insulinoresistenza
Ridotta sensibilità cellulare all’azione dell’insulina, che ha come esito un minor effetto ipoglicemizzante dell’ormone rispetto a quello atteso. Tale condizione interessa generalmente il muscolo scheletrico, il fegato e il tessuto adiposo. Pur avendo una base genetica, l’i. è influenzata anche da fattori ambientali quali l’eccesso ponderale, l’accumulo di grasso viscerale, la dieta iperlipidica, la scarsa attività fisica. Oltre a determinare un quadro di propensione allo sviluppo del diabete mellito, l’i. modifica significativamente il metabolismo dei lipidi, promuovendo l’aumento dei livelli circolanti di trigliceridi, la riduzione del colesterolo HDL plasmatico, e la formazione di particelle di colesterolo LDL piccole e dense, dotate di spiccata attività proaterogena. L’attività proaterogena favorisce l’instaurarsi della placca ateromatosa, correlata all’i. tramite meccanismi che coinvolgono sia i fattori endoteliali dei vasi arteriosi, che l’adesività piastrinica e l’aggregazione di particelle di lipidi piccole e dense (LDL). Sembra che tutto ciò sia mediato dalle citochine e dall’acido nitrico. L’i. è inoltre significativamente correlata ad alti livelli di proteina C reattiva (PCR) e di fibrinogeno, a loro volta predittori dell’insorgenza di diabete di tipo 2 che è sempre correlato a malattia ateromatosa. Secondo numerose evidenze scientifiche, infatti, l’i. costituisce il primum movens della sindrome metabolica, un complesso di fattori di rischio cardiovascolare che includono diabete mellito, ipertensione, dislipidemia, obesità.