insonnia fatale familiare
Encefalopatia su base genetica, appartenente tuttavia alle forme spongiformi trasmissibili umane da prioni; è considerata da alcuni una variante genetica della malattia di Creutzfeld-Jakob. L’i. f. f. è dovuta a un’alterazione del gene della proteina prionica (gene PRNP, PRioN Protein) e in partic. a una mutazione del codone che codifica per la metionina. L’età media di esordio è 51 anni. Si caratterizza per l’associazione di insonnia farmacoresistente (con incubi e allucinazioni), disturbi neurovegetativi (scomparsa del ritmo circadiano, iperattività simpatica, disturbi sfinterici), difficoltà motorie, mioclonie e demenza (che può avere esordio tardivo). L’insonnia deriva dall’incapacità delle strutture encefaliche di generare il sonno a onde lente (e fin dai primi anni di studio della sindrome i medici dell’Università di Bologna, coordinati da Elio Lugaresi, avevano notato similitudini elettroencefalografiche con la malattia di Creutzfeldt-Jakob). L’EEG durante il sonno mostra la scomparsa progressiva dell’attività delta, dei fusi da sonno e dei complessi K. Esistono fasi abnormi di sonno paradosso. La durata della malattia varia tra 6 e 32 mesi. L’esito è infausto. Le alterazioni neuropatologiche sono caratteristiche, in quanto si tratta di lesioni che prevalgono a livello dei nuclei anteriore e dorsomediale del talamo (perdita neuronale, gliosi astrocitaria); non sono presenti placche amiloidi. La malattia è stata riprodotta nei topi da laboratorio, dimostrando in questo modo la sua appartenenza al gruppo delle encefalopatie spongiformi trasmissibili: Pierluigi Gambetti (Università di Cincinnati, Ohio) nel 1993, con una serie di esperimenti, dimostrò che materiale proveniente dal cervello dei pazienti deceduti per l’insonnia ereditaria trasmetteva la malattia nei topi, analogamente a quanto era stato dimostrato per l’encefalopatia di Creutzfeldt-Jakob. Oggi si conoscono 27 famiglie in tutto il mondo affette dalla malattia, e il gene responsabile può essere individuato mediante un test diagnostico. Non esiste attualmente (2010) un trattamento che agisca sui meccanismi patologici alla base della malattia.