ipogammaglobulinemia
Diminuzione del contenuto di gammaglobuline nel sangue; si verifica in alcune affezioni epatiche e renali, in corso di neoplasie sistemiche, oppure per alterazione congenita del sistema immunitario (immunodeficienze congenite o primitive).
Una condizione di i. può dipendere da alterazioni genetiche o manifestarsi durante varie malattie (i. secondaria). La diagnosi di i. è semplice e si basa sull’impiego dell’elettroforesi proteica che consente, nel protidogramma, di evidenziare se la frazione gamma presenta un decremento significativo (al di sotto del 6÷7%). Poiché la frazione gamma contiene le immunoglobuline, l’organismo con deficit delle gammaglobuline va incontro a problemi sia di natura infettiva sia, nelle forme congenitamente acquisite, ad aumentato rischio di neoplasie e/o malattie autoimmuni. Nell’ambito delle i. si distinguono le forme più gravi che si associano a deficit completo delle immunoglobuline (come si verifica nell’agammaglobulinemia congenita) e quelle che hanno comparsa tardiva, anche nell’età matura, e che prendono il nome di immunodeficienza comune variabile (i valori delle immunoglobuline sono diminuiti, ma le molecole di anticorpi sono ancora presenti). Il difetto più frequente di immunoglobuline riguarda le IgA, ma questa condizione può essere del tutto asintomatica e non essere associata a manifesta i. in circa la metà dei casi.
Le persone con grave i. manifestano vari tipi di infezioni, che si localizzano prevalentemente a livello delle alte e basse vie respiratorie e nell’apparato digerente. Sono descritte polmoniti, broncopolmoniti, otiti, sindromi diarroiche con malassorbimento. Nel corso del tempo, soprattutto se la diagnosi è formulata tardivamente, si possono avere alterazioni anatomiche gravi come le bronchiectasie (vere e proprie modificazioni strutturali dei bronchi). Il carattere delle infezioni è tipicamente recidivante e la recidiva si manifesta alla sospensione degli antibiotici. Se l’i. è presente durante l’età dello sviluppo si osserva una crescita ritardata. Gli organi linfatici, come le tonsille palatine, tendono a non reagire di fronte a un organismo patogeno e pertanto la tipica ipertrofia che si osserva nel soggetto sano, in corso di i., non è presente (è, al contrario, un sintomo significativo del danno che coinvolge il sistema immunitario).
La terapia si basa sull’uso di antibiotici, possibilmente somministrati dopo antibiogramma. Infatti i soggetti con i., dovendo ricorrere spesso all’uso di antibiotici, possono andare incontro a fenomeni di antibioticoresistenza. A partire dagli anni Settanta del 20° sec. è possibile somministrare per via endovenosa immunoglobuline (IgG) che sono veri salvavita per soggetti altrimenti destinati a peggiorare progressivamente e ad andare incontro a morte. Oltre alle immunoglobuline per via endovenosa, i progressi della farmacologia consentono una specie di autogestione al malato con i., ricorrendo a preparat i somministrabil i per via sottocutanea. È importante che l’uso dei vaccini escluda quelli attenuati, ma si basi soltanto sulle forme inattive (frazionate). I vaccini vivi possono provocare, come per la poliomielite, un danno grave per la mancata risposta di controllo da parte di una risposta immunitaria assente o gravemente insufficiente.