iperonimi
Iperonimo (dal gr. ypér «sopra» e ónoma «nome») è un termine tecnico, coniato da Lyons (1963; per una parziale revisione, cfr. Lyons 1977) per indicare una parola dal significato più ampio di quello di uno o più termini dal significato specifico. Questi ultimi sono detti iponimi (dal gr. ypó «sotto» e ónoma «nome»). Quindi iperonimi e iponimi si definiscono in relazione gli uni con gli altri, dato che una parola è iperonimo solo rispetto a degli iponimi, e viceversa: per es., animale è iperonimo di gatto e di cane. Due parole che sono iponimi di uno stesso iperonimo si dicono co-iponimi.
Già accennata dalla metafisica aristotelica (che parla di genus proximum rispetto a differentia specifica), la relazione iponimo-iperonimo è la più generale nella struttura del lessico (Simone 19956: 486-91; Murphy 2003: 216-17), tanto che tutto il lessico di una lingua può essere immaginato come strutturato in una rete di relazioni tra iperonimi e iponimi più o meno dense, e che, laddove si presenti una lacuna, è possibile riempire i vuoti con sintagmi formati con parole generali (➔ parole generali).
Inoltre, la relazione tra iperonimi e iponimi è ‘a cannocchiale’ (cioè ha proprietà transitiva): una stessa parola può infatti avere iperonimi di diverso livello, ciascuno dei quali ingloba il precedente; si può anche dire che una parola data può essere iponimo di un iperonimo, ma a sua volta iperonimo di altri iponimi, come si può osservare nei seguenti esempi:
(1) mobile → tavolo → scrivania, tavolino, scrittoio, ecc.
(2) mobile → [cose / oggetti per sedersi] → poltrona, divano, sofà
(3) mobile → [cose / oggetti per contenere indumenti] → armadio, guardaroba, ecc.
La relazione iperonimo-iponimo è anche alla base della struttura dei dizionari (➔ dizionario), sia quelli semasiologici (i dizionari più comuni, nei quali spesso la definizione di un lemma procede dal generale allo specifico), sia soprattutto quelli onomasiologici (a cominciare dal famoso Vocabolario domestico di Giacinto Carena, pubblicato a Torino verso la metà dell’Ottocento) e dei thesauri (➔ thesaurus) per la ricerca di informazioni nelle banche dati (Marello 1996: 113).
Nel rapporto tra iponimo e iperonimo si osservano alcune proprietà e caratteri peculiari.
(a) Ciascun referente dell’iponimo è un «tipo di» ciò che rappresenta l’iperonimo: per es., il gatto è un tipo di animale; il San Bernardo è un tipo di cane. Questa condizione è transitiva sul piano paradigmatico. Miller (1998) ha proposto di dividere gli iponimi in tassonomici e funzionali. Essi rappresentano rispettivamente la relazione «un tipo di» e «è usato come», e per questa seconda non vale la transitività accennata. Ad es., bufala ha una relazione tassonomica con animale (la bufala è un tipo di animale), ma è in relazione funzionale con bestiame (una bufala è usata come capo di bestiame).
(b) È possibile che nel lessico di una lingua siano assenti iperonimi appositi in rapporto a determinati iponimi. Questa mancanza si compensa in due modi diversi.
(i) Uno degli iponimi opera anche come iperonimo: per es., fratelli e sorelle hanno come iperonimo fratelli (cioè uno dei co-iponimi), cane è iperonimo di cane e cagna. In generale, in italiano, per i nomi designanti esseri animati la forma del ➔ maschile opera come iperonimo di una coppia di iponimi, che siano uno maschile e uno femminile. Questo tratto, diffusissimo tra le lingue indoeuropee, è stato contestato dalle studiose del rapporto tra ➔ genere e lingua, ma non è stato eliminato.
(ii) Si ricorre alla creazione di parole sintagmatiche ad hoc, anche occasionali (non di rado utilizzando, come accennato, parole generali): per es., innaffiatoio e spruzzatore non hanno iperonimo pur avendo evidenti affinità semantiche. In taluni casi le parole sintagmatiche in questione fanno a loro volta parte del lessico, come nel caso di iperonimi quali luogo di culto, arma da fuoco, attrezzo per cucina, ecc., in relazione ai co-iponimi degli esempi seguenti:
(4) chiesa, moschea, sinagoga, ecc. ← luogo di culto
(5) pistola, fucile, mitragliatore, ecc. ← arma da fuoco
(6) trinciapollo, spremiagrumi, mixer, ecc. ← attrezzo per cucina
A questo proposito, è interessante notare come «le esigenze connesse allo sviluppo della vita moderna spingono a un uso di iperonimi più intenso rispetto al passato» (Berruto 1976): nomi come accessori, contenitori, ingredienti, veicoli sono divenuti oggi più frequenti nella lingua di ogni giorno perché coprono la molteplicità di referenti particolari, soddisfacendo al tempo stesso quell’esigenza di astrattezza e genericità che è la richiesta in varie situazioni comunicative.
Mancati parallelismi si hanno anche nel confronto tra lingue. Pur essendo universalmente diffusi, gli iperonimi, specie quelli non scientifici, «sono una delle aree lessicali che meglio dimostrano […] la diversità con cui le lingue naturali ritagliano la materia da nominare» (Marello 1996: 113). Spesso, infatti, in una data lingua manca il termine corrispondente, o se c’è ha un grado diverso di genericità. Si pensi, ad es., agli iponimi che un italiano raggruppa sotto l’iperonimo di posate e a quelli che un inglese mette sotto l’iperonimo di cutlery, o alla diversa estensione dell’italiano legumi e del francese légumes, propr. «verdure».
D’altro lato, la tecnica con cui le lingue creano iperonimi può essere molto diversa. Si osservino gli esempi dello schema seguente:
TABELLA
italiano spagnolo
padre e madre → (i) genitori (los) padres, lett. «(i) padri»
re e regina → (i) reali (los) reyes, lett. «(i) re».
marito e moglie → sposi, coniugi,
(la) coppia → matrimonio
Sul piano sintagmatico, è da notare che insieme alla sinonimia, al rapporto parte/tutto (detto anche rapporto tra meronimo e olonimo) e alla solidarietà lessicale, il rapporto iperonimo-iponimo è una delle risorse lessicali attraverso cui si garantisce la coesione testuale (➔ coesione, procedure di):
(7) Appesi a un secondo lampione, due mazzetti di rose rosse hanno resistito alle stagioni, all’estate torrida e a questo freddo cattivo: i fiori stanno imbozzolati dentro il cellophane, con molti giri di nastro adesivo per isolare e difendere. Viene quasi da immaginare il gesto d’amore feroce, certamente di mano di donna, che pose quei fiori (Maurizio Crosetti, Ritorno alla Thyssen tra i fantasmi della Linea 5, «La Repubblica» 5 dicembre 2008)
(8) Spesso si sente dire che in Italia ci sono ottocento moschee, ma non è esattamente così. Le moschee «vere» sono tre, a Roma, a Catania e a Segrate. Poi ci sono ex garage, cascine, sottoscala, cinema che sono stati trasformati in luogo di culto (Piero Colaprico, La fabbrica diventa una moschea. Ecco il nostro ramadan in Italia, «La Repubblica» 29 agosto 2009).
Berruto, Gaetano (1976), La semantica, Bologna, Zanichelli.
Lyons, John (1963), Structural semantics. An analysis of part of the vocabulary of Plato, Oxford, Blackwell.
Lyons, John (1977), Semantics, Cambridge, Cambridge University Press, 2 voll.
Marello, Carla (1996), Le parole dell’italiano. Lessico e dizionari. Bologna, Zanichelli.
Miller, George A. (1998), Nouns in WordNet, in WordNet. An electronic lexical database, edited by C. Fellbaum, Cambridge (Mass.) - London, MIT Press, pp. 23-46.
Murphy, M. Lynne (2003), Semantic relations and the lexicon. Antonymy, synonymy, and other paradigms, Cambridge, Cambridge University Press.
Murphy, M. Lynne (20062), Hyponymy and hyperonymy, in Encyclopedia of language and linguistics, editor-in-chief K. Brown, Boston - Oxford, Elsevier, 14 voll., vol. 5º.
Simone, Raffaele (19956), Fondamenti di linguistica, Roma - Bari, Laterza (1a ed. 1990).