Io sento pianger l'anima nel core
. Sonetto (Rime dubbie XII; schema abba abba cde dce) autorevolmente attribuito dalla tradizione manoscritta sia a D. (codici E III 23 della biblioteca dell'Escuriale e apografi, Marciano it. IX 191, Canoniciano 101 della Bodleian Library di Oxford, Laurenziano Rediano 184), sia a Cino da Pistoia (codice Vaticano Lat. 3214 e derivati, codice del Beccadelli). A Cino lo assegnano senz'altro lo Zaccagnini, il Di Benedetto, il Barbi (nell'edizione '21) e, più recentemente, il Marti (Poeti del Dolce stil nuovo, Firenze 1969, 580-581); il De Robertis difende invece una restituzione del sonetto a Dante.
Il tanto valore della donna ha generato un grande sbigottimento nell'anima del poeta, e Amore la rimprovera mostrandole un libro, nel quale il poeta legge tutti que' martiri che condurranno poco a poco l'anima a morte sicura.
Per il Contini, anch'egli incline a riconoscere la paternità ciniana del componimento, questo " è il più bello dei sonetti ‛ paurosi ' incerti " (Rime 247).
Bibl.-G. Zaccagnini, L'autenticità delle rime di Cino da Pistoia secondo le stampe, in " Bull. Stor. Pistoiese " XIV (1912); D. De Robertis, Il canzoniere Escorialense e la tradizione ‛ veneziana ' delle rime dello Stil Novo, in " Giorn. stor. " suppl. n. 27, Torino 1954; Barbi-Pernicone, Rime 682-683.