intelligere
Latinismo con valore di " intendere ", " concepire ", " comprendere ", usato una sola volta, in Cv IV VII 11,, dov'è detto che ‛ vivere ' per l'uomo può essere definito come vegetare, sentire, muovere e ragionare, o vero intelligere.
Elementi della partizione aristotelica dell'anima erano infatti vegetativum (φυτικόν, θρεπτικόν), sensitivum (αἰσθητικόν), motivum (κινητικόν) e rationale (λογικόν, διανοετικόν) o intellectivum (νοητικόν; cfr. Aristotele Anima II 2, 413a 22 ss.). Il ragionare, o vero intelligere corrisponde all'alternanza ratiocinari-intelligere con cui la traslatio recens rendeva rispettivamente διανοεῖσθαι- νοεῖν (cfr. Arist. Anima 14, 408b 3, 6,9 e 24; mentre la traslatio antiqua rendeva ambedue con intelligere), per indicare la più nobile parte e specifica dell'uomo, che è ragione usare (Cv IV VII 11). Più improbabile che qui l'uso di intelligere - νοεῖν sia in contrapposizione al ragionare - λογίζεσθαι (cfr. Anima III 10, 433 a 11-15; Tommaso Sum. theol. I 79 8 " ratiocinari comparatur ad intelligere sicut moveri ad quiescere vel acquirere ad habere: quorum unum est perfecti, aliud autem imperfecti "). Nel qual caso sarebbe analogo alla correlazione tra intellectus speculativus che contempla la verità e intellectus practicus " qui propter aliquid ratiocinatur ".