investimento
Tipologie e analisi dell’attività
di investimento
L’investimento è costituito dall’acquisizione di beni produttivi da parte delle imprese, cui viene sommata la costruzione di nuovi edifici (compresi quelli destinati a fini residenziali, quindi acquistati in larga maggioranza dalle famiglie, e le opere pubbliche). Nell’investimento aggregato viene inclusa la variazione delle scorte delle imprese, anche nel caso in cui tale variazione non sia pianificata dalle imprese stesse, ma causata da oscillazioni impreviste della domanda.
L’investimento complessivo (‘lordo’) da cui è stato detratto il deprezzamento del capitale; costituisce l’incremento dello stock di capitale che ha luogo in un dato periodo di tempo. L’investimento, quindi, da un lato rappresenta una componente della domanda aggregata (➔), e contribuisce al livello di attività produttiva di un sistema economico, dall’altro induce accumulazione di capitale produttivo e concorre a determinare la crescita economica. La percentuale di PIL destinata all’investimento lordo presenta notevole variabilità tra i diversi sistemi economici. Per es., negli Stati Uniti, per il decennio 2001-10, la media della quota di investimenti sul prodotto interno, calcolata su dati trimestrali, è stata del 15,2%, per il Giappone del 22,3%, per la Cina intorno al 50%. Le disparità tra Paesi dipendono sia da differenti velocità nel processo di crescita (che richiedono quindi un differente sostegno in termini di capitale produttivo), sia da diversi livelli di efficienza nell’utilizzo del capitale. La componente di investimento della domanda finale presenta una marcata variabilità nel tempo; ciò implica che l’investimento rivesta un’importanza nella spiegazione delle oscillazioni del PIL molto superiore al suo peso relativo tra le componenti della domanda.
L’analisi dell’attività di investimento è tanto controversa quanto rilevante. I primi modelli aggregati assumevano che l’investimento fosse influenzato positivamente dal livello di attività produttiva e negativamente dal tasso di interesse. Tassi di interesse più elevati riducono l’investimento, che vede aumentare il costo del suo finanziamento; anche nel caso in cui un’impresa fosse in grado di finanziare i suoi investimenti con fondi propri, il tasso di interesse rappresenterebbe un costo-opportunità (➔ costo-opportunità, teoria del). Questa semplice formulazione implica che l’investimento aggregato, per effetto di una riduzione nei tassi di interesse, si accresca istantaneamente, il che invece non avviene. Gli sviluppi teorici successivi hanno quindi ipotizzato la presenza di costi di aggiustamento (➔ aggiustamento). Tipicamente, si assume che l’inserimento dei nuovi beni strumentali nel processo produttivo implichi costi che vanno ad aggiungersi al prezzo di acquisto dei beni stessi; si postula, inoltre, che tali costi dipendano più che proporzionalmente dall’intensità dell’attività di investimento. Questo aspetto presenta implicazioni di grande portata. Infatti, la presenza di costi di aggiustamento crescenti nell’attività di investimento comporta che, per la singola impresa, non sia conveniente concentrare grandi investimenti in un singolo periodo, scelta che determinerebbe costi proibitivi. Ciò induce l’impresa ad articolare piani pluriennali, quindi a formulare aspettative riguardo all’evoluzione futura delle grandezze rilevanti (quali il livello della domanda e dei tassi di interesse) su cui basare la sua pianificazione. Queste considerazioni stanno alla base della teoria dinamica dell’investimento nota come ‘approccio della q di Tobin’, dal nome di J. Tobin (➔), suo principale ideatore. La q rappresenta il valore di un nuovo investimento, dipendente dall’evoluzione futura delle variabili rilevanti, e va comparato con i costi correnti. Tobin, insignito del premio Nobel per l’economia nel 1981, elaborò il suo approccio negli anni 1960. Il grande rilievo attribuito all’evoluzione futura del sistema economico ha naturalmente condotto ad analizzare approfonditamente il ruolo del rischio. Tale elemento si dimostra essere di notevole importanza, soprattutto qualora l’investimento sia almeno parzialmente irreversibile. L’irreversibilità dell’investimento deriva dal fatto che il valore di mercato dei beni strumentali usati è spesso molto inferiore al loro valore d’uso, a causa di carenze informative sul reale stato del bene da parte dei potenziali acquirenti. Inoltre, i beni strumentali utilizzati, in molti casi, essendo stati costruiti per soddisfare le esigenze specifiche di un particolare processo produttivo, non hanno un ampio mercato, fatto che ne riduce il valore di realizzo, contribuendo all’irreversibilità dell’investimento stesso. Un investimento è considerato infatti irreversibile quando il suo smobilizzo è causa di costi rilevanti o addirittura proibitivi. In mercati oligopolistici, in cui l’aumento della produzione di ogni singola impresa provoca una diminuzione del prezzo del bene, la possibilità di fluttuazioni della domanda riduce l’investimento, qualora esso sia, almeno parzialmente, irreversibile. Infatti, se un’azienda investe per aumentare la produzione nella prospettiva di un incremento della domanda o della produttività, concorre alla riduzione del prezzo, ottenendo quindi benefici meno elevati di quelli che potrebbe ottenere se il prezzo fosse insensibile alle decisioni di una singola impresa. In caso di shock negativi, al contrario, l’impresa potrebbe soffrire degli elevati costi connessi alla vendita dei beni strumentali acquistati in eccesso. Se un progetto di investimento, oltre a essere irreversibile, è anche indivisibile (come per es., nel caso di uno stabilimento o di un impianto che presentino una dimensione minima irrinunciabile dal punto di vista tecnico), l’incentivo a procrastinare l’investimento stesso in presenza di incertezza aumenta. Infatti, oltre al problema precedentemente sottolineato, un’impresa, realizzando l’investimento, perde la possibilità di impiegare capitali a condizioni che nel futuro possono diventare più favorevoli. In questi casi si parla di valore dell’attesa (value of waiting); le decisioni di investimento vengono analizzate con tecniche costi-benefici e con tecniche mutuate dalla finanza matematica.