IPOFISI (gr. ὑπόϕυσις da ὑπό "sotto" e ϕύω "nasco")
Anatomia e fisiologia comparata. - Durante lo sviluppo, dal tetto della primitiva cavità boccale si forma un'estroflessione dell'epitelio (tasca di Ratke), che, successivamente, separandosi dal punto di origine, si addossa al processo infundibolare, il quale si è venuto intanto estroflettendo dal pavimento del 3° ventricolo (figg. 1, 2, 3). Ne risulta, in tal modo, alla base dell'encefalo e accolta entro la sella turcica dello sfenoide, l'ipofisi, alla cui formazione concorrono, dunque, una porzione nervosa (il processo infundibolare) e una porzione epiteliale (l'estroflessione faringea). Nel differenziamento successivo, la porzione nervosa dà luogo a un lobo posteriore o nervoso e a un peduncolo neuroipofisario, che forma la connessione con il pavimento encefalico. Dalla porzione epiteliale derivano, d'altro lato, un lobo anteriore o prosipofisi, corrispondente alla parete anteriore dell'estroflessione, una porzione intermedia, corrispondente alla parete dorsale e, infine, una porzione tuberale che avvolge il peduncolo e viene ad addossarsi al pavimento del diencefalo. Tale processo di sviluppo non è però generale: così p. es. nei Ciclostomi, Teleostei e Anfibî, la porzione epiteliale della ghiandola s'inizia come una proliferazione solida ectodermica, superficiale, anteriormente alla regione della bocca (fig.1) il che, per la facilità con cui questo abbozzo può venire aggredito e rimosso, costituisce, ai fini sperimentali, una condizione favorevole, che ha permesso importanti ricerche.
Le diverse parti sono, secondo i dati embriologici e anatomo-comparativi, da ritenersi presenti in tutta la serie dei Vertebrati, per quanto con differente sviluppo nei singoli gruppi: così la porzione intermedia raggiunge le maggiori dimensioni relative nei Pesci, mentre la parte anteriore comincia già negli Anfibî a prendere il sopravvento sulle rimanenti, di alcune delle quali la presenza è nell'uomo solo di recente ammessa. In particolare poi la porzione tuberale, l'ultima che sia stata individuata nel complesso sistema pituitario, appare nei Mammiferi come una scorza di manicotto avvolgente il peduncolo nella regione dorsale di contro al pavimento del diencefalo, sì che è assai difficile isolarla dalla porzione nervosa; riappare negli Uccelli come una sottile lamina tra la prosipofisi e la neuroipofisi; si ritrova nei Rettili (a eccezione, pare, dei serpenti e dei saurî). Negli Anuri rimane del tutto staccata dal resto della ghiandola, anteriormente, condizione del massimo interesse sperimentale, e nei Selaci corrisponderebbe a quello che sinora era designato come lobo inferiore, mentre la porzione nervosa, in queste forme sin qui negata, sarebbe riconoscibile in una piccola massa nevroglica al fondo della cavità infundibolare.
Tipico organo endocrino (v. endocrino, sistema) i cui ormoni devono essere eliminati per la via sanguigna, appare, nella sua struttura, il lobo anteriore, formato da cordoni epiteliali, a lor volta risultanti di tipi diversi di cellule, con significato funzionale probabilmente distinto. Rileviamo, in particolare, l'iperplasia delle cellule cromofobe, che, in ogni gravidanza, si accompagna al corrispondente caratteristico ingrossamento dell'organo, mentre le eosinofile sembrano aumentare di numero e di volume dopo la castrazione, e le basofile prender la parte più importante all'ingrossamento presentato dall'ipofisi al risveglio primaverile dal letargo.
Il lobo intermedio, istologicamente spesso confuso con quello anteriore, è formato da follicoli epiteliali contenenti colloide; il suo secreto, anziché nel sangue, giungerebbe nel liquido cefalo-rachidiano, attraverso gli spazî linfatici della neuroipofisi e del peduncolo infundibolare, l'una e l'altro denotanti assai chiaramente, nella loro struttura, il carattere di appendici modificate dell'encefalo e l'ufficio che esse hanno di vie d'eliminazione del secreto.
La mancanza di cellule eosinofile e la ricca vascolarizzazione permetterebbero, infine, di distinguere dal lobo anteriore e dalla parte intermedia, il tessuto della porzione tuberale che, come parte a sé, è stata finora poco considerata nell'anatomia umana.
Alla prima ipotesi, espressa da Galeno e da Vesalio, ch'essa provvedesse all'eliminazione del muco elaborato dal cervello, la ghiandola deve il suo nome di pituitaria, cui il Soemmering sostituì successivamente quello d'ipofisi. Ritenuta, di poi, interessata alla elaborazione del liquido cefalo-rachidiano, fu solo dal Brown-Séquard riconosciuta nel novero delle ghiandole a secrezione interna. Le osservazioni cliniche e i molteplici metodi d'indagine sperimentale sono venuti, da quel momento, apportando dati numerosi circa la sua importanza nell'economia generale dell'organismo, senza che, tuttavia, di questa si possa ancor oggi avere una visione completa e soddisfacente. Il che dipende dalla molteplicità strutturale dell'organo, come dalle sue intime correlazioni con le altre ghiandole a secrezione interna, nonché poi dalla difficoltà operatoria di assicurarne una completa estirpazione (compresa, in particolare, la porzione tuberale), senza incorrere in lesioni di territorî nervosi vicini, e, più propriamente, dei centri trofici dell'ipotalamo. Sembra tuttavia, dal complesso dei dati sperimentali, che l'estirpazione del lobo anteriore, negli animali giovani, induca arresto dell'accrescimento di massa nonché dei processi differenziativi dello sviluppo, con tipico infantilismo somatico e psichico. Così pure, nelle larve di Anfibî, la precoce estirpazione dell'abbozzo epiteliale dell'ipofisi porta a eguale arresto dello sviluppo corporeo, insieme con una totale inibizione della metamorfosi. Sì da potersi concludere, per questa parte dell'ipofisi, l'elaborazione di un omione dell'accrescimento, nonché di un distinto principio che deve presiedere alla metamorfosi e in parte agire per il tramite di altre ghiandole endocrine e, in particolare, della tiroide. Quest'ultima, di fatto, negli animali ipofisectomizzati si presenta costantemente atrofica.
Oltre a questa azione sullo sviluppo - rilevabile anche dall'influenza stimolatrice degli estratti - un secondo aspetto dell'importanza del lobo anteriore dell'ipofisi è dato dai suoi rapporti con le ghiandole sessuali. Di contro all'infantilismo genitale degli animali operati, sta infatti la rapida maturazione che l'impianto di tessuto ghiandolare provoca nelle gonadi di animali prepuberi. Nella femmina (topoline prepuberi), frammenti anche piccoli determinano rapidamente una precoce maturità, con profonde modificazioni dell'utero e della vagina. Modificazioni che sono simili a quelle prodotte da iniezioni dell'ormone follicolare o ormone pronubo (cui, appunto, si devono i fenomeni fisiologici e psichici dell'estro); ma che non si possono ottenere su femmine castrate e che, pertanto, sembrano intervenire con il tramite dell'ovario, il quale contemporaneamente presenta i segni di una maggiore attività. Si deve, quindi, ammettere che l'ormone della preipofisi determini una rapida maturazione dell'apparato follicolare e agisca solo indirettamente sull'utero, attraverso la provocata formazione del liquido del follicolo. Quest'ormone ipofisario sarebbe dunque il motore primo della funzione ovarica e in genere della funzione sessuale. Nel caso speciale della donna e della scimmia, che si differenziano profondamente dalla femmina degli altri mammiferi, la produzione dell'ormone preipofisario si accentua già nelle prime ore della gravidanza, in misura tale da ritrovarsene gran copia nel sangue e nell'urina: il che ha anzi fornito, attraverso il reattivo biologico della topolina prepubere, secondo quanto si è sopra ricordato, un importante e precoce elemento diagnostico. L'ufficio di tale increto sarebbe di favorire la formazione dei corpi lutei, e quindi l'abbondante produzione di quell'ormone luteinico o gravidico, al quale spetta il compito di preparare e mantenere all'uovo l'impianto (nidificazione) sull'utero nella gravidanza, che dall'estirpazione dell'ipofisi viene appunto interrotta. Si tratta di un principio ben isolabile e dosabile e al quale potranno essere riservate, in seguito, importantissime applicazioni terapeutiche.
È ancora interessante rilevare come questa stessa ghiandola, dal lobo anteriore della quale parte lo stimolo alla maturazione dell'uovo, intervenga poi ancora, al termine della gravidanza, nella funzione del parto, con la sua porzione infundibolare, il cui ormone agirebbe sulle fibre muscolari dell'utero.
Accanto a queste funzioni inerenti all'attività sessuale si è ancora attribuito all'ipofisi un ormone del ricambio che spetterebbe alla porzione intermedia, e forse egualmente alla tuberale (ghiandole endocrine per i centri metabolici della regione subtalamica), capaci d'influire sull'attività degli organi vegetativi e, fra l'altro, anche, in alcuni casi (Anfibî), sulla funzione cromatica, nella quale l'ormone pituitario direttamente interviene, provocando l'espansione dei melanofori. Sembrerebbe anzi verosimile che il giuoco ordinario di questi e quindi la regolazione cromatica, sian legati a oscillazioni della quantità di ormone pituitario presente in circolo, l'attività della ghiandola potendosi ritenere sotto il controllo di ricettori varî della pelle e, in particolare, inibita, per via riflessa, dall'azione della luce sulla retina. Sempre alla porzione intermedia recenti ricerche attribuirebbero, almeno nella rana, un ormone stimolatore dell'attività contrattile propria delle pareti dei capillari e regolatore, quindi, del loro tono.
Anatomia umana. - L'ipofisi cerebrale è un organo, in parte di natura ghiandolare e in parte di natura nervosa, annesso al diencefalo; l'ipofisi faringea, invece, è una formazione ghiandolare assai più modesta e meno costante che è collocata sotto la mucosa della vòlta della faringe. Ipofisi cerebrale e ipofisi faringea costituiscono l'apparato ipofisario. L'ipofisi cerebrale è unita al diencefalo per mezzo del peduncolo ipofisario e sta nella sella turcica della base cranica. È caratteristica l'intimità di rapporto che in questo organo hanno le due parti che lo compongono; l'anteriore o ghiandolare e la posteriore o nervosa; intimità di rapporto che, in alcune specie animali, è vera compenetrazione.
Il lobo ghiandolare è applicato al lobo nervoso come un cappuccio a doppia parete: la parete più direttamente aderente al lobo nervoso è la parte o lobo intermedio; l'altra, più cospicua, è la parte o lobo principale. La zona di confine fra queste due parti si prolunga anteriormente a ridosso del peduncolo ipofisario e in direzione del chiasma; costituisce la parte o lobo linguiforme. Fra lobo principale e intermedio in molte specie animali, e anche nell'uomo fino ai 16 anni di età, esiste la fessura ipofisaria.
Fondamentalmente la struttura è quella d'una ghiandola endocrina del tipo "corpuscolo epiteliale" solido. È formata da cordoni e isolotti di cellule ghiandolari senza vie d'escrezione e compenetrati da una fitta rete capillare. Nel lobo principale, i cordoni sono formati da cellule di tre sorta: le cromofobe, piccole e poco colorabili con i comuni coloranti della tecnica microscopica, le cromofile basofile colorabili con i colori di anilina basici, e le cromofile acidofile colorabili con i colori di anilina acidi; il lobo intermedio consta principalmente di cordoni di cellule basofile, il linguiforme consta di cellule cromofobe con qualche gruppetto di cellule similbasofile, e di cellule acidofile; contiene anche cordoni di epitelio pavimentoso (Guizzetti). Fra i cordoni delle cellule ghiandolari si notano accumuli di sostanza somigliante, ma non identica alla colloide tiroidea. Nel lobo intermedio poi, un secreto muco-colloideo viene elaborato da ghiandole che lo versano nella fessura ipofisaria finché questa è permanente; un secreto da ascriversi alla mucine viene invece secreto dalle evaginazioni della fessura. Quando questa fessura ipofisaria s'occlude, allora ghiandole ed evaginazioni diventano cisti, e il rispettivo secreto in queste ristagna. Nel lobo nervoso è distribuito un fittissimo e finissimo intreccio nervoso formato da fibre afferenti provenienti da un nucleo nervoso retro-chiasmatico: fibre di questo intreccio s'estendono anche al lobo intermedio. Nelle maglie del plesso nervoso vi sono cellule assomiglianti a cellule nervose, ma di significato oscuro, soprattutto per il fatto che non v'è dimostrabile un neurite. Nel lobo nervoso vi sono anche cellule e fibre di nevroglia; e non è improbabile che anche quelle cellule che abbiamo detto di significato oscuro siano della stessa natura. Il lobo nervoso è anche compenetrato da cordoni di cellule basofile e da blocchi di sostanza simil-colloide del lobo intermedio ghiandolare. Non è improbabile che questo prodotto di secrezione sia destinato a passare nella cavità ventricolare del diencefalo e ad essere assorbito per questa via; mentre l'assorbimento da parte dei vasi sanguigni sarebbe il mezzo principale d'immissione in circolo dei materiali elaborati dal resto della ghiandola (figg. 5-8).
Fisiologia e fisiopatologia dell'ipofisi. - La fisiologia e la fisiopatologia dell'ipofisi sono dominate da tre concetti fondamentali. Il primo consiste nell'unione anatomica intima dell'ipofisi alla base del cervello e precisamente alla regione infundibolo-tuberale, di cui, mediante il suo peduncolo, l'ipofisi rappresenta una continuazione, e attraverso tale peduncolo gli ormoni di una parte della ghiandola - la neuroipofisi - si versano direttamente nella cavità dell'infundibolo e agiscono direttamente, senza il tramite della corrente circolatoria, sui centri nervosi regolatori della vita vegetativa-istintiva, che si trovano in questa regione della base cerebrale. Si aggiunga che alcune importanti funzioni dell'ipofisi sono identiche a quelle esercitate da tali centri, come la funzione stimolatrice dello sviluppo sessuale, la funzione regolatrice del ricambio dell'acqua e della diuresi, la funzione regolatrice del ricambio dei grassi; cosicché ipofisi e centri infundibolo-tuberali costituiscono in realtà un apparato anatomo-fisiologico unitario. Il secondo concetto è la divisione, non solo anatomica, ma anche funzionale della ghiandola in due porzioni i cui reciproci rapporti fisiopatologici non sono ancora ben definiti e che sono l'anteriore o preipofisi e la posteriore o neuroipofisi (postipofisi). La preipofisi versa i suoi ormoni nel torrente sanguigno, la neuroipofisi, invece, come si è accennato, li versa attraverso il peduncolo ipofisario nella cavità infundibolare. Sembra anche che la preipofisi sia innervata dal simpatico cervicale (ganglio cervicale superiore), la neuroipofisi dai centri della regione infundibolare (nucleo sopraottico, che invia un fascio nervoso attraverso il peduncolo alla neuroipofisi). Il terzo concetto è quello della pluralità degli ormoni prodotti così dalla preipofisi, come dalla neuroipofisi, e delle correlazioni esistenti tra questi varî ormoni e la funzione delle altre ghiandole endocrine. Con l'aiuto di questi tre principî si può chiarire sufficientemente così la complessa azione fisiologica dell'ipofisi nell'organismo, come le sindromi morbose di alterata funzione ipofisaria.
Gli ormoni della preipofisi oggi distinti sono: 1. L'ormone del-. l'accrescimento, il quale fin dalla vita intrauterina (ma soprattutto verso i 5-7 anni e i 13-14) stimola così lo sviluppo in lunghezza che lo sviluppo in larghezza del corpo, così la crescita di massa che l'evoluzione morfologica. Esso aumenta soprattutto lo sviluppo delle parti più distali del corpo (mani, piedi, faccia, cranio). 2. L'ormone dello sviluppo sessuale, che stimola la maturazione puberale dei follicoli ovarici e dei corpi lutei (detto prolan da B. Zondek e S. Ascheim, i quali ammettono che tale ormone sia duplice, prolan A e prolan B). Questo ormone stimola anche lo sviluppo puberale del tessuto seminifero: senza di esso la crisi sessuale della pubertà non è possibile. Il prolan aumenta molto nella gravidanza fin dall'inizio e il suo reperto nelle urine delle gravide costituisce oggi il miglior mezzo per la diagnosi precoce di gravidanza (reazione di Zondek-Ascheim). 3. Un terzo ormone preipofisario, non ancora bene qualificato, avrebbe un'azione stimolatrice sulla secrezione colloide della ghiandola tiroide e attraverso questa influenza è capace di accelerare, come la tiroide, la metamorfosi delle larve degli Anfibî (ormone tireotropo). 4. Secondo B. Zondek e S. Bier esisterebbe un quarto ormone preipofisario che si può chiamare ormone del sonno: contiene bromo e determinerebbe il ritmo del sonno e della veglia, agendo sui centri nervosi relativi della regione del terzo ventricolo cerebrale. 5. Infine è ammissibile un quinto ormone della preipofisi, regolatore del trofismo di tutti i tessuti, e la cui mancanza determinerebbe una cachessia o un marasma mortale. Sembra probabile un antagonismo funzionale tra l'ormone dell'accrescimento e l'ormone dello sviluppo sessuale.
Gli ormoni della neuroipofisi finora isolati nettamente sono: 1. l'ormone ipertensore o pitressin o vasopressin, che ha un'azione elettiva tonocostrittrice diretta sui capillari e sulle arteriole, elevando così la pressione arteriosa e stimolando il tono del muscolo cardiaco; inoltre ha un'azione elettivamente antidiuretica, per influenza sia sulla cellula renale, sia sul ricambio dell'acqua nei tessuti. Di più esso esercita azioni regolatrici importanti sul ricambio dei carboidrati e dei grassi, favorendo l'ossidazione dei grassi nel fegato e la glicogenolisi (azione iperglicemizzante). In queste azioni sul ricambio tale ormone si comporta in modo antagonistico all'insulina. 2. Un ormone ad azione elettiva contrattile sull'utero gravido, ormone denominato pitocin o oxitocin, e oggi, come il precedente, chimicamente definito. Esso ha l'azione di stimolare a tempo giusto le contrazioni dell'utero gravido e determinare il parto, e perciò tale ormone aumenta nel sangue e nel liquido cefalo-rachidiano alla fine della gravidanza, mentre diminuisce negli animali castrati. Quest'ormone ha anche un'azione stimolatrice, meno evidente, su tutti gli organi cavi, a muscolatura liscia. 3. Un terzo ormone della neuroipofisi è quello che agisce espandendo le cellule pigmentarie o melanofori della cute degli Anfibî e dei Pesci. Non è ben accertato se differisca chimicamente dai due precedenti.
Dopo quanto abbiamo esposto si comprendono quali debbono essere le conseguenze dell'insufficienza patologica della preipofisi e della neuroipofisi. L'insufficienza preipofisaria, se si verifica nell'età della crescenza, deve manifestarsi con nanismo scheletrico e piccolezza generale dell'organismo, specialmente delle parti distali (mani, piedi, mandibola, naso, orecchie), con infantilismo e arresto o ritardo grave della crisi puberale, e dello sviluppo delle ghiandole sessuali e dei caratteri sessuali secondarî. Lo sviluppo dell'intelligenza non è molto ostacolato, mentre il carattere rimane puerile. N. Pende ha trovato che soprattutto è colpito lo sviluppo della memoria. Inoltre nell'insufficienza della preipofisi si ha una cachessia grave con magrezza scheletrica e precoce rugosità della cute, non compatibile con la vita. L'insufficienza della neuroipofisi si manifesta, invece, con adiposità, atonia di tutte le fibre lisce e dei legamenti articolari, abbassamento della pressione arteriosa e ipotermia con cute fredda, marmorea; ipoglicemia, con aumentata tolleranza per gli alimenti carboidrati, grande sensibilità all'insulina; grande voracità, bianchezza esagerata della cute, grande introduzione di acqua e poliuria. Fenomeni opposti a quelli dell'insufficienza preipofisaria si riscontrano nell'iperfunzione della preipofisi: e cioè si ha o il gigantismo, con precoce sviluppo sessuale o inibito sviluppo sessuale, secondo che eccede solo l'ormone genitale ovvero eccede solo l'ormone dell'accrescimento: ovvero si ha la sindrome detta acromegalia se la malattia si sviluppa dopo che lo sviluppo somatico è già completato. E nell'iperfunzione della neuroipofisi, finora clinicamente non definita, riscontreremo ipertensione arteriosa, eccessivo tono della muscolatura liscia, magrezza, tendenza alla glicosuria, tendenza dell'utero gravido a contrazioni precoci o esagerate, prima o durante il parto, ecc. In tal modo possiamo bene accordare, per quanto ancora l'argomento sia ricco di lacune, le osservazioni cliniche con la fisiologia sperimentale, naturalmente tenendo conto che in condizioni patologiche i varî ormoni dell'ipofisi non sono tutti ugualmente colpiti, ed entrano in giuoco le più complesse forme di squilibrio funzionale della ghiandola.
Anatomia patologica. - Le modificazioni che sono avvenute in questi ultimi tempi nella concezione delle funzioni dell'ipofisi sono per gran parte derivate dalla patologia di questa ghiandola. In una visione morfogenetica e biologica più larga essa è andata a mano a mano perdendo la sua figura di organo, nel senso anatomo-funzionale, indipendente, per entrare a far parte, come maggiore costituente, di un apparato ipofisario (completato da altre porzioni ghiandolari costanti, almeno per l'uomo - ipofisi faringea - e altre ancora come germi discontinui, meno costanti, dello stesso tessuto ghiandolare del canale cranio-faringeo); le intime colleganze fra le varie parti che costituiscono il sistema, se sono ancora incerte nelle finalità funzionali, si appalesano invece chiaramente in condizioni patologiche. Ma oggi la particolare costituzione anatomica neuroghiandolare dell'ipofisi cerebrale è ancora meglio chiarita nei rapporti fisiologici e patologici della ghiandola col sistema nervoso centrale: e alcune malattie, quali, ad esempio il diabete insipido e qualche caso di diabete mellito, alcuni tipi d'infantilismo e di eunucoidismo, la distrofia adiposo-genitale e altre forme distrofiche, vengono generalmente riconosciute, nonostante alcune riserve, in dipendenza di alterazioni di quella regione neuro-endocrina della base del cervello indicata come regione diencefalo-ipofisaria, sede di funzioni trofiche e vegetative, che è compresa nella cosiddetta losanga ottico-peduncolare corrispondente al pavimento del 3° ventricolo e risultante di tre formazioni anatomiche principali, il tuber cinereum, l'ipofisi, i corpi mammillari.
Pertanto le cosiddette sindromi ipofisarie poggiano su un più largo campo anatomopatologico che comprende queste varie parti, ghiandolari e nervose, di cui risulta la regione diencefalo-ipofisaria. Le interpretazioni di queste sindromi sono ancora controverse: se, p. es., si è concordi nel trovar la causa dell'acromegalia in particolari tumori del lobo anteriore dell'ipofisi (adenomi eosinofili) o di particelle ghiandolari aberranti, considerando la malattia come espressione di un iper- o di un dispituitarismo, non è lo stesso per altre forme morbose (distrofia adiposo-genitale, diabete insipido, ecc.) a patogenesi più complessa; qui entrano in discussione la partecipazione diretta o indiretta dell'ipofisi, col suo lobo nervoso, e le sue correlazioni fisiologiche, nervose o ormoniche, con i nuclei diencefalici che non sono ancora del tutto chiarite e che lasciano a volta a volta sospettare distruzioni o interruzioni funzionali in punti diversi dell'intero sistema. Le lesioni possono essere di vario ordine, degenerativo, infiammatorio, neoplastico, ecc., e talvolta non riguardano direttamente i componenti del sistema, che si trovano alterati solo in via secondaria e per lo più per compressione o invasione di processi patologici, di solito flogistici o neoplastici, che si svolgono in parti immediatamente circostanti (figg. 9-11).
Tra i principali vizî di prima formazione dell'ipofisi vanno ricordati l'assenza (agenesia: per lo più s'accompagna a gravi malformazioni del cervello) o l'imperfetto sviluppo (ipoplasia) della preipofisi con o senza anomalie del lobo nervoso: ciò si riscontra anche nei cretini, in alcuni casi di nanismo, ecc. Piccoli nodi ghiandolari accessorî possono trovarsi lungo tutto il tratto di emigrazione dell'ipofisi (canale cranio-faringeo) o sul fondo della sella turcica stessa. Alcune particelle ghiandolari fanno talvolta procidenza attraverso smagliature della capsula fibrosa (ernie) assottigliata per aumento di pressione. Le ectopie di tessuto ghiandolare nel lobo nervoso non sono rare. Isole di epitelî piatti permangono spesso lungo il peduncolo e alla periferia della preipofisi. La fessura epiteliale è alcune volte congenitamente distesa in grossa ciste colloidea e cisti multiple, con questa connesse, possono trovarsi distribuite nel lobo anteriore (cisti da residui della tasca di Ratke) con gravi riduzioni del parenchima ghiandolare. Per iperemia da cause locali o generali la rete capillare della ghiandola diventa ectasica, si producono aspetti pseudocavernosi o emorragie piccole o vaste che si riparano rispettivamente con sclerosi o con formazioni di cisti. L'aterosclerosi, l'arterite sifilitica, le embolie facilitano la produzione di necrosi ischemiche, d'infarti emorragici o necrobiotici in rapporto a particolari condizioni circolatorie della ghiandola, conseguendone cisti o cicatrici; sono state descritte zone necrotiche nel diabete.
Con la senilità il tessuto ghiandolare subisce un'atrofia, a carico specialmente delle cellule cromofile, e un corrispondente accrescimento dello stroma; anche l'aterosclerosi concorre all'involuzione atrofica e così le compressioni da idrocefalia, da aneurisma del tratto terminale della carotide interna o da tumori, cisti, escrescenze ossee, ecc., nelle immediate vicinanze del corpo ghiandolare.
La degenerazione colloidea, che se è di alto grado porta alla formazione di escavazioni multiple (degenerazione cistico-colloidea), può colpire ipofisi apparentemente sane o iperfunzionanti (gravidanza) o ammalate da altri processi, nel corso di tossinfezioni, avvelenamenti, ecc. Nella valutazione di una degenerazione grassa, anch'essa frequente, deve tenersi conto del normale contenuto lipoideo delle cellule soggetto a variazioni quantitative. La degenerazione pigmentaria colpisce prevalentemente il lobo nervoso le cui cellule già di norma contengono pigmento. La metamorfosi idropica, vacuolare, la necrosi da coagulazione, la degenerazione amiloide, i depositi calcarei, le concrezioni stratificate, possono interessare la ghiandola con una portata che varia secondo la loro estensione e la loro quantità. Di rado si propagano all'ipofisi processi infiammatorî che si svolgono nelle sue vicinanze (meningiti, carie ossea, ecc.); più spesso l'essudato si limita a infiltrare la capsula fibrosa e il peduncolo: ma nelle sepsi, a mezzo di embolie batteriche, si formano con una certa frequenza piccoli focolai purulenti (ipofisite purulenta) o ascessi isolati. Tubercoli si sviluppano talvolta nel corso d'una tubercolosi miliare; molto più di rado sono stati descritti casi di tubercolo conglomerato e di tubercolosi cronica caseosa. Nella sifilide congenita l'ipofisi può trovarsi largamente infiltrata di elementi linfocitoidi e plasmacellulari o con processi d'indurimento fibroso e piccoli focolai gommosi. Un'ipofisite interstiziale produttiva si riscontra non raramente nella sifilide acquisita, ma sono relativamente più frequenti i focolai gommosi.
Tutti questi varî processi, distruggendo porzioni più o meno estese dell'ipofisi e comprimendone altre, possono determinare quadri clinici particolari (sindromi ipofisarie): tuttavia è anche da notare che in alcuni casi non si verificano particolari manifestazioni neppure con vaste distruzioni o compressioni del corpo pituitario
Di maggiore interesse sono i processi ipertrofici e iperplasici e i tumori della ghiandola (preipofisi). Le ipertrofie fisiologiche, come quella che si sviluppa nella gravidanza (aumento di volume e di numero delle cellule principali) o quelle che si constatano in correlazione con altri organi (per es., nella castrazione, nell'aplasia o distruzione o ectomia della tiroide, ecc.) o ancora quelle che si producono come nodi circoscritti unici e multipli (iperplasia nodosa adenomatosa) con una certa frequenza in individui di oltre i 40 anni e i veri adenomi o strumi pituitarî, non hanno fra loro limiti ben netti e precisi. L'adenoma aumenta considerevolmente il volume della ghiandola deformandola e nel suo assai lento accrescersi il tumore raggiunge o supera la grandezza d'un uovo di pollo, comprime il lobo nervoso, esula dalla sella turcica, schiaccia il chiasma ottico (emianopsia) e i componenti la losanga ottico-peduncolare, atrofizza per compressione le ossa slargando la sella o s'accresce in profondità scavandosi nell'osso una larga fossa senza fuoriuscire dalla sella: o come tumore geneticamente equivalente si sviluppa nello spessore dello sfenoide da germi ghiandolari residuati lungo il canale cranio-faringeo, mentre l'ipofisi resta integra. La massa globosa (fig. 9) grossolanamente mammellonata, è rivestita da una capsula fibrosa in più punti interrotta o smagliata con ernie del tessuto neoplastico: il lobo posteriore, compresso, talvolta non è più riconoscibile e lo stesso peduncolo raccorciato e deformato entra a far parte della massa strumosa, grigiastra o grigio-rosea con aree rossastre o brunicce da emorragie e risultante di un tessuto consistente compatto o areolare più molle, con focolai di rammollimento e di disfacimento d'aspetto lattiginoso ed escavazioni cistiche di varia ampiezza a contenuto colloide o ematico o nerastro; spesso le zone di tessuto mortificato sono in parte calcificate e in qualche caso quasi tutto il tumore s'è trovato escavato da processi distruttivi emorragici e colliquativi. Istologicamente il tumore può essere ricondotto a due tipi principali diversi: a) adenoma eosinofilo, in cui hanno grande prevalenza le cellule acidofile, analoghe nella loro morfologia e nella loro disposizione, anche rispetto ai capillari sanguigni, a quella della ghiandola normale ma con varie atipie (fig. 10); i lipoidi sono di solito diminuiti: il tessuto di sostegno può trovarsi accresciuto (fibro-adenoma); b) adenoma basofilo, più raro, risultante totalmente o in massima parte di cellule cianofile, ma con la stessa struttura e le stesse metamorfosi del precedente. Oltre a questi si trovano talvolta adenomi costituiti da cellule principali (cellule cromofobe). Si discute, come per le cellule ghiandolari, sulla derivazione di questi varî elementi neoplastici, eosinofili e basofili, se essa sia autonoma o in trasformazione dalle cellule principali.
Con gli adenomi eosinofili s'accompagna nella maggioranza dei casi la sindrome acromegalica, con gli altri manca l'acromegalia e si vede spesso istituirsi quella distrofica adiposo-genitale per compressione sul lobo posteriore o sulla regione diencefalo-ipofisaria: per questo stesso fatto analoghi fenomeni distrofici possono riscontrarsi anche negli aeromegalici.
Ma in questi tumori si trovano talvolta deviazioni del tipo morfologico normale delle cellule in elementi cancerosi con ricche mitosi e a carattere infiltrativo, con metastasi (adenocarcinoma). Non sempre si tratta di strumi trasformatisi in cancri, ma piuttosto di tumori che insorgono come tali con sviluppo rapid0 e progressivo e delle cui origini è spesso difficile decidere.
Dai noduli o cordoni di cellule piatte della preipofisi del peduncolo, del cavo ipofisario o del canale cranio-faringeo, residui dell'epitelio faringeo, sorgono epiteliomi o cellule piatte, nodosi o cistici (anche detti tumori di Erdheim) di varia grandezza, a decorso benigno o dotati di grande malignità, pur non dando sempre metastasi. Le grandi varietà morfologiche degli elementi neoplastici e la diversità di struttura di questi tumori (che s'estende fra i caratteri degli strumi con tutte le loro modificazioni e quelle dei cancri a cellule piatte: fig. 11) vengon riferiti al grado di maturità raggiunto dal germe faringeo distaccato che ha dato origine al neoplasma. Si trovano affinità strutturali con gli adamantinomi dei mascellari anch'essi provenienti da residui dell'epitelio boccale invaginato per gli organi dello smalto. Questi tumori vengono anche indicati per la loro origine come paraipofisarî ma spesso si comportano clinicamente come quelli dell'ipofisi; la distinzione proposta in tumori infra- ed extrasellari è puramente anatomica.
Allo stesso modo, per i complicati processi formativi che si svolgono nelle immediate vicinanze dell'abbozzo ipofisario, nella stessa regione possono trovarsi colesteatomi, cisti dermoidi, teratoidi, tumori misti. Dall'ipofisi si sono visti sviluppare anche fibromi, lipomi, angiomi, sarcomi e endoteliomi; si conoscono casi di coristomi, di gliomi della neuroipofisi, ecc. Noduli neoplastici metastatici nell'ipofisi non sono rari; si tratta di solito di cancri originatisi nello stomaco o nella mammella; in alcuni di questi casi s'istituisce la sindrome di Simmonds (cachessia ipofisaria). Fra i parassiti, l'echinococco s'è visto più volte annidarsi nella ghiandola.
Le lesioni traumatiche sono rare per l'ubicazione protetta della ghiandola, ma essa è stata alcune volte raggiunta da proiettili che l'hanno parzialmente o totalmente distrutta determinando l'una o l'altra delle sindromi ipofisarie.
Chirurgia dell'ipofisi. - Lo stato attuale della chirurgia ipofisaria è stato oggetto di discussione nei congressi delle Società italiane oto-neuro-oftalmologica e radio-neuro-chirurgica tenutisi nel 1932; dalla relazione di C. Cavina riportiamo i dati fondamentali. Le malattie di particolare spettanza chirurgica (si dirà appresso delle limitate possibilità radioterapiche) sono i tumori e cioè: a) gli adenomi (più frequenti quelli a cellule eosinofile), situati per lo più entro la sella turcica (endosellari), generalmente molli, rosso-grigi, molto vascolarizzati, che si sviluppano nell'età adulta; sono i più facilmente asportabili ma non estirpabili completamente; b) i tumori originati dai residui del dotto ipofisario, per lo più soprasellari (peduncolo, infundibolo), del tipo epiteliale piatto, spino-cellulari, solidi o cistici, spesso benigni, con tendenza alla calcificazione e perfino all'ossificazione, proprî dell'infanzia e della giovinezza. A qualunque tipo appartengano, eccezionalmente dànno metastasi (nel collo, lungo i grossi vasi); i tumori endosellari, se benigni, contenuti a lungo nella sella, la svasano, ne usurano il dorso e la fossa invadendo in alto il cervello, in basso i seni sfenoidali; invece quelli maligni, distrutte rapidamente le barriere ossee, comprimono e infiltrano gli organi vicini; i tumori soprasellari, d'origine peduncolare, primitivi o secondarî, comprimono (o infiltrano o distruggono, se maligni) in basso l'ipofisi, in alto la base del cervello; quelli d'origine infundibolare (veri e proprî tumori cerebrali) invadono il 3° ventricolo danneggiando gli organi vicini (chiasma, tratti ottici).
Complessa e non ancora esattamente definita è la sintomatologia dei tumori ipofisarî che poggia fondamentalmente su una triade di sintomi: a) quelli a focolaio (lesioni delle vie ottiche, donde la cosiddetta sindrome chiasmatica: variazioni rapide dell'acuità visiva, emiacromatopsia che può precedere l'emianopsia bitemporale, meno spesso binasale e omonima, restringimento concentrico del campo visivo, scotoma centrale e per ultimo l'amaurosi completa; atrofia ottica discendente, secondaria alla degenerazione da compressione delle vie ottiche; eccezionalmente papilla da stasi e neurite ottica; inoltre, ma più raramente, disturbi dell'odorato per compromissione delle vie olfattive; paralisi dei nervi oculomotori che, associata all'esoftalmo e ai dolori del bulbo, costituisce la cosiddetta sindrome di Foix o del seno cavernoso; emiparesi a tipo peduncolare; sindrome tuberiana: obesità, atrofia dei genitali, diabete insipido, ipotermia); b) sintomi locali, generalmente associati a quelli focali, nervosi, precisati dall'esame radiologico che dimostra l'usura dello scheletro in rapporto alla regione sfenoidale (nelle fasi iniziali i tumori endosellari, a differenza dei soprasellari, non modificano l'introito alla sella, ma ne svasano la fossa la quale così sporge nella cavità dei seni sfenoidali finché le masse neoplastiche fanno ernia nei seni stessi; la lamina quadrilatera, divenuta verticale, si rovescia indietro, le apofisi clinoidee anteriori sono scavate nella loro superficie inferiore; invece i tumori soprasellari dilatano a scodella la sella, assottigliano e accorciano i processi clinoidei, usurano il tubercolo); c) sintomi trofici: in rapporto al lobo ghiandolare e alla secrezione interna, dimostrata solo per gli adenomi a cellule eosinofile, si svolgono le sindromi d'iperpituitarismo (acromegalia, gigantismo), d'ipopituitarismo (nanosomia pituitaria infantile e tardiva, distrofia adiposo-genitale), o di apituitarismo (cachessia ipofisaria o malattia di Simmonds); minore importanza pratica hanno i tumori della neuroipofisi (diabete insipido, glicosuria o, al contrario, aumentata tolleranza per gl'idrati di carbonio). Sintomi meno frequenti sono l'esoftalmo, gli accessi epilettici, la cefalea fronto-orbitaria, i disturbi psichici. Nella diagnosi differenziale non bisogna confondere le lesioni acromegaliche (che possono essere legate solo ad alterazioni dell'ipofisi faringea) con quelle della malattia di Paget, dell'osteoartropatia cronica di P. Marie, della siringomielia, dell'artrite deformante, della sifilide ipofisaria, né i disturbi oculari (che nei tumori ipofisarî sono il più spesso conseguenza di una compressione extrachiasmatica) con quelli dovuti ad altri processi morbosi (tabe dorsale, sclerosi multipla, neurite retrobulbare, gliomi del chiasma, meningiomi della faccia orbitaria del lobo frontale, tumori ossei della base del cranio, ecc.), né i segni radiologici con quelli prodotti da altre affezioni capaci di ledere indirettamente la sella sfenoidale.
Mentre per gli adenomi cromofili può essere tentata con profitto la radioterapia (v. sotto), per gli altri, e specialmente per i tumori del dotto ipofisario, per le rare neoplasie di altra natura e per le cisti, senza attendere le fasi avanzate che consentono minori probabilità di successo, s'impone l'atto operativo: asportazione parziale o totale, oppure, eccezionalmente, l'intervento palliativo. Secondo C. Cavina l'ipofisectomia parziale giova anche in alcuni casi nei quali si può sospettare che le alterazioni delle fibre ottiche siano di natura puramente tossica per disfunzione ipofisaria. Per via endocranica o extracranica si può giungere chirurgicamente all'ipofisi diencefalica (in rapporto in alto col chiasma dei nervi ottici e il pavimento del 3° ventricolo, lateralmente col seno cavernoso e la carotide interna, in basso con i seni sfenoidali); la prima (o "via alta") fu additata da V. Horsley (1889, 1906) e F. Krause (1905), la seconda (o "via bassa") da H. Schloffler (1907) o da O. Hirsch (1909, 1910), i quali tutti debbono essere considerati come i veri creatori della chirurgia ipofisaria. Nel 1898, deducendole da studî di medicina operatoria sul cadavere, D. Giordano aveva gettato le basi tecniche dei metodi extracranici indicando la via transnaso-fronto-etmoidale come la più facile e sicura per arrivare alla sella dello sfenoide. Una terza via, per cosi dire mista intracranica-transfenoidale, proposta da P. L. Della Torre non ha avuto attuazione pratica.
Nei metodi intracranici si utilizzano la via temporale e la frontale. Appartengono alla prima il metodo temporo-fronto-orbitario di Paul; quello temporo-parietale (e temporo-parieto-frontale) di A. Caselli; quello temporo-sfenoidale di Nassetti, quello fronto-orbito-sfenoidale di Cenciarini. Ma tutti presentano difficoltà e pericoli (emorragie dalla diploe e dalle vene della base, facilità di ledere l'arteria meningea media, il seno cavernoso e la carotide interna; contusione del cervello nella manovra di sollevamento; impossibilità di operare per via extradurale). Pertanto si preferiscono i metodi della via frontale, di tecnica più semplice (praticamente è eccezionale la possibilità di un'infezione rinogena in seguito all'apertura dei seni frontali che sono bene delimitabili radiologicamente e per transilluminazione) e alla quale residua una deformazione estetica minima. Appartengono a questa seconda via (extradurale: F. Krause, H. Cushing; C. Frazier; o intradurale: F. Krause, V. Horsley, G. J. Heuer, A. W. Adson, ecc.) metodi unilaterali con lembi osteoplastici; i bilaterali sono stati abbandonati.
Più numerosi sono i metodi extracranici o transfenoidali (indichiamo in corsivo quelli attualmente adoperati): via transnaso-fronto-orbitaria (metodo di Schloffler); via transnaso-fronto-etmoidale (metodo di Giordano, di Eiselsberg, di Moszkowicz, di Hochenegg, di Proust, di Cushing, di Dialti, di Leotta, di Della Torre), via transnaso-etmoidale (Schloffler, Tilley-Bourget-Danson, Nassetti), via transnasale (metodo di Eiselsberg, di Kocher, di Löwe, di Kanavel, di Cavina), via endonasale (metodo etmoidale e settale di Hirsch, di Segura, di West, di Citelli), via sottolabiale-settale (Halstead, Cushing), via sottolabiale-transnaso-maxillo-frontale (metodo di Löwe), via transmascellare (metodo di Kocher, di De Quervain, di Hertle, di Nassetti, di Nowikoff), via trans-sinuso-mascellare (metodo di Fein, di Lacouture, di Lautenschläger), via transorbito-etmoidale (metodo di Chiari, di Kahler), via transpalatina (metodo di F. König iun., di Stewart, di Löwe-Partsch, di Durante, di Ali Krogius, di Preysing, di Tiefenthal), via transfaringea (metodo di Löwe, di Biehl, di Moszkowicz, di Nassetti). Di tutti i metodi proposti per localizzare il punto esatto della trapanazione dello sfenoide, il più pratico è il controllo radiologico durante l'operazione, indicato da C. Cavina (specillo introdotto nel naso e appoggiato contro la parete superiore dei seni sfenoidali, sulla linea mediana, nel punto della trapanazione).
Prescindendo dai complessi particolari di tecnica operativa (preparazione del malato, anestesia, posizione dell'operando, trapanazione del cranio o della sella sfenoidale, ecc.), che sono oggetto speciale dei trattati di medicina operatoria e di chirurgia, nel giudicare sull'opportunità di scelta fra via alta e via bassa, si deve tenere presente che i metodi extracranici sono di tecnica più facile, di gravità e quindi di rischio operatorî minore, e che rispondono ottimamente per l'asportazione di tumori solidi o cistici, purché a sede endosellare, e per l'ipofisectomia parziale indicata da disfunzione ghiandolare; mentre i metodi intracranici - accessibili solo a chi è particolarmente versato in chirurgia cerebrale - in confronto alla maggiore gravità dell'intervento, permettono di compiere ogni atto operativo sotto il controllo della vista, dominano tutte le espansioni extracapsulari del tumore e soli offrono la possibilità, in ogni caso, di un'asportazione completa e di rioperare nelle recidive. Com'è facile comprendere, hanno azione più limitata le operazioni palliative (puntura della sella sfenoidale, trapanazione decompressiva della sella, craniectomia decompressiva, puntura del corpo calloso).
Complicazioni postoperatorie degl'interventi endocranici sono: la sindrome agonica (ipertermia, sonnolenza, disturbi respiratorî, tachicardia, coma) da ipertensione ventricolare progressiva, spesso aggravata da edema cerebrale; il cosiddetto shock ipofisario: ipotensione e tachicardia con collasso mortale (esclusivo della via transfrontale, forse in rapporto alle manovre che esercitano pressione sugli organi soprasellari); fenomeni gravi tossiemici, emorragia secondaria, ascesso, meningite, fistole del liquido cerebrospinale, ernia cerebrale, ecc. La complicazione più temuta degl'interventi intrasfenoidali è la meningite; e altre, benché rare, complicazioni settiche; gravi, ma non sempre mortali, sono la fuoriuscita del liquor, l'emorragia, la polmonite da aspirazione.
Nei casi favorevoli gli effetti benefici immediati dell'intervento sull'ipofisi sono: la rapida cessazione della cefalea, delle vertigini, del vomito, delle convulsioni epilettiche, il miglioramento più o meno rapido della funzione visiva, che può essere stata compromessa da fattori varî: compressione esercitata direttamente sul chiasma, azione di tossine sui nervi ottici, compressione a solco sui nervi ottici dall'arteria comunicante anteriore stirata dall'accrescimento del tumore, trazione del tumore sulle vie ottiche; il ripristino del tono muscolare, del vigore corporeo, delle attività sessuali, il regredire delle deformazioni acromegaliche, e più limitatamente dei sintomi della distrofia adiposo-genitale. I risultati lontani della chirurgia ipofisaria (nella quale fattori importantissimi sono la natura della lesione, la precocità dell'intervento, i mezzi tecnici impiegati, l'abilità dell'operatore), valutati su dati statistici (O. Hirsch, A. v. Eiselsberg, H. Cushing, C. Frazier, P. Sargent, C. Cavina, ecc.) sono massimi per le cisti delle quali s'ottiene la guarigione definitiva; lo stesso può aversi per gli adenomi (specialmente eosinofili), completando eventualmente con la radioterapia la distruzione degli elementi neoplastici quando non ne sia stata possibile l'asportazione chirurgica completa; la prognosi infausta, a scadenza più o meno breve, dei tumori maligni (fortunatamente più rari) è in rapporto alla loro intrinseca natura e allo sviluppo dell'infiltrazione neoplastica. Dell'atto operativo beneficia più la sindrome acromegalica che non quella adiposo-genitale legata a fattori patogenetici più complessi. Globalmente, recidive e mortalità postoperatoria (solo il 6,2% su 403 interventi in 349 infermi, nella statistica del 1932 di H. Cushing) col perfezionarsi della tecnica e degli operatori si vanno sempre più riducendo di numero.
La radio- e la röntgenterapia sono un complemento utilissimo all'asportazione chirurgica del tumore ipofisario; ma non possono sostituirsi alla chirurgia che per i tumori radiosensibili (gli adenomi, particolarmente i cromofili) e solo a patto che i disturbi visivi non siano avanzati e non progrediscano minacciosamente, altrimenti, e in tutti gli altri casi, ritardandolo, compromettono, il più spesso irrimediabilmente, quanto si poteva sperare da un intervento chirurgico tempestivo. Per i tumori soprasellari, è indicata spesso la craniotomia decompressiva seguita dalla röntgenterapia.