inviscare [per la forma, con accento sulla radice, inveschi, cfr. Parodi, Lingua 222 n. 26]
È termine del linguaggio venatorio, dal latino inviscare, " spalmare di vischio " rami o altro, per catturare uccelli (cfr. infatti l'anonima Amor fa come 'l fino uccellatore [Panvini, Rime 572] 3 e 12 " Amore... si mostra più ingegneri - di 'nvescare / ... qual più involve più invesca ").
Due volte il verbo è usato in senso concreto e materiale; If XXI 18 una pegola spessa, / che 'nviscava la ripa d'ogne parte, a proposito della bolgia dei barattieri, dove ribolle la tenace pece (v. 8), e XXII 144 sì avieno inviscate l'ali sue, dove l'immagine dei diavoli invischiati nella pece è avvicinata in modo evidente a quella di uccelli presi al vischio o ‛ impaniati ' (v. 149).
In senso figurato i. ricorre ancora due volte, riferito a parole, discorsi, da cui ci si lasci " trattenere " o " impigliare ": If XIII 57 perch'ïo un poco a ragionar m'inveschi, detto con elegante metafora da Pier della Vigna (il Landino osserva che i. sta nella " medesima traslazione " di adeschi [v. 55], che è " traslazion da gli uccellatori... perciò che quando con grate parole ritegnamo alcuno, siamo simili all'uccellatore, il quale con il visco... ritene gli uccegli "), e Pd XVII 32 ambage, in che la gente folle già s'inviscava, detto con evidente intenzione morale, a proposito degli ambigui responsi degli antichi oracoli in cui, per dirla con un'altra metafora venatoria dantesca, si lasciavano ‛ irretire ' le genti pagane ‛ ne l'antico errore '; " cioè - commentava il Buti - si pigliava come l'uccello al vesco ". In questo luogo i codici leggono anche s'invescava, s'inveschiava.