invilire
Verbo in evidenza negli studi danteschi, perché assunto da D. a designare determinati momenti della sua vita. Dopo la morte di Beatrice, nello stato di prostrazione estrema nel quale è caduto, egli sente che per lui l'acerba vita è sì 'nvilita, / che ogn'om par che mi dica: " Io t'abbandono ", / veggendo la mia labbia tramortita (Vn XXXI 16 66).
Non può trattarsi che di una depressione psichica, con l'impressione d'isolamento che l'accompagna. Nel sonetto I' vegno 'l giorno a te, anche il Cavalcanti parla dell'" anima invilita " di D. (v. 14; cfr. altresì v. 2 " trovoti pensar troppo vilmente ", e v. 9 " la vil tua vita "); e gli studiosi, sull'autorità del Barbi, sono portati ad accostare o a identificare le due condizioni di spirito, indicate con lo stesso verbo. Mancano tuttavia elementi sicuri per scartare definitivamente la vecchia tesi che Guido intenda redimere l'amico da un suo traviamento morale, potendo i. (come del resto ‛ vile ' e ‛ vilmente ': v.) riferirsi in D. e nella lingua coeva a un deterioramento non solo di natura psicologica, sì bene qualitativo, almeno a giudizio degli altri.
Appunto in questo senso i. è adoperato in un'altra dichiarazione autobiografica: a causa dell'esilio, e delle sue dolorose conseguenze, dinanzi agli occhi di tutti non solamente mia persona invilio, ma di minor pregio si fece ogni opera, sì già fatta, come quella che fosse a fare (Cv I III 5). E proprio perché fatto mi sono più vile forse che 'l vero non vuole... conviemmi che con più alto stilo dea, ne la presente opera, un poco di gravezza, per la quale paia di maggiore autoritade (IV 13). Ecco così spiegata dallo stesso autore, con la sensazione di un oscurarsi della propria fama, in una certa fase della sua vita, la genesi delle ambizioni dottrinali del Convivio, e forse anche del De Vulg. Eloquentia.
Il corrispondente latino è vilesco, presente due volte (VE II I 10 e IV 8), sempre con valore neutro e col significato già visto di " perdere di pregio, di valore ".
Bibl.-Oltre alle biografie e alle opere di carattere generale, v. BARBI, Problemi I 40, e Barbi-Maggini, Rime 121 e 132 ss.; D.A., Vita Nuova, a c. di N. Sapegno, Firenze 1931, 102; Contini, Poeti II 548 ss.