Intelligence
Per aspera ad veritatem
Intelligence
e sicurezza nazionale
di Mario Mori
18 febbraio
Il presidente degli Stati Uniti affida all'ambasciatore in Iraq John Negroponte la nuova carica di Director of national intelligence, creata su indicazione della Commissione parlamentare d'indagine sugli attacchi dell'11 settembre. Negroponte coordinerà le 15 agenzie federali di sicurezza, comprese la CIA e l'FBI, contro la minaccia terroristica, problema al centro dell'interesse di tutti i servizi segreti del mondo.
Una definizione
La funzione decisionale, quale che ne sia il livello o l'ambito, ha la necessità di disporre di dati informativi idonei per operare le scelte volte a risolvere i problemi di sua competenza. La gestione delle informazioni, quindi, che in una società globalizzata e complessa qual è quella attuale è sempre più elaborata e richiede competenze sempre più diversificate, costituisce una delle fasi più delicate e sensibili del processo che deve portare a definire ogni scelta strategica. Non a caso essa è oggetto di numerosi e accesi dibattiti nei fori nazionali e internazionali. Si moltiplicano, inoltre, organizzazioni specializzate in attività di consulenza, analisi e supporto informativo. Ciò è dovuto al fatto che il bisogno di conoscere va assumendo nel tempo un'inedita centralità, fuoriuscendo dai canonici spazi politico-militari a cui sembrava indissolubilmente legato. L'informazione diventa un bene primario e il suo mercato misura la competitività di attori statuali, sovranazionali e globali. Su queste basi è possibile affermare che l'intelligence è l'insieme delle attività informative volte ad acquisire le conoscenze necessarie a sostenere ogni processo decisionale di natura complessa.
Gli ambiti dell'intelligence
Le prime applicazioni di quella funzione che poi si definirà intelligence si rintracciano storicamente nel campo militare. Già nella guerra tra il regno del faraone Ramsete II e quello ittita, nelle fasi precedenti la battaglia di Qadesh (1296 a.C.), si rilevano tracce di attività di esplorazione che rappresentano in nuce le prime forme conosciute di ricerca informativa.
Per molto tempo l'ambito connesso all'efficienza bellica ha costituito il settore d'applicazione dello spionaggio. Quando, a partire dalla rivoluzione industriale, i parametri per valutare le potenzialità di un paese si sono ampliati e differenziati, anche gli organismi che svolgevano funzioni di ricerca si sono andati specializzando, acquisendo conoscenze in un complesso di aspetti nuovi, relativi ai settori economico, tecnologico, industriale, politico e terroristico-criminale che si sono aggiunti al contesto specificatamente militare.
L'intelligence, nella fase attuale, è dunque praticata anche da soggetti e organizzazioni private, ma quella degli Stati resta la più significativa. Si riferisce, infatti, direttamente alla sicurezza nazionale che, globalmente intesa, riguarda trasversalmente ogni settore della vita pubblica.
Essa, infatti, tende ad assicurare il regolare ed efficace funzionamento del 'sistema Stato', sia all'interno, rispetto ai consociati, sia all'esterno, nei confronti di partner e competitori.
In questo ambito una definizione più mirata di intelligence può essere: raccolta e analisi di informazioni comunque acquisite, necessarie al processo decisionale del potere esecutivo in tema di sicurezza nazionale.
Al potere politico, infatti, è devoluta la competenza in materia di sicurezza nazionale e spetta la facoltà decisionale per assicurare il perseguimento degli obiettivi strategici e salvaguardare il paese dalle minacce che ne attentino le fondamenta e la competitività. Il suo bisogno informativo è ampio e in parte è soddisfatto nell'ambito di ciascun settore amministrativo dipendente. L'esecutivo, però, ha la prioritaria esigenza di disporre di un completo quadro informativo circa le criticità che incidono sulla sicurezza intesa in senso lato, raggiungibile solo attraverso strutture espressamente dedicate.
In quest'ottica, l'intelligence si pone come una distinta e autonoma attività operativa.
La necessità di un'azione a carattere preventivo in ambiti di minacce inedite, emergenti o embrionali, e quella di avvalersi di strumenti e metodologie informali hanno indotto le strutture di intelligence ad assumere canoni di segretezza e clandestinità oggetto sovente di valutazioni negative.
L'attività segreta dei servizi, peraltro, attiene alla sensibilità delle informazioni trattate, ai meccanismi di ricerca di conoscenze 'non altrimenti acquisibili' e alla necessaria tutela del rapporto con le fonti delle notizie.
Si perfezionano in tal modo circuiti che sono orientati a perseguire una prevenzione strategica tesa spesso a conseguire il 'non evento' (impedire che accadano fatti dannosi per il paese), vincolata solo agli oneri di dipendenza/comunicazione verso l'autorità politica, che ne traccia gli orizzonti generali.
Il meccanismo costituisce il valore aggiunto dell'intelligence di sicurezza, in termini di competenze, più elastiche e aderenti all'emergenza della minaccia, e di modello operativo, flessibile, autonomo e aperto a ogni utile tecnica di ricerca.
Il processo di intelligence
L'azione d'intelligence è organizzata in modo razionale e sistematico, perché possa produrre qualificati livelli di efficacia. Infatti, la notizia, materia informativa grezza, deve essere elaborata all'interno di un processo che la valorizzi quale informazione affidabile e utilizzabile.
Tale processo consta normalmente delle seguenti fasi:
a) acquisizione delle notizie, attraverso la ricerca anche non convenzionale, la raccolta e la valutazione dei dati. Nell'ultimo caso sono previsti criteri standardizzati che facilitano la condivisione del giudizio di affidabilità sia della fonte sia dell'informazione. Invece, la ricerca, nonostante l'esperienza abbia elaborato tecniche efficaci, è in continua evoluzione e dispone di ogni strumento che risulti utile a soddisfare il bisogno informativo. Essa si avvale di fonti umane (HUMINT, human intelligence), elettromagnetiche (SIGINT, signal intelligence; ELINT, electronic intelligence; IMINT, imagery intelligence) e aperte (OSINT, open sources intelligence), costituite da documenti, studi, stampa e Internet; b) gestione delle informazioni, attraverso il loro confronto, l'integrazione, l'interpretazione e l'analisi dei dati, perché dall'insieme delle tessere disponibili possa essere composto un più ampio mosaico, al fine di apprezzare l'intero spettro della minaccia;
c) comunicazioni all'ambito decisionale, sotto forma di informative e di analisi elaborate su singoli aspetti di un rischio o sulla globalità delle minacce, così da prevedere indirizzi e possibili fenomeni inediti, sostenere la politica di sicurezza e prevenire o intercettare le crisi con mirati provvedimenti tecnici e normativi.
Il personale
I molteplici settori d'azione di un servizio d'intelligence impongono forme differenziate di reclutamento e un inquadramento successivo del personale in ambiti articolati secondo quelli che sono gli indirizzi operativi che l'organismo sceglie di privilegiare. La prima e più generale suddivisione prevede tre comparti: amministrativo, operativo e tecnico. Una piattaforma addestrativa mirata differenzierà competenze e impieghi successivi.
Gli agenti provengono dal mondo privato, accademico, militare, investigativo o amministrativo e possono essere contrattualmente legati da un rapporto definitivo o temporaneo. Quest'ultima soluzione consente di aggiornare le risorse umane disponibili, adeguandole a eventuali esigenze specialistiche congiunturali, affiancando le nuove competenze all'esperienza radicata degli 'interni'.
In Italia, a coloro che provengano dalle forze di polizia, è sospesa la qualifica di operatore di polizia giudiziaria, per evitare dipendenze estranee all'autorità politica. Ciò conferma la natura dell'intelligence, profondamente diversa da quella investigativa, per funzioni, vincoli e tecniche operative.
Diversità di modelli
L'intelligence è lo specchio del paese in cui opera.
Le strutture, l'organizzazione e i modelli di gestione si modulano differentemente secondo le rispettive connotazioni istituzionali, la cultura e le esigenze della committenza.
In ogni nazione ai vari organismi civili che operano nei vari settori si affiancano uno o più servizi militari con compiti relativi alle attività di ciascuno specifico settore. Per quanto concerne il supporto tecnologico, molti paesi optano per una struttura a sé stante, altri lo inseriscono, quale branca specialistica, in uno dei servizi già esistenti.
In Gran Bretagna sono presenti due Servizi, l'MI5 (Security service) e l'MI6 (Secret intelligence), rispettivamente con funzioni di sicurezza all'interno e di ricerca all'estero. I due Servizi sono alle dirette dipendenze del primo ministro e, rispettivamente, del ministro dell'Interno (l'MI5) e del ministro degli Esteri (l'MI6). Il controllo e il coordinamento delle attività dei due Servizi sono affidati al Joint intelligence committee, che ha il compito di definire le strategie e gli indirizzi generali dell'attività di intelligence e al quale pervengono richieste di informazioni od offerte di cooperazione da parte di tutti gli altri ministeri e gli apparati statali. Quindi, la politica informativa e di sicurezza scaturisce da una pluralità di sollecitazioni, sia di tipo politico sia di carattere amministrativo, tutte comunque rese coerenti e gestite unitariamente nella fase finale del processo informativo.
Nella Repubblica federale tedesca l'intelligence e la sicurezza sono suddivise su base geografica (interno/estero) e affidate a due servizi: il BFV (Bundesamt für Verfassungsschutz), che ha il compito di tutelare la stabilità interna della Repubblica, e il BND (Bundesnachrichtendienst) con il compito di raccolta all'estero di informazioni utili alla sicurezza nazionale. Ambedue i servizi dipendono dal cancelliere federale che per la gestione, il controllo, la direzione e il coordinamento dei due organismi si avvale del segretario generale della Cancelleria, il più alto funzionario politico dell'Amministrazione dello Stato, e dei ministri dell'Interno e degli Esteri, interlocutori istituzionali in materia di sicurezza e d'intelligence.
Ancora più interessante il caso degli Stati Uniti. Infatti, la comunità dell'intelligence statunitense (IC, Intelligence Community) è composta da 15 servizi segreti, di cui 8 militari. Tra di essi emergono la CIA (Central intelligence agency) e l'FBI (Federal bureau of investigation): la prima raccoglie informazioni all'estero, il secondo è, a tutti gli effetti, una forza di polizia alle dipendenze del ministro della Giustizia, sebbene operi liberamente con la configurazione di servizio di sicurezza nei settori della sfera d'azione tipica dei servizi interni, compresi il controspionaggio, il terrorismo e la sovversione. Il direttore della CIA dipendeva direttamente dal presidente, cui giornalmente riferiva sul livello della minaccia.
A seguito dei risultati delle numerose commissioni d'inchiesta sull'inefficienza delle strutture informative evidenziatasi in occasione dell'attentato alle Torri Gemelle di New York dell'11 settembre 2001 è emersa l'urgenza di modificare l'assetto dell'IC.
Per tale motivo è stata istituita la figura del direttore nazionale dell'intelligence (DNI), che assume il ruolo di consigliere principale del presidente in materia di intelligence, riferisce quotidianamente sui livelli di minaccia, dispone la raccolta di nuove informazioni, assicura il coordinamento delle diverse agenzie e ha ampi poteri sul bilancio e il personale.
È una riforma importante che cerca di risolvere le annose difficoltà statunitensi di raccordo tra le diverse articolazioni informative, erodendo la supremazia del direttore della CIA.
In Francia vige un sistema binario interno-estero, che presenta però l'anomalia di due servizi per le competenze interne. Infatti la DGSE (Direction générale de la surveillance extérieure) svolge compiti esclusivi di ricerca all'estero, mentre gli RG (Renseignements généraux) sono competenti per la sicurezza interna con funzioni di antiterrorismo interno e internazionale e la DST (Direction surveillance du territoire) è anch'essa competente per la sicurezza interna con compiti di controspionaggio.
In Russia dalle ceneri del KGB, che era un unico ed enorme servizio (con compiti di spionaggio, controspionaggio, polizia politica, controllo delle frontiere), sono nati l'FSB (Federal'naja sluzhba bezopasnosti), che ha competenza di sicurezza interna antiterrorismo, anticriminalità organizzata e controspionaggio, e l'SVR (Sluzhba vnešhnej razvedki), che svolge funzioni di ricerca e spionaggio all'estero.
In Spagna invece, è previsto un sistema di sicurezza unitario: il CNI (Centro nacional de inteligencia), alle dipendenze del primo ministro.
Il CNI, che è di creazione molto recente (la legge istitutiva è entrata in vigore il 7 maggio 2002), nella sua parte operativa è diviso in tre settori: intelligence (ricerca all'estero), controspionaggio e antiterrorismo. In realtà, il servizio aggrega tre autonome branche, ciascuna delle quali ha un profilo operativo e una filosofia d'impiego specifici, alle dipendenze di funzionari di grado molto elevato. Il direttore del CNI ha il rango di ministro ed è di nomina reale su proposta del ministro della Difesa, mentre il vicedirettore (che ha il nome di segretario generale del Centro) ha il rango di sottosegretario.
In Italia l'intelligence di sicurezza è regolata dalla legge nr. 801 del 24 ottobre 1977, varata dopo un lungo dibattito innescato dalle vicende giudiziarie che videro coinvolti i vertici del Servizio informazioni difesa (SID) e dall'emergere, sul finire degli anni Settanta, di un fenomeno terroristico interno e internazionale portatore di una forte potenzialità destabilizzante. Il legislatore ha attribuito al presidente del Consiglio, che esercita la tutela del segreto di Stato, l'alta direzione, la responsabilità politica e il coordinamento della politica informativa. Sono stati istituiti il SISMI (Servizio per le informazioni e la sicurezza militare), cui è affidata la difesa dell'indipendenza e dell'integrità dello Stato sul piano militare, carattere che lo ha progressivamente orientato verso una generale competenza all'esterno e, tipicità tutta italiana, al controspionaggio, e il SISDE (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica), che assicura la difesa dello Stato democratico e delle istituzioni contro l'eversione e ogni altra forma di minaccia riferita al territorio nazionale. Sono inoltre previsti: il CESIS (Comitato esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza), con funzioni di coordinamento, analisi degli elementi forniti dai servizi e gestione delle relazioni internazionali; il CIIS (Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza, composto dai ministri dell'Interno, degli Esteri, della Giustizia, della Difesa, dell'Economia e delle Finanze e delle Attività produttive) con funzioni di consulenza e proposta al presidente del Consiglio sugli indirizzi e gli obiettivi da perseguire; il CSIS, comunemente indicato come COPACO (Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato), con funzione di controllo sull'applicazione dei principi della legge istitutiva dei Servizi. L'intelligence italiana, quindi, è sostanzialmente caratterizzata da un sistema binario interno/esterno, cui è connessa la differente natura civile/militare. Unica eccezione al criterio territoriale è la competenza al controspionaggio del SISMI.
Modello unico e modello binario
Prima del 1977 l'Italia ha avuto un servizio di intelligence unico (il SIM fino al secondo dopoguerra, il SIFAR fino al 1967, il SID fino al 1977). Si trattava di servizi militari che dipendevano dallo Stato Maggiore della Difesa. A essi si affiancava l'Ufficio affari riservati del Viminale fino al 1976, e l'SDS (Servizio di sicurezza) nel biennio 1976-78 quale forza di polizia con funzioni di sicurezza interna sul modello dell'FBI americano.
Un modello tipico di servizio unico è stato quello del KGB sovietico. Questo era diviso in Direttorati principali con varie competenze (interno/estero/guardia di frontiera ecc.), ciascuno dei quali per poteri e dimensioni equivaleva a un singolo servizio occidentale.
Oggi nel mondo occidentale la gran parte dei servizi è strutturata su una conformazione binaria, con competenze, rispettivamente, interno/estero. Per non accentrare nelle mani di un'unica personalità politica (che dovrebbe essere necessariamente il capo del governo) le competenze e la gestione di tutta la sicurezza nazionale (nelle sue versioni di security, o sicurezza difensiva, e intelligence, raccolta di informazioni all'estero) si è preferito suddividerle tra ministri competenti (l'Interno per la security e gli Esteri o la Difesa per l'intelligence).
Un'eccezione significativa è rappresentata, come già ricordato, dalla Spagna, in cui il Centro nacional de inteligencia, competente per l'interno e per l'estero, ha assorbito i precedenti servizi interni ed esteri, tutelandone le diverse capacità d'impiego ma assicurando per contro una gestione di vertice unitaria, economica ed efficace.
L'eventuale impostazione unitaria non prescinde comunque dalla previsione di organismi di intelligence che operino autonomamente nel settore militare e tecnologico. In Italia, mentre il comparto tecnico è competenza del SISMI, nell'ambito specificatamente militare opera il RIS (Reparto informazioni e sicurezza), che ha riunito i SIOS (Servizi informazioni operative e situazione) delle Forze Armate. Per quel che attiene, invece, alla competenza autonoma nei settori della tecnologia avanzata, si citano a titolo d'esempio la NSA (National security agency) americana e i GCHQ (Government communications headquarters) britannici, la cui importanza è sottolineata dalla cospicua parte del bilancio destinata alla sicurezza che è a loro riservata.
In Italia si è ventilata recentemente la possibilità di riadottare un modello unico, nel quale tutte le componenti sarebbero ricondotte sotto un'unica direzione che risponderebbe al potere esecutivo. Ovviamente la struttura operativa, nelle sue articolazioni dedite a ricerca, controspionaggio, controterrorismo interno e internazionale, contrasto alle minacce economiche e alla criminalità organizzata, vanterebbe personale distinto per formazione, professionalità e impiego, essendo troppo marcate le differenze sul piano dell'attività pratica.
Tale soluzione consentirebbe sia una più incisiva specializzazione, attraverso l'affinamento progressivo di esperienze professionali utili a fronteggiare le moderne forme di minaccia asimmetriche, globale e transnazionali, sia una maggiore economicità, in un settore dove i costi di gestione sono molto elevati e in costante aumento.
Le nuove strategie operative
Il crollo del Muro di Berlino ha rappresentato emblematicamente la fine di un'era, iniziata quando volgeva al termine la Seconda guerra mondiale e già si confrontavano, nonostante fossero alleati contro la minaccia nazista, da una parte l'Occidente liberale e dall'altra l'Oriente europeo comunista. Da allora, gli USA e l'URSS hanno combattuto una quarantennale guerra, seppure fredda, fondata sull'intimidazione preventiva, anche in ambito nucleare, e sul tentativo di erodere l'influenza che i contendenti esercitavano nello scenario internazionale. In tale contesto la ricerca informativa si rivelava lo strumento necessario per comprendere non solo i disegni del diretto antagonista, ma anche le criticità locali che potevano incidere sui rispettivi assetti di potere nello scenario internazionale. Anche la sicurezza interna era concentrata sui possibili favoreggiatori del nemico, in chiave di controspionaggio e antisabotaggio. L'intelligence si occupava anche di propaganda e contropropaganda, in un quadro più ampio di manipolazione delle informazioni che ciascun contendente perseguiva per sostenere la propria penetrazione ideologica in campo avversario. In sintesi si trattava di un confronto che richiedeva uno sforzo d'intelligence pressoché totalizzante.
Dal 1989 la situazione è radicalmente cambiata. Alcuni paesi, già satelliti dell'URSS, fanno ora parte integrante o hanno chiesto di aderire alla NATO e all'UE. I servizi segreti di conseguenza hanno dovuto convertire lo strumento della ricerca, adeguandosi progressivamente alle emergenti minacce, soprattutto economiche, sociopolitiche e religiose.
Infatti, la caduta dell'URSS e il mitigarsi del confronto Ovest-Est, che aveva funzionato come un valido contenitore indirizzando bipolarmente le criticità, hanno prodotto la liberazione incontrollata di tensioni locali, che si sono talvolta legate in una minaccia reticolare di ancor maggiore pericolosità. La fine della guerra fredda ha dunque privato l'intelligence di un riferimento certo, identitario e definito in una sorta di gioco delle parti.
A essa si è sostituita una minaccia policentrica, non statuale e al di fuori di ogni opzione fondata sulla tradizionale logica della dissuasione.
La globalizzazione, che connette mercati e popolazioni e sembra ormai superare il concetto di frontiera, finisce per accelerare processi di disfacimento istituzionale, aumenta la richiesta di separatismi e amplia il distacco tra le società che hanno accesso ai benefici del nuovo modello mondiale di economia e quelle escluse, ancor più emarginate. Fioriscono focolai locali di tensione che sfociano in sanguinosi confronti civili ed etnici. Esemplari, a riguardo, i conflitti nella ex Iugoslavia e nelle Repubbliche musulmane della dissolta Unione Sovietica.
Al terrorismo e alle variegate forme di eversione nazionali, che appaiono ciclicamente negli scenari locali affinando anche legami transnazionali sempre più forti, si affiancano movimenti antiglobalizzazione strutturati in sodalizi efficaci e interattivi mentre emergono fermenti anarchici diffusi ed aggressivi. Inoltre, i contrasti etnici fanno da sfondo e spesso da occasione per l'innesco di tensioni integraliste di estrazione islamica che dall'area d'origine si trasferiscono sempre più in Occidente. La matrice religiosa veste i tentativi di alcune organizzazioni, appoggiate da gruppi di potere interessati, determinate ad assumere la referenza delle istanze fondamentaliste.
Il terrore diventa uno strumento di comunicazione globale. L'intelligence, di conseguenza, è costretta a rimodularsi, stanti la non linearità e la polverizzazione della minaccia nello scenario globale.
L'attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001 ha rappresentato l'inizio di una nuova fase storica per l'umanità, avendo definitivamente dimostrato che non vi sono più santuari irraggiungibili per un certo tipo di terrorismo: un sentimento questo avvertito soprattutto negli Stati Uniti, fino a quel momento fiduciosi nella loro strategica 'insularità' e nella carica dissuasiva dell''essere America'. I sistemi dell'intelligence statunitense e occidentale in genere hanno dimostrato tutta la loro vulnerabilità rispetto a una tipologia di offesa per la quale non erano attrezzati.
Il fondamentalismo islamico ha aggregato le sue risorse ma ha scelto un modello inedito: una rete distribuita, silente, irregolare, in cui i nodi, connessi solo dalla possibilità di riconoscersi nella guerra santa (jihad), sono spesso materialmente slegati da una centrale direttiva. Tale situazione ha un effetto destabilizzante sia in Occidente, sottoposto a una costante intimidazione, sia nello stesso Oriente islamico, in cui si attenta alla politica moderata di molti leader per favorire l'ascesa dei gruppi fondamentalisti. La guerra in Iraq, la questione palestinese e quella libanese, le tensioni nel Maghreb e sinanche la difficile ricomposizione dello scenario balcanico sono l'occasione per avviare risorse musulmane al terrorismo islamico. La forza dell'arma mediatica esaspera gli effetti psicosociali della pressione terroristica. L'intervento dell'intelligence si estende geograficamente ma diventa anche più puntiforme e selettivo, dovendo coniugare ricerca e sicurezza, all'estero e all'interno. Soprattutto, deve rinnovare la conoscenza di un mondo più complesso e non diviso da alcuna cortina.
L'emergenza nazionale
Accanto alla presenza di minacce globali, che intessono una fitta rete transnazionale, permangono a livello nazionale alcune criticità che attentano seriamente alla sicurezza interna. In Italia i servizi sono tuttora impegnati a fronteggiare minacce diversificate, da una parte terroristiche, rappresentate dalle componenti marxista-leninista, eversiva e antagonista, e dall'altra criminali, caratterizzate da organizzazioni di tipo mafioso, etniche (albanesi, turche, nigeriane, cinesi, romene, maghrebine, russe e ucraine) e transnazionali (dedite soprattutto al narcotraffico e alla tratta degli esseri umani).
Nel primo caso l'Italia è l'unico paese europeo dove una specifica forma di terrorismo, quella rivoluzionaria marxista-leninista, si è sviluppata in una dimensione significativa, sopravvivendo, con uno stacco temporale di una decina d'anni, sino ai nostri giorni. Tale peculiarità non consente di distogliere l'attenzione sui diffusi potenziali epigoni del fenomeno. La sicurezza è inoltre minata dal proliferare di gruppi eversivi e antagonisti aggressivi, tra i quali emergono gli anarco-insurrezionalisti, responsabili di attentati contro gli aspetti emblematici di una società non accettata.
Sul fronte della criminalità organizzata, infine, viviamo un complesso periodo di transizione, in cui i modelli mafiosi evolvono spesso in modo conflittuale. Da una parte resiste la mafia tradizionale (cosa nostra siciliana, 'ndrangheta calabrese, camorra campana e criminalità organizzata pugliese) che cerca di controllare ogni espressione sociale ed economica del territorio a cui è ancorata, dall'altra agisce un'altra componente mafiosa che degenera e assorbe atteggiamenti tipici del banditismo. Sempre più rilevanti appaiono le diversificate forme di criminalità transnazionale e la presenza di organizzazioni straniere che trasferiscono sul nostro territorio costumi e mentalità delle aree di origine, anche attraverso il veicolo dell'immigrazione clandestina.
Il futuro dell'intelligence
Il mondo globalizzato impone eccezionali velocità di sviluppo. Anche le minacce evolvono rapidamente, cosicché l'intelligence per essere efficace deve saperne individuare i diversi profili prima che diventino incontrollabili. Alle minacce conosciute se ne aggiungono continuamente altre. Alcune attengono a più evolute modalità offensive di rischi noti o alla loro saldatura, che può produrre mutazioni pericolose e imprevedibili. Altre, invece, riguardano la crescita di tensioni etniche, che si ripropongono con sempre maggiore violenza e attentano ai già precari equilibri di aree critiche; l'infiltrazione e l'alterazione delle regole del mercato economico e finanziario, attraverso l'acquisizione di una competitività viziata dallo sfruttamento del lavoro e dallo spionaggio industriale, che depaupera l'originalità produttiva nazionale; l'inquinamento dei sistemi di trasferimento di denaro; l'uso deviato della biotecnologia; il cyberterrorismo e, soprattutto, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, ancor più se in aree sensibili della geografia politica internazionale.
Tuttavia sempre più nei fori internazionali, come nella pratica operativa di ciascun organismo di sicurezza, si afferma la piena consapevolezza che la nuova minaccia consiste soprattutto nella logica che favorisce progressivamente forme integrate di illegalità, pronte a recepire e trasferire obiettivi e interessi per conto terzi. Ciò spezza la logica causale e specialistica tradizionale ampliando esponenzialmente le possibili aggressioni allo Stato.
Alle nuove sfide l'intelligence si dedica da tempo, cercando di acquisire le professionalità necessarie a valutare i rischi e a orientare il potere decisionale su priorità sostanziali. Non si tratta più dello sforzo di una sola comunità dell'intelligence che, per quanto dotata, comunque non riuscirebbe ad affrontare compiutamente il problema. Appare sempre più evidente la tendenza dei servizi di Stati diversi ad aprirsi alla collaborazione attraverso la condivisione di esperienze e di intese, per lo più bilaterali, su singoli aspetti di natura operativa.
In tale ambito l'intelligence rappresenta anche uno dei mezzi con cui si possono avviare rapporti e relazioni tra Stati che, a livello formale, potrebbero apparire prematuri o addirittura inopportuni.
I servizi mirano quindi a livelli di efficienza sempre più avanzati, cercando di correggere gli errori compiuti. Tra questi il più recente ed emblematico è stato quello della corsa a dotazioni elettroniche sempre più complesse, nella convinzione che il dominio informativo dipendesse esclusivamente dalla supremazia nel campo tecnologico. Questo indirizzo ha prodotto criticità dagli effetti perversi. Infatti, da un lato, l'intelligence non è riuscita ad analizzare l'eccesso di dati informativi ottenuti, escludendo importanti acquisizioni dai processi decisionali politici e operativi; dall'altro, non si è potuto, in assenza di fonti umane, comprendere realtà etniche distanti e poco condizionate dall'aspetto tecnico.
La constatazione ha prodotto una progressiva rivalutazione, nella ricerca, del fattore umano che meglio consente di cogliere le matrici socioculturali delle minacce emergenti. Carenze di questo tipo nelle più recenti aree di crisi sono costate ai servizi occidentali un prezzo elevato in termini di credibilità ed efficacia. Ormai viene universalmente accettata la tesi che solo una giusta integrazione tra fattore tecnico e apporto umano può produrre ricavi operativi soddisfacenti e proporzionali agli oneri economici sostenuti.
L'intelligence, infine, per evitare pericolosi distacchi dalla realtà deve aprirsi all'esterno, confrontandosi e interagendo con le espressioni più significative della società. L'asserto sembra in contraddizione con il carattere di riservatezza che ne dovrebbe circondare l'attività, ma questo indirizzo, con i dovuti temperamenti, appare ormai ineludibile per conseguire quella sensibilità che sola può permettere alla funzione informativa di costituire il necessario valore aggiunto utilizzabile come significativo contributo alla crescita di una moderna collettività.
Cenni di storia
L'antichità
Le prime notizie riguardanti la raccolta di informazioni a fini militari risalgono ai tempi dell'antico Egitto. Le fonti riferiscono di attività di spionaggio militare e di depistaggio applicate con maestria dagli Ittiti ai danni di Ramsete II all'inizio del 13° secolo a.C. Circa un secolo più tardi, secondo il racconto biblico, Mosè prima di guidare l'esodo degli Ebrei dall'Egitto manda 12 uomini, uno per ognuna delle tribù di Israele, a esplorare la terra di Canaan per sapere "che popolo l'abita, se forte o debole, se poco o numeroso, come siano le città, se siano accampamenti o luoghi fortificati". Uno degli esploratori è Giosuè, il quale poi a sua volta, divenuto capo del popolo ebraico, ricorrerà alla pratica dell'informazione preventiva, inviando prima di partire alla conquista di Gerico due uomini a osservare il territorio.
Se ci si sposta in ben diverso ambito, la Cina, si trova che nel trattato Sull'arte della guerra, attribuito dalla tradizione a un generale del 6° secolo a.C., Sun-tzu, allo spionaggio è riservato un intero capitolo con affermazioni di questo tipo: "Non procurarsi informazioni sul nemico, e combattere per anni per evitare di compensare agenti segreti abili è un'azione che va contro il popolo, è indegna di un generale ... Ci sono cinque tipi di agenti segreti: l'agente locale, l'agente infiltrato, l'agente doppio, l'agente sacrificato e l'agente sopravvissuto. Quando questi cinque tipi di agenti lavorano in modo coordinato, e nessuno riesce a scoprirne l'azione, costituiscono la 'rete divina' e formano il tesoro di un sovrano. Gli agenti locali sono reclutati nel territorio del nemico. Gli agenti infiltrati sono reclutati tra i funzionari del nemico. Gli agenti doppi sono spie nemiche reclutate da noi. Gli agenti sacrificati sono nostre spie che diffondono false informazioni tra le spie nemiche. Gli agenti sopravvissuti sono quelli che riescono a tornare indietro recando informazioni a prezzo della vita, se scoperti dai loro stessi compagni". Quando i precetti di Sun-tzu furono importati in Giappone, dal principe Sotoko nel 6° secolo d.C., a essi si ispirò la creazione dell'organizzazione professionistica dei Ninja, i cui membri erano addestrati fin da bambini alle arti marziali e all'uso di tecniche raffinate di spionaggio.
Tornando in Occidente, nella Grecia antica l'uso delle spie, sia contro nemici esterni sia contro la minaccia di un sovvertimento interno, è attestato spesso nelle fonti. A prescindere dagli episodi letterari che narrano per esempio di una robusta attività di spionaggio ai margini della guerra di Troia, nella quale è coinvolto in prima persona Ulisse, l'importante ruolo svolto da esploratori e informatori, che in molti casi agivano sotto le mentite spoglie di mercanti e ambasciatori, emerge chiaramente nelle opere di Erodoto e di Tucidide. Nel 4° secolo a.C. il generale della Lega arcadica Enea Tattico, nel trattato La difesa di una città assediata, formalizza la regola per cui un generale deve disporre di almeno tre esploratori in ciascun luogo, uomini addestrati alla guerra sì da non emettere giudizi viziati da ignoranza e non allarmare una città con resoconti inesatti. Enea Tattico è anche il primo a descrivere con precisione sistemi di trasmissione crittografata di messaggi, basati sulla sostituzione delle vocali con speciali segni di interpunzione o sull'utilizzo di un particolare disco, che presentava sul bordo 24 fori corrispondenti alle lettere dell'alfabeto. Di un altro sistema di cifratura parla Plutarco nelle Vite parallele: a Sparta gli efori per trasmettere messaggi ai propri generali li scrivevano verticalmente su un striscia di cuoio arrotolata a spirale su un bastone, detto scitala; una volta srotolata la striscia, il messaggio risultava incomprensibile a chi non disponesse di una scitala gemella rispetto a quella posseduta dal governo spartano.
A Roma il compito di procurarsi informazioni sul numero e i movimenti dei nemici era affidato agli speculatores, soldati inquadrati nell'ambito delle legioni che spesso avevano anche il ruolo di guardie del corpo del comandante. In età imperiale un efficiente sistema di raccolta e trasmissione di notizie sfruttava la rete del cursus publicus, servizio postale istituito da Augusto e gestito dal prefetto del Pretorio, che si avvaleva del controllo di ispettori, i cosiddetti curiosi. Alla fine del 1° secolo d.C. l'attività informativa fu affidata a un corpo speciale dell'esercito, i frumentarii, in origine adibiti all'approvvigionamento di grano delle truppe. I loro tre compiti principali divennero quelli di corrieri, agenti delle tasse e poliziotti. Erano invisi alla popolazione perché - come osserva lo storico cristiano Aurelio Vittore - "creati per esplorare e tenere i contatti al fine di cautelarsi contro eventuali ribellioni provinciali, forgiavano accuse criminose, insinuavano ovunque il terrore, soprattutto presso i popoli più lontani, e si davano a vergognose esazioni". Alla fine del 3° secolo d.C, ai frumentarii subentrarono con le stesse mansioni gli agentes in rebus (detti anche veredarii, cioè utilizzatori dei veredi, i veloci cavalli della posta pubblica). Erano agenti civili ma organizzati militarmente in una rigida gerarchia, alle dipendenze del magister officiorum, uno dei più alti funzionari della corte imperiale. Il corpo sopravvisse alla caduta dell'Impero d'Occidente e continuò a svolgere le sue funzioni nell'Impero bizantino fino all'inizio dell'8° secolo, quando fu sciolto e sostituito da una nuova organizzazione, sottoposta al logoteta del dromos.
La nascita dei servizi segreti
Se per tutto il Medioevo non mancano notizie di imprese belliche rese possibili da attività di spionaggio (fra gli esempi più curiosi quello di Alfredo il Grande, re degli Anglosassoni, che nell'879 riuscì a sconfiggere i danesi grazie alle informazioni che aveva raccolto infiltrandosi nel loro campo travestito da bardo), tuttavia è con gli Stati nazionali che nacquero le prime vere e proprie organizzazioni di servizi segreti.
In Inghilterra ne fu promotore sir Francis Walsingham, segretario di Stato di Elisabetta I a partire dal 1573: con la sua rete di spie riuscì a sventare una serie di congiure contro la regina, fra cui quella capeggiata da Anthony Babington con lo scopo di liberare Maria Stuarda. Walsingham aveva suoi emissari in tutte le corti e in moltissime comunità mercantili d'Europa. Il sistema di spionaggio terrestre e marittimo messo in opera dagli inglesi in quel periodo contribuì grandemente anche ad assicurare il successo degli attacchi portati alle navi spagnole dai corsari di Francis Drake. Poco o niente poté il controspionaggio della Spagna, impegnato su altro fronte a ricercare notizie su nuove rotte militari e mercantili verso il Nuovo Mondo in antagonismo con il Portogallo. Alla metà del Seicento notevoli furono anche i sistemi di raccolta di informazioni messi a punto in Inghilterra da Oliver Cromwell, il quale ebbe come capo della polizia politica John Thurloe.
In Francia l'intelligence di Stato si sviluppò con Richelieu. Il cardinale, con l'ausilio del suo segretario particolare, l''eminenza grigia' Père Joseph, mise in piedi una rete capillare di informatori che si estendeva oltre i confini nazionali, a tutta l'Europa e all'Africa settentrionale. Ne continuarono l'opera il cardinal Mazzarino, suo successore, e poi Luigi XV, che istituì un ufficio permanente di decrittazione della corrispondenza, il Cabinet noir, e il primo vero e proprio servizio di intelligence, il Secret du Roi. I servizi segreti francesi raggiunsero un altissimo grado di organizzazione e di efficienza in epoca napoleonica, quando il capo della Polizia Joseph Fouché li articolò in sei diverse branche. Negli stessi anni fiorì a Parigi la prima agenzia di spionaggio per conto terzi, creata dal conte d'Antraigues, che vendette all'Austria, alla Russia e all'Inghilterra ottime informazioni diplomatiche, politiche e militari.
In Italia, il servizio più avanzato era quello di Venezia, che già da secoli utilizzava le sedi diplomatiche permanenti nelle capitali straniere per raccogliere informazioni. Gli agenti veneziani furono maestri nel comporre lettere cifrate di difficile penetrazione e nel decifrare i messaggi dei nemici. Un'apposita magistratura, i tre Inquisitori di Stato, istituita nel 1539 come organo di sicurezza nel momento in cui Venezia era minacciata dagli Asburgo, si avvaleva per lo spionaggio, il controspionaggio e la sorveglianza interna, di una rete di informatori o 'confidenti'.
Grandi innovazioni ai sistemi di intelligence furono apportate in Prussia da Federico II il Grande (1740-86), che li inquadrò nell'ambito dello Stato Maggiore dell'esercito, esempio più tardi seguito dal cancelliere Otto von Bismarck con l'ausilio di Wilhelm Stieber.
In Russia, dove la storia dei servizi segreti aveva avuto inizio nel 1565, anno in cui Ivan il Terribile fondò una polizia politica chiamata Opricnina (sciolta sette anni più tardi, dopo che i suoi membri, rigorosamente vestiti di nero come i cavalli che montavano, si erano resi protagonisti di stragi efferate), Alessandro III nel 1881 istituì l'Ochrana ("protezione"). Dotata di ampi poteri, questa polizia segreta era mirata soprattutto alla repressione della sovversione, attraverso il controllo totale esercitato dai suoi agenti su scuole, università, stampa e giustizia.
Il 20° secolo
Le mire imperialistiche delle maggiori nazioni europee e i progressi nel campo delle tecnologie militari e delle comunicazioni influenzarono fortemente lo sviluppo delle strategie di intelligence nei primi anni del Novecento. Tutti i grandi paesi si dotarono di servizi civili di spionaggio e controspionaggio, fra i quali spiccavano il Secret intelligence service inglese, l'Abwehr tedesco e, per quanto ancora indebolito dall'affare Dreyfus, il Deuxième bureau francese.
Facevano eccezione gli Stati Uniti dove fino al 1917 l'attività di intelligence fu svolta ufficialmente solo dall'Office of naval intelligence, della Marina, e dall'Army's military intelligence division, dell'Esercito. Solo dopo l'entrata in guerra il governo di Washington istituirà un'agenzia permanente per l'intelligence nelle comunicazioni, primo seme della National security agency. L'Espionage act, la prima legge federale in materia di spionaggio, è del 1917. Da notare, peraltro, che la stessa entrata in guerra degli Stati Uniti fu accelerata da un atto di spionaggio: l'intercettazione e la decifrazione da parte dei servizi britannici di un dispaccio inviato il 16 gennaio 1917 dal Segretario agli Esteri dell'Impero Germanico, Arthur Zimmermann, in cui si sollecitava l'ambasciatore tedesco in Messico a proporre al governo di quel paese di formare un'alleanza contro gli Stati Uniti. La Francia e la Germania degli anni del primo conflitto mondiale furono teatro delle gesta di una delle più famose spie di tutti i tempi, Mata Hari, al secolo Margareth Zelle, assoldata contemporaneamente dai servizi delle due nazioni e condannata nel 1917 alla fucilazione per tradimento da un tribunale militare francese.
La consapevolezza di quanto l'efficienza dei servizi di intelligence fosse stata determinante nello svolgimento delle azioni belliche spinse a un loro potenziamento già negli anni immediatamente successivi alla firma del trattato di pace. In Italia, dove il primo organismo adibito all'attività informativa era nato nel 1900 all'interno dello Stato Maggiore dell'Esercito con il nome Ufficio I (Informazioni), nel 1927 un regio decreto istituì, sempre nell'ambito dello Stato Maggiore dell'Esercito, il Servizio informazioni militare (SIM), che era articolato in un ramo offensivo di ricerca informativa e uno difensivo di controspionaggio. Il SIM disponeva sia di organi o uffici periferici dislocati in prossimità degli Stati da sorvegliare, sia di centri di spionaggio in territorio straniero. Servizi analoghi furono istituiti in Marina (SIS) e in Aeronautica (SIA).
Nel periodo fra le due guerre, in corrispondenza con l'affermarsi del concetto di guerra totale, permeante tutte le forme della vita degli Stati, anche lo spionaggio vide crescere enormemente l'area delle sue indagini, coinvolgendo il campo diplomatico, economico, propagandistico, industriale, scientifico, dei trasporti ecc. Ne derivò la necessità di organizzazioni più specialistiche e di forme di preparazione e addestramento molto più intense e mirate, con la nascita di vere e proprie scuole, come quella creata dall'Intelligence service inglese. Altro settore di grande sviluppo fu quello dei metodi di cifratura e conseguente decrittazione dei messaggi. La più celebre macchina per comunicare con un sistema cifrato fu l'Enigma, basata sull'impiego di tre rotori capaci di disporre 150 trilioni di combinazioni diverse (nei modelli più evoluti i rotori divennero cinque). Ideata da Arthur Scherbius a scopi commerciali, Enigma fu utilizzata durante la Seconda guerra mondiale dalle Forze Armate tedesche e anche dalla Regia Marina italiana. La decifrazione dei messaggi in codice Enigma, a cui i servizi inglesi, in collaborazione con quelli francesi e polacchi, arrivarono dopo anni di tentativi grazie a macchine decifranti ideate dal matematico Alain Turing, consentì l'intercettazione della maggior parte degli ordini in partenza da Berlino segnando una svolta decisiva verso la vittoria degli Alleati.
Durante gli anni della Guerra fredda all'interno delle maggiori potenze le agenzie segrete si moltiplicarono, non di rado in contrasto fra loro, mentre la loro attività si estendeva dalla raccolta di intelligence alla preparazione ed esecuzione di operazioni politiche e paramilitari. La CIA americana, l'MI5 e MI6 britannici, il KGB sovietico, la STASI della Germania Est e il Mossad israeliano divennero protagonisti assoluti della scena mondiale e, grazie al successo delle spy stories nella letteratura e nel cinema, anche dell'immaginario collettivo.
Per quanto riguarda l'Italia, nel 1949, con l'unificazione nel Ministero della Difesa dei tre Ministeri della Guerra, della Marina e dell'Aeronautica, si provvide al riordino definitivo dei tre servizi informativi e alla costituzione di un servizio centrale unico, che prese il nome di Servizio informazioni Forze Armate (SIFAR), alle dirette dipendenze del capo di Stato Maggiore della Difesa. Presso ciascuna forza armata, inoltre, fu costituita una Sezione informazioni operativa e situazione (SIOS), con particolari compiti di informazione tecnico-militare e di polizia militare. Il SIFAR fu gradualmente ampliato negli organi e nelle funzioni fino al 1965 quando, in seguito alla ristrutturazione prevista dal decreto presidenziale di riordinamento dello Stato Maggiore della Difesa e degli Stati Maggiori dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica in tempo di pace, al servizio di sicurezza fu dato nome di Servizio informazioni difesa (SID), con compiti informativi, di tutela del segreto militare e di ogni altra attività di interesse nazionale per la sicurezza e la difesa del paese, oltre che di prevenzione di azioni dannose al potenziale difensivo. Il SID è rimasto in vita fino alla completa ristrutturazione del settore apportata dalla legge nr. 801 del 24 ottobre 1977.
Lo scenario dell'intelligence è totalmente mutato dopo la caduta del Muro, sia per l'impatto di nuove emergenze, il terrorismo islamico in primo luogo, sia per l'impiego massivo di nuove e sofisticate tecnologie. Ormai la funzione dell'agente solitario, infiltrato all'estero alla ricerca di informazioni, è sempre più spesso assolta dai satelliti spia. In principio li utilizzarono USA, Unione Sovietica e Gran Bretagna, ora ne dispongono molti altri paesi, anche europei, talvolta camuffandoli da satelliti per comunicazione o meteorologici. Il sistema di sorveglianza globale più avanzato è rappresentato da Echelon che, gestito da Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Canada e Nuova Zelanda, intercetta le trasmissioni telefoniche e via Internet, con un sistema di identificazione dei messaggi sospetti basato su determinate parole chiave e loro varianti.
Lo spionaggio nella letteratura e nel cinema
Se le imprese dei servizi segreti nella visione del grande pubblico sono accompagnate da un'aura di appassionante avventura lo si deve alla fortuna che, soprattutto a partire dal dopoguerra, hanno avuto i romanzi e i film di spionaggio. Le spy stories possono essere considerate un filone autonomo del genere poliziesco: il perno della vicenda è in genere non un omicidio ma un reato di tradimento ai danni di una nazione e il protagonista non è il detective ma l'agente segreto, di norma un personaggio positivo, assolutamente immune dai connotati deteriori del termine spia.
Il romanzo di spionaggio nasce all'inizio del 20° secolo, anche se già nel secolo precedente se ne possono rintracciare alcuni precedenti come La spia (1821) di James Fenimore Cooper o il racconto La lettera rubata (1844) di Edgar Allan Poe. Dopo i romanzi L'agente segreto (1907) e Sotto gli occhi dell'Occidente (1911) di Joseph Conrad, un pietra miliare nel genere è rappresentata da I trentanove scalini (1915) di John Buchan. Lo scrittore inglese è il primo di una serie di agenti segreti-romanzieri inglesi che riversano nella loro opera letteraria le esperienze del loro servizio. Nelle file dell'MI6 militava Somerset Maugham, autore di Ashenden l'inglese (1928), apparteneva ai corpi speciali Eric Ambler, di cui si possono citare Epitaffio per una spia (1938) e il famosissimo Topkapi (1962), e fino al 1944 fu un agente del controspionaggio per conto del Foreign office Graham Greene (Missione confidenziale, 1939; Quinta colonna, 1944; Il terzo uomo, 1950; Il nostro agente all'Avana, 1958; Il fattore umano, 1978).
Aveva trascorsi nei servizi anche Ian Fleming, alla cui fantasia si deve James Bond, protagonista di 12 romanzi e due raccolte di racconti (da Casino Royale, 1957, a Octopussy, 1966), personaggio così famoso che il suo nome in codice '007' è diventato sinonimo di agente segreto. Infine prestò servizio nell'MI5 e nell'MI6 John Le Carré (pseudonimo di David John Moore Cornwell), considerato uno dei maestri del genere anche per la penetrazione psicologica con cui descrive i suoi personaggi, antieroi che vincono ma sentono tutta l'amarezza del gioco pesante che hanno condotto (La spia che venne dal freddo, 1963; La talpa, 1974; Tutti gli uomini di Smiley, 1980).
La casa Russia (1989) di Le Carré dà conto dello smarrimento determinato nel mondo dei servizi dalla fine della Guerra fredda e della netta contrapposizione fra i due blocchi occidentale e sovietico. Anche la narrativa spionistica si è dovuta adeguare alla nuova situazione geopolitica, allargando gli scenari a più ampi orizzonti e alla tematica del terrorismo internazionale, come avviene in Il ritorno dello sciacallo (1991) di Robert Ludlum, uno dei primi autori americani ad assicurarsi il primato di vendite del genere spy stories, a lungo detenuto dagli inglesi. Accanto a Ludlum va citato un altro autore di best-seller: Tom Clancy, inventore del genere techno thrillers, dai contenuti molto verosimili e con minuziose descrizioni di armi e strumenti (La grande fuga dell'Ottobre Rosso, 1984; Uragano rosso, 1986; Potere esecutivo, 1999; I denti della tigre, 2003; Op-Center. Stato d'assedio, 2004).
Molti romanzi spionistici di successo sono approdati alla trasposizione cinematografica, contribuendo al successo di un genere che può essere considerato una derivazione del cinema giallo d'avventura e d'azione, ma che a seconda dei tempi, dei registi e degli interpreti ha avuto in realtà declinazioni assai diverse, dalla ricerca dello spettacolare (imbattibile su questo fronte la serie di James Bond) all'indagine psicologica, alla denuncia politica dell'uno o dell'altro fronte e delle deviazioni dei servizi (I tre giorni del Condor, 1975, di Sydney Pollack). In generale si può dire che sicuramente è stato il cinema a far nascere il mito dell'agente segreto super-eroe scaltro ed elegante, dotato di straordinarie capacità atletiche e di eccellenti conoscenze tecnologiche.
I primi titoli del cinema di spionaggio da citare sono Lo spione (1928) di Fritz Lang, Mata Hari (1931) di George Fitzmaurice con l'interpretazione di Greta Garbo, Il club dei 39 (1935) e L'agente segreto (1936) di Alfred Hitchcock, il quale tornerà poi a frequentare il genere con altri famosissimi film come Notorius (1946), L'uomo che sapeva troppo (1956), Intrigo internazionale (1959) e Topaz (1969). Azioni di spionaggio reali o immaginarie diedero spunto a un'innumerevole quantità di pellicole ambientate nel periodo della Seconda guerra mondiale, e un'altra inesauribile riserva di storie fu offerta, fino a tutti gli anni Ottanta, dalla Guerra fredda. Poi, dopo la caduta del Muro, il cinema di spionaggio ha subito un indubbio calo d'interesse.