INTERVENTO
. Diritto processuale (App. I, p. 734). - Il codice di procedura civile del 1942 mantiene ferme le figure di intervento disciplinate dal codice abrogato (volontario, coatto ad istanza di parte e per ordine del giudice), ma offre una disciplina più precisa e completa dell'intervento volontario (art. 105), risolve, sebbene in modo non del tutto soddisfacente, le dispute sull'intervento coatto per ordine del giudice (art. 107) e riconduce la partecipazione dei creditori al processo di espropriazione (articoli 498-500, 525-528, 551, 563, 566) al minimo denominatore dell'adesione di nuove parti a un processo pendente, che è comune alle forme di intervento proprie del processo di cognizione.
Intervento volontario nel processo di cognizione. - È regolato nell'art. 105, il quale segna un solco incolmabile tra i terzi che fanno valere un diritto e i terzi che, facendo valere un proprio interesse, intervengono per sostenere le ragioni di alcuna delle parti: gli uni pretendono, in via d'intervento, quella tutela giurisdizionale cui potrebbero aspirare anche in un processo autonomo, e rientrano nelle due categorie dell'intervento principale (diritto fatto valere nei confronti di tutte le parti) e adesivo autonomo o litisconsortile (diritto fatto valere nei confronti di una delle parti), mentre gli altri pretendono una tutela giurisdizionale, per la quale l'interesse sorge dalla pendenza del processo tra le parti principali, talché non potrebbe formare oggetto di autonomo giudizio.
L'interveniente principale fa valere un diritto che è relativo all'oggetto già dedotto in giudizio, ma è incompatibile con le posizioni delle parti tra le quali già il giudizio si dibatte (esempio tipico è quello del terzo che, assumendosi proprietario della cosa litigiosa, interviene nel processo di rivendica di cui quella è oggetto).
L'intervento adesivo autonomo differisce da quello principale per ciò, che la domanda del terzo è diretta soltanto contro una delle parti principali e, indirettamente, giova all'altra parte, con la quale ha una posizione parallela: gli esempî più tipici sono dati dalla pluralità di legittimati senza essere litisconsorti necessarî, ad ottenere un provvedimento o ad influire su rapporti cui sono estranei (articoli 117, 2377 cod. civ.).
L'intervento adesivo dipendente rappresenta uno dei non pochi casi nei quali il processo civile tende alla tutela di interessi legittimi: sebbene la formulazione dell'art. 105 determini una specie d'inferiorità dell'interveniente rispetto alla parte adiuvata, non pare che ad essa corrisponda una sostanziale subordinazione del terzo, al quale deve riconoscersi, invece, la posizione di litisconsorte necessario della parte adiuvata, con i già lumeggiati effetti di carattere processuale.
Altre disposizioni contemplano esplicitamente i poteri d'intervento: ciò dicasi dell'art. 72, che regola i poteri del pubblico ministero interveniente; dell'art. 111 che consente al successore a titolo particolare nella cosa litigiosa di intervenire nel processo tra il dante causa e il terzo; dell'art. 268, che considera l'intervento del terzo comparso per la integrazione necessaria del contraddittorio.
Sullo svolgimento del processo con intervento il nuovo codice è assai laconico, perché dispone che il terzo, pur potendo intervenire fino alla udienza di rimissione della causa al collegio, non è abilitato, ove l'intervento abbia luogo dopo la prima udienza, a compiere atti non più consentiti alle altre parti (art. 268): la severa limitazione, dalla quale è consentito di evadere al solo terzo comparso per integrare il contraddittorio 1iecessario, è il prezzo pagato al sistema di preclusioni e di decadenze, in cui è costretto il processo di cognizione (articoli 183, 184).
La legittimazione all'intervento volontario in grado di appello è, come nel codice abrogato, riservata a chi potrebbe proporre opposizione di terzo. Ma l'art. 344 non risolve alcuno dei gravissimi problemi che erano sorti in sede d'interpretazione dell'art. 491, suo predecessore: l'ulteriore restrizione del ius novorum nell'art. 345, induce a limitare la legittimazione a coloro che potrebbero proporre opposizione ordinaria o revocatoria.
Intervento coatto nel processo di cognizione. - L'art. 106 disciplina, accanto alla chiamata in garanzia, l'intervento ad istanza di parte, ma non risolve esplicitamente il dubbio, che pur era sorto sull'art. 203 del codice abrogato, se a rendere comune la causa del terzo con quella delle parti principali fosse sufficiente la identità del petitum o della causa petendi, ovvero di entrambi gli elementi ebiettivi: è da preferire la opinione più rigorosa, che meglio delle altre assicura la libertà di agire del terzo (la opinione prevalente è contraria). L'art. 107 invece disciplina l'intervento, per ordine del giudice, del terzo al quale la causa è comune: essendo l'istituto fondato sulla necessità di evitare giudicati contraddittorî, sia pure solo dal punto di vista teorico - talché è da negare che esso abbia finalità meramente istruttorie - si spiega perché alla mancata osservanza dell'ordine da parte del litigante cui è diretto, segua la estinzione del processo (articoli 270, 307).
Oscuri rimangono, pur nella nuova normativa, non pochi aspetti della figura esaminata, specie se si considera che la chiamata può essere ordinata in ogni momento del processo di primo grado (art. 270); cioè, se il terzo acquisti, a seguito dell'ordine di chiamata, qualità di parte, come sembra probabile; se l'ordine possa essere emanato in grado di appello, come pure è opinione accettabile (art. 354).
Intervento nel processo di espropriazione forzata. - L'intervento dei creditori è ammissibile nel solo processo di espropriazione forzata, nel quale il conflitto fra di essi si compone sulla base del criterio del concorso (art. 2741) e non dell'esclusione. Postoché il titolo esecutivo legittima a provocare gli atti del processo di espropriazione (articoli 526, 564), si determina tra il creditore (ad istanza del quale è stato praticato il pignoramento) e gli intervenienti muniti del titolo esecutivo una situazione che è analoga al processo di cognizione, cui accedono intervenienti adesivi autonomi; con la duplice conseguenza che la iniziativa dei singoli atti può passare dall'uno all'altro, mentre i singoli atti producono effetti per tutti (argom. ex articoli 2913-2915 cod. civ., che estendono l'efficacia del pignoramento al creditore pignorante e agli intervenuti).
Anche nella fase di espropriazione vera e propria che si conclude con la vendita e l'assegnazione, è ammesso l'intervento di creditori non muniti di titolo esecutivo, ma questa attività processuale non si estrinseca nel processo di espropriazione, sibbene è, per così dire, a futura memoria: nel senso che spiegherà i suoi effetti nella fase di distribuzione della somma ricavata, per partecipare alla quale non è necessario il titolo esecutivo. È da notare che, mentre nell'espropriazione mobiliare possono, con le limitate facoltà da ultimo considerate, partecipare i titolari di crediti certi, liquidi ed esigibili (articoli 525, 551), nella espropriazione immobiliare possono intervenire anche i titolari di crediti sottoposti a termine o a condizione (art. 563).
Il tempo, nel quale la domanda d'intervento è spiegata, provoca tra i creditori cause di prelazione, aventi efficacia meramente processuale nella fase di distribuzione del prezzo (cfr. articoli 527, 528, 565, 566, 596). In questa fase, lo si ripete, il titolo esecutivo non è rilevante, e i creditori, a differenza di quel che avviene nella fase di espropriazione vera e propria, assumono posizioni del tutto autonome, non collegate, neppure funzionalmente, dal provvedimento richiesto, che è per ciascuno di essi diverso sebbene condizionato, per l'unicità dell'oggetto su cui incide (somma ricavata), ai provvedimenti sollecitati dagli altri creditori.
La domanda d'intervento si prop0ne con ricorso diretto al giudice dell'esecuzione (art. 499), ma nei confronti dei creditori iscritti il creditore pignorante ha l'onere della denuncia della espropriazione in corso, la cui inosservanza non consente al giudice dell'esecuzione di provvedere sull'istanza di vendita o di assegnazione (art. 498). Peraltro, il provvedimento emesso in assenza dei creditori iscritti non è nullo ma può, se il difetto di denuncia sia colposo, dar luogo a risarcimento dei danni subìti.
Bibl.: S. Costa, L'intervento in causa di terzi, in Rivista di diritto processuale civile, 1943, I, 15; A. Segni, Intervento in causa, in Nuovo digesto italiano, 1938, VII, pp. 93-120; e tra le opere generali, V. Andrioli, Commento al codice di procedura civile, 2ª ed., Napoli, I, 1943, sub articoli 105-107; II, 1945, sub articoli 267-272; III, 1947, sub articoli 498-500, 525-528, 551, 563-566, 596; P. Calamandrei, Istituzioni di diritto processuale civile, Padova 1944, II, pp. 199-223; F. Carnelutti, Istituzioni del nuovo processo civile italiano, 3ª ed., Roma 1943, pp. 103, 248-256, 596; E. Redenti, Diritto processuale civile, Milano1947, I, pp. 251-255, 379-385; S. Satta, Diritto processuale civile, Padova 1948, pp. 88-91, 383-385, 399, 410, 420; M. Z. Zanzucchi, Diritto processuale civile, 4ª ed., Milano 1947, I, pp. 298-309; II, pp. 102-107; seconda edizione, Milano 1945, III, pp. 56-65, 139-141, 183.