IPPODAMO DI MILETO
(῾Ιπποᾒδαμος; Hippodāmus). − Urbanista greco del V sec. a. C. Figlio di Eurifonte, originario di Mileto, doveva essere già affermato come architetto quando gli fu affidata la costruzione del Pireo, dopo le guerre persiane (alcuni moderni, senza sufficienti motivi, abbassano la data all'età di Pericle). Partecipò alla fondazione di Turi (445-444) e ne ebbe la cittadinanza (I. è detto anche θουᾒριος. Va esclusa invece, per motivi cronologici, l'attribuzione a I. del piano di Rodi (408-7), ricordata da Strabone (xiv, 654; la notizia, che egli riporta come voce corrente al suo tempo deve essere nata per la somiglianza di Rodi col Pireo). La nascita di I., in relazione alla sua attività dopo le guerre persiane, deve essere collocata nell'ultimo decennio del VI sec. a. C. La fonte principale su I. è Aristotele (Pol., ii, 1267 b, 22 ss.; vii, 1330 b, 21 s.; cfr. anche le voci dei lessici di Esichio e di Fozio, e gli scolii ad Aristofane, Eq., 327): egli ci descrive la sua ricercatezza nell'abbigliamento e nell'acconciatura, ricorda i suoi interessi scientifici (I. è detto anche, in altre fonti, μετεωρολοᾒγος, e soprattutto illustra le sue teorie di una perfetta costituzione politica, che prevedeva una città di diecimila cittadini ugualmente ripartiti tra artigiani, contadini e militari, e una divisione del terreno in sacro, pubblico e privato. Egli considera infine I. l'inventore della "divisione delle città": in contrapposizione all'antico sistema urbanistico, parla di quello nuovo ippodameo lodando la bellezza e la comodità della disposizione dei fabbricati (unico appunto, la poca sicurezza dagli attacchi nemici, evidentemente a causa della regolarità del piano che poteva facilitare l'orientamento).
Problema molto dibattuto quello della reale portata delle innovazioni urbanistiche di Ippodamo. È stato infatti già osservato che la divisione delle città risale a età ben più antica di I., dato che già nell'età arcaica e anzi già nella età micenea (per non parlare del mondo orientale) si trovano città disposte su assi ortogonali; pertanto l'opinione più diffusa è che l'opera di I. vada limitata a quella di un fortunato teorizzatore. Altri invece, per sostenere l'originalità di I., hanno pensato che il carattere della sua urbanistica non consista nella divisione ortogonale, ma nella ricerca di effetti scenografici; si è anche attribuito a I. un tipo di pianta a raggera, fondandosi su un noto passo di Aristofane (Uccelli, 995. ss.) e sull'appellativo ϑεατροειδηᾒς dato alla pianta di Rodi. Ma piante a raggera per l'antichità non se ne conoscono, e il passo di Aristofane deve considerarsi una allusione alle città ideali sul tipo dell'Atlantide di Platone; la pianta di Rodi, scoperta recentemente dal Kondis, è disposta su assi ortogonali; quanto al Pireo, benché scarsissimi siano gli elementi topografici conosciuti, sembra quasi certo che avesse una divisione ortogonale (ed è documentata una strada larga ben 14-15 m). Il disegno di Turi, che probabilmente è dovuto a I., era impostato, come abbiamo da una descrizione di Diodoro (xii, 10, 7) su quattro πλατειᾖαι (vie larghe) in un senso e tre nel senso opposto, dunque su assi ortogonali. Del resto, gli esempî di città regolarmente ordinate che Aristotele poteva osservare erano quelli di città disposte su assi ortogonali, e ad esse si riferiva certamente parlando di sistema ippodameo.
Se dunque non sembra potersi dubitare dello schema ortogonale delle città ippodamee, rimane però da determinare quali fossero le caratteristiche proprie a tali città in confronto a quelle di età precedenti pure a pianta ortogonale. Si può notare che da varî esempi databili fra la fine del VI sec. e la fine del V (Mileto, Olinto, Rodi, Agrigento, Metaponto, Paesum; Napoli, Pompei, ecc.) è accertabile il sorgere di un tipo di città assai elaborato e con caratteristiche che si ripetono con uniformità (v. le piante grafiche alle singole voci).
Troviamo sempre infatti una suddivisione ritmica del reticolato stradale, con poche larghissime arterie longitudinali che dividono la città in fasce parallele, tagliate a loro volta da pochissime arterie ortogonali e da numerosi e stretti vicoli, distanti di regola un actus (120 piedi) l'uno dall'altro. A differenza di quanto si osserva nella città ortogonale romana, manca un incrocio centrale. Piazze e grandi edifici si inseriscono nel reticolato, pur senza interromperlo. Tutto il sistema urbanistico denota una particolare attenzione per l'edilizia privata, regolata da criteri di uguaglianza. L'orientamento segue i punti cardinali, o (nelle città marittime) la linea della costa. Questa urbanistica appare dunque ispirata da criteri matematici e fisici e da considerazioni di ordine sociale. L'uniformità della pianta doveva in ogni modo essere attenuata sia dalla ritmica distribuzione delle πλατειᾖαι e degli στενωποιᾒ sia dalla varietà delle singole architetture; in taluni casi i rilievi del terreno creavano prospettive scenografiche.
Se valutiamo l'importanza e la complessità di questo tipo urbanistico e la sua simultanea applicazione in tante città, dobbiamo considerarlo una vera innovazione rispetto alla semplice ortogonalità delle città più antiche. La cronologia delle prime città costruite secondo questo schema urbanistico è molto vicina all'età di I.: abbiamo dunque il diritto di ritenere che è precisamente questo tipo di città che Aristotele attribuiva a I., anche se egli non ne è, forse, il vero creatore. Infatti alcuni esempî di questo tipo potrebbero risalire ad un'età leggermente anteriore al periodo di attività di Ippodamo. In tal caso, dobbiamo ritenere che a questa urbanistica egli dovette contribuire, sia con la realizzazione di centri di grande importanza come il Pireo, sia con l'opera di teorizzatore, in grado tale da polarizzare intorno al suo nome il nuovo sistema urbanistico.
Bibl.: M. Erdmann, Hippodamos von Milet und die symemtrische Städtebaukunst der Griechen, in Philologus, XLII, 1884, p. 193 ss.; E. Fabricius, in Pauly-Wissowa, VIII, 1913, c. 1731 ss., s. v. Hippodamos, n. 3; III A, c. 1992 ss.; G. Cultrera, Architettura ippodamea, in Mem. Linc., s. V, XVII, 1923, p. 261 ss.; A. von Gerkan, Griechische Städteanlagen, Berlino-Lipsia 1924, p. 42 ss.; I. D. Kondis, ῾Η ευᾓτομος διαᾒϑησις ει½ς τοᾕν Ιπποδαᾒμειον τροᾒπον, ιν ᾿Αρτ. ᾿Εϕημ., 1953-54, p. 255 ss.; ed., ibid., 1956 (1959), p. 106 ss., 216 s.; F. Castagnoli, Ippodamo di Mileto e l'urbanistica a pianta ortogonale, Roma 1956; id., La pianta di Metaponto. Ancora sull'urbanistica ippodamea, in Rend. Linc., s. VIII, XIV, 1959, p. 49 ss.