investitore istituzionale
Operatore economico che esercita in modo continuativo e professionale l’attività di investimento, in valori mobiliari o immobiliari, di rilevanti risorse finanziarie, frutto di raccolta presso comunità, spesso molto ampie, di risparmiatori. Rientrano in questa categoria le compagnie di assicurazioni, le banche di investimento e di affari, i fondi comuni di investimento (➔ fondo comune di investimento), i fondi pensione (➔ fondo pensione), gli hedge fund (➔), le Società di Gestione del Risparmio (➔ SGR), gli enti pubblici previdenziali. Nel suo rapporto annuale, la Banca d’Italia li suddivide in 4 macroclassi: Fondi comuni e Società di Investimento a Capitale Variabile (➔ SICAV), imprese di assicurazioni, fondi pensione, gestioni patrimoniali – offerte da banche, SGR, Società di Intermediazione Mobiliare – (➔ SIM). L’ammontare complessivo di fondi investiti era, alla fine del 2010, di oltre 1200 miliardi di euro, circa 470 ciascuno per gestioni patrimoniali e riserve tecniche delle imprese di assicurazioni, 230 per fondi comuni e poco meno di 60 per fondi pensione. Il rapporto volume complessivo dello stock (➔) di investimenti su PIL è in Italia relativamente basso, non solo rispetto agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna, ma anche rispetto alla media dell’Unione Europea.
Questi soggetti, pur operando sulla base di presupposti obiettivi e regole anche molto differenti, sono caratterizzati da tratti comuni nell’attività di investimento. Il primo di questi è l’orizzonte temporale, che è, o dovrebbe essere, di lungo periodo, anche se la consuetudine di presentare rendiconti a cadenza semestrale o addirittura trimestrale ha determinato effetti di miopia (➔) nell’attenzione ai risultati di breve periodo, deprecati dagli analisti più avveduti. Il secondo è l’adozione di metodi scientifici nella selezione degli investimenti, con l’impiego di una vasta gamma di strumenti di analisi e previsione, resi disponibili dagli straordinari progressi della finanza quantitativa a partire dagli anni 1960. Il terzo è la stretta, e spesso poco trasparente, interconnessione fra gli investitori istituzionali. L’importanza crescente di questi intermediari ha determinato senza dubbio a livello globale un eccesso di finanziarizzazione (➔) dell’economia. Si sostiene che tali eccessi siano alla radice della crisi economica, iniziata nel 2008 proprio con il crollo di potenti investitori istituzionali. L’interconnessione ha determinato, e potrebbe ancora determinare, pericolosissimi effetti di contagio (➔ contagio finanziario).