IPERTENSIONE ARTERIOSA (XIX, p. 480)
ARTERIOSA È il termine più usato in medicina per indicare l'elevazione della pressione arteriosa, sistolica e diastolica, oltre i valori medî normali. Questi variano con l'età, il sesso, l'attività fisica, lo stato psichico, ecc. In genere una pressione sistolica superiore a 150 mm. Hg ed una diastolica di 100 mm. sono considerate patologiche in tutte le età. L'ipertensione arteriosa può essere transitoria o permanente e si manifesta come sintomo più o meno dominante in numerose sindromi. L'ipertensione permanente si distingue in primaria o essenziale ed in secondaria, per lo più da cause renali o endocrine.
Qualunque ne sia la causa, l'ipertensione è essenzialmente la conseguenza di una costrizione generalizzata delle arteriole. Non è ancora noto come avvenga tale costrizione. Per le ipertensioni renali si ammette che il rene malato liberi o formi in eccesso una sostanza chimica ad azione pressoria, la quale, penetrata in circolo, agirebbe direttamente sui muscoli lisci delle arteriole, aumentando il tono vascolare periferico e causando così ipertensione. Per la ipertensione primaria si è pensato dapprima che l'ipertono arteriolare fosse dovuto ad iperattività del sistema simpatico, ma i recenti lavori sull'ipertensione sperimentale tendono a fare ammettere anche per questi casi un'origine renale, con meccanismo identico a quello già ricordato per le ipertensioni renali.
Ipertensione essenziale. - È la forma più frequente: 80% circa di tutti i casi d'ipertensione permanente. Inizio più frequente dopo i 50 anni, raro prima dei 30, abbastanza frequente tra 30 e 40. Si ma11ifesta con prevalenza nelle donne; malattia ereditaria, spesso associata ad obesità, diabete o gotta. Nelle donne insorge frequentemente durante o dopo menopausa spontanea o artificiale (cosiddetta ipertensione climaterica). Sintomi iniziali, gravità e decorso molto variabili. Spesso ha inizio insidioso, della durata di anni; più di rado la emorragia cerebrale, o l'insufficienza cardiaca o l'angina pectoris o la malattia renale ne sono la prima manifestazione clinica; a volte, infine, mancano sintomi e l'ipertensione è scoperta incidentalmente od in occasione di una complicazione cardiaca, cerebrale o renale. Durata della malattia da 6 mesi a 20 anni ed oltre.
L'ipertensione è di grado variabile: dai valori limiti di 150÷100 fino a valori di 300÷180: valori medî più frequenti 200÷110. In alcuni, la pressione, specialmente sistolica, è per lunghi periodi molto instabile, con oscillazioni anche di 50 mm. da un giorno all'altro o nello stesso giorno e si stabilizza successivamente; in altri, tali oscillazioni mancano o sono molto scarse.
Le conseguenze dannose dell'ipertensione sono il risultato dell'aumento di carico imposto al cuore ed ai vasi sanguigni. Alcuni soggetti tollerano bene l'ipertensione e la durata della vita non ne viene accorciata. In altri, dopo un tempo variabile dall'inizio, si manifestano sintomi e segni cardiaci, cerebrali o renali. Da questo momento la durata della malattia non supera i 6-8 anni e talvolta è molto più breve. Si calcola che per il 60% di tutti i casi gl'individui colpiti muoiano per insufficienza cardiaca, nel 20% circa per incidenti vascolari cerebrali e in meno del 10% per insufficienza renale.
In un piccolo numero di casi (10% circa del totale) la malattia, per la gravità dei sintomi e per il decorso rapidamente letale, si differenzia nettamente dall'ipertensione benigna. Si tratta di solito di soggetti più giovani, talvolta portatori da anni di un'ipertensione benigna, ma più spesso fino allora sani, i quali si ammalano per lo più improvvisamente con ipertensione grave, retinite albuminurica, insufficienza cardiaca e soprattutto insufficienza renale acutamente progressiva, con esito in uremia. In questi casi (cosiddetta ipertensione maligna) l'esito letale avviene entro 6-24 mesi.
Ipertensione secondaria. - a) renale. In diverse malattie renali, bilaterali ed unilaterali, l'ipertensione arteriosa è sintomo molto frequente, benché non costante. La glomerulonefrite diffusa acuta, subacuta e cronica, la pielonefrite cronica, il rene policistico sono esempî di malattie renali spesso accompagnate da ipertensione. Possono verificarsi in ogni età, ma sono più frequenti nei giovani. Importanti i casi di ipertensione associati a malattia renale unilaterale, poiché l'asportazione chirurgica del rene malaio è spesso seguita da ritorno della pressione a valori normali;
b) endocrina. Ipertensione transitoria o anche permanente, è sintomo frequente dei rari feocromocitomi delle capsule surrenali. Vi è anche ipertensione nella sindrome di Cushing, in alcuni casi di acromegalia e di mixedema. È stata ricordata la cosiddetta ipertensione climaterica.
Terapia. - È compito non facile e che richiede molta esperienza. Vi è una terapia medica ed una chirurgica. Quella medica comprende la psicoterapia, coadiuvata dall'uso cauto di sedativi e di ipnotici, la regolazione della vita del paziente (attività fisica e psichica, dieta), l'uso di medicamenti. L'efficacia di questi ultimi è discutibile, se si eccettuino i tiocianati, la cui somministrazione però non è priva di pericoli e richiede un'organizzazione clinica. Sono in corso numerosi esperimenti sull'azione del tiouracile, di estratti renali, della vitamina A, del cloruro di tetraetilammonio, ecc.
La terapia chirurgica, a parte le indicazioni per la nefrectomia nelle malattie renali unilaterali, consiste nella simpatectomia, cioè nella sezione chirurgica dei nervi vasocostrittori per l'area splancnica, o nella sezione dei nervi per le capsule surrenali o per i vasi renali, o nella combinazione di uno o più di questi interventi. L'operazione di Smithwick (splancnicectomia bilaterale transdiaframmatica con asportazione della catena simpatica da DVI a LII e dei rami comunicanti dorso-lombari) è oggi l'intervento preferito. I pazienti da operare vanno accuratamente scelti (età, condizione del cuore e dei reni). Se ne hanno successi di entità varia in circa 60-70% dei casi.