IPERTERMIA (dal gr. ὑπέρ "oltre" e ϑερμός "caldo")
Aumento della temperatura corporea sopra la media fisiologica (37° per misurazione all'ascella; 37°,5 per misurazione nel retto o nella vagina). Può essere dovuto a impedimento della dispersione calorica, la quale si fa per irradiazione, per convezione, mediante l'evaporazione del sudore e mediante la ventilazione polmonare; tipicamente ciò accade nel colpo di calore, in cui s'ha una stasi calorica per l'alta temperatura ambiente, specialmente se elevato è il grado dell'umidità atmosferica e quindi l'evaporazione del sudore, mezzo perfrigerante poderoso, è ostacolata. Un'ipertermia si può avere anche per aumento intenso della termogenesi cui non può ovviare un aumento corrispondente della termodispersione; così nella fatica muscolare intensa. La forma più comune d'ipertermia è quella febbrile, dovuta a una modificazione del meccanismo nervoso centrale della regolazione termica (v. febbre). Ipertermie lievi si possono avere per disturbi delle ghiandole a secrezione interna (così nell'ipertiroidismo). L'ipertermia elevata importa lesioni degenerative del sistema nervoso centrale e del miocardio, n0nché d'altri parenchimi, con conseguenze gravi e oltre un certo grado letali: le massime temperature interne sopportate dall'uomo sono 42°-43°.