IPERSPAZIO (ted. mehrdimensionale Raum)
1. Sotto la voce dimensioni è stata esposta un'analisi di questo concetto, secondo la quale allo spazio fisico si devono attribuire tre dimensioni, sostanzialmente nel senso che i suoi singoli punti si possono determinare mediante tre numeri o coordinate. Ogni terna di numeri, cioè di coordinate, individua un punto dello spazio, e viceversa ogni punto dello spazio individua le sue coordinate (v. coordinate, n. 15); e per di più la corrispondenza fra i punti e le rispettive coordinate soddisfa al requisito della continuità, cioè, fissato un punto P qualsiasi, ne esistono infiniti altri (prossimi a P), le cui coordinate differiscono da quelle di P quanto poco si vuole. Ma già sotto quella medesima voce è stato detto che lo studio di una totalità di enti, ciascuno dei quali, entro la totalità, sia individuabile (in modo continuo) mediante la conoscenza di alcuni numeri (in numero finito), per es. di n numeri, può essere oggetto di una trattazione matematica; gli n numeri che individuano l'ente entro la totalità si possono chiamare le n coordinate dell'ente; e questo ente stesso si può per semplicità di linguaggio, chiamare punto di una varietà (ted. Mannigfaltigkeit) a n dimensioni; e allora la totalità in questione è una varietà a n dimensioni (o una Vw), nella quale gli n numeri considerati sono divenuti le n coordinate dei suoi punti. Per es., una sfera dello spazio (ordinario) è rappresentata in coordinate cartesiane ortogonali x, y, z da un'equazione
essa individua in modo ben determinato i coefficienti a, b, c, d dell'equazione (1), e viceversa; cosicché questi quattro numeri si possono assumere come coordinate della sfera (v. coordinate, n. 29). Se, secondo le generalità che precedono, chiamiamo "punto di una varietà a quattro dimensioni" ogni sfera dello spazio ordinario, nasce una V4 come insieme delle sfere considerate.
Per indicare un altro esempio, consideriamo le rette dello spazio ordinario. Ogni retta è rappresentabile mediante quattro coordinate: basta partire, per ogni retta, dalle sue coordinate plückeriane omogenee pik (v. coordinate, n. 23), le quali si riducono sostanzialmente a quattro, anzitutto perché essendo esse omogenee, cioè definite a meno di un fattore comune, una di esse è arbitraria, e in secondo luogo perché esse non sono numeri affatto arbitrarî, ma, come è stato detto nella voce citata, sono legate dalla relazione
la quale fa sì che il valore di una delle coordinate pik è già determinato dalle rimanenti. Da questo punto di vista, le rette dello spazio ordinario si possono esse pure assumere convenzionalmente come punti di una V4.
Per n qualsiasi citiamo il seguente esempio particolarmente semplice di una Vn: gli enti che si considerano sono i sistemi di n numeri x0, x1,..., xn, suscettibili, per es., di tutti i valori finiti reali (e considerati in un ordine determinato). Questa volta dunque il punto della Vn è la stessa npla di numeri; e la Vn è la totalità di queste npte. Le coordinate sono già gli stessi n numeri di ciascuna npla.
Il primo e il secondo degli esempî citati fanno capo alla feconda idea di Plücker di assumere come elemento generatore dello spazio ordinario (o del piano) un ente geometrico qualsiasi, così da considerare, per es., lo spazio di sfere, o lo spazio di rette (v. coordinate, n. 29); e si può dire che in questa veduta plückeriana stia proprio l'origine, per così dire geometricamente concreta, della nozione di varietà a più dimensioni (per indicazioni storiche, v. dimensioni; geometria, n. 30).
2. Le varietà così definite (da taluni chiamate spazî a n dimensioni), hanno un larghissimo grado di generalità; per es., tra le varietà a due dimensioni appaiono tutte le superficie dello spazio ordinario. Vogliamo ora definire come iperspazi o spazî proiettivi a n dimensioni (nel seguito chiamati brevemente spazi) particolari varietà a n dimensioni, che fra queste ultime abbiano appunto lo stesso grado di semplicità che hanno i piani fra le altre superficie. A tale scopo riesaminiamo gli esempî (1) e (2), dove però per renderli meglio paragonabili (e anche per poter includere i piani tra le sfere, come è necessario per "chiudere" la totalità delle sfere mediante le superficie che sono limiti di sfere propriamente dette), facciamo comparire nella (1), in luogo di a, b, c, d, cinque coefficienti omogenei α, β, γ, δ, ε,
cosicché ogni sfera ha ora 5 coordinate omogenee, α, β, γ, δ, ε. Allora nel caso delle sfere abbiamo corrispondenza biunivoca senza nessuna eccezione fra esse e le quintuple di numeri omogenei α, β, γ, δ, ε (cioè di numeri non tutti nulli, definiti a meno di un fattore comune), così come in un piano, quale è considerato nella geometria proiettiva, si ha una corrispondenza biunivoca senza nessuna eccezione fra i suoi punti e le terne di numeri omogenei che ne sono le coordinate proiettive omogenee. Invece per la (2) le cose stanno ben diversamente, poiché per le ∞4 rette dello spazio non è possibile introdurre in alcun modo delle altre coordinate omogenee, non più sovrabbondanti, così da avere una nuova corrispondenza biunivoca senza eccezioni fra le rette e le quintuple di numeri omogenei.
Chiamiamo dunque, per n > 3, spazio proiettivo a n dimensioni (che denotiamo con Sn, o più semiplicemente con [n]) una Vn tale, che vi sia una corrispondenza biunivoca continua senza eccezioni fra i suoi punti e i sistemi di n + 1 numeri omogenei x0, x1, ..., xn non tutti nulli (considerati in ordine determinato), i quali si chiamano coordinate (proiettive) omogenee del punto di Sn (cosicché le ∞4 sfere dello spazio ordinario dànno luogo a uno S4, e le ∞4 rette no). I punti particolari (in numero di n + 1) aventi una sola coordinata non nulla si chiamano punti fondamentali; essi non presentano tuttavia, dal punto di vista geometrico, alcuna particolarità perché (v. n. 3) con una "trasformazione di coordinate" si possono ad essi sostituire altrettanti punti generici dello Sn. Le definizioni date si possono adottare sia nel campo reale, sia in quello complesso.
La nozione di spazio proiettivo a n dimensioni appare dunque senz'altro come pertinente alla geometria astratta, e come tale suscettibile delle più svariate applicazioni, quando si fissi in modo concreto una determinazione per il concetto astratto di punto dello Sn. Inoltre lo studio di questi spazî risulta a priori equivalente allo studio, puramente analitico, dei sistemi di n + 1 numeri omogenei: sennonché l'adozione di ulteriori definizioni, date in armonia a quelle dello spazio ordinario, e le prime proprietà degli enti e dei procedimenti così definiti creano per la geometria iperspaziale un linguaggio geometrico che la rende accessibile a un'intuizione geometrica estesa, per così dire, dal caso di tre a quello di più dimensioni.
3. La prima delle nozioni ora accennate è quella di retta dello Sn. In accordo con quel che accade sul piano, cioè per n = 2 (v. coniche, n. 20) e nello spazio ordinario, cioè per n = 3, si chiama retta di Sn il luogo dei punti, le cui coordinate omogenee sono date da
al variare del rapporto fra λ e μ, mentre le x e le y sono coordinate di due punti fissi (x) e (y). Similmente se (x), (y), (z) sono tre punti dello Se non appartenenti a una retta, si chiama piano dello Sn l'insieme dei punti di tutte le rette che congiungono, p. es., il punto (z) con i singoli punti della retta (x) (y). Preso un quarto punto non appartenente a questo piano, si definisce in modo analogo una totalità ∞3 di punti dello Sn, e così via successivamente totalità ∞4, ∞5, ..., fino a ∞4. Fra le totalità cosi definite quella che è 00r è data dall'insieme dei punti aventi le coordinate del tipo
al variare dei parametri omogenei λ(0), λ(1), ... λ(n) dove (x), (y),..., (w) designano punti fissi dello Sn, in numero di r + 1, non appartenenti a una delle totalità ∞2-1 precedentemente definite. Per r = n si ottengono così di nuovo tutti i punti dello Sn; ma come loro coordinate omogenee appaiono ora le λ(0), λ(1), ..., λ(n), cosicché si è fatto un cambiamento di coordinate e i nuovi punti fondamentali sono ora (x), (y),..., (w). Ma anche se r > n, tale totalità ∞r appare essa stessa come uno spazio proiettivo Sr contenuto nello Sn (o, come spesso si dice, subordinato); per uniformità di linguaggio si parla anche di S, (anziché di spazî ordinari), di S2 (anziché di piani), di S1 (anziché di rette) e spesso anche di uno S0 (anziché di un punto) dello Sn. Uno Sn-1 si chiama anche un iperpiano; per ogni iperpiano esiste un'equazione lineare omogenea
nelle coordinate x, tale che essa è soddisfatta per tutti i punti dell'iperpiano e per essi soli; essa è l'equazione dell'iperpiano, e i suoi coefficienti (definiti dall'iperpiano a meno di un fattore comune) sono le coordinate proiettive omogenee dell'iperpiano. In base a questa nozione gli ∞n iperpiani si possono dunque considerare essi stessi come punti di un nuovo Sn proiettivo, e in ciò trova la sua ragione d'essere la legge di dualità entro Sn (v. dualità). Secondo essa si corrispondono più generalmente in Sn gli Sr (come insiemi dei loro punti) e gli Sn-r-1 (come insiemi degli Sn-1 che li contengono). Gli Sr, di un Sn costituiscono una totalità dipendente da (r + 1) (n - r) parametri arbitrarî.
Due spazî Sr, Sp contenuti nello Sn possono ammettere un'intersezione, luogo dei punti che appartengono a entrambi; questa, in quanto effettivamente esista, è a sua volta uno spazio Si. Da un altro lato gli stessi spazî Sr, Sp dànno anche luogo a uno spazio congiungente Se (o spazio di appartenenza, così chiamandosi per ogni figura iperspaziale, lo spazio di dimensione minima che la contiene integralmente, spazio che può eventualmente coincidere addirittura con lo spazio ambiente Sn). In ogni caso fra le dimensioni dei quattro spazî sussiste la relazione
che continua a valere anche quando non vi sia nessun punto comune ai due spazî Sr, Sp (cioè quando lo spazio loro intersezione venga a mancare) purché allora si assuma convenzionalmente i = 1.
4. Nell'iperspazio Sn si possono definire anche le operazioni di proiezione e di sezione (mutuamente duali), che tanta importanza hanno nella geometria proiettiva. Per eseguire una proiezione d'una figura F composta di punti (fra i quali eventualmente vi siano tutti i punti di uno o più spazî Sp), si assume entro Sn uno spazio fisso Sr, dal quale si vuole eseguire la proiezione. Limitatamente al caso più interessante in cui nessun punto della figura F appartenga a Sr, la proiezione consiste nel congiungere ogni punto della figura F allo spazio Sr mediante uno spazio Sr+1 (proiettante); allora ogni spazio Sp che faccia parte della figura F viene proiettato secondo uno spazio Sr+p+1 (così, p. es., il procedimento dianzi descritto per giungere alla nozione di piano dello Sn consisteva appunto nel proiettare una retta da un punto). Invece per eseguire una sezione di una figura F, composta di iperpiani (fra i quali eventualmente vi siano. tutti quelli appartenenti a uno o più spazî Sq), si fissa uno spazio segante Ss che supponiamo non contenuto in nessun iperpiano della figura F, e di ogni iperpiano facente parte di F si prende lo spazio Ss-1 sua intersezione con Ss cosicché ogni spazio Sq che (come insieme di iperpiani) appartenga alla figura F viene segato secondo uno Sq+s-n. Più particolarmente, proiezioni e sezioni intervengono spesso combinate l'una con l'altra, in modo che una figura F viene proiettata da uno spazio Sr, su uno spazio Ss, nel senso che anzitutto la figura F viene proiettata dallo spazio Sr secondo una figura F′, che poi a sua volta è sottoposta al procedimento di sezione con lo spazio Ss.
Questi procedimenti servono a collegare in modo geometricamente semplice figure diverse; p. es. a ottenere figure dello spazio ordinario (o del piano) come proiezioni di figure iperspaziali; le proprietà di quelle risultano spesso in modo particolarmente luminoso dalle proprietà di queste. Ad applicazioni di questo tipo sono dovuti alcuni successi brillanti ottenuti dalla geometria iperspaziale nel momento in cui essa si andava costituendo in dottrina sistematica.
5. Nello stesso tempo queste operazioni servono per definire delle corrispondenze fra i punti di due spazî subordinati. P. es., fissati due iperpiani α, β, e come centro di proiezione un punto O non appartenente a nessuno di essi, da questo centro i due iperpiani si proiettano l'uno sull'altro in modo che ogni punto P di a viene ad avere come corrispondente su β il punto P′ sua proiezione. Nasce così una corrispondenza (prospettività) fra i punti di α, β, la quale evidentemente è biunivoca, e a punti P appartenenti a una retta fa corrispondere punti P′, pure appartenenti a una retta. Ogni corrispondenza fra i punti di due spazî aventi uno stesso numero, del resto arbitrario, di dimensioni, la quale soddisfi a codeste due condizioni si chiama un'omografia, salvo l'ulteriore precisazione di cui ora si dirà. Dalla definizione segue che fra due rette omologhe la corrispondenza iperspaziale considerata subordina una corrispondenza che o conserva ogni birapporto (cioè è proiettiva), oppure muta ogni birapporto nel valore complesso-coniugato (cioè, come si suol dire, è antiproiettiva). Se si opera solamente con punti reali, il secondo caso non ha rilievo; ma nel campo complesso per chiamare omografia la corrispondenza considerata si esige che abbia luogo il primo caso (ed è già sufficiente che esso si verifichi per una particolare coppia di rette corrispondenti). Segue più generalmente che in un'omografia fra due iperspazî Sn, S′n, ad ogni spazio Sr subordinato di S′r corrisponde in Sn′ uno spazio S′r avente la stessa dimensione, e che fra Sr, S,′ risulta ancora subordinata un'omografia.
Le proiezioni e sezioni non solo dànno esempî di omografie; ma, impiegate successivamente un certo numero (finito) di volte, permettono di realizzare qualsiasi omografia fra due Sn in quanto immersi in uno stesso iperspazio avente un maggior numero di dimensioni.
Se in Sn, e rispettivamente in S′n, le x0, x1, ... xn e x0′, x′1, ..., x′n sono coordinate proiettive omogenee di punto, un'omografia fra i due spazî risulta rappresentata analiticamente (ove con ρ si denoti un fattore di proporzionalità) da una sostituzione lineare omogenea (v. determinanti, n. 5)
di modulo A = ∣aik∣ diverso da zero, e viceversa. Se il modulo A è nullo, la sostituzione lineare (3) definisce un'omografia degenere.
Si acquisisce così un secondo modo per definire iì concetto di omografia iperspaziale: con la prima definizione si giunge a tali corrispondenze in base ad alcuni requisiti di grande semplicità geometrica; la seconda mette in evidenza che, analiticamente, le coordinate si trasformano nel modo più semplice. Inoltre, secondo essa, le omografie iperspaziali appaiono come l'equivalente geometrico di quelle sostituzioni lineari che hanno nell'algebra un'importanza fondamentale. La cosiddetta teoria delle forme algebriche, che costituisce uno dei capitoli più importanti dell'algebra (v. algebra, nn. 60-72; invariante), consiste appunto nello studio di quelle proprietà delle equazioni algebriche nelle variabili omogenee x0, x1, ... xn, che si mantengono inalterate attraverso le sostituzioni lineari omogenee, a cui queste variabili si sottopongono. Il luogo dei punti dello S,. dove è soddisfatta una tale equazione è un'ipersuperficie (n. 9), di cui le proprietà ora accennate fanno conoscere proprietà invarianti per omografie (o, come si dice, proprietà proiettive).
Accanto alle omografie fra due Sn si considerano anche le reciprocità (o correlazioni), cioè omografie fra uno Sn come insieme dei suoi punti e uno S′n come insieme dei suoi iperpiani. Analiticamente, una reciprocità si rappresenta con formule analoghe alle (3), dove però alle x′ si sostituiscano coordinate proiettive omogenee di iperpiano. Le omografie e reciprocità, complessivamente, si chiamano proiettività. Lo studio delle reciprocità si riduce dunque a quello delle omografie, se si opera fra due Sn distinti, o anche fra due Sn sovrapposti per tutte quelle proprietà, in cui non entra in giuoco la coincidenza di questi due spazî.
Un'omografia fra due Sn si può individuare mediante n + 2 coppie di punti omologhi, prefissati in modo arbitrario, purché mai n + 1 fra gli n + 2 punti dati in ciascuno dei due spazî stiano in uno stesso iperpìano. Lo studio delle omografie fra spazî distinti non offre alcuna varietà di casi, perché, pur di assumere convenientemente nei due spazî il sistema di riferimento (n. 3), ogni omografia è rappresentabile con la sostituzione lineare (canonica) ρxi′ = xi. In altre parole, le omografie fra due Sn distinti sono tutte proiettivamente equivalenti fra loro.
6. Assai meno immediato è lo studio delle proprietà particolari che nascono per le omografie fra spazî sovrapposti. Anzitutto, vi è luogo alla ricerca dei punti uniti, cioè dei punti dell'uno spazio che coincidono con i loro corrispondenti dell'altro spazio. Se (x) è un tale punto e se si adotta per i due Sn sovrapposti uno stesso sistema di riferimento, le sue coordinate devono soddisfare alle (3) dove ρ abbia un conveniente valore: si tratta dunque di risolvere il sistema di n + 1 equazioni
fra le n + 1 incognite omogenee xi, e l'ulteriore incognita ausiliaria ρ. Si possono seguire due vie in certo senso opposte fra loro:
α) Fra le (4) si possono eliminare le n + i incognite omogenee ottenendosi nella residua incognita ρ l'equazione algebrica di grado n + 1 (equazione fondamentale della sostituzione lineare):
Ogni radice della (5) conduce effettivamente a trovare dei punti uniti e precisamente uno solo se in corrispondenza di essa le equazioni (4) fra le xi, si riducono a n indipendenti; mentre invece, se si riducono a n + 1 − γ indipendenti (il che equivale a dire che la radice considerata fa assumere al determinante Δ(ρ) la caratteristica n + 1 − γ), si è condotti a uno spazio Sγ-1 tutto formato da punti uniti (spazio fondamentale). Perciò, chiamando ρ′, ρ″, ..., le varie radici della (5) e n + 1 − γ′, n + 1 − γ″, ... ρ′, ρ″, ... le corrispondenti caratteristiche del determinante Δ(ρ), l'omografia viene ad avere come fondamentali degli spazî Sγ′ − 1, Sγ″ − 1, .... Nel caso, per così dire, più generale la (5) ha n + 1 radici distinte, e l'omografia ammette n + 1 punti uniti. Per contemplare tutte le possibilità, premettiamo che ogni radice ρ(i); J ha per la (5) moltiplicità μ(i) ≤ γ(i).. Se per ogni radice μ(i) = γ(i), l'omografia si dice generale; per una tale omografia lo spazio di appartenenza degli spazî dei punti uniti (n. 3) è lo spazio ambiente. Un'omografia generale si può individuare dandone gli spazî fondamentali e gl'invarianti assoluti, cioè i rapporti fra le radici ρ(i) (rapporti che sono dotati di significato geometrico, come birapporti inerenti alla figura formata dagli spazî fondamentali e da una qualsiasi coppia di punti corrispondenti). Tutte le omografie generali aventi in comune la caratteristica (vale a dire l'insieme delle dimensioni degli spazî fondamentali) e gl'invarianti assoluti sono proiettivamente equivalenti. Se invece qualche μ(i) è maggiore della corrispondente γ(i), l'omografia si chiama speciale; per la determinazione di queste omografie i caratteri ora nominati non sono sufficienti. Si può però considerare un'omografia speciale Ω come limite di una generale Γ, i cui spazî fondamentali siano venuti, parzialmente o anche totalmente, a sovrapporsi; nella caratteristica di Ω si considera allora, accanto alla dimensione di ciascun suo spazio fondamentale, anche quella di ciascuno degli spazî fondamentali della Γ, che sia venuto a giacere in esso; così anche per le omografie speciali la condizione di equivalenza proiettiva si traduce nella eguaglianza della caratteristica e degl'invarianti assoluti.
Si ottiene in tal guisa la più generale classificazione delle omografie iperspaziali, dovuta a P. Predella (1888-1892). Essa fornisce l'interpretazione geometrica di un celebre teorema di K. Weierstrass sull'equivalenza di due forme bilineari, rispetto alle trasformazioni lineari delle due serie di variabili da esse contenute (1858-1868).
p) Un'altra maniera di classificare le omografie iperspaziali è stata indicata da F. Enriques (in F. Enriques e O. Chisini, Lezioni sulla teoria geometrica delle equazioni e delle funzioni algebriche, II, Bologna 1918, pp. 658-686) e porta a definire in modo preciso i punti o gli spazî di punti uniti infinitamente vicini di esse. Se, invece che le n + 1 coordinate xi, si elimina dalle (4) la quantità ρ, i punti uniti appaiono come punti comuni a un certo insieme di quadriche (n. 10). Se esse hanno in comune uno spazio Sc-1, è appunto questo uno spazio fondamentale; se sono tangenti lungo uno spazio Sγ′-1, contenuto in Sγ-1, l'omografia è speciale, ed è appunto in Sγ′-1 che si è portato un ulteriore spazio fondamentale dell'omografia generale Γ dianzi considerata; e così via per l'eventualità di contatti più intimi fra le quadriche considerate.
Sia per le omografie generali, sia per quelle speciali fra loro equivalenti, esiste una forma canonica semplice delle loro equazioni: per quelle generali esse rientrano nel tipo ρxi′ = kixi, dove a ogni sistema di valori dei coefficienti costanti ki, eventualmente non tutti distinti, corrisponde una classe di omografie equivalenti.
7. Fra le reciprocità tra spazî sovrapposti, particolarmente notevoli sono le polarità, definite come nello spazio ordinario (geometria, n. 29) e che anche qui dànno luogo ai due casi delle polarità nulle e delle polarità ordinarie. Anche ora il luogo dei punti (complessi) che appartengono al proprio iperpiano polare, nel caso di una polarità ordinaria, è una quadrica (n. 10). Negli spazî di dimensione pari le polarità nulle risultano tutte degeneri.
8. Una linea algebrica nello spazio Sn si definisce come luogo dei punti le cui coordinate sono date funzioni algebriche di un parametro. Fra i caratteri numerici di una linea CN ricordiamo l'ordine N, numero costante dei punti che essa ha in comune con uno Sn-1 generico, e il genere p che si può definire come il genere comune a tutte le linee piane riferibili birazionalmente (cioè in modo algebrico e biunivoco) alla linea stessa (v. Curve). Nella geometria iperspaziale hanno speciale rilievo le curve algebriche normali, che non sono proiezioni di curve del medesimo ordine appartenenti (nel senso preciso dichiarato al n. 3) a spazî di un maggior numero di dimensioni; tutte le altre curve algebriche, non normali, si possono ottenere come proiezioni di curve normali. P. es., per p = 0 (curve razionali), ogni CN razionale normale appartiene a uno SN e vi si può rappresentare con le equazioni parametriche
dalla cui struttura tanto semplice si comprende come le curve in questione diano luogo a una teoria essa pure estremamente semplice. Tutte le altre CN razionali, le quali appartengono dunque a spazî di dimensione 〈 N, sono proiezioni delle precedenti. Ciò avviene, p. es., per tutte le curve piane razionali d'ordine > 2, e per quelle d'ordine > 3 appartenenti allo spazio ordinario; lo studio di tutte queste curve risulta così sistemato e illuminato nel modo più perspicuo dalla geometria iperspaziale.
Per p =1, si hanno CN ellittiche, normali in uno SN-1 e anche qui, e così per i valori successivi di p, valgono osservazioni analoghe.
9. Le superficie algebriche dello Sn sono le varietà a due dimensioni (n. 1) formate di punti dello Sn, algebriche nel senso che le coordinate dei loro punti sono funzioni algebriche di due parametri. Qui l'ordine è il numero costante dei punti comuni alla superficie e a uno Sn-2 generico. Più in generale si definisce in modo analogo una varietà algebrica VkN di dimensione k e d'ordine N; le coordinate dei suoi punti sono funzioni algebriche di k parametri indipendenti, e N è il numero dei punti che essa ha in comune con uno Sn-k generico. Lo spazio di appartenenza di una tale VkN (irriducibile) è al massimo di dimensione k + N − 1. Il concetto di varietà normale si ha subito per estensione dal caso testé considerato delle curve, e anche qui le proprietà di tutte le varietà algebriche si coordinano intorno a quelle, generalmente assai più semplici, delle varietà normali di cui esse sono proiezioni.
Per k = N − 1 la VkN è un'ipersuperficie, la quale analiticamente appare come luogo dei punti ove è soddisfatta un'equazione algebrica (omogenea) di grado N fra le coordinate. Per i valori più piccoli di k, ogni VkN si può rappresentare analiticamente come intersezione di n − k ipersuperficie; ma allora l'intersezione completa di queste può contenere, oltre alla VkN, anche altre varietà: si può evitare questo inconveniente ricorrendo a un maggior numero di ipersuperficie passanti per la VN.
10. Una V2n-1 è una quadrica generale se non è un cono (costituito da rette per un punto). Le quadriche generali V2n-1 (studiate da C. Segre) sono tutte proiettivamente equivalenti nel campo complesso (non in quello reale). Nel campo complesso, una quadrica generale contiene per intero degli spazî, fino alle dimensioni n/2 - 1 oppure (n -1)/2 incluse, secondo che n è pari oppure dispari: per n dispari, gli spazî a (n -1)/2 dimensioni si distribuiscono in due sistemi diversi, e due di essi hanno certo qualche punto in comune (anzi hanno in comune tutto uno spazio di dimensione pari) purché appartengano allo stesso sistema se l'intero (n −1)/2 è pari, e a sistemi diversi, se esso è dispari. Così sulla V24 generale dello S5 si hanno due sistemi di piani.
Questa V42 fornisce con i suoi punti una varietà rappresentativa, secondo i concetti esposti al n.1, della totalità delle rette di uno spazio ordinario S3; basta interpretare le sei coordinate omogenee pik di una retta come coordinate di punto in uno S5; allora la (2) del n. 1 diventa in questo S5 l'equazione di una V4 generale. I due sistemi di piani esistenti sulla V42 (ciascuno dei quali è un sistema ∞3) sono immagini rispettivamente degli ∞3 piani rigati e delle ∞3 stelle di rette dello spazio ordinario. Gli ∞5 fasci di rette contenuti in questo si rappresentano sulle ∞5 rette della V42, mentre i complessi lineari e le congruenze lineari di rette di S3 si rappresentano nelle varietà, a loro volta quadriche, sezioni della V42 con uno S4 o rispettivamente con uno S3.
Questo esempio ha un'importante generalizzazione: in uno S3, si possono considerare come coordinate (grassmanniane) dei suoi Sk subordinati i varî determinanti D di ordine k+1, formati con le coordinate di k + 1 punti di ciascun Sk; tali coordinate sono omogenee e anche sovrabbondanti, perché legate fra loro da molteplici relazioni. Se le quantità D s'interpretano come coordinate omogenee di punto in un iperspazio a
dimensioni, i punti di questo (le cui coordinate verificano le relazioni accennate) costituiscono una varietà di Grassmann che rappresenta così la totalità degli Sk dello Sn iniziale. La sua dimensione e il suo ordine valgono rispettivamente
Come ulteriore esempio elementare di varietà ricordiamo la superficie di Veronese; è la V24 normale dello S5 rappresentata parametricamente, ponendo le sei coordinate omogenee xi eguali ad altrettanti polinomî (linearmente indipendenti) di secondo grado in due parametri u, v. In questo modo la superficie si trova rappresentata punto per punto su un piano π dove s'interpretino u, v come coordinate proiettive (o cartesiane) non omogenee; le curve sezioni della V42 con gl'iperpiani di S5 si rappresentano nelle ∞5 coniche luogo del piano S5. Lo studio delle proprietà proiettive della superficie di Veronese equivale in sostanza a quello della geometria proiettiva del piano, ove si prenda per elemento generatore la conica.
11. Le proprietà delle varietà dianzi accennate sono proprietà proiettive. Naturalmente anche le varietà iperspaziali, come le curve e superficie dello spazio ordinario, si possono studiare sotto l'aspetto invariantivo per trasformazioni birazionali; l'ordine della varietà e la dimensione dello spazio di appartenenza non hanno allora più alcun rilievo, e i soli caratteri numerici da considerare sono quelli che, come i generi, hanno quello stesso carattere invariantivo. In questo secondo indirizzo è anche da osservare che, quando, per ogni classe di enti fra loro birazionalmente equivalenti, occorra studiare un modello particolare, questo - già per il caso delle curve e delle superficie - si può spesso realizzare nelle condizioni più semplici e favorevoli ricorrendo a una figura iperspaziale. Così la geometria proiettiva iperspaziale, anche storicamente, si è trovata in rapporti frequenti con la geometria delle proprietà invarianti per trasformazioni birazionali (v. Geometria).
Bibl.: Per un riassunto dei principali sviluppi della geometria iperspaziale, corredato di notizie storiche e bibliografiche: C. Segre, Mehrdimensionale Räume, in Encyklop. d. math. Wissensch., III, ii, Lipsia 1912, pp. 769-972. V. inoltre la bibl. della voce geometria e, in particolare, E. Bertini, Introduzione alla geometria proiettiva degli iperspazi, con appendice sulle curve algebriche e loro singolarità, 2ª ed., Messina 1923.