Io la conoscevo bene
(Italia/Francia/RFT 1965, bianco e nero, 115m); regia: Antonio Pietrangeli; produzione: Turi Vasile per Ultra/Les Film du Siècle/Roxy; sceneggiatura: Ruggero Maccari, Antonio Pietrangeli, Ettore Scola; fotografia: Armando Nannuzzi; montaggio: Franco Fraticelli; scenografia e costumi: Maurizio Chiari; musica: Piero Piccioni.
Adriana, una ragazza del Pistoiese, lascia la famiglia e la provincia per trasferirsi a Roma in cerca di fortuna. Dopo essersi sistemata in un piccolo appartamento di fronte al Gazometro, comincia a passare da un impiego all'altro: domestica, parrucchiera, maschera in un cinema, cassiera in un bowling. Conosce vari uomini: Dario, un ladruncolo che le fa passare una notte in un albergo e al mattino fugge lasciando il conto in sospeso; Carlo, un bel ragazzo della borghesia romana di cui si invaghisce, ma che è innamorato di un'altra; poi uno scrittore e infine il garagista del suo stabile, con cui ha un'avventura notturna. Nel frattempo Adriana, piena di speranza, affida il poco denaro guadagnato a un ambiguo agente che le prospetta la possibilità di lavorare nel cinema. Le uniche cose che riesce a fare sono partecipare come comparsa in un film mitologico, presentare qualche vestito in teatrini di provincia e apparire in un cinegiornale (fa un provino con il massimo della serietà e ne risulta uno sketch ridicolo). Rimasta incinta, senza neanche sapere chi sia il padre, Adriana si vede costretta ad abortire. Torna nel Pistoiese a visitare la famiglia e scopre che la sorellina minore, Stefanella, è morta in seguito a una malattia. Di nuovo a Roma, Adriana scivola da una festa all'altra, circondata da uno stuolo di dubbi corteggiatori. Una sera va in un night, balla, si ubriaca e passa la notte a gironzolare con uno sconosciuto, a bordo di una Fiat 500. All'alba torna nel suo appartamento, mette un nuovo disco, si sfila la parrucca e si butta dalla finestra.
Nella primavera del 1961 Ruggero Maccari, Antonio Pietrangeli ed Ettore Scola iniziarono a lavorare a Io la conoscevo bene, inanellando interviste a comparse, soubrette e attrici alle prime armi. In un primo momento, per il personaggio di Adriana pensarono a Natalie Wood, Silvana Mangano, Brigitte Bardot, fino a quando Pietrangeli si impose e scelse Stefania Sandrelli, che compariva per la prima volta in un ruolo da protagonista: l'attrice si affidò a una recitazione naturalistica, alla sua bellezza acerba ‒ imbronciata, solare, maliziosa ‒ riuscendo a interpretare con assoluta efficacia l'innocenza del personaggio, in una delle sue prove più brillanti. Il film è un capitolo importante nel cinema italiano della metà degli anni Sessanta: uno degli affreschi più feroci di un certo sottobosco cinematografico e pubblicitario, molto comune nell'Italia del boom. È il ritratto graffiante di una 'Italietta' industriale e provinciale, di una Roma brutale e ottusa, dove Adriana si muove in mezzo a una carrellata di personaggi caricaturali, che contribuiscono a fare della sventurata una vinta a tutti gli effetti. Pietrangeli, che già si era confrontato con il tema delle donne sopraffatte dalla società (Adua e le compagne, 1960), in Io la conoscevo bene mette l'accento su un personaggio femminile che diventa preda e vittima di un gioco che la sovrasta, ricalcando il circo felliniano dei volti oscuri, surreali e profittatori che popolano La dolce vita e 81/2, e che girano attorno al fumoso 'gran mondo' della pubblicità e del cinema. Sono da ricordare, soprattutto, i personaggi di Nino Manfredi (l'agente pubblicitario che promette ad Adriana fama e fortuna) e di Ugo Tognazzi, che si aggiudicò il Nastro d'argento come attore non protagonista, in una scena che dura una manciata di minuti: nei panni del disperato Bagini, un vecchio attore disposto a tutto per ottenere una parte, Tognazzi dà prova del suo talento in un estenuante balletto su un tavolino, sotto gli sberleffi di soubrette e ruffiani, fino a rischiare l'infarto.
Io la conoscevo bene ha un andamento episodico: le vicende si susseguono senza appoggiarsi a un intreccio forte, al ritmo incalzante dei troppi mestieri e dei fugaci incontri di Adriana. Ogni avventura si chiude con una nuova pettinatura e un nuovo disco. A quest'ultimo proposito, gioca un ruolo fondamentale la musica che suona ossessivamente nell'appartamento di Adriana, incapace di vivere nel silenzio e nell'assordante vuoto dei suoi pensieri. Nella colonna sonora primeggia la voce di Mina con Eclisse Twist, E se domani, Addio, ma tra i vari pezzi dell'epoca possiamo ascoltare anche Lasciati baciare col Letkiss cantata dalle gemelle Kessler, Roberta di Peppino Di Capri, Abbracciami forte di Ornella Vanoni… Piuttosto che mettere l'accento sui dialoghi, Pietrangeli si affida ai tempi morti, sottolineando così l'insanabile solitudine di Adriana, come nella scena iniziale sulla spiaggia deserta o nel suo girovagare in macchina attraverso le strade romane. La protagonista trova una descrizione perfetta nelle parole pronunciate da uno dei suoi molti amanti, lo scrittore: "Le va tutto bene, non desidera mai niente, non invidia nessuno, è senza curiosità. Non si sorprende mai. Le umiliazioni non le sente… Ambizioni zero. Morale nessuna. Nemmeno quella dei soldi, perché non è nemmeno una puttana. Per lei ieri e domani non esistono". Lo scarto finale, che vede Adriana suicidarsi mentre il suo ultimo disco suona insieme al suo inutile sogno sfumato, chiude perfettamente il cerchio: la morte è la sua unica decisione. Questa ragazza infelice si lancia nel vuoto, proprio come ha vissuto: senza domande, affidandosi a un istinto docile e ottuso, cogliendo di sorpresa sé stessa e lo spettatore. Il film vinse il premio per la regia al festival di Mar del Plata nel 1966, e altri due Nastri d'argento, per la regia e la sceneggiatura, che si aggiunsero a quello attribuito a Tognazzi.
Interpreti e personaggi: Stefania Sandrelli (Adriana Astarelli), Nino Manfredi (Cianfanna), Ugo Tognazzi (Bagini), Enrico Maria Salerno (Roberto), Mario Adorf (Emilio Ricci, 'Bietolone'), Jean-Claude Brialy (Dario Marchionni), Karin Dor (Barbara), Franco Fabrizi (Paganelli), Turi Ferro (commissario), Joachim Fuchsberger (Fausto, lo scrittore), Robert Hoffmann (Antonio), Robert Mark (regista del provino), Franco Nero (Italo, il meccanico), Franca Polesello (maschera del cinema), Sandro Dori (allievo attore), Véronique Vendell (Elis Stendhal), Barbara Nelli, Solvi Stubing.
A. Ferrero, Io la conoscevo bene, in "Cinema nuovo", n. 178, novembre-dicembre 1965.
C. Rispoli, Io la conoscevo bene, in "Filmcritica", n. 163, gennaio 1966.
L. Autera, Io la conoscevo bene, in "Bianco e nero", n. 1, gennaio-febbraio 1966.
F. Dorigo, Io la conoscevo bene, in "Cineforum", n. 52, febbraio 1966.
P. Valmarana, Io la conoscevo bene, in "La rivista del cinematografo", n. 5-6, maggio-giugno 1966.
M. Mardore, Pour l'Italie, in "Cahiers du cinéma", n. 182, septembre 1966.
F. Buache, Je la connaissais bien, in "Jeune cinéma", n. 27-28, janvier-février 1968.
Sceneggiatura: in 'Io la conoscevo bene' di Antonio Pietrangeli. Infelicità senza dramma, a cura di L. Miccichè, Torino 1999.