dal teorema di Cantor-Bernstein: se A è equivalente a una parte di B e B a una parte di A, A e B sono equivalenti. Se invece A è equivalente a una parte di B, mentre B non è equivalente a nessuna parte di A, la potenza di A si dice minore di quella di B, e questa maggiore della prima (se ne è dato più sopra un esempio). Le tre ipotesi =, >, 〈 si escludono a vicenda, ma non appare evidente che esse siano le sole possibili. Se infatti A non fosse equivalente a nessuna parte di B e B a nessuna parte di A, si avrebbe un caso nuovo, di non paragonabilità tra le due potenze. Lo Zermelo è giunto a escluderlo, dimostrando possibile per tutti gl'insiemi un certo ordinamento tipico (buon ordine, Wohlordnung), analogo, ma in generale ben più complesso dell'ordinamento naturale a1, a2, a3,. . . an,. . ., dopo il quale un insieme appare sempre equivalente all'altro o a un "tratto iniziale" (Abschnitt) dell'altro. Tale processo richiede però l'applicazione del postulato di scelta (e anzi a una classe d'insiemi di potenza ancora più elevata di quella degl'insiemi dati).
Le proprietà formali della diseguaglianza valgono tutte per le potenze; a queste si possono poi estendere le definizioni di somma, prodotto, potenza, e valgono anche qui le ordinarie leggi formali. Altre proprietà invece non si mantengono vere; p. es. da α + β = α non segue necessariamente β = 0; ciò in relazione col fatto che un insieme può essere equivalente a una sua parte.
Importante, e non ancora risoluta, è la questione, se esista una potenza compresa tra la potenza del numerabile e quella del continuo (problema del continuo).
4. Quando si applica la teoria generale a insiemi di punti d'una retta o d'un piano o d'uno spazio a 3 o più dimensioni (cioè a numeri reali, o a coppie, o a terne, ecc., di numeri reali) si astrae dalle proprietà di vicinanza e d'ordinamento che hanno in questi casi gli elementi degl'insiemi, e che si riassumono tutte nell'esistenza d'un certo numero, coordinato a ogni coppia di elementi, e dotato di certe proprietà, che rappresenta la loro distanza. Se invece si tien conto di questa circostanza, si ha materia per un vasto campo di ricerche che costituiscono la teoria degl'insiemi di punti.
Un insieme è limitato se esiste un campo sferico (segmento, cerchio, sfera, . . .) che lo contiene tutto, illimitato nel caso opposto. Nel caso della retta esiste allora un minimo segmento che lo contiene; i suoi estremi, appartengano o no all'insieme, sono l'estremo inferiore e superiore di questo.
Un punto P dello spazio si dice punto-limite o di accumulazione per un insieme I se in ogni intorno di P cadono sempre infiniti punti di I. Se I è limitato e contiene infiniti punti, ha sempre almeno un punto d'accumulazione (teor. di Bolzano-Weierstrass). I punti d'accumulazione di I formano il suo derivato I′; questo può avere un derivato I″, secondo derivato di I; e così via.
Se I contiene il suo derivato, si dice chiuso. Il derivato d'un insieme è sempre chiuso; cioè I′ contiene I″, questo contiene I‴, e così via, sinché esistono derivati.
Se I è limitato e la successione dei suoi derivati non ha termine, esistono punti comuni a tutti questi derivati; il loro insieme fu considerato da Cantor come un ulteriore derivato di I, di ordine ω, dove ω indica un "posto" che si concepisce come immediato seguente dei posti 1, 2, 3,. . . n,. . .. A partire da I(ω) la derivazione può proseguirsi con I(ω+1), I(ω+2),. . . e poi con I(2 ω), I(2 ω+1),. . . I(ω2),. . . I simboli di derivazione così introdotti sono i numeri ordinali transfiniti, ben distinti dai cardinali transfiniti, considerati al n. 3; è questa l'occasione in cui Cantor ebbe a idearli (v. numero).
Da contrapporre agl'insiemi chiusi sono gl'insiemi contenuti nei proprî derivati, e che si dicono concentrati. Un insieme identico al proprio derivato, e quindi concentrato e chiuso, si dice perfetto.
L'insieme dei numeri razionali tra 0 e 1 ha per derivato l'insieme dei numeri reali tra 0 e 1, estremi inclusi; questo ha per derivato sé stesso. Quindi il primo è concentrato, il secondo perfetto. Esistono però insiemi perfetti che non contengono alcun intervallo.
Ogni insieme perfetto ha la potenza del continuo. Ogni insieme chiuso si può decomporre in uno perfetto e in uno numerabile (Cantor-Bendixon), uno dei quali può eventualmente mancare; sicché un insieme chiuso è numerabile o ha la potenza del continuo. Il "problema del continuo" riguarda dunque essenzialmente gl'insiemi non chiusi.
Un punto si dice interno a un insieme I se esiste un suo intorno (per es. sferico) che appartiene interamente a I; esterno se è interno all'insieme residuo S − I, cioè all'insieme formato dai punti dello spazio S non appartenenti a I. Un punto che non è né interno né esterno è un punto di contorno o di frontiera; esso può appartenere a I o a S − I. Ogni insieme che non occupi tutto lo spazio ha punti di contorno, i quali formano un insieme chiuso.
Esistono insiemi solo con punti interni, e si dicono aperti. Se I è aperto, e non occupa tutto lo spazio, S − I è chiuso; e viceversa.
Le nozioni di punto interno o esterno e di contorno, coincidono con le nozioni elementari nel caso d'un poligono, d'un cerchio e simili, s'includa in essi o no il contorno. Ma esse si applicano a casi ben più generali. Per es., se da un cerchio si esclude il centro, o un raggio, si ottiene un insieme che ha come contorno, oltre la circonferenza, il centro o il raggio. L'insieme dei punti razionali tra o e 1 non ha interno; ogni suo punto è di contorno.
Un insieme si dice connesso se non è scomponibile in due insiemi chiusi senza punti comuni. Un insieme chiuso e connesso è un continuo; un insieme aperto e connesso è un campo o dominio aperto; con il suo contorno diviene un campo o dominio chiuso.
Tale nomenclatura non è però universalmente accettata. Lo svolgimento del concetto di connessione appartiene all'Analysis situs che può considerarsi come un capitolo della teoria degl'insiemi di punti. Esiste tra l'Analysis situs e la teoria degl'insiemi una certa disformità nell'uso di alcune voci, come chiuso, aperto.
5. Le proprietà sinora considerate per un insieme di punti hanno tutte carattere topologico, cioè rimangono inalterate per una trasformazione biunivoca e continua dello spazio o di una regione dello spazio in cui l'insieme sia contenuto. Ha invece altro carattere la teoria della misura degl'insiemi (v. integrale, calcolo).
La geometria attribuisce una misura ai segmenti d'una retta, che sono particolari insiemi limitati; è possibile far lo stesso per ogni insieme limitato? Naturalmente, si vogliono conservate le proprietà essenziali della misura: cioè che insiemi congruenti abbiano misure eguali, e che la somma di più insiemi abbia come misura la somma delle loro misure (additività). Questioni analoghe si pongono per il piano, lo spazio, ecc.
Una prima risposta, data da G. Peano (1887) e C. Jordan (1893), si può così presentare. L'insieme I sia contenuto nel segmento AB; si può segnare in infiniti modi in AB un gruppo finito di segmenti che complessivamente contengano I; il limite inferiore della somma delle loro lunghezze si dice misura esterna di I. Si consideri poi l'insieme residuo AB − I, e la sua misura esterna; la sua differenza dalla misura di AB si dice misura interna di I (essa non dipende da AB). La misura interna non supera l'esterna; se esse coincidono, il comune valore è la misura secondo Peano-Jordan - o (P.-J.) - di I.
Il procedimento si estende al piano e allo spazio; la sua portata è identica a quella dei noti procedimenti archimedei per la misura delle aree e dei volumi della Geometria elementare (metodo delle classi contigue). Analiticamente la misura (P.-J.) si riduce al calcolo d'un integrale di Mengoli-Cauchy. L'insieme dei numeri razionali tra 0 e 1 non è misurabile (P.-J.): la misura esterna è 1, l'interna è 0.
Una capacità estremamente maggiore ha la definizione di H. Lebesgue (1900) e G. Vitali (1902), differente dalla precedente solo perché il gruppo di segmenti con cui si ricopre I (e poi AB − I) può essere anche infinito, ma numerabile. Questa semplice modificazione ha conseguenze sorprendenti: vale l'additività completa (v. additiva, proprietà); ogni insieme numerabile, come quello dei numeri razionali, ha misura nulla; ecc. Su questa definizione poggia quella dell'integrale, data dallo stesso Lebesgue (v. integrale, calcolo, n. 22). G. Vitali ha costruito per il primo (1904) un insieme non misurabile secondo Lebesgue; nella costruzione si fa uso del postulato di Zermelo.
6. I concetti della teoria degl'insiemi di punti furono estesi per la prima volta agl'insiemi di funzioni verso il 1890 da Giulio Ascoli e C. Arzelà, i cui risultati hanno grande importanza per il calcolo delle variazioni. Più tardi (M. Fréchet, 1904) si è attuata un'estensione ancora più vasta, e cioè a insiemi di enti per i quali abbia senso, e possegga certi requisiti essenziali, l'idea di distanza o di limite; essa è posta a fondamento di alcuni recenti trattati sulla teoria degl'insiemi o delle funzioni.
S'indicano qui le esposizioni più recenti, specie se provviste di bibliografia. - Per la teoria astratta e la discussione dei fondamenti: A. Fraenkel, Einleitung in die Mengenlehre, 3ª ed., Berlino 1928; W. Sierpiński, Leçons sur les nombres transfinis, Parigi 1928. Per la teoria degl'insiemi di punti: W. H. e G. C. Young, The theory of set of points, Cambridge 1906; F. Haussdorff, Grundzüge der Mengenlehre, Lipsia 1914; id., Mengenlehre, Berlino-Lipsia 1927; H. Hahn, Theorie der reellen Funktionen, I. - Esposizioni parziali in molti trattati d'analisi, come quelli di C. Carathéodory, E. W. Hobson, J. Pierpont, E. Borel, Ch. De La Vallée Poussin; i primi elementi in G. Vivanti, Funzioni analitiche, Milano 1928, e M. Picone, Lezioni di analisi infinitesimale, Catania 1924. Per le questioni connesse con l'Analysis situs, v. B. Kerékjartó, Vorles. üb. Topologie., Berlino 1923, e F. Severi, Conferenze di Geometria algebrica, Roma 1929.