Io mi senti' svegliar dentro a lo core
. Sonetto della Vita Nuova (XXIV), ove ha un posto centrale; È indirizzato a G. Cavalcanti, ed esprime il destarsi di Amore nel cuore di D., la sua apparizione in lieti sembianti e la successiva visione di Monna Vanna, la donna del Cavalcanti, e di Beatrice, che Amore a sua volta identifica con Primavera e con sé stesso. Giustamente il Barbi rileva, per ciò che riguarda il sorgere interiore dell'evento, un'analogia coi vv. 6-13 del sonetto Amore e 'l cor gentil (Vn XX). Mentre però là si tratta di una teorizzazione secondo uno schema guinizzelliano, qui assistiamo all'evento vero e proprio, al concretarsi dell'idea. Il motivo del destarsi di Amore è presente anche nella prosa del cap. XXI (vennemi volontade...): questa insistenza di D. significa chiaramente il rilievo che egli vuole attribuire alla dimensione interiore, nella quale è resa possibile la visione. Il passaggio a essa è segnato dalla visualizzazione di Amore, tanto lieto da rendersi quasi irriconoscibile al poeta, e dal misterioso invito a ‛ fargli onore '. Altre volte Amore era apparso a D. per ragionar con lui della sua donna, ma qui si esauriva l'esperienza, facendo esclusivamente centro sul poeta (cfr. il De Robertis). Questa volta invece Amore non viene a ‛ ragionare ', ma ad annunciare la vera apparizione, quella delle due donne mirabili. Si assiste così a una serie di visioni in crescendo (Amore, Monna Vanna e Monna Bice, nell'ordine) culminanti nella consacrazione finale, sancita da Amore stesso: Vanna è Primavera e Bice è Amore. Dal momento soggettivo, che faceva centro sul poeta, si passa a quello corale-oggettivo che fa centro sulla rappresentazione e la lode. Si tratta di un procedimento di rivelazione progressiva in cui cadono via via i veli secondo un ritmo rituale e figurale.
Nel commento in prosa (cronologicamente posteriore) D. sovrappone alla metafora - che al De Robertis fa ricordare il Cavalcanti di Chi è questa che ven - un significato più sottile: Quella prima è nominata Primavera solo per questa venuta d'oggi; ché io mossi lo imponitore del nome a chiamarla così Primavera, cioè prima verrà lo die che Beatrice si mostrerà dopo la imaginazione del suo fedele. E se anche vogli considerare lo primo nome suo, tanto è quanto dire ‛ prima verrà ', però che lo suo nome Giovanna è da quello Giovanni lo quale precedette la verace luce, dicendo: ‛ Ego vox clamantis in deserto: parate viam Domini ' (Vn XXIV 4). Ma si tratta di una giustificazione chiamata a organizzare, su un piano vistosamente agiografico (il parallelismo: Giovanna-Giovanni il precursore, e Beatrice-Cristo), lo svolgimento ideale della ‛ reformatio ' e che interessa la prosa e solo retrospettivamente getta luce in questo senso sulla poesia. Se la vicenda decisiva della Vita Nuova si compie nel senso della scoperta che " il vero oggetto del suo amore e della sua poesia è nella poesia stessa, cioè nella lode che ha in sé la propria ricompensa è il fine stesso dell'amore " (De Robertis), si può capire l'importanza di quel momento corale-oggettivo del sonetto che sposta l'attenzione dal cuore del poeta alla visione mirabile. Perciò la rima è posta tra la grande canzone della visione profetica della morte di Beatrice, Donna Pietosa, e il celebre Tanto gentile, e " restituisce in forma di parabola ", come scrive il De Robertis, il tema della scoperta annunciato nel cap. XVIII.
Bibl. - Barbi-Maggini, Rime; D. De Robertis, Il libro della Vita Nuova, Firenze 1961; V. Branca, Poetica del Rinnovamento e tradizione agiografica nella Vita Nuova, in Studi in onore di I. Siciliano, ibid. 1966; Contini, Poeti Il; D.A., La Vita Nuova, a c. di N. Sapegno, Firenze 1931; E. Auerbach, La poesia giovanile di D., in Studi su D., Milano 1963.