intellettuale
Occorre nel Convivio e nel Paradiso e vale " proprio dell'intelletto ", " che appartiene al'intelletto ". Nella tradizione latina, intellectualis è spesso distinto da intellegibilis, ma talora i due termini sono sinonimi; esso è anche sinonimo di rationalis: cfr. Ps.-Agostino Liber seni. 15 (Patrol. Lat. XL 729) " Intelligibilia, quae intelliguntur. Deus intelligibilis dicitur, quia intelligitur: intellectus, quia per se intelligit: anima intelligibilis, quia intelligitur, intellectualis, quia et ipsa intelligit "; Agost. Gen. ad liti. XII 10 " Intellectuale autem illud excellentius, quod mentis est proprium... sive autem intellectuale dicamus sive intellegibile, hoc idem significamus. Quamquam nonnihil interesse nonnulli voluerint, ut intellegibilis sit res ipsa, quae solo intellectu percipi potest, intellectualis autem mens, quae intellegit... nunc intellectuale et intellegibile sub eadem significatione appellamus " (e Mario Vittorino Generai. DIV. Verbi 9 [Patrol. Lat. VIII 1024] " Intelligibilis et intellectualis cum sit Dei essentia et potentia, iuxta intelligentiam apparuerunt cuncta quae sunt. Sed intelligentia dupliciter operatur: sua propria potentia intellectuali, et iuxta limitationem intelligendi, etiam sensu "); Agost. Conf XII 15 " mens rationalis et intellectualis castae civitatis tuae "; Civ. X 2 " Dicit ergo ille magnus Platonicus [Plotinus] animam rationalem, sive potius intellectualis dicenda sit ".
In Cv I XI 7 l'abito di vertude, sì morale come intellettuale; IV XVI 10 li frutti: che sono morali vertù e intellettuali, de le quali essa nostra nobilitade è seme; XVII 8 Prudenza... essere morale virtude, ma Aristotile dinumera quella intra le intellettuali (cfr. Eth. Nic. VI 3, 1139b 16) e § 11 virtù intellettuali; XIX 5 Riluce in essa [nobiltà] le intellettuali e morali virtudi; XXII 18 ne le operazioni de le intellettuali [virtudi], i. sta per ‛ dianoetico ', termine che, secondo Aristotele, designa ogni virtù propria dell'intelletto.
In I XII 9 la giustizia, la quale è solamente ne la parte razionale o vero intellettuale, cioè ne la volontade, ‛ parte i. ' è la facoltà superiore dell'uomo, che lo individua in quanto uomo. In II IV 17 con occhi intellettuali D. designa l'intelletto, impedito nello spiegamentodi tutte le sua capacità finché è legato al corpo. Le espressioni di IV XXI 7 vertude intellettuale possibile, e 8 intellettuale vertude designano l'intelletto possibile (di cui al § 5; cfr. B. Nardi, L'origine dell'anima umana secondo D., in Studi di filosofia medievale, Roma 1960, 43), il quale, unendosi all'anima sensitiva, com'è detto ivi, potenzialmente in sé adduce tutte le forme universali, secondo che sono nel suo produttore. A sottolineare l'origine divina dei germi del conoscere nell'uomo, D. aggiunge (§ 9): E in questa cotale anima è la vertude sua propria, e la intellettuale, e la divina, cioè quella influenza che detta è: però è scritto nel Libro de le Cagioni: " Ogni anima nobile ha tre operazioni, cioè animale, intellettuale e divina ": D., cioè, volendo illustrare la nobiltà dell'anima, dopo aver affermato che l'intelletto possibile ha origine divina, precisa che, in proporzione alla purezza dell'anima ricevente, l'intelletto (intellettuale vertude, § 8) è più ‛ assoluto ', cioè sciolto, da ogni ombra corporea, e quindi partecipa maggiormente della bontà divina (germi del conoscere): in questo senso soltanto qui si dice che l'anima ha tre operazioni, animale (in quanto vegetativa e sensitiva), intellettuale (attività dell'intelletto), divina (svolgimento della bontà divina partecipata); il testo neoplatonico del De Causis (prop. 3 [nr. 27]) è qui adattato a un contesto diverso da quello originario (cfr. B. Nardi, Citazioni dantesche del " Liber de causis ", in Saggi di filosofia dantesca, Firenze 1967², 91-94).
In III VII 5 la prima simplicissima e nobilissima vertude, che sola è intellettuale, cioè Dio, ‛ virtù i. ' è appunto Dio, il solo essere (virtù, nel contesto neoplatonico di citazioni dal De Causis, è l'essere in quanto creativo e produttivo, comunque attivo) la cui essenza è intelletto (cfr. Tomm. Sum. theol. I 54 1c " Intelligere autem subsistens non potest esse nisi unum ", e 79 1c " In solo Deo autem idem est intelligere quod suum esse "). Al successivo § 6 l'angelica natura, che è cosa intellettuale è ‛ intelligenza ' separata, non fornita di corpo e quindi di quelle facoltà che sono legate al corpo.
In III XII 7 Dio prima sé con luce intellettuale allumina, D. afferma che Dio, pensiero di pensiero e quindi autocosciente, conosce sé (illumina sé con luce i.); i. vale qui ancora " dell'intelletto "; in Pd XXX 40 la luce intellettüal, piena d'amore " s'identifica collo splendore della Mente divina " (B. Nardi, La dottrina dell'Empireo, in Saggi, cit., pp. 207-208; cfr. Pd XXVII 109-112 questo cielo [il cristallino] non ha altro dove / che la mente divina, in che s'accende / l'amor che 'l volge e la virtù ch'ei piove. / Luce e amor d'un cerchio lui comprende); non sembra corretta quindi l'interpretazione del Buti: " cioè che solo collo intelletto si comprende ".
Ancora in Cv III VII 6 D. scrive: ne l'ordine intellettuale de l'universo si sale e discende per gradi quasi continui da l'infima forma a l'altissima [e da l'altissima] a la infima, sì come vedemo ne l'ordine sensibile: ‛ ordine i. ' è la " struttura intelligibile " del mondo, organizzato in gerarchia continua, da Dio all'essere meno partecipe della luce i. e viceversa, come possiamo constatare (vedemo) e verificare nell'ordine sensibile.