BRÀTIANU, Ion iunior (detto comunemente Ionel per distinguerlo dal padre, omonimo)
Uomo di stato romeno, nato il 20 agosto 1864 a Florica, presso il villaggio di Câmpulung, nella Valacchia, morto a Bucarest il 24 novembre 1927. Era primogenito di Ion B. Nel 1882 si recò a Parigi per frequentare quel politecnico da cui usci ingegnere di ponti e strade. Tornato in patria, entrò nel corpo tecnico romeno ove rimase dal 1889 al 1895. Morto suo padre nel 1891, si rivolse alla politica per continuare l'opera paterna. S'affacciò alla vita pubblica nel 1895, quale deputato del 1° collegio di Gorj. Due anni dopo, divenne ministro dei Lavori pubblici nel gabinetto Sturdza. Poi fu ministro del Demanio, degli Esteri (1902), dell'Interno (1907, che fu l'anno della grande rivolta dei contadini), della Guerra. Nel 1909 Ionel B. assunse la direzione del partito liberale e la presidenza del consiglio.
D'intelligenza non geniale, ma dotato d'una chiara intuizione della realtà, il B. brillò per lo spirito pratico. Comprese che le masse rurali della Romania (rappresentanti il 90% della popolazione), destate alla vita civile, dovevano essere soddisfatte. Perciò, fece concessioni nel 1907, quale ministro dell'Interno e nel 1913 persuase re Carol I della necessità d'una riforma agraria, da lui poi realizzata nel 1919, con una rivoluzione pacifica. Il B. fu un conservatore tenace della dominazione della borghesia, anzi fece del partito liberale un partito di classe borghese, che fu da lui consolidato e organizzato rigidamente sotto la direzione di un'oligarchia nella quale la famiglia B. primeggiava specialmente nella persona del B. Onesto e senza macchia, per quanto riguardava la sua persona, si servì senza scrupoli, nella politica, di tutti gli espedienti possibili. Suo principale strumento fu la macchina elettorale, adoperata in modo da far trionfare sempre la volontà del governo. Combinando la forma democratica e parlamentare con un fondo assolutista e oligarchico, egli cercò di frenare e arginare il passaggio, troppo brusco, del suo popolo dagli usi dell'Oriente alle istituzioni dell'Occidente. Educato a Parigi, il B., contrariamente a suo padre, che aveva fatto una politica bismarckiana, fu un dichiarato francofilo. Questa trasformazione, frutto piuttosto dell'educazione e del sentimento, che del calcolo politico, fu a ogni modo indovinata e fortunata. Ebbe una fiducia straordinaria nell'energie morali del suo popolo e nella ricchezza naturale del suo paese; perciò, coadiuvato dal fratello Vintila, il finanziere, adottò, specialmente nel campo economico, la divisa del "fare da sé". In questa passione patriottica, il B. ebbe un grande emulo, Tache Ionescu, pure francofilo, e un forte avversario, Alessandro Marghiloman, germanofilo.
Nella seconda guerra balcanica del 1913 contro la Bulgaria, il B. combatté in qualità di capitano di complemento e marciò nella Dobrogea contro i Bulgari, stretti dai Serbi e dai Greci. Aiutò quindi Tache Ionescu, l'arbitro della conferenza di Bucarest del 6-10 agosto 1913, a ottenere il cosiddetto quadrilatero di Silistria. Nel gennaio 1914 accompagnò re Carol a Costanza, ove ebbe luogo con lo zar Nicola di Russia, che era accompagnato dal Sazonov, un importantissimo colloquio. Allo scoppio della guerra mondiale il B. era a capo del governo e indusse il re Carol, favorevole a un intervento a fianco degl'Imperi Centrali, a mantenersi neutrale. Morto frattanto il monarca, il B. preparò il trattato d'alleanza con l'intesa, da lui firmato il 5 agosto 1916 a Bncarest. Il B. rimase capo del governo fino a tutto il 1917. Il rovescio delle armi romene, la ritirata nella Moldavia, il governo in collaborazione con Tache Ionescu a Iaşi nel dicembre 1916, ma più ancora la dolorosa pace separata di Bucarest del 7 maggio 1917, firmata da Marghiloman, misero a dura prova la forza d'animo e la reputazione politica del B. Ma il trionfo finale dell'intesa consentì al B. di formare, nel novembre 1918, il primo ministero della Grande Romania. Nel gennaio 1919 quale delegato alla Conferenza della pace, sostenne l'annessione di tutto il Banato, secondo il trattato d'alleanza. Non essendovi riuscito a causa delle pretese dei Serbi, non volle firmare il trattato di pace, né sgombrare Budapest, occupata dai Romeni il 3 agosto 1919 nonostante l'opposizione degli alleati. Si dimise il 27 settembre 1919. Tornò al potere il 19 gennaio 1922 e vi rimase fino al 31 marzo 1926. Il suo ultimo governo fu quello formato alla fine di giugno 1927, troncato dalla morte.
L'opera del B. si può riassumere così: all'interno la riforma agraria, il voto universale, l'accentramento amministrativo, il predominio del vecchio regno sulle nuove provincie, la sottomissione della dinastia alle direttive di stato da lui volute. Si creò in questo modo una netta opposizione parlamentare: ma egli seppe dominare tutto e tutti, gli stessi monarchi. Nella politica estera affrontò fiducioso le guerre di redenzione e di unificazione. Tenne sempre un orientamento francofilo, malgrado la delusione del Banato: non volle avere aiuti finanziarî altro che dalla Francia e per seguire le direttive francesi stipulò con la Cecoslovacchia e con la Iugoslavia i patti detti della Piccola Intesa, l'alleanza con la Polonia e infine quella con la Francia. Combatté l'orientamento italofilo del generale Averescu e ostacolò le trattative per l'intensificazione degli scambî commerciali con l'Italia.
Lasciò erede materiale e ideale il figlio Giorgio.