interiezione
L’interiezione (lat. interiectio «atto di gettare in mezzo») è una categoria di parole (tradizionalmente, una parte del discorso) invariabili con il valore di frase, usata per esprimere emozioni o stati soggettivi del parlante. Priva di legami sintattici con le altre parti del discorso, corrisponde, da un punto di vista pragmatico, a un intero atto linguistico: in (1), per es., il significato di toh! coincide con quello della frase «questo fatto mi sorprende» (Poggi 1995: 403-404):
(1) A. Mario non è venuto alla festa.
B. Toh!
Nella tradizione grammaticale greca l’interiezione non compare come parte autonoma del discorso: Dionisio Trace (I secolo a.C.), il primo autore a farvi riferimento, se ne occupa nella sezione della tékhnē grammatikē ́ dedicata all’avverbio (epírrēma «aggiunta»). La prima fonte conservata in cui l’interiezione è inclusa tra le parti del discorso è l’Institutio oratoria di Quintiliano (I secolo), anche se ad avere coniato il termine interiectio fu probabilmente Quinto Remmio Palemone (I secolo; Ashdowne 2008: 9-13).
L’interiezione è considerata parte del discorso anche dai grammatici della tarda latinità: così ad es. nell’Ars grammatica di Elio Donato, in quelle di Diomede e di Flavio Carisio, tutte del IV secolo, e nelle Institutiones grammaticae di Prisciano (V-VI secolo); una certa oscillazione si registra nella grammaticografia umanistica, dove l’interiezione è una categoria a sé per ➔ Leon Battista Alberti, Marco Antonio Ateneo Carlino, Lodovico Dolce, Pierfrancesco Giambullari e Matteo di San Martino; ma non per Giovanni Francesco Fortunio, ➔ Pietro Bembo (che la colloca tra gli avverbi), Alberto Acarisio e Giacomo Gabriele. L’interiezione viene inclusa stabilmente tra le parti del discorso nella grammatica italiana a partire dalla fine del XVI secolo.
L’interiezione è usata prevalentemente nella varietà parlata della lingua (➔ lingua parlata), in particolare quella di tipo informale, e consente di esprimere emozioni, sentimenti e stati soggettivi del parlante in modo più immediato della frase articolata. Nel parlato l’interpretazione delle interiezioni è inoltre favorita dalla presenza di tratti soprasegmentali (➔ soprasegmentali, tratti), come ad es. l’➔ intonazione, che permettono di completarne il significato (Andorno 2003: 49).
Nello scritto, le interiezioni si usano per lo più in generi testuali in cui è prevista una mimesi o stilizzazione dell’orale, dunque in scritti narrativi o teatrali, dove si prestano come stilema privilegiato per la rappresentazione dell’emotività dei personaggi. Nei testi non letterari, si trovano nelle riproduzioni del ➔ discorso diretto (2), o anche nel ➔ discorso indiretto precedute da articolo (3) (Serianni 1988: 368):
(2) Una ragazza mi aveva detto di essere piuttosto preparata su Freud e sulle influenze della psicanalisi nella letteratura del ’900. La incoraggio a spiegarmi bene in cosa consista questa scienza nuova. «Beh, Freud scopre che c’è una parte oscura, nera, che sta nel fondo di ognuno di noi e che noi non conosciamo. Svevo attinge a questa zona per scrivere La coscienza di Zeno» («La Repubblica» 5 luglio 2007)
(3) Del resto con una bellissima intuizione alla fine, quando il suo sogno dovrebbe realizzarsi, la messinscena lascia l’eroina svenuta per terra, come il citato principe, con un ah! che evoca quello perplesso di Alcmena nell’Anfitrione («La Repubblica» 10 dicembre 1997).
Dal punto di vista morfologico, le interiezioni si dividono in proprie (dette anche univoche) e improprie (o plurivoche). Le interiezioni proprie sono voci prive di significato lessicale, il cui impiego ha sempre valore olofrastico. Loro caratteristica è di cambiare significato in relazione al contesto: l’interiezione ah! può ad es. esprimere stupore, disapprovazione, dolore; oppure può essere impiegata per richiedere una conferma o un ordine (Dardano & Trifone 1983: 435).
Non avendo origine da elementi lessicali, le interiezioni proprie possono occasionalmente contenere suoni estranei al sistema fonologico della lingua di appartenenza: in italiano, per esprimere conferma è ad es. usata l’interiezione o /ö/, e per esprimere sorpresa oh /ö/, entrambe pronunciate con vocale anteriore medio-alta, fonema che non appartiene al sistema italiano (Poggi 1995: 414; ➔ fonetica). In lingue diverse possono talvolta comparire le stesse interiezioni: ah!, oltre che in italiano, è impiegata per esprimere stupore o dolore anche in francese, spagnolo, portoghese; altrettanto spesso, tuttavia, interiezioni tipiche di una lingua non si riscontrano in altre anche storicamente vicine: è il caso di hé! o hep!, ignote all’italiano e usate in francese con funzioni di richiamo (Serianni 1988: 368).
Le interiezioni sono anche oggetto di prestito (➔ prestiti): lo wow /ˈwau/ o lo ops (o ups) diffusi tra i giovani sono presi dall’angloamericano.
Interiezioni proprie nei Promessi sposi. Sulla scorta di Testa (1997: 37-48) può essere analizzato, come esempio eccellente di varietà di usi e funzioni nel testo narrativo, l’impiego delle più comuni interiezioni proprie nei Promessi sposi, in cui il fenomeno compare come mezzo stilistico eminente.
Ah si osserva spesso in relazione a personaggi di umile estrazione, con ampie valenze semantiche e tonali: di semplice marca incipitaria, indizio di un costume comunicativo rustico (4), di dispiacere e supplica (5), di dolore e rassegnazione (6), di compiacimento (7) (Testa 1997: 39-40):
(4) La vecchia le si era subito avvicinata e, con quella voce forzatamente umile, le aveva detto: ‒ Ah! avete dormito? (Alessandro Manzoni, I promessi sposi, p. 284)
(5) Ah padre! ‒ disse Renzo, andandogli dietro in atto supplichevole: ‒ mi vuol mandar via in questa maniera? (ivi, p. 433)
(6) ‒ Ah! ‒ esclamò Lucia, riscotendosi, ‒ io non ci devo pensar più a quel poverino (ivi, p. 320)
(7) Ah ah! vedi se noi sappiamo proteggere i galantuomini? (ivi, p. 223)
Molto comune è anche oh, impiegata per esprimere commiserazione (8), indignazione e rabbia (9), rifiuto (10) (Testa 1997: 40-41):
(8) Oh povera me! Ma perché è andato via così all’improvviso? (Manzoni, I promessi sposi, p. 225)
(9) Delle sue! ‒ esclamò Perpetua. ‒ Oh che birbone! oh che soverchiatore! oh che uomo senza timor di Dio! (ivi, p. 19)
(10) ‒ Oh, voglion far altro che venir lassù, ‒ diceva Perpetua: ‒ anche loro devono andar per la loro strada (ivi, p. 361)
L’impiego di eh appare invece più articolato: in posizione incipitaria, l’interiezione è in genere impiegata per connotare personaggi di estrazione popolare, indicando impazienza (11), sorpresa (12) o dissenso (13) (Testa 1997: 41-43):
(11) Ma … ‒ cominciava Agnese. ‒ Eh! ‒ interruppe Renzo: ‒ non c’è ma che tenga (Manzoni, I promessi sposi, p. 454)
(12) Eh! l’è questa? Dopo tanto tempo, dopo tanti discorsi, s’aspettava qualcosa di meglio (ivi, p. 469)
(13) Eh! le schioppettate non si danno via come confetti: e guai se questi cani dovessero mordere tutte le volte che abbaiano! (ivi, p. 19)
In posizione di inciso assume invece la funzione di intensificazione (Nencioni 1977: 234); sia in posizione di inciso che in posizione finale di frase, può infine assumere un valore interrogativo, come richiesta di conferma (14-15):
(14) Tu non lo vorresti, eh, che il pane fosse a buon mercato? (Manzoni, I promessi sposi, p. 164)
(15) L’hai addosso, eh? povero Tonio; ma non mi riconosci più? (ivi, p. 404)
Tra le altre interiezioni proprie di uso significativo del romanzo, uh è attestata con valori di disappunto (16), scherno (17) e meraviglia (18), mentre ih segnala reazioni legate alla percezione improvvisa di un fatto sgradevole (19) (Testa 1997: 44-45):
(16) Dandola vinta a un villano e a un frate! Uh! (Manzoni, I promessi sposi, p. 221)
(17) Tra i monatti si alzò un urlo di trionfo, uno scroscio procelloso di risa, un ‘uh!’ prolungato, come per accompagnar quella fuga (ivi, p. 423)
(18) Uh come siete brutta! (ivi, p. 284)
(19) ‒ Chiudete, chiudete! ‒ gridava Lucia. ‒ Ih! subito, subito, ‒ rispondeva la vecchia (ivi, p. 256)
Sono invece più rare le forme ehi, ohe, olà, impiegate con funzioni di grido e di richiamo (20-22), e ehm, usata per segnalare un’esitazione o una reticenza (23) (Testa 1997: 43-46):
(20) Ehi, oste, il mio letto solito è in libertà? (Manzoni, I promessi sposi, p. 202)
(21) ‒ Ohe! che prepotenza è questa? ‒ gridò Renzo, ritirando il braccio (ivi, p. 189)
(22) Olà! gridò di nuovo il gabelliere, con una voce però che indicava più impazienza che risoluzione di farsi ubbidire (ivi, p. 412)
(23) altrimenti … ehm … sarebbe lo stesso che fare quel tal matrimonio (ivi, p. 13).
Le interiezioni improprie sono parti del discorso autonome dal valore occasionalmente olofrastico: si tratta di voci appartenenti al sistema lessicale che, usate in origine in frasi ellittiche, hanno assunto il valore di frase intera (Poggi 1995: 413). Possono derivare da aggettivi (bravo!, giusto!), nomi (peccato!, animo!, cazzo!), avverbi (bene!, fuori!) o verbi (zitto!, guarda!).
Le funzioni delle interiezioni improprie sono di vario tipo: in molti casi attivano una funzione conativa, operando sul destinatario del messaggio per esprimere ordini (fuori!, silenzio!), inviti (andiamo!, coraggio!), conferme (certo!, sicuro!) o apprezzamenti (ottimo!, bravo!); oppure una funzione fàtica, agendo sul canale comunicativo (pronto?, scusi, senta) (Serianni 1988: 374).
Appartengono alle interiezioni improprie anche le formule di saluto (➔ convenevoli; ➔ saluto, formule di), tra le quali la più comune è ciao (dal veneziano s’ciao, «schiavo [vostro]»), formula confidenziale usata sia come apertura sia come congedo. Altre frequenti interiezioni di saluto sono salve (lat. salve, imperativo presente di salvēre «essere in buona salute»); buongiorno, di carattere formale e usato, sia come apertura sia come congedo, nella prima parte della giornata; buonasera, usato nella seconda parte della giornata con gli stessi valori di buongiorno; buonanotte, impiegato solo come commiato nelle ore più avanzate, oppure anche con valore ironico per indicare l’occorrere di un evento giudicato irreparabile (buonanotte: ormai la frittata è fatta!); arrivederci e addio, formule di congedo e di separazione (Serianni 1988: 376-377). Sono usati come interiezioni anche ➔ insulti (che idiota!) e ➔ parole oscene (cazzo!).
Non sempre l’uso olofrastico delle interiezioni improprie è ben distinto da quello ellittico: esistono espressioni, dette anche interiezioni cristallizzate, il cui impiego olofrastico ha un significato diverso da quello lessicale corrispondente (basta, permesso, gente!), e altre, dette anche interiezioni semiproduttive, con un significato che è invece direttamente deducibile da quello lessicale (calma, dunque, allegria; Poggi 1995: 413).
Oltre alle interiezioni proprie e improprie sono usati con valore olofrastico anche sintagmi complessi o intere frasi, dette locuzioni interiettive o formule esclamative (➔ esclamative, formule): si tratta di espressioni come poveri noi!, va’ al diavolo!, santo cielo!, al fuoco!, per carità!, Dio ce ne liberi!
Le interiezioni sono espressioni deittiche (➔ deittici) e come tali richiedono, ai fini dell’interpretazione, un riferimento al ➔ contesto situazionale. Tale carattere appare all’atto della parafrasi: l’interiezione mah, intesa nell’accezione dubitativa parafrasabile con «non sono sicuro», contiene i deittici io e momento dell’enunciazione; l’interiezione ehi, con il valore esortativo di «ti chiedo di ascoltarmi», contiene i deittici io, momento dell’enunciazione e tu (Poggi 1995: 404).
In quanto espressioni olofrastiche, le interiezioni possono comparire anche in assenza di contesto linguistico, come tipicamente accade per i saluti (buongiorno, ciao), le manifestazioni di sorpresa (toh!, caspita!) o le imprecazioni (accidenti!, diavolo!). Quando vengono usate entro un contesto linguistico, le interiezioni sono prive di legami sintattici con il resto della frase e possono occupare diverse posizioni.
Compatibilità o limitazioni specifiche riguardano singole forme o gruppi di forme: alcune interiezioni proprie vengono ad es. tipicamente anteposte alla frase, come ah usata con la funzione di indicare una conoscenza nuova (24), mentre le interiezioni che esprimono esitazione o dubbio possono facilmente occorrere all’interno di costituenti anche a forte coesione, come tra articolo e nome (25):
(24) ah, Gianni dunque ha cambiato lavoro
(25) Giorgio ha comprato una … ehm … automobile.
Le interiezioni, sia proprie sia improprie, possono essere classificate secondo criteri pragmatici e semantici: dal punto di vista pragmatico, si suddividono in espositive, esercitive e comportative; da un punto di vista semantico, le espositive possono a loro volta essere suddivise in informative sullo stato delle conoscenze del parlante e sullo stato d’animo del parlante; le esercitive in di domanda (a loro volta suddivise in richieste di conferma, di dire o ripetere e di spiegazione) e di azione (riguardanti il contenuto, la forza illocutiva o l’aspetto); le comportative in espressioni di cortesia, invocazioni e imprecazioni.
Limitandosi alle forme più frequenti, è possibile stilare la seguente strutturazione (tratta da Poggi 1995: 414-419):
interiezioni espositive
Stato di conoscenza del parlante:
conoscenza nuova ah
conoscenza nota toh, già
incredulità / negazione macché, see …, affatto, bum!, che!, che cosa!, cosa!
ignoranza boh, chissà, mah
conferma caspita, davvero, diamine, eh, mhm, okay, anzi che, anzi, sicuro
dubbio / esitazione bah, beh, ehm, cioè, eeh
sorpresa ah, caspita, diamine, sorbole
Stato d’animo del parlante:
disagio fisico / dolore ahi, ahia, uhi
freddo brr
disgusto bèeh
fatica uff, uffa
Emozioni spiacevoli:
noia, fastidio uff, uffa, uh
rassegnazione pazienza
dispiacere ahimè, ohimè, peccato
perplessità ts
disperazione, raccapriccio aaah!, no!
indignazione eeh, ohibò
disprezzo poh, puah
disappunto accidenti, acciderba, caspita, diamine
Emozioni piacevoli:
desiderio magari!
soddisfazione aah, ha!, alè, òoh
esultanza evviva, urrà, alleluia
interiezioni esercitive di domanda
Richieste di conferma: eh?, davvero?, no?, vero?
di dire o ripetere beh?, che?, prego?
di spiegazione beh?
interiezioni esercitive di azione
Relative al contenuto: altolà, aiuto, largo, pista, sveglia
Relative alla forza illocutiva:
richiesta di attenzione ehi, ehilà, ohè, ohilà
incitazione alè, orsù, suvvia
proibizione no
Relative all’aspetto:
cominciare marsch!, su!, sotto!
continuare avanti
smettere o terminare alt, basta, stop
ripetere bis
interiezioni comportative
Espressioni di cortesia:
saluti ciao, buongiorno, arrivederci
auguri auguri, in bocca al lupo
formule di cortesia complimenti, congratulazioni, grazie, condoglianze
Invocazioni: dio, misericordia, gesù
Imprecazioni: perbacco, cribbio, mannaggia, cavolo.
Le onomatopee (➔ onomatopee e fonosimbolismo) possono distinguersi in semplici e derivate.
Le onomatopee semplici sono espressioni che imitano suoni o rumori attraverso grafemi nello scritto o fonemi nel parlato (miao, tin tin, zzz), e condividono di norma con le interiezioni l’assenza di legami sintattici con il resto della frase. Le onomatopee derivate invece, costruite su onomatopee semplici con l’aggiunta di un suffisso (miagolare, tintinnìo, ronzare), mostrano un più alto grado di integrazione, sono classificabili morfologicamente e stabiliscono legami sintattici con il resto della frase (Dardano & Trifone 1983: 440). Le onomatopee derivate non sono dunque forme interiettive (26) (Andorno 2003: 49):
(26) Il tintinnìo dell’orologio di Maria era così forte che non ho chiuso occhio
Quanto alle onomatopee semplici, sarà il tipo di impiego a determinare se l’elemento ha valore interiettivo o no: la voce bum, imitativa di uno scoppio improvviso, ha valore interiettivo in (27), dove corrisponde a un elemento olofrastico parafrasabile con «esagerato!» o «non ti credo»; mentre non ha valore interiettivo in (28), dove è parafrasabile con «botto» o «scoppio» e corrisponde dunque a un nome e non a un’intera frase (Poggi 1981: 52-53):
(27) La sera, al bar, A racconta agli amici la sua ultima prodezza di pescatore. B, incredulo: ‒ Éeh, bum! (da Poggi 1981: 52)
(28) A racconta a B la sua ultima disavventura automobilistica: ‒ Ero lì che andavo tutto tranquillo … a un tratto, sento un bum!: non mi è scoppiata una gomma? (ivi, p. 52).
Le interiezioni vengono talvolta trattate come sinonimi di esclamazioni o frasi esclamative. Benché spesso presentino un tono enfatico e il valore di esclamazioni, anche in questo caso i due fenomeni vanno tenuti distinti: è infatti possibile che un’interiezione assuma funzioni di tipo assertivo o interrogativo. In (29) e (30), rispettivamente, ah corrisponde a un’asserzione parafrasabile con «d’accordo», ed eh? a un’interrogazione parafrasabile con «cosa stai dicendo?» (Andorno 2003: 48):
(29) Mario: ‒ Luigi non verrà alla festa.
Anna: ‒ Ah
(30) Mario: ‒ La linea è disturbata.
Anna: ‒ Eh?
Le frasi esclamative possono avere la funzione di connotare come inatteso l’intero contenuto di una frase, e sono dette in questo caso frasi esclamative totali; oppure solo un elemento, e sono dette allora frasi esclamative parziali. Le esclamative totali nel parlato possono essere segnalate dalla sola intonazione e nello scritto dal solo segno di esclamazione ‹!› (31); possono altrimenti essere presenti elementi lessicali con funzione di introduttori, come se e che (32-33), oppure non con valore espletivo (34):
(31) Mario è stato promosso!
(32) Se ha un bel coraggio, Mario!
(33) Che Mario debba presentarsi solo adesso!
(34) Solo pochi minuti di ritardo, e non ti trovo l’ufficio chiuso?
Anche le frasi esclamative parziali possono essere segnalate o no da un elemento lessicale: nel primo caso in posizione iniziale è collocato l’introduttore (35), mentre nel secondo vi è posto l’elemento su cui verte l’esclamazione, seguito da che e dal resto della frase (36):
(35) Quanto è simpatica Maria!
(36) Le sciocchezze che ha detto Luigi!
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