Introduzione alla filosofia della Grecia
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
In un’area ristretta del Mediterraneo, tra l’Egeo e lo Ionio, è nata quella che chiamiamo ancora oggi filosofia. È stato detto che tutta la storia della filosofia occidentale altro non è che un ininterrotto commento a Platone. Se non fosse che il pensiero aristotelico nasce in parte riprendendo e in parte trasformando i temi platonici, si potrebbe dire che tutta la storia del pensiero occidentale altro non è stata che un commento ad Aristotele, visto che ancora si discute se sia possibile una metafisica o una ontologia e quali siano le leggi della logica.
In ogni caso, anche se oggi, fatti avveduti da studi di antropologia culturale e di storia delle letterature extraeuropee, sappiamo benissimo che esistono altre modalità di pensiero che non sono quelle tramandateci dal mondo greco, è pur sempre ai modelli greci che la filosofia occidentale si rifà (quando vuole essere filosofia, e non religione o poesia).
La filosofia contemporanea si affanna ancora intorno ai temi delineati ab initio da quel pensiero e così fa la scienza che, interrogandosi sulle origini e le dimensioni dell’universo, altro non fa che ricominciare dai presocratici.
Nel Sofista platonico appare un modello di ragionamento per disgiunzioni binarie che rimane fondamentalmente quello su cui si basa l’intelligenza di un computer; qualcuno ha sostenuto, e con verisimiglianza, che se vogliamo trovare lo schema essenziale che presiede a un perfetto film western ci viene in soccorso la Poetica di Aristotele, che pure intendeva parlarci della grande tragedia dei suoi tempi. Le nuove geometrie esistono in opposizione a quella di Euclide, e solo da poco si è dimostrato quell’ultimo teorema di cui Fermat prometteva la prova a margine di una copia dell’Arithmetica dove Diofanto trattava delle sue equazioni.
La filosofia contemporanea si ispira al pensiero greco anche quando diffida delle trattazioni razionali e si affida al dialogo o all’equivalente dei poemi filosofici, percorrendo le vie dell’intuizione, dell’illuminazione, della visione. Ma anche quando, all’opposto, intende relativizzare i grandi principi o la stessa nozione di verità, ricorre alle tecniche della sofistica, che non era la pratica negativa di cui parlava il Socrate platonico, grande ed abile sofista se mai ve ne furono.
Ancora ci interroghiamo sulle sottigliezze della logica stoica, di cui non sappiamo proprio tutto, perché quello che sappiamo di quei pensatori ci è stato tramandato in massima parte dai loro nemici.
E si potrebbe continuare, ed essere in ogni caso tentati di riprendere un detto medievale a cui aveva ridato valore Newton: certamente i moderni hanno trattato problemi filosofici a cui il mondo greco non aveva pensato, ma siamo pur tuttavia stati dei nani sulle spalle di giganti – e senza il lavoro di coltura dei terreni, aratura e seminagione intrapreso dai filosofi greci oggi forse non sapremmo pensare.
Questo vale anche per forme di filosofia che orgogliosamente si vogliono antistoriche e rifiutano l’esame della saggezza passata: in un dipartimento americano di filosofia, alla fine del secolo scorso, campeggiava un cartello, certo ironico, ma deciso e inequivocabile, in cui si proibiva l’ingresso agli storici della filosofia; ebbene, bastava prendere atto dei temi che venivano discussi in quella sede per accorgersi che i nemici della storia stavano riprendendo molti dei problemi classici, e molte delle classiche forme di argomentazione – salvo che non lo sapevano.