INTERNET ART.
– Precursori. Net.art e i pionieri. Entrata istituzionale e post Internet. Bibliografia
Con I. a. si intende fare riferimento a sperimentazioni creative nate con e per la rete. Internet è simultaneamente strumento di creazione e mezzo di diffusione. L’opera di I. a. The World’s first collaborative sentence, realizzata nel 1994 dall’artista statunitense Douglas Davis (1933-2014) e ora nella collezione del Whitney Museum of American art (New York), nasce come un sito dove gli utenti sono invitati a costruire un’unica frase collaborativa. Semplicità dell’impiego tecnico e dimensione low tech caratterizzano gran parte dei progetti di I. a., di ieri e di oggi. I. a. può comprendere lavori nati per esistere esclusivamente in rete, così come progetti pensati per lo spazio dove la presenza on-line è condizione necessaria. The telegarden (1995-2004) di Ken Goldberg e Joseph Santarromana con George A. Bekey, Steven Gentner, Rosemary Morris, Carl Sutter, Jeff Wiegley) è un progetto di telepresenza: un angolo di giardino installato nel museo di Ars Electronica a Linz (Austria) era coltivato dagli utenti in rete abilitati a istruire a distanza un braccio robotico.
Il momento creativo è un’azione che si pone al crocevia tra ricerca estetica, politica e filosofica. L’I. a. adotta gli strumenti della comunicazione per decostruirli nelle loro componenti tecnologiche e sistemiche, per renderne visibile il funzionamento nascosto, e per restituire consapevolezza delle enormi potenzialità del mezzo quando distolto dalle regole dettate dal mercato. La simultaneità e la compressione del tutto nel presente, nella sua incontrollabile evoluzione e nell’intrecciarsi con la comunità degli utenti in formule coautoriali, traccia le linee guida della sua natura artistica.
Proseguimento di un filone di ricerca che si evolve dalle prime avanguardie del Novecento e che arriva al post Internet, I. a. è da considerarsi nell’ambito della New media art e nella condizione postmediale dell’arte (v. intermedialità: Postmedialità). Questioni terminologiche sono al centro di accese discussioni. I. a. è in continua evoluzione tanto quanto lo sono i contenuti che vivono nella rete e gli strumenti che la generano e che la distribuiscono. «Scrivere di arte su Internet significa cercare di fissare in parole un fenomeno altamente instabile e mutevole» (Stallabrass 2003, p. 10).
Precursori. – Le origini della I. a. sono da ricercare nei laboratori militari, nati durante la guerra fredda per sostenere lo sviluppo scientifico e umanistico, risorsa preziosa per le strategie militari e di mercato in tempi di pace. EAT (Experiments in Art and Technology), fondato nel 1966 dall’ingegnere Billy Klüver e presieduto dall’artista statunitense Robert Rauschenberg, è stato un precursore importante nelle dinamiche di collaborazione tra arte e tecnologia, «parte di un’espansione nello spazio interdisciplinare da considerarsi come una mise en scène per pratiche attuali come hacking, software art o net art» (Greene 2004, p. 21). Negli anni Settanta e Ottanta le sperimentazioni artistiche con le tecnologie della comunicazione si sono intensificate, spesso con l’impiego dei satelliti. L’abolizione dei confini spazio-temporali ha attivato un processo performativo. Roy Ascott (n. 1934), Robert Adrian X (n. 1935), Fred Forest (n. 1933), Davis, Hans Haacke (n. 1936), Antoni Muntadas (n. 1942), Nam June Paik (1932-2006), Sherrie Rabinowitz (1950-2013) e Kit Galloway (n. 1948), sono riferimenti importanti di questa fase preweb. Il BBS (Bulletin Board System) degli anni Ottanta, sistema antesignano delle moderne chat, ha aperto il sipario su creatività e Internet anticipando le mailing lists create in rete, come The Thing (1991), fondata dal tedesco Wolfgang Staehle (n. 1950), Syndicate (1995) – prima lanciata come BBS per mettere in collegamento alcune località dell’Europa dell’Est – e Nettime (1995), fondata da Geert Lovink (n. 1959) e Pit Schultz (n. 1965). Qui hanno viaggiato le prime discussioni quando, subito dopo la messa a punto del world wide web (1989) e il rilascio nel mercato del browser Mosaic (1993) – che, facilitando l’accesso ai contenuti, ha decretato la diffusione di Internet sul mercato –, gli artisti se ne sono appropriati come ‘materia da plasmare’, rovesciando le regole di fruizione scritte dall’industria informatica.
Net.art e i pionieri. – Lo sloveno Vuk Ćosić (n. 1966), l’inglese Heath Bunting (n. 1966), i russi Olia Lialina (n. 1971) e Alexei Shulgin (n. 1963) e il duo Jodi.org, formato dall’olandese Joan Heemskerk (n. 1968) e dal belga Dirk Paesmans (n. 1968), sono il primissimo nucleo di artisti della scuola europea di I. a. (1994-97). L’orientamento gui da di queste ricerche è sintetizzato dal termine net.art, diffuso da Ćosić, che ne attribuisce l’origine a un’e-mail ricevuta da un mittente anonimo, la quale, a causa di un errore del software, risultava indecifrabile. L’unica parola leggibile era net.art.
I pionieri hanno messo in luce aspetti diversi di Internet, inglobando ed espandendo nella rete i loro diversi indirizzi di ricerca. La formazione di archeologo si è palesata nell’attenzione di Ćosić per la riattualizzazione di codici informatici obsoleti, come l’ASCII (American Standard Code for Information Interchange). Tutti i suoi lavori si muovono nell’ambito di un interesse per il linguaggio – quello della scrittura del codice, quello iconico della comunicazione – e per la sua elaborazione in una chiave estetico-politica. History of art for airports (1997) è un sito da esplorare interattivamente, dove simboli aereoportuali visualizzano un’ironica antologia dell’arte che dalla grotta di Lascaux arriva alla net.art, passando attraverso Paul Cézanne e Andy Warhol.
Bunting ha impiegato Internet per «estendere il web nel lo spazio pubblico, facilitando il gioco, la sovversione e l’intervento artistico» (Greene 2004, p. 34). Per il suo King’scross phone-in (1994) il mondo della rete si è fatto complice di una situazione, quella creata dallo squillo sincronico dei 36 telefoni della stazione londinese azionati dagli utenti istruiti sul web, e dalle reazioni dei passanti scatenate dall’assurdità del caso.
Shulgin ha proseguito la sua ricerca visiva nell’ambito della fotografia, coniugando estetica e comunicazione. La diffusione di fotografie di diversi autori sul sito dedicato di Hot pictures (1994) ha aperto alle possibilità di partecipazione e di diffusione della rete; Desktop is (1997-98) ha eletto fermoimmagini di desktop (l’interfaccia del computer) inviati dagli utenti a opere readymades di una mostra dedicata.
Partendo da una formazione nel cinema sperimentale, Lialina, artista, teorica, critica e curatrice di mostre, ha concepito nuove tipologie di narrazione filmica, come quelle interattive e non lineari di My boyfriend came back fromthe war (1996), e di Agatha appears (1997). Il duo Jodi.org ha formulato una nuova estetica generata dall’errore del software. Siti, giochi familiari alla cultura popolare sono stati trasformati in pure astrazioni.
Quando l’I. a. è nata con la net.art, arte e comunicazione si trovavano al centro di numerose iniziative. Filantropi, come George Soros, ONG (Organizzazioni Non Governative), e la Commissione europea di Bruxelles hanno sostenuto la ricerca sperimentale per facilitare l’apertura al mondo occidentale dell’Europa dell’Est dopo il collasso dell’Unione Sovietica.
Diversi altri artisti hanno intrapreso la stessa direzione di ricerca, operando da altre località nel mondo, per ritrovarsi spesso in attività di scambio con la scuola europea. Tra loro: Annie Abrahams (n. 1954), Mark Amerika (n. 1960), Simon Biggs (n. 1957), Natalie Bookchin (n. 1962), Alexander R. Galloway (n. 1974), Eduardo Kac (n. 1962), Mark Napier (n. 1961), Lia, John F. Simon Jr (n. 1963), Jeffrey Shaw (n. 1944), Mark Tribe (n. 1966), Victoria Vesna (n. 1959).
Invece, Benjamin Fry (n. 1975), Gregory Chatonsky (n. 1971), Cory Arcangel (n. 1978), Marco Cadioli (n. 1960), Mauro Ceolin (n. 1963), Andy Deck (n. 1968), Reinald Drouhin (n. 1969), Valéry Grancher (n. 1967), il collettivo I/O/D, Yael Kanarek (n. 1967), Golan Levin (n. 1972), Patrick Lichty (n. 1962), Peter Luining (n. 1961), Lorna Mills, Chiara Passa (n. 1973), Casey Reas (n. 1972), Stanza (n. 1962), Tamás Waliczky (n. 1959), Martin Wattenberg (n. 1970), Marius Watz (n. 1973), Carlo Zanni (n. 1975) sono alcuni tra gli autori di produzioni poliedriche, specchio di Internet nelle sue varie evoluzioni.
L’I. a. è già di per sé sovversiva. Alcuni artisti si sono distinti per un lavoro più esplicitamente politico. Con il progetto Hacker Art BBS (1990), Tommaso Tozzi (n. 1960) è stato un pioniere in Italia nell’aver proposto sistemi di azione sociale quanto più possibile aperti, nel nome dell’arte. Il collettivo Critical art ensemble (CAE), Ricardo Dominguez, il duo italiano conosciuto – tra gli altri – come 0100101110101101.org, alias Eva e Franco Mattes, Paolo Cirio e Alessandro Ludovico (fondatore della rivista specializzata «Neural»), i collettivi anonimi ®™Ark (Stati Uniti,1991) ed etoy (Svizzera,1994), il duo austriaco Ubermorgen.com (Hans Bernhard e Lizvlx) sono altre figure di riferimento in questo ambito.
Alcune opere seminali sono state realizzate da artisti che hanno impiegato Internet in un momento circoscritto del loro lavoro. In una ricerca che verte su linguaggio e dimensione mediatica, Muntadas è autore del pionieristico The File room. Archive for censorship (1994), un archivio di frasi censurate cresciuto nel tempo con l’intervento degli utenti, commissionato dalla Randolph Street Gallery (Chicago).
Riferimenti importanti sono anche piattaforme on-line, come Rhizome.org (1996), Furtherfield.org (1997), Turbulence.org (1996), Äda’web (1994), fondata da Benjamin Weil per incoraggiare artisti noti, come Jenny Holzer (n. 1950) e Julia Scher (n. 1954).
Entrata istituzionale e post Internet. – Nei primi anni l’I. a. è stata coltivata nella cerchia ristretta di specializzati e cultori della materia, ruotando, dalla fine degli anni Settanta e fino a tutti gli anni Ottanta, attorno a diverse realtà dedicate, tra cui: SIGGRAPH (Special Interest Group onGRAPHics, Stati Uniti), ISEA (Inter Society for the Electronic Arts), Transmediale (Berlino), Ars Electronica (Linz, Austria), ZKM (Zentrum für Kunst und Medientechnologie, Karlsruhe, Germania), InterCommunication Center (Tōkyō).
Se l’Europa ha registrato l’attività più intensa degli esperimenti pionieristici, fatta eccezione per alcuni casi (la Tate Britain a Londra e alcune inclusioni istituzionali, come la manifestazione tedesca Documenta X nel 1997), è stato negli Stati Uniti, tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del Duemila, che Internet e New media art hanno catturato l’interesse di diverse istituzioni attive nel sistema dell’arte ‘tradizionale’.
DIA Art Foundation, Guggenheim Museum, Whitney Museum of American art, MoMA (Museum of Modern Art), New museum (New York), Walker Art Center (Minneapolis), SFMoMA (San Francisco Museum of Modern Art) hanno creato aree dedicate, curate da professionisti specializzati e pensate in formule satellitari al museo, spesso sostenute da sponsor esterni. Si sono affacciati sul mercato alcuni spazi privati dedicati, come Postmasters e Bitforms (New York), e DAM gallery (Berlino) e sono nate piattaforme on-line come CRUMB (Curatorial Resource for Upstart Media Bliss, 1998) per favorire discussioni su presentazione e conservazione di arti effimere.
Dopo il crollo del mercato informatico nei primi anni Duemila, il supporto e l’interesse per Internet e New media art è scemato notevolmente, considerando anche le difficoltà di conservazione e una certa resistenza della critica. Il riconoscimento istituzionale, il prevalere della dimensione ubiquitaria nella condizione sociale, dove lo spazio fisico è distribuito in quello del network, hanno sancito l’entrata dell’I. a. in una nuova fase. Dal 2005 si parla di Post Internet art, espressione coniata da Marisa Olson nel 2006 per indicare qualsiasi tipologia di produzione artistica influenzata da Internet e dal mezzo digitale; prende così forma la visione ‘post-media’ del teorico russo Lev Manovich (Post-media aesthetics, 2001, http://manovich.net/index.php/projects/post-media-aesthetics). I contenuti sono ora presi da Internet e remixati con e per i moderni canali di comunicazione – blog, social network (Facebook, Twitter), canali di distribuzione video (YouTube, Vimeo), o di immagini (Flickr). Molti dei pionieri sono operativi in questo ambito, oltre a numerosi altri, come Oliver Laric (n. 1981), Guthrie Lonergan (n. 1984), Rafaël Rozendaal (n. 1980), i collettivi Les Liens Invisibles, IOCOSE, Studio ++, Oriana Persico e Salvatore Iaconesi. Il loro lavoro è rappresentativo di questa condizione postmediale.
L’artista greco Miltos Manetas (n. 1964), iniziatore di correnti – come Neen (2000), con cui riuniva una generazione ancora indefinita di creativi –, nel 2014 ha fondato il movimento Ñewpressionism, nell’ambito del quale artisti giovani e affermati hanno ritratto, come neoimpressionisti, il nuovo Internet da cercare nella dimensione analogica di cui la tecnologia è ormai parte integrante. L’apparire del linguaggio visivo della tecnologia digitale e di Internet nella dimensione fisica, e l’ibridazione tra reale e virtuale sono sintetizzate nell’espressione New aesthetic lanciata dallo scrittore inglese James Bridle (The new aesthetic. Waving at the machine, 2011, http://booktwo.org/notebook/waving-at-machines/).
Bibliografia: M. Deseriis, G. Marano, Net.Art. L’arte della connessione, Milano 2003; C. Paul, Digital art, London 2003; J. Stallabrass, Internet art. The online clash of culture and commerce, London 2003; R. Greene, Internet art, London 2004; V. Tanni, Net art. Genesi e generi, in Le arti multimediali digitali, a cura di A. Balzola, A.M. Monteverdi, Milano 2004, pp. 277-87; M. Bolognini, Postdigitale. Conversazioni sull’arte e le nuove tecnologie, Roma 2008; D. Quaranta, Media, new media, postmedia, Brescia 2010; Art and the Internet, ed P. Adler, L. Hayman, A. Hidalgo et al., London 2013; You are here. Art after the Internet, ed. O. Kholeif, Manchester 2014.