ipostasi (filosofia)
Solo in Mn III XI 5 Aliter omnia reducerentur ad praedicamentum substantiae, cum nulla forma accidentalis per se subsistat absque ypostasi substantiae subsistentis: quod est falsum.
Il termine è equivalente letterale del greco ὑπόστασις che, nel linguaggio medico come in quello comune, riteneva sensi molto materiali (sedimenti al fondo di liquidi, donde ‛ escrementi ', ecc.), e ha ricevuto dignità filosofica dagli stoici. Nel Medioevo esso è stato reso di volta in volta con substantia, subsistentia, persona, essentia, natura, con molte esitazioni lungo i secoli (cfr. J. de Ghellinck, L'entrée d'essentia, substantia et autres mots apparentés dans le latin médiéval, in " Archivum latinitatis medii aevi " XVI [1942] 77-112). Ma il valore originario di " sedimenti " e quindi di " costanza ", " permanenza ", è attestato nei glossari medievali (cfr. Corpus glossariorum latinorum, ediz. Loewe-Goetz, Lipsia 1876-1923, VI, Thesaurus glossarum emendatarum, sub v.).
Nel testo di D., dove occorrono anche substantia e subsistentis, il valore del termine sembra essere quello di " permanenza ". Il passo va quindi tradotto: " Altrimenti tutto si ridurrebbe alla categoria di sostanza (giacché nessuna forma accidentale sussiste per sé senza il permanere di una sostanza sussistente), il che è falso ". Il Vinay traduce: " senza il supporto di una sostanza sussistente ", ma cita Tomm. Sum. theol. I 29 2c " Secundum vero quod supponitur accidentibus, dicitur hypostasis vel substantia ". Secondo Tommaso, i. o sostanza è detta la realtà che sta sotto agli accidenti, mentre D. parla di un aspetto particolare della sostanza che sottostà agli accidenti, cioè del permanere di essa, dell'i. ‛ della ' sostanza.