ionizzazione
Per qualche elettrone in più o in meno
La materia a livello microscopico è fatta di atomi. Questi a loro volta sono formati da particelle subatomiche: elettroni, protoni e neutroni. Complessivamente un atomo è elettricamente neutro, in quanto la carica positiva localizzata nel nucleo, i protoni, è neutralizzata dagli elettroni esterni a esso. Quando gli atomi perdono o acquistano elettroni si trasformano in ioni, positivi o negativi: è avvenuta così la ionizzazione dell'atomo
Fu lo scienziato inglese Michael Faraday, attivo nella prima metà del 19° secolo, a introdurre il termine ione per indicare quelle specie atomiche o molecolari cariche positivamente o negativamente a cui è dovuto il trasporto della corrente elettrica nel fenomeno dell'elettrolisi. All'epoca di Faraday, e ancora successivamente, si riteneva che le sostanze chimiche si decomponessero formando gli ioni sotto l'azione di un campo elettrico applicato. Una diversa spiegazione venne presentata dal chimico svedese Svante Arrhenius. Nel 1887 egli affermò che in soluzione, anche senza la presenza di un campo elettrico, alcune sostanze (per lo più acidi, basi e sali) erano dissociate parzialmente in ioni, e che questa ionizzazione tendeva a divenire completa nelle soluzioni diluite.
È stato poi dimostrato che ci sono sostanze come i sali, per esempio il cloruro di sodio, che sono formate da ioni positivi e negativi allo stato solido. Per essi la dissoluzione in acqua rappresenta solo la disgregazione del reticolo ionico cristallino per opera delle molecole del solvente. In questo caso si utilizza l'espressione dissociazione elettrolitica. Si parla più propriamente di ionizzazione per le sostanze costituite invece da molecole che in acqua, reagendo con il solvente, danno luogo alla formazione di ioni. Gli ioni possono essere formati da singoli atomi che hanno acquistato o ceduto un elettrone, come per esempio gli ioni Cl− e Na+ del cloruro di sodio: il simbolo Cl− indica un atomo di cloro con una carica negativa (il segno '−' a esponente), dovuta a un elettrone in più; il simbolo Na+ indica un atomo di sodio a cui è stato tolto un elettrone, lasciando così una carica positiva in eccesso (il segno '+' a esponente). Infatti va considerato che nell'atomo solo gli elettroni sono mobili, cioè possono abbandonare o associarsi a un atomo, mentre le cariche positive, costituite dai protoni, sono fisse nel nucleo atomico.
In alcuni casi però gli ioni sono più complessi e formati da più atomi legati assieme. Come esempio citiamo lo ione idronio H3O−, che si forma per reazione dell'acqua (H2O) con le sostanze acide che rilasciano ioni H+.
Si può ugualmente ottenere la formazione di cationi (ioni positivi) o anioni (ioni negativi) anche con altri meccanismi di ionizzazione. Si possono irraggiare gas, vapori o superfici metalliche con radiazioni di elevata energia; oppure si fanno scontrare su di essi elettroni opportunamente accelerati; o anche scaldare a temperature elevate un gas o un vapore, con aumento dell'energia cinetica delle particelle costituenti. I fenomeni sopra descritti sono molto importanti da un punto di vista teorico e pratico. Per esempio nella ionosfera, a partire da circa 80 km dalla Terra, le radiazioni solari generano la ionizzazione degli atomi presenti. Questo strato di ioni è in grado di riflettere le onde radio consentendo le radiocomunicazioni al di là del limite della curvatura terrestre.
D'altro canto nel nostro ambiente possiamo venire a contatto con sorgenti naturali, ma soprattutto artificiali, di radiazioni ionizzanti: le apparecchiature a raggi X usate in medicina, ma anche i macchinari industriali per sterilizzare gli alimenti. Tali radiazioni, però, possono causare notevoli danni biologici, in quanto la ionizzazione da esse prodotta genera frammenti di molecole in grado di danneggiare irreparabilmente le nostre cellule e il nostro patrimonio genetico. Per rivelare la presenza di tali radiazioni si possono usare opportuni strumenti di misura.