Internet. Cinguettii in libertà
Twitter compie sei anni e ha raggiunto i 500 milioni di iscritti. Il social network si è rivelato un rapido ed efficace mezzo di comunicazione in caso di eventi eccezionali, ma secondo lo scrittore Jonathan Franzen diffonde l’analfabetismo digitale.
Servizio di social networking e microblogging che consente agli utenti di inviare e leggere messaggi testuali di lunghezza inferiore ai 140 caratteri, noti come ‘tweet’ (cinguettio), Twitter ha appena compiuto sei anni e li dimostra tutti. Creato a San Francisco da Jack Dorsey e dai compagni di merenda Noah Glass, Evan Williams e Biz Stone, Twitter ha debuttato in rete nell’estate del 2006, riscuotendo un immediato successo tra geeks, early adopters e gente in fuga da Facebook. Flashforward al febbraio 2012: il numero di discepoli ha raggiunto quota 500 milioni, con oltre 240 milioni di tweet e 1,6 miliardi di ricerche su base giornaliera. Definito l’«sms di Internet», Twitter è fruibile gratuitamente su dispositivi come personal computer, smartphone, tablet e console collegati a Internet.
Il suo utilizzo è a prova di idiota. Gli utenti possono scrivere o leggere messaggi, seguire ed essere seguiti da altri membri, gruppi e, sempre più spesso, da bot (applicazioni che eseguono azioni in modo automatico, sui social network possono anche simulare la presenza di un utente). Ogni utente ha a disposizione una pagina web personalizzabile che mostra automaticamente nuovi messaggi, commenti e aggiornamenti. Una pratica assai diffusa su Twitter è l’acquisto di seguaci per incrementare artificialmente la propria popolarità, un peccato veniale di cui è stato accusato, tra i tanti, il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti Mitt Romney. Nel luglio 2012, otto dei dieci account più seguiti in assoluto sono di pop star.
Ai primi posti troviamo Lady Gaga, Justin Bieber, Katy Perry, Rihanna, Britney Spears. Dal 2009 il servizio è disponibile anche in lingua italiana e dal 2010 permette di visualizzare immagini e video citati direttamente nei tweet. Il miliardesimo cinguettio è stato registrato a tre anni, due mesi e un giorno dal debutto.
La natura in tempo reale delle comunicazioni di Twitter lo rende particolarmente efficace come sistema d’informazione durante elezioni politiche, terremoti, incendi, tsunami e altre calamità. L’utilizzo del servizio, inoltre, aumenta considerevolmente durante eventi sportivi popolari, come i campionati di cricket in Inghilterra, fatti di cronaca o quelli che il teorico dei media Daniel Boorstin ha definito «pseudoeventi». La morte di Michael Jackson, per esempio, ha fatto registrare picchi di 450 tweetal secondo. Twitter ha senza dubbio reso più interattivo, coinvolgente e partecipativo il consumo di programmi televisivi, anche se per il momento non ha migliorato i programmi in quanto tali.
Quando non sono impegnati a gamificare il sistema formativo, gli ‘esperti di media’ spergiurano che la social television – più che un fenomeno, un ossimoro – rappresenta il futuro dell’umanità. Più difficile valutare l’impatto di Twitter durante eventi quali rivoluzioni, disordini e agitazioni sociali.
Quel che è certo è che durante la cosiddetta primavera araba, i governi iraniano ed egiziano hanno bloccato l’accesso a Twitter per sabotare i ribelli durante le sommosse rispettivamente del 2010 e 2011. Manovra del tutto inutile considerando che gli utenti di Twitter in questi paesi sono inferiori all’1%. Da parte sua, Twitter ringrazia: la censura si è rivelata un’efficace forma di promozione (in)diretta. Al pari di altri servizi di social network, Twitter è amato e odiato in egual misura dagli intellettuali della Rete. Bersaglio ricorrente delle critiche è l’estrema brevità dei messaggi, che per alcuni rappresenta la conferma che Internet ci ha resi impazienti, superficiali e distratti (cfr. Nicholas Carr). I tweet sono definiti spesso brain fart o ‘peti cerebrali’, pensieri scoordinati in libertà vigilata. L’etimologia supporta questa tesi. Dopo tutto, il termine inglese tweet significa anche «breve scoppio di informazioni inconseguenti».
Nel 2007, lo scrittore Bruce Sterling ha dichiarato che il potenziale pedagogico è limitato. Per essere precisi, ha paragonato gli utenti di Twitter a chi si serve di una radio CB per ascoltare la lettura dell’Iliade da parte di un camionista.
Per la cronaca, Sterling usa Twitter in modo intenso, al pari dell’amico William Gibson, la cui produzione di cinguettii elettronici è fenomenale come i suoi romanzi. Lo scrittore Bret Easton Ellis utilizza regolarmente Twitter per descrivere in anteprima la trama dei suoi futuri romanzi (American Psycho 2) o raccontare in dettaglio i suoi progetti letterari. Per converso, Jonathan Franzen considera Twitter «indicibilmente irritante» e «infinitamente irresponsabile».
Nel marzo del 2012, durante una lecture presso la Tulane University di New Orleans, l’autore delle Correzioni (2002) ha affermato che Twitter promuove attivamente nuove forme di analfabetismo digitale.
Per la cronaca, il primo Twitter della storia recita «just setting up my twttr» e porta la firma di Jack Dorsey (21 marzo 2006). Secondo il giornalista Clive Thompson (2008), Twitter è la massima espressione del narcisismo contemporaneo.
Il collaboratore del New York Times e di WIRED ha scritto che questo servizio di microblogging fomenta la vanità degli adolescenti. Pur non essendo esattamente un teenager, Thompson è molto attivo su Twitter. Jonathan Zittrain, docente di Legge presso il Dipartimento di legge dell’Università di Harvard, sostiene che «l’apparente vacuità di Twitter è la sua forza».
Ne sanno qualcosa Rick Moody e James Bridle, autori rispettivamente di un racconto (Some Contemporary Characters, 2009) e di un libro (My Life in Tweets, 2009) costituiti interamente da tweet. Due progetti indubbiamente didascalici, ma nell’era della condivisione coatta ogni cinguettio è lecito.