INSULA
. Con questo nome, in senso metaforico, i Romani designavano la casa, la quale in origine, essendo separata dalle case vicine per mezzo di uno spazio libero di due piedi e mezzo (ambitus), rassomigliava a un'isola.
La parola insula ha quindi un significato spaziale in contrapposto alla voce generica domus con cui si indica l'abitazione. Infatti anche ogni domus è in origine un'insula, secondo la norma stabilita nelle Dodici Tavole, che ogni caseggiato privato fosse circondato da un ambitus per permettere ai singoli proprietarî di circolare intorno alla propria casa. Però ben presto, già forse nel corso del sec. VI di Roma, l'ambitus fu occupato da tettoie o balconi o porticati, che vennero via via a formare oggetto di diritti o di oneri del proprietario (ius proiiciendi, ius oneris ferendi, ecc.). Talvolta lo spazio intorno al caseggiato veniva soppresso, nel reciproco interesse dei vicini, per costruire un muro mediano o un muro contiguo tra due case. Di fatto, negli ultimi secoli della Repubblica e nell'Impero, la maggior parte delle case di Roma hanno muri contigui o comuni. Così è che, secondo Tacito, Nerone, per ridurre i pericoli d'incendio, stabilì che ogni casa dovesse avere almeno dei muri proprî, cioè che il confine di due case vicine fosse formato da un doppio muro.
Pure, sebbene la soppressione dell'ambitus facesse perdere il suo significato alla voce insula, questa parola rimase, acquistandone un altro, che in origine non aveva, di opposizione a domus: e cioè con insula si designa la casa d'affitto, con domus la casa di proprietà. In questo senso, vediamo usata la parola in Cicerone, e l'uso si estende a tutto il mondo romano, giacché troviamo in una legge Antonia del sec. I a. C. la menzione di aedificia privata e di insulae a proposito di Termessus major, città della Pisidia. E poiché la casa destinata all'affitto è costruita in modo differente dalla domus, la parola insula acquista un significato anche architettonico. Si torna cioè a specificare con la parola insula una casa non più isolata, ma costruita secondo un tipo differente da quello che caratterizza la domus. Infatti, sia pure eccezionalmente, anche la domus può essere affittata, ma non è in genere destinata all'affitto come l'insula, e soprattutto non può essere affittata a più famiglie come questa.
Il tipo architettonico dell'insula è stato rivelato dalle rovine di Ostia, che ne hanno mostrato i primi esemplari, ed è stato poi riconosciuto non soltanto a Pompei, dove è molto meno diffuso, ma anche in Roma stessa, dove invece era diffusissimo. L'insula è usata soprattutto nelle grandi città, in cui la rende necessaria l'abbondanza della popolazione, e il suo tipo si generalizza nell'Impero in cui da un lato il progresso della tecnica costruttiva, dall'altro la varia agiatezza delle classi sociali, rendono l'insula adatta a soddisfare tutte le esigenze, in confronto alla domus, cioè alla casa tradizionale latina (villino o palazzina moderna).
Solo eccezionalmente un'insula, come appare da alcuni testi antichi, può essere costruita sopra una domus, e ciò significa che il piano terra della casa, costruito secondo le regole fondamentali della domus, è adibito ad abitazione del proprietario, e al di sopra è invece costruito un altro piano, destinato all'affitto. Tanto che, a questo proposito, Seneca (de benef., VI, 15, 7) parla dell'abilità degli architetti che riescono a riparare i muri fatiscenti di una domus tenendo sospesa su travi l'insula.
Tuttavia, di solito, l'insula è un intero caseggiato, distinto dalla domus da queste caratteristiche costruttive e architettoniche: sovrapposizione di piani in modo da raggiungere l'altezza legale stabilita a 18 e poi a 16 metri (4 o 5 piani); facciate principali sulla strada, fornite di botteghe, di scale, finestre, balconi, e facciate secondarie su grandi cortili scoperti o giardini; pianta degli appartamenti studiata in modo che la destinazione dei singoli ambienti è lasciata alla volontà dell'inquilino. Questi tre principî costruttivi avvicinano l'insula al tipo dell'odierna casa d'abitazione, che trova in essa precisamente la sua origine latina. Si può affermare anzi che il tipo dell'insula è stato ricco d'invenzioni e di trovate architettoniche e decorative di cui la stessa architettura moderna si giova: basta osservare alcuni esemplari di case ostiensi e l'insula recentemente scoperta in Roma alle pendicì del Campidoglio.
Per il fatto che, architettonicamente e socialmente, l'insula è distinta dalla domus, la voce insula acquista anche un significato amministrativo. Infatti, in un documento dell'epoca di Costantino (Notitia o Curiosum urbis Romae) in cui si enumerano per ogni regione e nel totale oltre ai monumenti e agli edifici anche le case di Roma, queste sono distinte così: Insulae per totam urbem ???XLVI DCII, domus MCCCXC.
Tali cifre, che offrono un importante elemento statistico non solo per le abitazioni, ma anche per il calcolo della popolazione di Roma, provenendo certo da un censimento ufficiale, debbono essere considerate prossime al vero. Quanto al significato della parola va ritenuto che, anche in questo documento statistico, e in senso amministrativo, insula equivalga a casa: le altre interpretazioni proposte, e cioè che con insulae si vogliano intendere taberne, vani, piani di casa, appartamenti, non risultano attendibili. Anche l'aggettivo insularius, e il termine exactor ad insulas, con cui si designano il custode e l'esattore delle case d'affitto, non si oppongono ad attribuire il significato di casa alla voce insula.
Le insulae si distinguevano col nome del proprietario. L'epigrafia ci ricorda tra le altre un'insula Arriana Polliana di Cneo Alleio Nigidio Maio a Pompei; a Roma le insulae: Bolaniana presso l'Isola Tiberina, Calamiana ed Eucarpiana, Vitaliana sull'Esquilino, Sertoriana nella regione VIII, a cui aggiungeremo l'insula Cuminiana sul Celio citata negli Atti di San Pancrazio. V. anche isolato.
Bibl.: L. Preller, Die Regionen der Stadt Rom, Jena 1846, p. 86 segg.; H. Jordan, Topogr. der Stadt Rom im Alterthum, I, Berlino 1871, p. 537 segg.; O. Richter, in Hermes, XX (1885), p. 91 segg.; J. Beloch, Die Bevölkerung der Griechisch-Römischen Welt, Lipsia 1886; A. De Marchi, Ricerche intorno alle insulae o case a pigione in Roma antica, in Mem. Istituto lombardo di scienze e lettere, maggio 1891; Ch. Hülsen, in Röm. Mitt., VII (1892), p. 279 segg.; E. Cuq, Une statistique de locaux d'habitation, in Mémoires de l'Acad. des inscriptions et belles lettres, XL (1915), pp. 279-335; G. Calza, La preminenza dell'insula nell'edilizia romana, in Monumenti dei Lincei, XXIII (1915), col. 541 segg. (cfr. E. Cuq, in Journ. des Savants, 1917, p. 241 segg.); Fiechter, in Pauly-Wissowa, Real-Encykl., IX (1916), coll. 1593-94; id., ibid., supplemento IA (1920), col. 1962 seg.; G. Calza, La statistica delle abitazioni in Roma imperiale, in Rend. dei Lincei, sc. mor., 1917, p. 60 segg.; id., Gli scavi recenti nell'abitato di Ostia, in Monumenti dei Lincei, XXVI (1920), col. 321 segg.; id., Le origini latine dell'abitazione moderna, in Architettura e Arti Decorative, 1923; L. Friedländer, Sittengeschichte Roms, 10ª ed., Lipsia 1922, I, p. 11; E. De Ruggiero, in Dizionario epigrafico, IV, Roma 1925, p. 62 segg.