Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Tradizione e innovazione
Per comprendere la scienza e la tecnica del Cinquecento, occorre evitare di proiettare su questo secolo immagini della scienza che appartengono a secoli successivi. Occorre anche evitare di concentrarsi solo su alcuni temi e discipline perché reputate più “avanzate” alla luce dei risultati ottenuti dalla scienza moderna. Non si vuole qui diminuire l’importanza di innovazioni epocali come la genesi del sistema eliocentrico ad opera di Copernico o la nuova anatomia di Vesalio, ma sarebbe erroneo soffermarsi solo su queste pur importanti conquiste intellettuali. D’altro canto, l’affermazione del sistema copernicano è un processo molto lento che giunge a compimento solo nel Seicento e l’anatomia di Vesalio è ancora debitrice di concezioni galeniche. L’autorità di Galeno è infatti ancora ben solida nel corso di tutto il secolo.
Uno degli avvertimenti che occorre fornire per evitare anacronismi, è che non è facile definire ciò che nel Cinquecento è considerato “scienza”. Nel XVI secolo, i confini delle scienze con altre attività umane sono ancora indeterminati: lo studio del cosmo, della natura e dell’uomo sono inscindibilmente legati alla religione, alla filosofia, all’antiquaria, o sono parte di indagini empiriche, prive di uno statuto conoscitivo definito. Coloro che praticano le scienze non sono scienziati di professione, ma medici, cartografi, artigiani, ingegneri militari e civili, astrologi, professori universitari, membri dell’aristocrazia e del clero.
Se si considerano i luoghi e le forme di organizzazione della scienza, si possono individuare alcuni elementi di discontinuità rispetto ai secoli precedenti. Si rafforza il ruolo della corte quale luogo in cui operano matematici, alchimisti, naturalisti, astrologi, filosofi, ingegneri; nelle corti si creano laboratori e si costituiscono collezioni naturalistiche e di strumenti scientifici. Le università rimangono il luogo privilegiato della trasmissione delle conoscenze, ma anch’esse introducono alcune innovazioni, come la creazione dei teatri anatomici e degli orti botanici quali luoghi di ricerca e di insegnamento. Accanto ai luoghi tradizionali, conoscenze e pratiche scientifiche si sviluppano – soprattutto nell’Italia centro-settentrionale e in Germania – all’interno delle botteghe degli artigiani, dei cantieri e delle spezierie, dove si ha una fusione di pratiche e teorie, di lavoro artigianale e di ricerca sperimentale, di matematica e abilità manuali. L’ascesa sociale di artigiani e tecnici, il riconoscimento dell’importanza delle loro competenze per la risoluzione di problemi pratici quali l’estrazione e lavorazione dei metalli, le fortificazioni, la navigazione e la costruzione di strumenti, determina l’emergere di un nuovo modo di concepire e applicare le conoscenze, fondato sull’esperienza diretta, sulle verifiche empiriche e sul rifiuto dell’autorità. Di questo processo il medico svizzero Paracelso è uno dei massimi esponenti: critico della tradizione, afferma una riforma della medicina fondata sulla chimica, a lungo ritenuta un’arte pratica priva di dignità intellettuale. Nell’ambito della balistica, della costruzione di macchine e di strumenti di precisione le competenze pratiche si combinano a conoscenze matematiche.
Umanisti, scienziati e stampatori
Se la promozione sociale dell’artigiano e la crescente importanza delle arti pratiche costituiscono uno dei fattori di innovazione nella scienza cinquecentesca, il ruolo degli studi umanistici non ha minor importanza. La riscoperta di testi e dottrine filosofiche, mediche e scientifiche greche e romane arricchisce le conoscenze e suggerisce nuove linee di ricerca in medicina, matematica, fisica e geografia. Rilevante è il ruolo svolto dalle nuove edizioni e traduzioni di testi aristotelici, frutto dei metodi umanistici. Il “nuovo” Aristotele degli umanisti, distinto dall’Aristotele medievale, occupa una posizione ben salda nella cultura filosofica e scientifica cinquecentesca. La teoria degli elementi, del moto e la cosmologia aristotelica sono raramente messe in discussione e solo nel secolo successivo la concezione eliocentrica potrà affermarsi – solo dopo aver sconfitto le resistenze opposte dai sostenitori della fisica aristotelica. All’Aristotele degli umanisti si affiancano opere della tradizione peripatetica antica, in particolare le Meccaniche (fino al XVII secolo attribuite ad Aristotele) e gli scritti di Teofrasto sulle piante.
L’opera degli umanisti non può essere disgiunta dall’affermarsi della stampa a caratteri mobili, uno dei principali fattori di sviluppo della scienza rinascimentale. La stampa favorisce la diffusione delle conoscenze scientifiche tra un pubblico ampio e diversificato, ben più numeroso di quello cui erano destinati i manoscritti. Rende possibile la riproduzione di immagini, che assumono un’importanza crescente nelle scienze e nelle tecniche, come accade con il De humani corporis fabrica di Vesalio e con il De re metallica di Agricola. Gli effetti della stampa sono particolarmente significativi nella medicina: la diffusione di una vasta letteratura vernacolare attraverso la stampa mette in crisi le forme tradizionali di controllo dell’attività medica, facilitando la diffusione di pratiche mediche non ufficiali. Cerusici, barbieri, guaritori e ciarlatani dispongono di agili manuali di medicina pratica e di farmacia, poco costosi e di facile uso; possono inoltre facilmente pubblicizzare attraverso pamphlets e fogli volanti le proprie cure e le medicine che vendono. La crescita dell’industria tipografica favorisce anche la diffusione di un vero e proprio genere letterario, i libri di segreti, che nel Cinquecento inondano il nascente mercato editoriale.
Nuovi mondi
Uno dei maggiori impulsi alla scienza e alla tecnica del Cinquecento viene dai viaggi di esplorazione e dalle scoperte geografiche. I viaggi oceanici, iniziati già nel Quattrocento, richiedono una strumentazione più complessa per stabilire la rotta e la velocità, nonché carte geografiche sempre più dettagliate. La cartografia, che già nel secolo precedente aveva acquisito una funzione strategica nella politica del Portogallo e della Spagna, è oggetto di attenzione specifica da parte di molti stati europei. La Casa de Contratación (Casa del Commercio) di Siviglia, fondata nel 1503 da Isabella, ha lo scopo di soprintendere ai commerci con l’America e alla navigazione. Le scienze, e in particolare le matematiche applicate, sono parte rilevante delle attività della Casa de Contratación, che ben presto diviene il luogo in cui si formano i piloti e si producono carte geografiche e strumenti per la navigazione. Nel secondo Cinquecento, la cartografia si sviluppa soprattutto nell’Europa del Nord. Negli ultimi decenni del XVI secolo l’Inghilterra comincia a porre le basi della propria potenza navale e di conseguenza è potenziato l’insegnamento delle matematiche e della geografia, non solo nelle università, ma anche in corsi privati, come quelli organizzati a Londra dalla Compagnia delle Indie Orientali. Nei Paesi Bassi la cartografia si sviluppa grazie a Gerard Kremer, latinizzato Mercator, il principale cartografo del XVI secolo. Mercator è all’origine di una vera e propria scuola di cartografi che operano soprattutto nei Paesi Bassi. Uno dei centri principali della cartografia tardo-cinquecentesca è Anversa, grazie anche all’editore Plantin, dai cui torchi escono alcune tra le migliori carte. Le Province Unite, e in particolare Amsterdam, divengono il centro della produzione di carte geografiche, grazie anche al contributo dei protestanti che hanno abbandonato i Paesi Bassi del Sud. Il caso più significativo fu Jodocus Hondius, allievo di Mercator, che abbandona i Paesi Bassi del Sud per stabilirsi ad Amsterdam.
Viaggi ed esplorazioni contribuiscono a trasformare le conoscenze del mondo naturale e a mettere in crisi le tradizionali forme di classificazione. Il processo è tuttavia lento e nelle relazioni dei viaggiatori i dati osservativi si accompagnano spesso a informazioni fantasiose sulla natura del Nuovo Mondo, che è presentata come un immenso scrigno ricolmo di meraviglie. Si narra di specie di animali e piante sconosciute prodotte da una natura esuberante, nonché di strane creature dalle dimensioni sorprendenti ed esseri mostruosi di ogni tipo. Già nei primi decenni dopo la scoperta del Nuovo Mondo giungono in Spagna (oltre ai minerali preziosi) i primi campioni di piante e animali. Nella Penisola Iberica si interrano i semi provenienti dal Nuovo Mondo, per verificarne le possibilità di attecchimento. Medici e naturalisti cominciano a viaggiare al seguito dei conquistadores, con l’intento di raccogliere informazioni su flora e fauna americane.
Individuo e cosmo
Per l’uomo del Rinascimento, in natura vi sono simpatie e antipatie, corrispondenze tra mondo celeste e terrestre, virtù occulte e influenze celesti. È questo il fondamento su cui poggia la magia naturale, che si propone lo scopo di conoscere e utilizzare le forze presenti in natura. La magia naturale rinascimentale non consiste in formule magiche prive di senso, essa ha invece lo scopo di svelare segreti di uso pratico e indagare le più occulte produzioni della natura, quelle che destano meraviglia, quei fenomeni le cui cause sembrano essere inspiegabili. La magia, come mostra l’opera di Giambattista della Porta, ha carattere pratico-operativo, è la parte pratica della filosofia naturale, costituisce un insieme di conoscenze volte alla pratica.
In un’epoca segnata da guerre, epidemie, carestie e conflitti religiosi, ansia e angoscia accompagnano la vita degli uomini e favoriscono la diffusione di pratiche religiose non ortodosse, basate su idee apocalittiche. Non sorprende quindi che nella visione della natura di gran parte della popolazione (che era analfabeta), ma anche dell’élite colta, giocassero un luogo così importante forze e poteri non controllabili dall’uomo. Il Rinascimento è insieme un’epoca segnata dal progresso civile e dalla riscoperta degli ideali di vita della cultura classica e un periodo in cui è dominante la concezione cristiana della natura e dell’uomo. La Riforma protestante rafforza l’idea che gli eventi naturali derivino dall’insondabile volontà divina, e avversa il culto dell’antichità, di cui mette in luce il carattere paganeggiante. Ma la Riforma protestante dà anche impulso a forme di conoscenza e visioni della natura che entrano in contrasto con la scolastica medievale. Stabilendo un insanabile contrasto tra ragione e fede, Lutero restringe il campo della ragione all’indagine del mondo e ne vieta ogni pretesa di conoscere le cose divine. Il risultato di questa separazione è che la filosofia si libera dal ruolo ancillare rispetto alla teologia e può ambire a uno sviluppo autonomo anche nell’ambito dello studio della natura. Nel mondo cattolico, la Controriforma determina un inasprimento di controlli e censure, che colpiscono filosofi e uomini di scienza. Pur condizionandone gli sviluppi, la Chiesa romana post-tridentina non impedisce lo sviluppo delle scienze. Anche in seno alla potente Compagnia di Gesù le scienze matematiche trovano una collocazione di tutto rispetto, grazie soprattutto all’opera di Clavio, cui si deve la riforma del calendario, che contribuisce ad accrescere il prestigio dei Gesuiti e della Chiesa cattolica.