INVASIONI BIOLOGICHE.
Con il termine invasioni biologiche si intende il fenomeno per il quale individui di una specie vivente (detta alloctona o esotica o aliena) raggiungono una regione geografica diversa da quella di origine, vi si stabiliscono e iniziano a riprodursi e a diffondersi in maniera abnorme e incontrollata. L’i. b. si differenzia dalla naturale dispersione, ossia l’insieme delle strategie che le specie viventi utilizzano per ampliare o modificare il proprio areale di presenza. Infatti non è quasi mai spontanea, ma avviene per lo più per azione dell’uomo. Storicamente, le i. b. hanno avuto una prima impennata con l’inizio dell’era moderna (1492) e il conseguente aumento degli spostamenti di uomini e merci tra i diversi continenti attraverso gli oceani, e stanno conoscendo negli ultimi decenni un nuovo incremento nell’ambito di quel fenomeno più ampio e complesso noto come globalizzazione. In un mondo in cui sempre più tutto è simile ovunque, in cui persone e merci viaggiano in poco tempo da un continente all’altro, anche virus, batteri, funghi, piante e animali vanno incontro a una propria globalizzazione biologica, sfruttando i traffici umani come vettore e superando così i limiti naturali alla dispersione: molte specie infatti non potrebbero mai attraversare spontaneamente un oceano o un deserto, o anche solo passare da un lago all’altro. Ovviamente, perché una specie diventi invasiva è necessario che possieda caratteristiche ecoetologiche e adattative che ne permettano la stabilizzazione e in seguito l’esplosione numerica, quali adattabilità alle più diverse condizioni ambientali, bassa specializzazione, alto tasso riproduttivo. Generalmente, una specie invasiva non lo è affatto nelle regioni di provenienza, dove è limitata da fattori abiotici (climatici e fisici in senso lato) e biotici (predatori, competitori, parassiti, epidemie ecc.) assenti altrove. Dal punto di vista ecologico, l’arrivo di una specie aliena può determinare la scomparsa locale di una o più specie autoctone per predazione diretta, competizione per le risorse o in quanto vettore di malattie.
Le i. b. rappresentano una delle più gravi minacce alla biodiversità a livello globale, insieme ai cambiamenti climatici e all’alterazione degli habitat (di cui peraltro sono un’importante concausa). Governi, enti sovranazionali e istituti di ricerca di tutto il mondo da alcuni decenni monitorano il fenomeno e studiano misure di prevenzione, controllo e lotta. Ma il problema appare ovunque in costante e drammatica crescita, e in certi casi (uno su tutti le specie ittiche delle acque interne italiane) le specie aliene equivalgono ormai in numero a quelle autoctone. Oggi le vie di diffusione delle specie invasive sono rappresentate soprattutto dal commercio di piante e fiori per ortoflorovivaismo, animali esotici, legname o sementi, ma anche dalle migrazioni umane, dal turismo globale, dai traffici navali e aerei. Tutto questo sostituisce le naturali vie di dispersione delle specie biologiche (acqua, vento, animali selvatici vettori), e rispetto a queste genera inoltre un ritmo di diffusione delle specie incomparabilmente più alto. In molte situazioni il riscaldamento globale favorisce l’espansione di specie tropicali verso latitudini più temperate, o ne permette l’acclimatazione in caso di arrivi accidentali. Spesso un’i. b. inizia con la fuga o l’apparentemente innocuo rilascio di esemplari di animali esotici tenuti in cattività, o con il rilascio a scopi venatori, o, per le piante, con l’introduzione di specie esotiche in parchi e giardini privati. In Italia si stimano (per difetto) 450 specie animali esotiche, almeno 115 delle quali introdotte con il commercio dopo il 1945, e oltre 780 specie vegetali naturalizzate introdotte dopo il 1492 (neofite).
Le specie aliene non costituiscono solo una minaccia per gli ecosistemi e le specie viventi, ma hanno anche un immenso costo economico. Oltre ai costi per la ricerca, il monitoraggio, i progetti di eradicazione, il ripristino ambientale, le specie invasive provocano danni diretti all’agricoltura, alla silvicoltura, alla floricoltura, all’apicoltura, alla pesca e all’acquacoltura, ma anche al turismo e alle più diverse attività economiche. Su questo, la cronaca fornisce infiniti esempi: l’invasione della pianta infestante asiatica Fallopia japonica, che cresce su muri e tetti, sta causando un calo dei prezzi di mercato delle abitazioni nella città di Londra; la Dreissena polymorpha, un bivalve originario del Caspio e diffuso negli Stati Uniti, che incrosta le condutture, costa alle società fornitrici di energia elettrica americane decine di milioni di dollari ogni anno per opere di ripulitura dei filtri e delle tubazioni degli impianti idroelettrici; l’arrivo della vespa galligena del castagno Dryocosmus kuriphilus, di origine cinese, ha portato la produzione italiana di castagne dalle 55.000 tonnellate del 2008 alle 25.000 del 2013; lo ctenoforo americano Mnemiopsis leidyi, predatore di larve di pesci, ha ridotto nel Mar Nero anche del 90% la pesca dello spratto, pesce di grande interesse economico; la formica pazza delle Maldive Anoplolepis gracilipes, introdotta in decine di isole degli oceani Pacifico e Indiano, compromette localmente l’agricoltura e il turismo. L’elenco è infinito e in continuo aggiornamento. La tabella riporta, per l’Italia, alcuni degli organismi alieni più diffusi e i relativi impatti sull’ambiente e sulle attività umane.
I problemi arrecati dalle specie invasive non si limitano ai seppure ingenti danni economici e ai problemi di gestione: in molti Paesi, Italia inclusa, la diffusione di artropodi alieni, effettivi o potenziali vettori di malattie, e degli agenti patogeni, causa la comparsa di zoonosi prima sconosciute a certe latitudini, quali la dengue o la chikungunya, trasmessi dalla zanzara tigre asiatica Aedes albopictus, che è anche un potenziale vettore della febbre gialla. In questo, come detto, gioca un ruolo fondamentale anche il riscaldamento globale. Non meno importanti sono le zoonosi che colpiscono gli animali domestici, e che hanno un impatto economico importante in zootecnia.
Le i. b. rappresentano una minaccia per la biodiversità, determinando una parziale o completa alterazione di un habitat o la sua totale e irreversibile trasformazione, e in molti casi l’estinzione locale di una o più specie viventi. Nel caso delle isole di piccole dimensioni, ecologicamente fragili, l’impatto di una specie aliena può causare lo stravolgimento dell’ecosistema insulare e l’estinzione di molte specie locali endemiche. Da alcuni decenni, proprio sulle isole, si stanno sperimentando azioni di eradicazione, come misura drastica e ultima. È interessante notare che, proprio sulle isole, è in genere l’uomo a rilasciare deliberatamente specie alloctone terrestri per scopi venatori o ricreativi o turistici. Casi italiani eclatanti sono i mufloni e i cinghiali introdotti nell’Isola d’Elba, che oggi costituiscono un problema gestionale di difficile soluzione, o l’ailanto, una tra le peggiori piante invasive, introdotto a Montecristo per abbellire un giardino e poi sfuggito alla coltura, oggi oggetto di dispendiosi tentativi di controllo.
In generale, stiamo assistendo a un vero e proprio stravolgimento ambientale globale, che è probabilmente in fase iniziale, e nel quale le i. b. giocano un ruolo determinante. Benché sia impossibile risolvere il problema – è inimmaginabile oggi pensare di eradicare la zanzara tigre dalle città o la robinia dai bordi stradali – è però necessario agire in prevenzione, informazione e ricerca, in modo da evitare errori fatti in passato e riuscire a gestire al meglio le emergenze. D’altra parte, le i. b. sono talmente legate alle attività umane che almeno a medio termine una controtendenza sarebbe possibile solo grazie a un radicale ripensamento dell’economia mondiale, cosa che appare al momento del tutto irrealistica.
An annotated checklist of the Italian vascular flora, ed. F. Conti, G. Abbate, A. Alessandrini et al., Roma 2005; Stato della biodiversità in Italia. Contributo alla Strategia nazionale per la biodiversità, a cura di C. Blasi, L. Boitani, S. La Posta et al., Roma 2005; Linee guida per l’immissione di specie faunistiche, «Quaderni di conservazione della natura», 27, Roma 2007; M. Di Domenico, Clandestini. Animali e piante senza permesso di soggiorno, Torino 2008; Flora vascolare alloctona e invasiva delle regioni d’Italia, a cura di L. Celesti-Grapow, F. Pretto, E. Carli et al., Roma 2010.