INTRECCIO
Per i. si intende una forma o uno schema di decorazione nel quale linee, capi o nastri vengono incrociati o intessuti insieme secondo un principio di sovrapposizione alternata in modo da creare percorsi rettilinei o curvilinei.Motivi a i. ricorrono in stili e periodi diversi, su ceramiche e tessuti, nella scultura in pietra e in quella lignea, nella lavorazione del metallo e su pellami, nonché nella miniatura, oltre a essere ampiamente utilizzati nella decorazione architettonica. In particolare, l'uso del motivo a i. risulta caratteristico dell'arte europea, pagana e cristiana, dal 5° fino al 12° secolo.L'origine dell'i. nell'arte medievale - in special modo nel repertorio ornamentale dell'area germanica settentrionale e insulare, a cui appartengono le manifestazioni più elaborate di tale motivo - è stata oggetto di un dibattito critico che ha dato luogo a diverse teorie. Alcuni studiosi hanno ritenuto determinante per il suo sviluppo l'imitazione di tecniche tridimensionali di lavorazione, quali quelle dei tessuti, delle stuoie e dei canestri (Allen, Anderson, 1903, p. 142; Bain, 1951, p. 25). Altri ne hanno individuato la discendenza dal mondo mediterraneo (Lexow, 1921-1922; Holmqvist, 1939, p. 16ss.), ma a tal proposito è stato sottolineato come, benché evolute forme di i. siano state raggiunte nell'arte copta, ciò non costituisca motivo sufficiente per ritenere che esso ne derivi in modo specifico, giacché forme analoghe sono evidenti anche nell'arte tardoantica e bizantina (Nordenfalk, 1977, p. 14). D'altra parte poiché i principi che determinano la struttura dell'i. sono molto semplici - anche se possono condurre alla creazione di schemi straordinariamente complessi - si deve considerare la possibilità che tali principi possano essere individuati indipendentemente in tempi e luoghi diversi (Guilmain, 1993, p. 92).Nei mosaici tardoromani e nell'arte copta ricorrono varie forme di i. (regolare, simmetrico, cruciforme e di altro genere), utilizzate anche in seguito, per es. dai Longobardi (v.), secondo un processo che comporta la ripresa diretta di una forma da un ambito artistico a un altro. Se si confronta però l'uso del motivo dell'i. nel mondo romano e mediterraneo con l'equivalente di ambito germanico settentrionale, emergono chiaramente differenti presupposti culturali: da un lato si trovano infatti staticità, chiarezza e ordine, dall'altro dinamismo, complessità, asimmetria, e talvolta confusione. Va tuttavia anche considerato che la trasformazione e la metamorfosi del tema dell'i. a opera degli artisti germanici e insulari vennero determinate peraltro, in certa misura, dalla natura delle tecniche e dei procedimenti artigianali impiegati.Nel repertorio ornamentale insulare e germanico gli schemi ad annodature e a treccia coesistevano con l'i. di elementi zoomorfi e antropomorfi. Non è possibile identificare con precisione le origini, lo sviluppo e la cronologia di queste forme, ma è evidente che, sebbene l'i., zoomorfo e non, compaia nella produzione artistica delle tribù germaniche pagane su oggetti in metallo, gioielli, guarnizioni metalliche di cinture, spille, pendenti, armi, corni potori e coppe dei secc. 6° e 7°, le sue manifestazioni più complesse sono di ambito specificamente cristiano e compaiono in codici miniati, nella scultura in pietra e nella lavorazione del metallo della Britannia e dell'Irlanda (v.) cristiane tra il 7° e il 9° secolo.L'ornamentazione animalistica germanica è soltanto una delle componenti che influenzarono l'arte cristiana dell'Irlanda e dei regni celtici della Britannia; nel vocabolario dell'i. non zoomorfo della miniatura iberno-sassone si individuano infatti influenze artistiche dell'area del Mediterraneo sia orientale sia occidentale (Bober, 1967, pp. 40-49; Stevenson, 1982, pp. 12-15). Tutte queste componenti furono velocemente assimilate e fuse con motivi di tradizione propriamente celtica, fino a determinare la creazione degli straordinari disegni delle carpet pages dei manoscritti di Durrow, Lindisfarne e Kells.Si è ipotizzato che l'i. zoomorfo del II stile germanico (v. Animalistici, Stili) si sia creato per addizione di teste e di code a nastri intrecciati e che quello non zoomorfo si sia invece originato dalle circonvoluzioni e dalle schematizzazioni dei motivi animalistici. Secondo Åberg (1943-1947, III, p. 38), nel corso del sec. 6° l'ornamentazione animalistica nordica si era ampiamente diffusa nell'arte germanica del continente, raggiungendo verso S l'Italia longobarda e verso O l'Inghilterra anglosassone. Il I stile germanico del continente era dunque una componente di questo sviluppo che doveva incontrarsi con l'i. mediterraneo. Il II stile che si venne a creare certamente presupponeva il I stile nordico ma non per questo ne dovette necessariamente derivare. Questo nuovo stile dunque non dovrebbe essere considerato come un'ornamentazione animalistica influenzata dall'i., bensì come uno stile mediterraneo di i. che conservava integralmente il proprio schema, arricchito però da elementi zoomorfi. Åberg (1943-1947, III) ritenne inoltre che l'invasione longobarda dell'Italia, avvenuta nel 568, avesse costituito il presupposto per lo sviluppo del II stile, dato il ruolo essenziale dell'i. mediterraneo nella sua formazione, avvenuta dunque tra il 568 e il 600 ca., e su tale base egli riteneva che al di fuori dell'Italia il II stile fosse un fenomeno riconducibile al 7° secolo.L'esame del materiale archeologico scandinavo tuttavia ha fatto constatare l'esistenza di schemi a i. anteriori al sec. 6°, in manufatti metallici e liturgici. È stata chiaramente dimostrata l'esistenza, nelle regioni che affacciano sul mare del Nord, di un tipo di i. interrotto, formato da motivi a occhiello, che potrebbe costituire un grado dell'evoluzione verso l'i. animalistico caratteristico del II stile (Holmqvist, 1951). In particolare è da considerare in proposito la decorazione sulle placchette a repoussé di un corno potorio proveniente da Söderby-Karl (Stoccolma, Statens historiska mus.), che indicherebbe una continuità nella tradizione artigianale dell'Uppland, in Svezia, dal sec. 4° fino alla tarda fase di Vendel. Vanno inoltre prese in esame le aste di lancia decorate (Copenaghen, Nationalmus.), provenienti dal deposito votivo in una palude di Kragehul, nell'isola di Fyn, in Danimarca (Engelhardt, 1867, tav. II, fig. 9; Salin, 1904, figg. 559-560), considerate a lungo un caso unico e discusso (Åberg, 1945, p. 258), ma che possono oggi essere confrontate con altre aste di lancia (Copenaghen, Nationalmus.), rinvenute nel 1991 in un deposito votivo denominato Nydam III (inedito), sempre in Danimarca, le quali confermano che sia gli schemi a treccia sia l'i. zoomorfo erano in uso nella Scandinavia occidentale nel tardo 5° secolo. Questo tipo di i. si distingue tuttavia dagli schemi mediterranei regolari che erano stati ritenuti determinanti per la formazione del modulo decorativo germanico. La tendenza verso schemi a i. è manifesta anche nelle placchette di foderi in oro scandinavi, con la loro elaborata decorazione a filigrana, e nei bratteati d'oro del c.d. tipo D. La filigrana si presta in modo mirabile a essere lavorata per ottenere forme sinuose 'a vite', a S e a spirale. Sulla placchetta di fodero (Copenaghen, Nationalmus.), proveniente da Hou, nell'isola di Langeland, in Danimarca, appare rappresentata una figura realizzata in filigrana con la testa girata all'indietro per permettere alle fauci di racchiudere il corpo sinuoso avvolto a S (Speake, 1980, p. 53, fig. 4p).È possibile ricavare in un contesto anglosassone una cronologia più esatta dello sviluppo dell'i. sulla base del ricco materiale proveniente dalla nave-tomba di Sutton Hoo (Londra, British Mus.), databile al 625 ca., che comprende manufatti, come per es. le insegne regie, decorati con i. sia zoomorfo sia privo di elementi animalistici. Una coppia di placchette rettangolari è decorata da un motivo a cordone costituito da un semplice i. a due bande, eseguito con granati in alveoli d'oro; elaborati bordi di i. zoomorfi, anch'essi con granati, arricchiscono i fermagli da spalla, che, per la presenza di campi rettangolari in cui si allineano alveoli dal profilo a gradini, anticipano le carpet pages della miniatura insulare. Le superfici che incorniciano tali riquadri sul bordo delle valve di questi fermagli da spalla rivelano due schemi differenti di i. animalistico: il segmento verso l'estremità mostra il motivo simmetrico di due creature speculari, legate insieme in un unico avvitamento del loro corpo nastriforme terminante in una zampa posteriore allungata; ciascuno di questi esseri volge la testa all'indietro e morde il proprio corpo. Gli altri tre segmenti della cornice presentano un identico motivo con una sequenza di tre creature intrecciate, retrospicienti, prive di arti, che mordono con lunghe fauci il proprio corpo allungato. Tutte le creature che ornano il bordo di questi affibbiagli hanno in comune occhi semicircolari di vetro opaco azzurro posti alla sommità delle teste che danno l'impressione di uno sguardo fisso.Il motivo delle bande intrecciate a 'cordone', di ispirazione classica, che orna le placchette rettangolari è stato messo in rapporto con decorazioni presenti sui bordi dei mosaici pavimentali dell'arte tardoromana (Kendrick, 1940), ma il più complesso i. animalistico dei fermagli da spalla di Sutton Hoo, come anche quello delle guarnizioni di borsa facenti parte dello stesso ritrovamento, indicano antecedenti scandinavi. Va ricordato a tale proposito che alcuni dei regalia, l'elmo e lo scudo, sono manufatti importati dalla Svezia. Inoltre, benché non vi sia dubbio, vista la presenza di inserti di millefiori blu e bianchi, che la borsa sia stata realizzata nell'Anglia orientale dallo stesso maestro che eseguì i fermagli da spalla e altri pezzi, i motivi zoomorfi e a figure sono comunque da mettere in rapporto con l'arte della Svezia nella fase di Vendel. Per es., la placchetta centrale superiore della borsa - consistente in due coppie di animali affrontati realizzati nella tecnica ad alveoli, le cui fauci e arti allungati si intrecciano - è stata considerata come la traduzione stilizzata del tema delle coppie di cavalli rampanti e intrecciati che si trovano sul bordo dell'umbone dello scudo (The Sutton Hoo Ship-Burial, 1975-1978, II, fig. 384).Contrasta con la decorazione policroma dei fermagli da spalla e delle placchette della borsa l'i. zoomorfo sulla grande fibbia d'oro di questo corredo, la cui decorazione, realizzata per fusione e arricchita da inserzioni di niello, consiste di un complesso reticolo animato di quadrupedi, serpenti e teste di volatili intrecciati, per un totale di tredici figure, tutte sapientemente coordinate e organizzate. Su ognuna delle metà dell'anello è posta una sottile creatura serpentiforme, il cui corpo inanellato e annodato termina alle estremità in una coda e in una testa in atto di mordere. Nell'elemento circolare alla base dell'ardiglione si trovano due serpenti di lunghezza disuguale, strettamente annodati insieme; quello più corto morde il corpo del suo compagno, che invece morde la propria coda. Osservando la placca della fibbia con l'ardiglione verso l'alto, dalle spalle, al di sopra delle due semplici borchie superiori, 'pendono' due teste di volatile, con becchi ricurvi di rapace e sopracciglio ad angolo; su ciascun lato si trovano poi, fluttuanti verso il basso, quattro animali nell'atto di mordere, i cui corpi sono perforati dietro le zampe anteriori e sui fianchi per consentire alle membra di intrecciarsi secondo un ordine simmetrico e un percorso ondeggiante. Solo la diversità delle teste consente di differenziare l'uno dall'altro gli animali: quelli superiori presentano entrambi le fauci formate da un occhiello continuo, mentre le teste di quelli inferiori hanno sopracciglia angolate più pronunciate, menti appuntiti e mascelle 'a forcone'. All'estremità inferiore, rannicchiata a testa in giù e trattenuta nelle fauci di queste bestie, appare una creatura simile a una rana, con una delle zampe anteriori stretta nelle proprie fauci chiuse ad anello. L'area centrale della placca mostra due serpenti con le teste simmetricamente situate al di sopra della borchia inferiore, ma i cui corpi, di lunghezza differente, sono annodati e legati insieme in uno schema ingegnosamente asimmetrico.A eccezione dell'ornamentazione dell'anello della fibbia e dell'animaletto simile alla rana, tutte le altre figure presentano una decorazione a niello, per la quale vengono utilizzati due diversi moduli ornamentali: nella parte centrale sul corpo dei serpenti appare un effetto 'a scala', creato da solchi longitudinali tratteggiati niellati, mentre le teste, gli arti e i corpi delle altre creature sono posti in risalto da cerchietti in oro risparmiati su uno sfondo a niello.Lo stile dell'i. principale di questo manufatto è straordinariamente vicino agli schemi ornamentali presenti negli oggetti ritrovati nelle tombe della Svezia orientale della fase di Vendel, sebbene questo tipo di fibbia risulti sconosciuto in Svezia. Gli animali aggrovigliati che, lateralmente, sembrano ondeggiare verso il basso possono essere confrontati con la sequenza di teste e corpi di animali in analogo atteggiamento che orna la lamina di scudo proveniente dal tumulo 12 di Vendel e con le placchette di fornimenti provenienti dalla medesima tomba (Stoccolma, Statens historiska mus.), in quanto gli arti degli animali e i sopraccigli presentano lo stesso motivo realizzato a niello che caratterizza le figure rappresentate sui bordi della fibbia di Sutton Hoo.Di particolare rilevanza appare del resto - in relazione a successivi sviluppi stilistici - l'analogia con l'i. zoomorfo dei riquadri orizzontali superiore e inferiore della decorazione di c. 192v del Libro di Durrow (Dublino, Trinity College, 57, già A.4.5; Speake, 1980, fig. 14a-1f), benché si debba ricordare che il sopracciglio ad angolo che caratterizza molti degli esseri presenti nel II stile animalistico non compare in questo manoscritto né in alcun altro esempio di miniatura insulare; l'ornato della c. 192v è una trascrizione calligrafica di motivi appartenenti al II stile animalistico di area anglosassone, nella quale non vi è individuazione spaziale, ma solo un continuum bidimensionale di forme zoomorfe intrecciate. Gli i. che caratterizzano la miniatura del Libro di Durrow e le figure di Sutton Hoo - non solo lungo il bordo ma anche sulle placchette decorative dell'orlo delle coppe in legno d'acero - hanno in comune i corpi sinuosi, i doppi contorni, i fianchi piriformi, le zampe posteriori relativamente corte e quelle anteriori allungate che si avvolgono su se stesse o, come nel Libro di Durrow, che appaiono allacciate alle zampe e ai corpi degli animali adiacenti.I regalia di Sutton Hoo attestano la coesistenza di i. zoomorfi e non, e la decorazione 'a tappeto' e zoomorfa dei fermagli da spalla precorre il tipo di ornamentazione che caratterizza alcune pagine della miniatura insulare. Sia nel Libro di Durrow sia a Sutton Hoo compare il medesimo chiaro schema ornamentale e, benché tecnica e materiali siano differenti, sembra evidente la continuità sotto l'aspetto artistico.Un altro elemento che si evidenzia nel materiale anglosassone è la progressiva tendenza verso una perdita di chiarezza nell'ornamentazione zoomorfa mano a mano che le forme animalistiche divengono più schematiche e più decisamente nastriformi, con arti e dettagli anatomici gradualmente ridotti a elementi secondari, mentre l'i. acquisisce uno spazio dominante. Il fenomeno è chiarissimo nel disco in bronzo fuso dorato proveniente dal tumulo 2 di Sutton Hoo (The Sutton Hoo Ship-Burial, 1975-1978, I, fig. 71) e nei due medaglioni in bronzo dorato provenienti dal tumulo di Caenby (Londra, British Mus.). Questi ultimi sono derivati da un motivo a i. formato da undici serpenti, tutti di lunghezza diversa, ciascuno dei quali ha un corpo a nastro bisolcato, terminante da un lato in fauci 'a forcone' e dall'altro in una coda appuntita; le estremità degli undici serpenti sono collocate lungo il bordo esterno del medaglione dove i rettili si mordono l'un l'altro la coda (Speake, 1980, fig. 10g). È possibile istituire un confronto con i serpenti che ornano la base circolare dell'ardiglione della fibbia d'oro di Sutton Hoo.L'asimmetria di questi i., con dettagli zoomorfi dissimulati, differisce dagli schemi di i. regolare che compaiono nei manoscritti, che risultano disegnati con l'aiuto di una struttura a griglia di base. Il primo esempio di i. in un manoscritto insulare si trova sulla pagina del colofone, alla fine del Vangelo di Matteo, in ciò che resta di un evangeliario a Durham (Dean and Chapter Lib., A. II. 10, c. 3v). Il motivo compare al centro delle fasce che incorniciano sul lato destro della pagina tre campi a forma di D con un diverso disegno per ognuno. Queste fasce sono eseguite in giallo e ciascun nastro presenta una doppia linea di puntini, mentre gli spazi di risulta tra le curvature delle D sono riempiti da un nastro a i. in giallo, blu e rosso. Sebbene le forme non siano zoomorfe, è stato osservato (Wilson, 1984, p. 33) come questo i. sia imparentato con quello dell'anello della fibbia di Sutton Hoo; inoltre, non manca di suscitare interesse il fatto che in quest'ultima compaia, come si è visto, la decorazione a puntini. È possibile che tale motivo riprenda il tipo di lavorazione dell'oro a niello, ma potrebbe anche costituire un'imitazione dell'i. a filigrana d'oro anglosassone (Speake, 1980, fig. 4). I paleografi concordano nel ritenere il manoscritto di Durham realizzato in Northumbria, sotto l'influenza irlandese, intorno alla metà del 7° secolo. Il tipo di i. che appare in questo codice venne sviluppato con maggiore raffinatezza in epoca successiva, nel Libro di Durrow e nell'Evangeliario di Lindisfarne (Londra, BL, Cott. Nero D.IV).In un'analisi pionieristica degli schemi di i. sulle opere in pietra scolpita della Scozia (Allen, Anderson, 1903, pp. 142-143) venne formulata l'ipotesi che gli artefici potessero aver ripreso l'idea del motivo a i. o 'a treccia' dalla miniatura, sviluppando questo tipo di decorazione con l'aiuto di schemi geometrici di base. Il motivo a i. dell'arte insulare è stato descritto come formato a partire da griglie diagonali, le cui linee aumentarono di spessore sino a formare nastri; secondo tale interpretazione lo schema portante non veniva creato dalle linee della griglia, ma dai loro punti di intersezione (Allen, 1904, p. 265). La creazione di croci 'in negativo' negli schemi di i. di talune carpet pages, per es. nel Libro di Durrow, può essere considerata un riferimento intenzionale alla croce come tema cristiano; le pagine 'a tappeto' possono essere dunque interpretate come pagine a croce o a croci multiple (Stevenson, 1982, p. 15).Nel Libro di Durrow gli i. sono molto articolati e risulta difficile classificarli. Per es., l'esame della carpet page a c. 1v mostra la disposizione della pagina e la distribuzione dei motivi decorativi organizzate in una semplice griglia di quadrilateri quasi quadrati, i cui punti di intersezione costituiscono la traccia per la distribuzione dell'intreccio. Nelle fasce superiore e inferiore però l'artista introdusse un motivo a compasso: in ciascuno dei riquadri, all'interno di una griglia diagonale, egli inserì cerchi originanti nodi in forma di otto combinandoli con trecce laterali; egli usò il sistema delle variazioni di colore all'interno dello stesso nastro, creando così un alternarsi di forme nell'ambito di un percorso ininterrotto.D'altra parte esistono forti somiglianze tra questo schema e l'i. 'costantiniano' di cui è esempio una pagina di un codice di Vivarium (Parigi, BN, lat. 12190, c. Av; Roth, 1979, tavv. 1-4; Guilmain, 1993, pp. 93-94). Una consistente differenza tuttavia è nel fatto che l'artista di Durrow trasformò i cerchi in spirali parziali, costituendo così delle figure aperte a otto e rendendo più complesso il movimento del nastro: l'uso dinamico della spirale non deriva dal mondo mediterraneo, né orientale, né occidentale, ma dall'ambito celtico. Le pagine del Libro di Durrow presentano tuttavia una composizione relativamente semplice se confrontate con quelle dell'Evangeliario di Lindisfarne, realizzato forse un trentennio dopo e probabilmente anteriore al 698. Alle cc. 26v, 139r e 210v è disegnata una griglia quadrata; a c. 2v appare tracciata una griglia di sedici quadrati disegnati a punta secca, che costituisce la struttura portante per lo schema del motivo del nodo circolare a doppio nastro (Bruce-Mitford, 1960). Peculiare dell'Evangeliario di Lindisfarne è anche l'i. animalistico, nel quale sono introdotti volatili e cani, invece degli animali del II stile di Sutton Hoo. Sulla carpet page con i. animalistico (c. 26v) diversi tipi di animali formano, all'interno dei bracci della croce e tutt'intorno, un compatto tappeto. Nonostante l'alto grado di elaborazione delle figure zoomorfe e la complessità dei nastri larghi e stretti che si intrecciano, gli animali sono raggruppati insieme in un numero facilmente discernibile di unità simmetriche; l'equilibrio e la coesione sono garantiti dal sistema attentamente elaborato di moduli fissi.Conclusioni analoghe sono state raggiunte in merito alla disposizione e alla distribuzione dei motivi decorativi a i. nella scultura anglosassone e vichinga (Adcock, 1978, pp. 33-46; Cramp, 1984, p. XXVIIIss.). Si è ipotizzato (Adcock, 1978) l'uso di modelli di i. realizzati in pelle o in fili intrecciati e forse anche di sagome. I motivi decorativi e gli schemi di i. classificati da Adcock (1978) sono stati adottati successivamente in un repertorio di i. che stabilisce con grande chiarezza gli elementi e le norme relativi alle unità formali e alle loro variazioni (Cramp, 1984, figg. 14-26); sono state individuate sei serie complete di motivi decorativi con le variazioni prodotte dalle loro combinazioni; i motivi possono essere resi più complessi e arricchiti dall'impiego del doppio capo.Occorre sottolineare l'inventività nell'uso dell'i., che, più che nella scultura, risulta evidente nella miniatura, come appare dal Libro di Kells (Dublino, Trinity College, 58, già A.I.6), nella cui complessa impaginazione vennero inserite, oltre a raffigurazioni zoomorfe, a girali e a intrecci regolari, anche figure umane. Descritto appropriatamente come in moto perenne (Nordenfalk, 1977, p. 19), questo i. si caratterizza per l'elasticità nelle espansioni e nelle contrazioni, e, come un liquido in un contenitore, è in grado di adattarsi agli spazi che deve colmare, cambiando forma se necessario, da uno schema all'altro; usati in connessione con le iniziali, i girali e l'i. tendono effettivamente a straripare, come nella nota iniziale dell'Incarnazione nel Libro di Kells (Nordenfalk, 1977, p. 19).Lo sviluppo e l'uso continuativo dell'i. sino in epoca romanica costituiscono un tema di notevole rilevanza: è stata per es. abilmente dimostrata l'assimilazione dei motivi animalistici intrecciati di origine germanica, con minime variazioni, nella decorazione scolpita e miniata fino al sec. 12° (Zarnecki, 1990). La capillare diffusione, tramite l'attività missionaria, di opere in metallo e di manoscritti può spiegare il fatto che motivi caratteristici dello stile anglosassone e insulare siano stati trasmessi e adottati negli scriptoria dell'Europa continentale. Allo stesso modo, la tradizione dell'i. zoomorfo continuò, quasi senza soluzione di continuità, in Scandinavia - con espressioni e sviluppi stilistici nell'epoca vichinga -, dove si combinò con altri motivi provenienti dall'Europa carolingia (v. Carolingia, Arte).
Bibl.: C. Engelhardt, Kragehul Mosefund [Scavi nella palude di Kragehul], København 1867; J.R. Allen, J. Anderson, The Early Christian Monuments of Scotland, Edinburgh 1903; J.R. Allen, Celtic Art in Pagan and Christian Times, London 1904; B. Salin, Die altgermanische Thierornamentik, Stockholm 1904; E. Lexow, Hovedliniere i entrelacsornamentikens historie [Lineamenti generali della storia degli ornamenti a i.], Aarbok Bergen's Museums, 1921-1922, pp. 1-92; W. Holmqvist, Kunstprobleme der Merowingerzeit, Stockholm 1939; T.D. Kendrick, The Sutton Hoo Ship-Burial: the Archaeology of the Jewellery, Antiquity 14, 1940, pp. 28-29; N. Åberg, The Occident and the Orient in the Art of the Seventh Century; I, The British Isles; II, Lombard Italy; III, The Merovingian Empire, Stockholm 1943-1947; id., Spjutskaften fran Kragehul mose [L'impugnatura della lancia trovata nella palude di Kragehul], Fornvännen. Tidskrift foer svensk Antikvarisk forskning 40, 1945, pp. 251-259; G. Bain, The Methods of Construction of Celtic Art, Glasgow 1951; W. Holmqvist, Viking Art in the Eleventh Century, AArch 22, 1951, pp. 1-56; G. Haseloff, Fragments of a Hanging-Bowl from Bekesbourne, Kent, and Some Ornamental Problems, MArch 2, 1958, pp. 72-103; R.L.S. Bruce-Mitford, Decoration and Miniatures, in Evangeliorum Quattuor Codex Lindisfarnensis, II, Olten-Lausanne 1960; H. Bober, On the Illumination of the Glazier Codex: A Contribution to Early Coptic Art and its Relation to Hiberno-Saxon Interlace, in Essays on Manuscripts, Books and Printing Written for Hans P. Kraus on his 60th Birthday, Berlin 1967, pp. 31-49; The Sutton Hoo Ship-Burial, a cura di R.L.S. Bruce-Mitford, I-II, London 1975-1978; C. Nordenfalk, Celtic and Anglo-Saxon Painting, New York 1977; G. Adcock, The Theory of Interlace and Interlace Types in Anglian Sculpture, in Anglo-Saxon and Viking Age Sculpture (BAR. British Series, 49), Oxford 1978, pp. 33-46; U. O'Meadhra, Early Christian, Viking and Romanesque Art. Motifpieces from Ireland, Stockholm 1979; U. Roth, Studien zur Ornamentik frühchristlicher Handschriften des insularen Bereichs. Von den Anfängen bis zum Book of Durrow, Bericht der Römisch-Germanischen Kommission 60, 1979, pp. 5-225; G. Speake, Anglo-Saxon Animal Art and its Germanic Background, Oxford 1980; R.B.K. Stevenson, Aspects of Ambiguity in Crosses and Interlace, The Ulster Journal of Archaeology, s. III, 44, 1982, pp. 1-27; R. Cramp, County Durham and Northumberland (Corpus of Anglo-Saxon Stone Sculpture, 1), Oxford 1984; D.M. Wilson Anglo-Saxon Art from the Seventh Century to the Norman Conquest, London 1984; G. Zarnecki, Germanic Animal Motifs in Romanesque Sculpture, Artibus et historiae 11, 1990, 22, pp. 189-203; J. Guilmain, An Analysis of Some Ornamental Patterns in Hiberno-Saxon Manuscript Illumination in Relation to their Mediterranean Origins, in The Age of Migrating Ideas: Early Medieval Art in Northern Britain and Ireland, "Proceedings of the Second International Conference on Insular Art, Edinburgh 1991", a cura di R.M. Spearman, J. Higgitt, Edinburgh 1993, pp. 92-103.G. Speake