Intelligenza artificiale
L'intelligenza artificiale rappresenta il tentativo di costruire artefatti che dimostrino di possedere intelligenza in modo simile agli esseri umani e ad altri animali. In concreto si tratta di programmare in un calcolatore o direttamente le abilità intelligenti che interessano o, quanto meno, le condizioni a partire dalle quali le abilità intelligenti possano poi evolvere o svilupparsi nel calcolatore stesso.
Il senso di questa operazione è duplice. Da un lato si ritiene che affrontare i problemi relativi alla costruzione di artefatti intelligenti possa condurre a una migliore conoscenza e a una migliore comprensione dell'intelligenza naturale. Da questo punto di vista l'intelligenza artificiale è solo un caso particolare di un fenomeno più generale che sta investendo la scienza, e cioè l'adozione della simulazione su calcolatore come strumento di ricerca accanto ai più tradizionali strumenti della elaborazione di teorie e della sperimentazione di laboratorio. Simulando un fenomeno, riproducendolo su un calcolatore, si ritiene che possa aumentare la conoscenza che abbiamo del fenomeno e la comprensione dei suoi meccanismi. Dall'altro lato, la costruzione di artefatti intelligenti ha una funzione pratica, serve cioè a poter disporre di strumenti con particolari caratteristiche (le loro abilità intelligenti) che possono essere utili per una serie di bisogni e obiettivi di carattere pratico. Mentre dal primo punto di vista l'intelligenza artificiale è scienza, cioè metodologia volta alla conoscenza e alla comprensione della realtà, dal secondo punto di vista essa è ingegneria o tecnologia.Il compito di costruire artefatti intelligenti può essere affrontato in due modi diversi. Secondo il primo modo, l'intelligenza può essere riprodotta in un calcolatore ignorando le sue basi biologiche. Queste basi biologiche sono, ad esempio: a) l'organo fisico che in natura fa da specifico supporto all'intelligenza (il cervello); b) l'insieme degli altri organi, sistemi, funzioni, che costituiscono il corpo; c) la storia passata di interazioni tra gli organismi e l'ambiente che hanno portato all'evoluzione dell'intelligenza, al livello delle popolazioni di organismi, e alla ontogenesi dell'intelligenza nel singolo individuo. Per programmare un calcolatore in modo che dimostri capacità intelligenti si ritiene che sia sufficiente analizzare le abilità desiderate in termini puramente logici, interpretandole come procedure razionali composte da una sequenza di passi che, dalla situazione iniziale, conducono al risultato voluto, e tradurre queste analisi procedurali in programmi di calcolatore. Il fatto che le abilità intelligenti in natura siano possedute da organismi che hanno un cervello, un corpo e una storia passata può e deve essere ignorato.
Il secondo modo di costruire artefatti intelligenti fa la scelta opposta di considerare le basi biologiche dell'intelligenza come essenziali per capirne la natura e per simularla su un calcolatore. I modelli dell'intelligenza, in questo secondo caso, sono nello stesso tempo modelli del sistema nervoso e modelli dell'intelligenza: da un lato riproducono la struttura e il modo di funzionare del sistema nervoso fisico e dall'altro producono comportamenti e abilità intelligenti. Inoltre, vari altri aspetti del corpo e della biologia degli organismi vengono presi in considerazione e inseriti nelle simulazioni: dalla morfologia esterna del corpo ai sistemi sensoriali e motori, dalle basi genetiche ed esperienziali dell'intelligenza all'evoluzione dei comportamenti intelligenti in popolazioni di organismi soggetti a selezione naturale.
È la stessa nozione di intelligenza che è diversa in questo secondo approccio. Nel primo l'intelligenza è esclusivamente quella degli esseri umani e non di altri animali; inoltre, i comportamenti considerati 'intelligenti' vengono isolati da tutti gli altri comportamenti e, più in generale, dalle altre funzioni dell'organismo. Nel secondo approccio, quello biologico, si cerca invece di riprodurre in un calcolatore non solo l'intelligenza degli esseri umani, ma anche i comportamenti più o meno intelligenti di altri animali, più semplici dell'uomo, e la definizione di intelligenza non è ristretta alle sole abilità astratte e legate al linguaggio, ma è estesa a tutti i comportamenti che in qualche modo dimostrino una capacità di adattamento all'ambiente. Questi due approcci all'intelligenza artificiale sono storicamente ben distinti. I primi tentativi di pensare (se non ancora di realizzare) sistemi computazionali dotati di capacità intelligenti risalgono agli inizi stessi della scienza e della tecnologia dei calcolatori, cioè agli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale. In questa prima fase pionieristica la distinzione tra i due approcci non era molto chiara e, ad esempio, il matematico John von Neumann poté dare contributi molto importanti sia all'uno che all'altro approccio. Ma il decollo dei calcolatori elettronici negli anni sessanta e settanta significò il chiaro affermarsi del primo approccio, quello logico, rispetto a quello biologico. Una conseguenza di ciò fu che il termine stesso di intelligenza artificiale finì per indicare esclusivamente l'approccio logico, e anche oggi è impiegato prevalentemente in questo senso più ristretto. (In questo articolo, invece, l'espressione è usata in senso generale).
A partire dagli anni ottanta, tuttavia, i modelli di simulazione dei comportamenti intelligenti e, più generalmente, adattivi, orientati in senso biologico, sono tornati di moda e appaiono oggi in grande sviluppo. Le espressioni con cui vengono designati questi modelli indicano chiaramente la loro ispirazione biologica. Si parla così di 'reti neurali' per indicare modelli simulativi del comportamento ispirati al sistema nervoso; di 'algoritmi genetici' per indicare modelli simulativi dell'evoluzione biologica; di 'vita artificiale' per indicare più generalmente modelli di simulazione di ogni tipo di fenomeno biologico, dalle biomolecole e le cellule agli organismi e agli ecosistemi, dall'origine della vita alla riproduzione, alla crescita, all'evoluzione, all'apprendimento. Le ragioni di questo succedersi di fasi nella breve storia dell'intelligenza artificiale sono abbastanza chiare. All'inizio la ricerca, ancora puramente teorica e impossibilitata a verificare con simulazioni concrete le diverse ipotesi (dato che i pochi calcolatori esistenti avevano capacità molto limitate), si diresse in tutte le direzioni che sembrava interessante esplorare. Successivamente, quando l'informatica, cioè la scienza dei calcolatori, cominciò a trasformarsi in una disciplina dallo sviluppo impetuoso sul piano sia teorico che pratico, l'impostazione logica e procedurale ebbe facilmente il sopravvento perché, come vedremo più avanti, tale modo di concepire e realizzare l'intelligenza artificiale non è che una estensione dell'informatica.
La terza fase, quella attuale, vede un ritorno dei modelli biologici dell'intelligenza accanto a quelli logici, per una serie di motivi. Un primo motivo è costituito dai limiti, ormai abbastanza evidenti, dell'intelligenza artificiale di tipo logico nell'affrontare aspetti fondamentali dell'intelligenza come l'interazione diretta, sensoriale e motoria, con l'ambiente, il linguaggio, l'apprendimento e la creatività (in aggiunta alla sensazione diffusa che l'intelligenza naturale operi secondo principî diversi da quelli dell'intelligenza artificiale logica). Un secondo motivo è rappresentato dalla ricerca, all'interno della stessa informatica, di sistemi di calcolo che non abbiano le limitazioni di quelli tradizionali, ad esempio quella di funzionare in sequenza, un passo alla volta, invece che in parallelo, facendo molte cose contemporaneamente, caratteristica questa dei sistemi biologici. Un terzo motivo è costituito dal fatto che solo negli anni ottanta sono stati risolti alcuni importanti problemi tecnici che in passato avevano ostacolato lo sviluppo dei modelli biologici, ed è emersa la possibilità di utilizzare, per lo sviluppo di questi modelli, concetti della fisica e della teoria dei sistemi dinamici complessi. Infine non si deve dimenticare che sempre negli anni ottanta si è manifestato un fenomeno generale di avvicinamento tra biologia e tecnologia, dalle biotecnologie alla ricerca di nuovi materiali per l'ingegneria, dai nuovi modi di realizzare l'interazione tra utente e calcolatore, ora più fisici e meno simbolici, alla generale riconsiderazione dei rapporti degli esseri umani con la natura, con il potenziale superamento del dualismo uomo-natura che ha caratterizzato la modernità. I nuovi modelli dell'intelligenza artificiale di tipo biologico debbono essere visti all'interno di questo più ampio contesto.
Le prestazioni di un calcolatore elettronico dipendono dalla precedente analisi - compiuta da un essere umano (l'analista/programmatore) - di una certa attività volta a produrre un certo risultato (risolvere un determinato problema, raggiungere un determinato obiettivo). Questa analisi deve tradursi nella definizione di una procedura, cioè di una serie di passaggi che, eseguiti uno alla volta, portano dalla situazione di partenza alla situazione finale desiderata. La procedura deve essere 'effettiva', cioè tale da poter essere eseguita da una macchina. Non deve quindi contenere passaggi mancanti, o termini non definiti per la macchina, cioè tali che la macchina non sappia far corrispondere a essi nessuna sua operazione, o termini ambigui, cioè tali che la macchina possa essere indecisa se fare A o B. Infine, la procedura effettiva (detta anche 'algoritmo') deve essere tradotta o espressa in un linguaggio che la macchina capisca. In ultima analisi, tale linguaggio deve usare soltanto due termini, zero e uno, che corrispondono alle due operazioni elementari di una macchina digitale: ad esempio l'operazione fisica di chiudere o aprire un circuito.L'intelligenza artificiale di tipo logico non è che una estensione alle attività intelligenti di questo approccio generale dell'informatica. Un comune programma di calcolatore che svolge un'attività non considerata intelligente, ad esempio un programma di scrittura (word processor), si limita a trasferire una sequenza di tasti battuti sulla tastiera in un testo che compare sullo schermo e a consentire una serie di operazioni su tale testo (correzioni, spostamenti, conservazione e recupero dalla memoria, stampa, ecc.). Esso è il risultato di una programmazione, cioè di un'analisi delle procedure e sottoprocedure necessarie per ottenere i diversi risultati, dai compiti più complessi fino alle operazioni più elementari, e di una traduzione di tale analisi in termini comprensibili dal calcolatore.
L'intelligenza artificiale di tipo logico applica lo stesso approccio alle attività intelligenti. L'intelligenza tende a non essere definita in modo esplicito, ma si ricorre al criterio empirico di considerare 'intelligenti' quelle attività che sono ritenute comunemente rivelatrici dell'intelligenza degli esseri umani. I diversi settori di ricerca dell'intelligenza artificiale hanno quindi per oggetto attività quali la comprensione e la produzione del linguaggio, la percezione degli oggetti, il muoversi in modo intelligente nell'ambiente, il ragionamento che parte da premesse e arriva a conclusioni, la soluzione di problemi che non hanno soluzioni già note, la conservazione di grandi quantità di informazioni fatta in modo efficiente (tale cioè che sia facile trovare l'informazione desiderata al momento opportuno), la creazione di piani di azioni che consentano di raggiungere il risultato desiderato, e così via (v. Barr e Feigenbaum, 1981-1989). Ognuna di queste attività che costituiscono l'intelligenza umana viene analizzata come un problema da risolvere. Data una frase, qual è il suo significato? (comprensione del linguaggio). Dato un significato, qual è la frase che lo esprime? (produzione del linguaggio). Dati certi stimoli, ad esempio visivi, qual è l'oggetto o la scena che essi rappresentano? (percezione). Dato un punto nello spazio, come ci si arriva in modo rapido ed efficiente? (movimento). Date certe premesse, a quali conclusioni si può o si deve giungere? (ragionamento). E così via. Il compito del ricercatore è quello di individuare una procedura traducibile in un programma di calcolatore che consenta alla macchina, con l'esecuzione del programma, di risolvere il problema in modo efficiente e generale, cioè anche in casi non esplicitamente previsti.
Per raggiungere questo obiettivo la ricerca sull'intelligenza artificiale ha fatto ricorso alle varie discipline che studiano le diverse attività intelligenti umane (la linguistica, la psicologia, la logica, e altre) e ha sviluppato altresì analisi in proprio. Poiché l'intelligenza artificiale di tipo logico mostra di avere obiettivi più pratici che conoscitivi e tende quindi a non usare come criterio di valutazione dei suoi modelli la loro aderenza a una qualche realtà empirica, essa ha fatto più riferimento a discipline formali con un impianto teorico per molti aspetti analogo al suo, come la linguistica formale e la logica, che non a discipline più orientate empiricamente, come la psicologia e le altre scienze dell'uomo. (Naturalmente, le discipline più strettamente biologiche, e in particolare le neuroscienze, sono del tutto ignorate da questo tipo di intelligenza artificiale, per le ragioni spiegate sopra). Sul piano dei suoi specifici contributi, invece, l'intelligenza artificiale di tipo logico ha prodotto una serie di strumenti concettuali e di tecniche di notevole interesse. Alcuni di questi contributi sono di carattere specifico, come i sistemi di analisi sintattica delle frasi (parsers) e gli algoritmi di analisi dell'input visivo. Altri hanno carattere più generale, come i diversi sistemi di rappresentazione della conoscenza, i metodi di ricerca di una conoscenza specifica all'interno di un vasto insieme di conoscenze, i diversi modi di concepire e attuare la soluzione di un problema o la individuazione di un piano per ottenere un certo risultato (v. Barr e Feigenbaum, 1981-1989). Questi temi hanno occupato la ricerca sull'intelligenza artificiale per tutti gli anni sessanta e settanta. Negli anni ottanta si sono aggiunti tre nuovi filoni di ricerca: i sistemi basati su conoscenze, l'apprendimento automatico e l'intelligenza artificiale distribuita.In precedenza l'obiettivo di risolvere un problema, qualunque fosse la sua natura, veniva perseguito mediante la tentata costruzione di un risolutore generale di problemi (general problem solver) (v. Ernst e Newell, 1969). In altri termini, si pensava che si dovessero individuare tecniche generali e astratte di risoluzione di problemi che potessero essere applicate in qualunque dominio, a prescindere dalle particolari caratteristiche del dominio stesso.
Negli anni ottanta questo punto di vista è stato capovolto. Si è data piuttosto importanza alle specifiche conoscenze che possediamo relativamente al particolare dominio in cui sorge un problema, invece che alle tecniche generali valide in ogni campo. Sono sorti così i sistemi basati su conoscenze (knowledge-based systems), cioè sistemi che debbono la loro capacità di risolvere un problema al numero delle conoscenze possedute e alla capacità di individuare le conoscenze appropriate ai singoli casi, piuttosto che a una generale 'intelligenza' (v. Davis e Lenat, 1982). Questo ha portato a tentativi di mettere in un calcolatore 'tutte' le conoscenze possedute dagli esseri umani, in vista del loro uso per la soluzione di qualunque problema.
Per quanto riguarda l'apprendimento automatico (machine learning), si deve tener presente che la capacità di apprendere può con giustificazione essere considerata come un ingrediente necessario dell'intelligenza. Un sistema, artificiale o naturale, che non sia in grado di modificarsi con l'esperienza in modo da poter affrontare meglio i problemi che si presentano, difficilmente può essere considerato intelligente. Il tema dell'apprendimento era stato di fatto trascurato nelle ricerche sull'intelligenza artificiale del ventennio sessanta-settanta, ma è diventato un tema importante in quelle degli anni ottanta. Sono stati presi in esame vari tipi di apprendimento e, successivamente, sono stati disegnati e realizzati vari tipi di sistemi atti a dimostrare capacità di apprendimento (v. Kodratoff e Michalski, 1990). Nonostante questa nuova attenzione, tuttavia, bisogna dire che la ricerca sull'apprendimento automatico non si è mai integrata completamente con la più generale ricerca sull'intelligenza artificiale. Intelligenza e apprendimento rimangono due ambiti distinti nell'intelligenza artificiale di tipo logico, mentre appaiono tendenzialmente la stessa cosa nell'intelligenza naturale.
Infine, il terzo nuovo settore di ricerca emerso negli anni ottanta è stato quello dell'intelligenza artificiale distribuita (distributed artificial intelligence) (v. Gasser e Huhns, 1989). L'intelligenza artificiale ha sempre avuto un punto di vista individuale: un singolo organismo o sistema si trova a risolvere un problema e deve fare riferimento alle sue proprie risorse per risolverlo. Ogni riferimento alla socialità, al fatto che nel mondo naturale in genere vi sono vari organismi che interagiscono tra loro e che creano problemi e opportunità l'uno per l'altro, era stato ignorato. (Questa affermazione va in parte limitata in considerazione del fatto che certi sviluppi dell'informatica e della stessa intelligenza artificiale, ad esempio la programmazione 'a oggetti', le architetture a blackboard in cui vari componenti specializzati comunicano tra loro mediante una 'lavagna' condivisa, e le speculazioni di Marvin Minsky - v., 1986 - sulla 'società della mente', implicano una concezione 'sociale' della mente individuale).
L'intelligenza artificiale distribuita cerca di superare questo stato di cose facendo riferimento al fatto che certi problemi possono essere risolti meglio se il compito complessivo viene diviso in sottocompiti da assegnare a più 'agenti' che comunicano e interagiscono tra loro. Peraltro, in talune circostanze (ad esempio nel caso di agenti situati in punti diversi dell'ambiente), questa suddivisione diventa una necessità in quanto le conoscenze che servono alla soluzione del problema non sono accessibili a un unico agente, ma è necessaria invece la collaborazione di più agenti che hanno accesso a conoscenze diverse. Infine va considerato che l'intelligenza naturale degli esseri umani si manifesta in contesti sociali in cui più agenti non solo collaborano, ma entrano anche in conflitto tra loro, senza contare che nelle società contemporanee gli esseri umani sempre più interagiscono non solo tra loro, ma anche con artefatti a loro volta capaci di conservare e usare conoscenze, di comunicare e di risolvere problemi. Pertanto, attraverso i sistemi di intelligenza distribuita, l'intelligenza artificiale ha potuto mostrare la rilevanza del suo ruolo per la soluzione di alcuni dei problemi affrontati dalle scienze sociali.
L'interpretazione dell'intelligenza artificiale di tipo logico come una estensione dell'informatica aiuta a capire il perdurante interesse per questa impostazione della ricerca. Come si è accennato, l'entusiasmo degli anni sessanta e settanta per questo tipo di intelligenza artificiale è diminuito negli anni più recenti. Da un lato, infatti, è divenuto sempre più chiaro che questo approccio concepisce il comportamento intelligente in modi che non sono quelli dell'intelligenza naturale, per cui non ci si può aspettare dall'intelligenza artificiale di tipo logico un contributo significativo alla conoscenza e alla comprensione dei comportamenti intelligenti così come li osserviamo negli organismi reali. Dall'altro, le promesse costantemente ripetute di poter costruire sistemi artificiali che, se pure a modo loro, fossero in grado di capire e produrre linguaggio, di riconoscere oggetti e scene, di risolvere problemi e pianificare azioni in condizioni sufficientemente realistiche, sono state mantenute solo in minima parte, per cui l'intelligenza artificiale di tipo logico ha in sostanza mancato finora anche i suoi obiettivi di carattere più pratico.
C'è da chiedersi, quindi, perché l'intelligenza artificiale di tipo logico continui a essere un campo attivo di ricerca. La risposta sembra essere che questo tipo di intelligenza artificiale viene visto dall'informatica come un suo settore di ricerca avanzata e di investimento, da cui essa si aspetta di tanto in tanto idee e tecniche nuove attraverso le quali estendere il campo di applicazione dei calcolatori e renderli più efficienti, indipendentemente dall'effettiva capacità di simulare l'intelligenza.
Questa risposta va vista in un quadro più ampio che ci aiuti a capire il significato complessivo dell'informatica e dell'intelligenza artificiale di tipo logico nell'ambito delle culture e delle società in cui queste discipline si sono sviluppate. Le società occidentali avanzate, che sono quelle più coinvolte in tale sviluppo, si trasformano secondo una tendenza storica alla progressiva razionalizzazione dei comportamenti individuali e delle organizzazioni sociali. L'informatica e l'intelligenza artificiale di tipo logico non sono altro che un'estensione agli artefatti del modo di procedere razionale. Un algoritmo rappresenta forse la formulazione più chiara di cosa voglia dire agire in modo razionale, avendo chiaro un obiettivo, definendo la sequenza di operazioni da compiere per raggiungerlo, prevedendo ogni possibilità, rendendo le operazioni e i loro risultati ben definiti e non ambigui, e così via. La potenza e l'efficienza che il modo di procedere razionale conferisce a chi lo adotta sono dimostrate dalla capacità dell'Occidente di esportare in tutto il pianeta le sue idee e le sue pratiche. Questa potenza ed efficienza sono grandemente accresciute quando macchine potenti ed efficienti come i calcolatori partecipano attivamente al processo di razionalizzazione. Non c'è quindi da sorprendersi del fatto che le società tendenti alla razionalizzazione non vogliano privarsi dei possibili vantaggi derivanti da ricerche come quelle sull'intelligenza artificiale di tipo logico, che promettono estensioni e innovazioni per quanto riguarda la capacità di razionalizzazione delle pratiche e delle istituzioni umane per mezzo dei calcolatori.
Come si è accennato, accanto all'intelligenza artificiale di tipo logico, è stata intravista fin dagli inizi la possibilità di una simulazione dell'intelligenza meno attenta alla logica e alla razionalità e più attenta invece alle basi biologiche dell'intelligenza naturale. Questa intelligenza artificiale di tipo biologico è emersa tuttavia in termini concreti soltanto negli anni ottanta sotto il nome di reti neurali, di algoritmi genetici e di vita artificiale. Anche se l'intelligenza artificiale di tipo logico non definisce esplicitamente l'intelligenza e preferisce identificarla empiricamente e caso per caso con le capacità che comunemente chiamiamo 'intelligenti', implicitamente essa concepisce l'intelligenza come soluzione di problemi. Nei modelli biologici, invece, l'intelligenza viene vista piuttosto come adattamento all'ambiente. Questo apre la strada alla considerazione dei comportamenti e delle capacità non solo degli esseri umani ma anche degli animali diversi dall'uomo, dato che non solo gli esseri umani ma tutti gli organismi si adattano all'ambiente in cui vivono. Inoltre l'oggetto di studio e di simulazione risulta più ampio, dato che ogni comportamento, se non addirittura ogni caratteristica degli organismi viventi, può essere visto come il risultato di un adattamento all'ambiente.
Concepire l'intelligenza come una forma di adattamento all'ambiente significa porre l'accento sul processo attraverso il quale si giunge a possedere una certa capacità, piuttosto che sulla capacità finale già formata. Questa è una delle differenze più evidenti tra i due tipi di intelligenza artificiale, una differenza del resto derivante dal diverso rapporto che essi hanno con l'informatica. Come abbiamo visto, l'intelligenza artificiale di tipo logico può essere considerata una branca e un'estensione dell'informatica. Essa ha in comune con quest'ultima l'idea che un sistema computazionale capace di determinate prestazioni sia un sistema programmato da un essere umano nella forma desiderata. Inoltre, l'intelligenza stessa viene concepita in analogia col modo di funzionare dei calcolatori, cioè come possesso e applicazione di procedure. Per l'intelligenza artificiale di tipo biologico, invece, l'informatica e i calcolatori non sono modelli a cui ispirarsi, ma soltanto strumenti di lavoro, utili per lo studio simulativo dell'intelligenza come di qualunque altro fenomeno della realtà. (Si simula il funzionamento degli oceani, ma non si ritiene che gli oceani funzionino in quanto seguono procedure). Inoltre, le prestazioni di un sistema intelligente non vanno programmate da un essere umano, ma l'essere umano (il ricercatore) deve limitarsi a fissare nel calcolatore le condizioni di partenza di un processo di sviluppo e le regole di tale sviluppo. Il sistema deve poi elaborare da solo, con un processo graduale di cambiamento, le sue prestazioni fino a raggiungere la capacità desiderata.
In effetti l'intelligenza artificiale di tipo biologico è interessata soprattutto al cambiamento, cioè ai diversi processi di crescita e di sviluppo (ma anche di deterioramento e involuzione) che avvengono negli organismi. Il cambiamento si presenta in vari modi. L'evoluzione biologica è un cambiamento che si trasmette da una generazione alla successiva all'interno di una popolazione di organismi. Essa opera attraverso l'eredità dei patrimoni genetici ed è dovuta a vari processi che si verificano nell'ambito della riproduzione (riproduzione selettiva, mutazioni genetiche, ricombinazione sessuale dei patrimoni genetici ereditati). La maturazione è un cambiamento che avviene durante la vita del singolo organismo e che è prevalentemente dovuto alle 'istruzioni di sviluppo' contenute nel patrimonio genetico ereditato. L'apprendimento è anch'esso un cambiamento che avviene nel singolo individuo, ma è prevalentemente dovuto alle particolari esperienze che l'individuo fa nel particolare ambiente in cui vive. Negli esseri umani, poi, in modo unico nel mondo animale, si aggiunge un quarto tipo di cambiamento che è quello culturale. Il cambiamento culturale opera anch'esso da una generazione alla successiva ed è quindi anch'esso ereditato; in questo caso, però, il meccanismo di trasmissione non è di tipo genetico, come nell'evoluzione biologica, ma è legato al fatto che si apprende dagli altri e dagli artefatti creati dagli altri. Tutti questi processi di cambiamento (evoluzione biologica, maturazione, apprendimento, cambiamento culturale) non operano isolatamente l'uno dall'altro, ma interagiscono tra loro in modi complessi.
L'intelligenza artificiale di tipo biologico ha elaborato una serie di strumenti di simulazione di questi processi di cambiamento e delle loro interazioni.
Le reti neurali sono modelli ispirati al sistema nervoso che vengono usati soprattutto, ma non esclusivamente, per studiare l'apprendimento (v. Rumelhart e McClelland, 1986). Una rete neurale è un insieme di elementi, simili alle cellule nervose, che interagiscono tra loro attraverso connessioni simili ai collegamenti sinaptici tra queste cellule (i modelli neurali sono detti anche modelli connessionisti). La prestazione di una rete, cioè il saper rispondere all'input con l'output appropriato, dipende dai coefficienti quantitativi delle connessioni, che indicano la maggiore o minore capacità di trasmissione di ciascuna connessione. L'apprendimento ha inizio assegnando alla rete coefficienti in modo casuale. Quindi la rete risponde all'input con un output arbitrario (nessuna conoscenza iniziale). L'apprendimento avviene con una progressiva modificazione dei coefficienti, che la rete stessa attua in base all'esperienza. Al termine dell'apprendimento la rete ha trovato un insieme di coefficienti che le consentono di rispondere all'input con l'output giusto: essa ha acquisito una conoscenza (rappresentata dall'insieme dei coefficienti trovati con l'apprendimento) che all'inizio non possedeva.
Gli algoritmi genetici sono ispirati invece all'evoluzione biologica per selezione naturale (v. Holland, 1975). Si assume una popolazione iniziale di individui, ciascuno dei quali può essere rappresentato da una rete neurale. Questa popolazione iniziale è creata a caso, ad esempio assegnando a ciascuna rete neurale un diverso insieme, scelto arbitrariamente, di coefficienti per le connessioni. Si esaminano le prestazioni, diverse tra loro, di questi individui e si fanno 'riprodurre' preferibilmente gli individui con le prestazioni migliori. La riproduzione consiste nel fare una o più copie della rete neurale di un singolo genitore (riproduzione non sessuata) o nel combinare insieme parti della rete di un genitore con le parti complementari della rete di un altro genitore (riproduzione sessuata). Inoltre le copie non sono perfettamente identiche, ma sono soggette a limitati cambiamenti casuali (mutazioni). In questo modo è possibile osservare una crescita, generazione dopo generazione, del livello medio delle prestazioni, cioè, anche in questo caso, l'acquisizione di conoscenze inizialmente non possedute.
Con opportune modifiche, cioè facendo sì che ciò che viene ereditato (la copia) sia costituito non da una rete neurale già pronta, ma da istruzioni per la costruzione graduale nel tempo di una tale rete, è possibile studiare il processo di maturazione, cioè i cambiamenti nel corso della vita dell'individuo che sono dovuti a informazioni ereditate geneticamente. Il cambiamento culturale, invece, può essere simulato facendo evolvere individui capaci di apprendere dal comportamento degli altri (imitazione, insegnamenti) e dagli artefatti da essi prodotti. I cambiamenti che emergono in una certa generazione (per apprendimento, scoperta, creazione di artefatti) possono così essere ereditati dalla generazione successiva.
Uno dei maggiori vantaggi derivanti dall'uso del metodo della simulazione nello studio di queste diverse forme di cambiamento è rappresentato dal fatto che le grandi capacità dei calcolatori consentono di studiare i diversi modi in cui esse interagiscono e si influenzano reciprocamente, risultato che si presenta molto più difficile da raggiungere per le discipline (biologia, psicologia, scienze sociali) che le studiano separatamente con i metodi tradizionali.
L'esigenza di confrontarsi con i dati empirici e i modelli teorici delle discipline tradizionali è molto più forte per l'intelligenza artificiale di tipo biologico che per quella di tipo logico, in quanto per la prima l'obiettivo della conoscenza scientifica di determinati fenomeni della realtà è di primaria importanza. In effetti, essa può essere vista come un insieme di concetti, modelli e metodi offerti alle discipline tradizionali (la biologia, la psicologia, le neuroscienze, le scienze sociali) perché esse possano perseguire meglio i loro scopi.
Ciò non toglie che non si cerchi di trarre da questo tipo di intelligenza artificiale suggerimenti per applicazioni pratiche. Anzi, dalle reti neurali, dagli algoritmi genetici e dalla vita artificiale sembrano emergere le linee di un nuovo tipo di ingegneria e di tecnologia ispirate alla biologia e abbastanza diverse da quelle tradizionali, che sono ispirate o alla fisica e alla chimica oppure alla logica e al modo di procedere razionale (ingegneria informatica). Questo nuovo tipo di ingegneria/tecnologia avrebbe il compito di produrre artefatti che posseggano alcune delle caratteristiche degli organismi viventi: artefatti 'non finiti' che si sviluppano ed evolvono dopo essere usciti dalla fabbrica, artefatti in grado non solo di risolvere problemi dati, ma anche di porre problemi nuovi, artefatti con caratteristiche di ridondanza, approssimazione e anche casualità che consentano loro di adattarsi facilmente quando il problema cambia.
(V. anche Elettronica; Informatica).
Barr, A., Feigenbaum, E.A., The handbook of artificial intelligence, 4 voll., London 1981-1989.
Davis, R., Lenat, D., Knowledge-based systems in artificial intelligence, New York 1982.
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Gasser, L., Huhns, M.N., Distributed artificial intelligence, vol. II, San Mateo, Cal., 1989.
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