invito
. Il significato proprio del sostantivo nei suoi vari usi trova riscontro in alcuni esempi della Commedia, in contesti metaforici (v. anche INVITARE).
Della Povertà, per es., si dice che, privata del primo marito [Cristo], fino a costui [s. Francesco] si stette sanza invito (Pd XI 66: cfr. Sacrum commercium Beati Francisci cum Domina Paupertate, in un volgarizzamento del Trecento [v. Mistici del Duecento e del Trecento, a c. di A. Levasti, Milano, 1935, 344]: " Madonna Povertà, delle genti e de' populi è fatta quasi vedova, e la reina di tutte le virtù è fatta vile ed è un dispregio di tutti. Niuno è che sia ardito a chiamarla "), " quia nullus voluerat eam videre vel audire, nedum accipere in uxorem et amplexari " (Benvenuto); e nel girone degl'invidiosi D. sente spiriti parlando / a la mensa d'amor cortesi inviti (Pg XIII 27), che sono " esortazioni " all'amore e alla carità.
In Pg XII 94 A questo invito vegnon molto radi (per le questioni connesse a questo passo cfr. Petrocchi, ad l., e Introduzione 199; v. anche Matt. 22, 14 " Multi sunt vocati, pauci vero electi ") e XVII 61 Or accordiamo a tanto invito il piede, l'invito, senz'altra specificazione, è quello a salire al girone superiore (per il secondo passo, cfr. anche i vv. 47 e 56).
In Fiore CXXV 14, al plurale (giuoco a tutti 'nviti), i. è termine del gioco d'azzardo, " posta ", " puntata " (provenzale envit; cfr. P. Sella, Glossario latino italiano [Città del Vaticano 1944], sub v. ludus).