Io sono stato con Amore insieme
. Con questo sonetto (Rime CXI) D. rispose per le rime (ma con diversa disposizione di esse nelle quartine) al sonetto indirizzatogli da Cino da Pistoia, Dante, quando per caso s'abbandona, dove si richiede il parere dell'amico sulla questione se un uomo, nel quale venga meno per esaurimento una passione amorosa, possa innamorarsi di un'altra donna.
Il sonetto si trova, insieme con quello di Cino, nel codice Magliabechiano VI 143, ed è citato nell'Acerba di Cecco d'Ascoli (III 1). Fu pubblicato da E. Bindi nei Ricordi filologici e letterari, I 18, 281. Nell'edizione del '21 il Barbi lo collocò nel Libro VII che accoglie le rime del tempo dell'esilio, in posizione cronologica anteriore ad altri sonetti di corrispondenza con Cino. La condizione di esiliati di tutti e due i poeti risulta dall'epistola in latino (III Exulanti Pistoriensi Florentinus exul inmeritus...), che D. inviò all'amico insieme col sonetto, nella quale è dimostrato razionalmente ciò che nel sonetto è affermato more poetico; e quindi la cronologia può aggirarsi intorno a qualche anno prima della fine dell'esilio di Cino (1306).
Richiamandosi alla sua personale esperienza amorosa incominciata da quando aveva nove anni, D. dice che sa come Amore ora rallenta e ora sprona e come la gioia si alterna al tormento quando si è sotto il suo dominio. Inutilmente l'uomo gli si può opporre per mezzo della ragione o della virtù: sarebbe come l'illuso che col suono delle campane crede di far cessare le furie della tempesta. Nell'ambito del potere di Amore non c'è spazio per la libera volontà dell'uomo (nel cerchio de la sua palestra / liber arbitrio già mai non fu franco, vv. 9-10), e perciò se ad Amore piace di punger lo fianco, ispirando una nuova passione, dopo l'esaurimento della prima, non ci si può sottrarre, e bisogna seguirla.
Bibl. - Zingarelli, Dante 3, 470; Contini, Rime 195; D.A., Le Rime, a c. di D. Mattalia, Torino 1943, 208; A. Pézard, De passione in passionem, in " L'Alighieri " I (1960) 14-26; Dante's Lyric Poetry, a c. di K. Foster e P. Boyde, Oxford 1967, 323; Barbi-Pernicone, Rime 632 ss.